DI PIETRO CAMBI
Crisis
Sgombriamo subito il campo da dubbi di tipo ambiental-precauzionale: si può, in effetti, costruire centrali che siano ragionevolmente sicure. .
La domanda, semmai, è: a che costo e in che tempi?
Un’altra domanda, in un paese geologicamente attivo come l’Italia è cosa fare delle scorie, quelle passate ( ancora stoccate nei vecchi siti, spesso in modo del tutto provvisorio) e quelle future?
Ma, ammesso e non concesso che si desse risposta a queste due domandine, potremmo accettare serenamente la non competitività del nucleare (un fatto dimostrato dalla quasi totale assenza di nuovi progetti nei paesi dove l’energia elettrica è prodotta da privati, ad esempio gli Stati Uniti) per motivi strategici e geopolitici ( siamo stretti tra Scilla e Cariddi, tra una necessità di approvvigionarci di petrolio e quella di non farci chiudere il rubinetto del gas).
Intanto, primo punto essenziale, si preannunciano tempi biblici per la realizzazione delle prime centrali.
Non lo dico io: lo dice il Ministro Scajola ponendosi come obbiettivo l’inizio dei lavori entro cinque anni
.
Il che vuol dire, nel più ottimistico e roseo dei mondi possibili, la prima centrale terminata tra dieci anni.
I primi kWh prodotti nei due anni successivi.
Saremmo, faccio presente, nel 2020.
NON C’E’, in alcun modo, tutto questo tempo.
Proprio non c’e’.
Anche i più ottimisti tra gli ottimisti ormai ammettono che vi sarà un problema nell’approvigionamento del gas russo entro il 2013-2015, in qualunque scenario ragionevole.
Che il picco del petrolio o è già alle spalle o è molto vicino, prendere o lasciare qualche anno.
Che i biocarburanti e biocombustibili in genere potranno coprire solo pochi % di produzione e anche questi ammettendo che la popolazione mondiale non continui ad aumentare ai ritmi attuali, che il clima non si deteriori ancora, che i suoli vengano difesi attivamente, che gli uragani non spazzino via i raccolti e le colture di intere regioni.
Insomma: in nessun modo possiamo aspettare fino al 2020; dobbiamo implementare un piano aggressivo, metterlo immediatamente in opera e far si che possa sostituire almeno un GW di potenza elettrica installata con una equivalente da fonti rinnovabili all’anno, e questo per tutti gli anni a venire da qui al 2020.
Altrimenti c’e’ l’alternativa ( peraltro da implementare in ogni caso) del risparmio energetico. Sicuramente possibile e per qualche anno implementabile senza tropppi sacrifici. Il punto è che da solo non può bastare, se è vero che una sana cura dimagrante fa bene è anche vero che se si esagera ci si ammala e si muore.
A proposito di non rinnovabili: E’ assolutamente curioso che, a parte qualche voce nel deserto , NESSUNO si sia posto il problema di sapere se l’Uranio, fonte NON RINNOVABILE per eccellenza ( ci vuole una supernova per produrlo, l’ultima nei dintorni ha fatto il botto 4,44 miliardi di anni fa) sia presente in quantità economicamente ed energeticamente estraibili per le quantità richieste e per un tempo sufficiente a rendere sensati gli enormi investimenti necessari (almeno quattro miliardi di euro a centrale).
Allo stato pare che ci siano riserve accertate per una quarantina d’anni.
Ai consumi attuali, però.
Ricordo che l’uranio copre circa il 6.5 % del fabbisogno energetico mondiale.
Poniamo che, tra venti anni, coprisse il 25 %: quanto durerebbe?
Non illudiamoci che si possano scoprire molti nuovi giacimenti: i geologi girano in lungo e largo ormai da sessanta anni e si conoscono, più o meno, tutte zone dove potrebbe essere possibile trovare giacimenti potenzialmente interessanti; non c’e’ da aspettarsi, ragionevolmente, nessun sconvolgimento.
Quanto alla possibilità di estrarre l’uranio dall’acqua di mare, beh questa è una bufala e grossa anche. Semplicemente non sta in piedi per meri motivi energetici (trascurando gli immani problemi tecnologici).
Tra parentesi la quantità di uranio consumata ogni anno è circa del 50% superiore a quella che viene attualmente prodotta: stiamo infatti consumando le scorte accumulate durante la guerra fredda, sotto forma di palline di qualche decina di kg sistemate in una astuta combinazione con esplosivo convenzionale dentro una sfera di acciaio e nella testata di un missile…
Chiudo: i VERI problemi di un ritorno all’uranio sono questi e di questo andrebbe dibattuto, SPECIALMENTE in sede di decisioni strategiche.
Non voglio nascondermi dietro un ditino: LO SAPPIAMO, qui si tratta, come direbbe un amico, di “bellilavori bellisoldi”. Lo fa capire e senza tante perifrasi , pure la neo-eletta presidentessa della confindustria. Ok.
Ma allora perchè non parlare della realizzazione di un polo continentale per la realizzazione di silicio solar grade, ad esempio in Sicilia, ad esempio presso gli stabilimenti della STM Microelectronics del buon Pistorio?
Oppure: perchè non parlare del geotermico, specialmente quello a bassa entalpia, in grado di permettere il teleriscaldamento di milioni di case, con investimenti in infrastrutture imponenti e sicuramente appetibili?
Insomma: capisco che in una ottica, come dire, ahem, Liberal-Keynesiana (ok è un ossimoro ma anche, ainoi, una rappresentazione della linea politica prevalente) ci vogliano, sempre e comunque le grandi opere. Si potrebbe, però, discutere di QUALI fare con un po’ di gnegnero, buon senso, declinato alla toscana?
Pietro Cambi
Fonte: http://crisis.blogosfere.it
Link: http://crisis.blogosfere.it/2008/05/perche-il-nucleare-non-e-la-soluzione-i-nostri-2-cents.html
23.05.08
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