PERCHE’ GLI SQUALI NON DOVREBBERO POSSEDERE LO SPORT

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DI JOHN PILGER
johnpilger.com

Una descrizone di come i ricchi e potenti si siano appropriati dello sport e come abbiano snaturato il passatempo del popolo, da Tiger Woods Inc. ai Mondiali di calcio che stanno per aver luogo in Sud Africa. Pilger esamina come la FIFA e i molteplici sponsor hanno invaso il Sud Africa e come i sudafricani sono stati messi da parte in nome della speculazione.

Mentre Tiger Woods fa ritorno al golf, non tutti i suoi “affari” si guadagnano titoli piccanti. A Dubai, la realizzazione della Tiger Woods Golf Course costa 100 milioni di dollari. Dubai si affida a manodopera reclutata nel terzo mondo, così come fanno molti dei marchi che hanno contribuito a rendere Woods miliardario. I lavoratori della Nike hanno scritto a Woods dalla Tailandia, esprimendo il loro “massimo rispetto per la sua abilità e continuità di atleta” ma facendogli notare che a loro occorrerebbe lavorare 72.000 anni “per ottenere quanto lei guadagna dal suo contratto [con la Nike]”.


Lo scrittore sportivo americano Dave Zirin è stato uno dei pochi a rompere il silenzio dei media sulla manipolazione e sulla corruzione che le grandi corporazioni hanno negli sport. Il suo nuovo libro “Cattive Compagnie: come i proprietari stanno rovinando i giochi che amiamo” (Scribner) evidenzia come il potere del denaro abbia influenzato il piacere della gente, i suoi eroi come Woods e le comunità che una volta serviva. Zirin descrive come la comproprietà del texano Tom Hicks abbia influenzato il Liverpool Football Club, che fa seguito al “rilevamento” del Manchester United che un altro ricco e annoiato americano, Malcolm Glazer, fece nel 2005. Adesso il club inglese di maggior successo (assieme al Liverpool) ha un debito di 716.5 milioni di sterline.

Da quanto tempo stanno andando avanti così le cose? Nel 1983 potevi comprarti un biglietto per una partita di prima divisione per 75 pence. Oggi, il prezzo medio all’Old Trafford è di circa 34 sterline. Guardate come le ultime generazioni di genitori si mettono in coda imbronciati per comprare le insegne e divise, spesso confezionate col sudore da lavoratori sottopagati, e con il marchio di una multinazionale fallita stampigliato sopra. L’affarismo è diventato una presenza rovente negli sport di alto livello. Sven-Goran Eriksson intascherà fino a due milioni di sterline per soli tre mesi di lavoro in Costa d’Avorio, dove la metà della popolazione ha appena di che sopravvivere. I migliori, ma anche più rozzi, giocatori di cricket australiani stanno raccogliendo il loro gruzzoletto per pochi mesi di esibizione nel franchising indiano. L’atteggiamento è quello del diritto, del tipo ostentato da “celebrità” minori. Nessuno si è meravigliato che nella stagione 2007-2008 alcuni degli eredi degli Invincibili di Don Bradman [storica squadra di cricket australiana del 1948, n.d.t.] sono riusciti ad ottenere qualcosa di quasi impossibile, cioè di diventare antipatici nel loro stesso paese. Quei loro “batti cinque” e pugni nell’aria sono diventati gesti non di chi “lavora l’un per l’altro, perché tutti abbiano una parte della ricompensa” (Bill Shankly [leggendario allenatore del Liverpool dal 1959 al 1974, n.d.t.]), ma di saluti ai loro voraci sponsor e a beneficio di telecamera.

Prendiamo ad esempio la FIFA, che di fatto tiene saldamente in mano le redini dei Mondiali di calcio in Sud Africa. Insieme al Comitato Olimpico Internazionale, la FIFA è l’equivalente sportivo di Wall Street e del Pentagono messi insieme. Hanno tale potere perché i politici che ospitano i giochi credono al “prestigio internazionale” e ai benefici economici che la loro presenza porterà, specialmente a loro stessi. Mi ha ricordato proprio questo il documentario “Fahrenheit 2010” del regista sudafricano Craig Tanner. Il suo non è un film contro i Mondiali, ma svela come i sudafricani, che amano il calcio, sono messi in disparte, spodestati e resi ancor più poveri per permettere che si eregga una gigantesca facciata televisiva nel loro paese.

Un nuovo stadio vicino a Nelspruit ospiterà quattro partite del Mondiale in 10 giorni. Jimmy Mohlala, portavoce della comunità locale, è stato ammazzato il gennaio dello scorso anno per aver fatto presente “irregolarità” negli appalti. Perché d’intralcio, un’intera scuola è stata ricollocata in soffocanti prefabbricati di acciaio in un sito desolato con una strada che ci passa in mezzo. “Quando i Mondiali saranno terminati” ha dichiarato lo scrittore Ashwin Desai, “diventerà ovvio che questi stadi non saranno che gusci vuoti, che i nostri soldi sono stati usati per ciò che non è altro che uno schema piramidale”.

Una comunità di 20.000 persone, la Joe Slovo Informal Settlement, è minacciata di sfratto dal luogo in cui abita, che è vicino all’autostrada principale che collega Capetown all’aeroporto. Sono considerati “un pugno in un occhio”. I venditori ambulanti saranno arrestati se non si conformeranno ai regolamenti commerciali e pubblicitari della FIFA e se solo nomineranno i “Mondiali di Calcio” o addirittura “2010”. La FIFA guadagnerà circa 2 miliardi e mezzo di sterline dai diritti televisivi, che supereranno quelli dei due ultimi Mondiali messi insieme.

Incredibilmente, il Sud Africa non trarrà alcun beneficio da tutto ciò. E questo è un paese con circa il 40 per cento di disoccupazione, un’aspettativa di vita dei maschi di 49 anni e di migliaia di bambini malnutriti. Questa verità circa la “nazione arcobaleno” non è quel che i tifosi di tutto il mondo vedranno sui loro schermi televisivi, forse potranno intravedere una verità non divulgata di un moderno Sud Africa, che è quella di un’intensa, grande resistenza che collega i Mondiali di Calcio ad un apartheid economico che rimane più divisorio che mai.

Nel capitolo dedicato al Liverpool Football Club, Dave Zirin descrive una resistenza simile, anch’essa ispiratrice di coloro che lottano per riprendersi il loro sport dagli squali. Un’organizzazione di tifosi, Share Liverpool FC, aspira ad attirare 100.000 azionisti per ricomprarsi il club da Tom Hicks e dal suo comproprietario, George Gillett. Tifosi del Liverpool hanno anche fondato il Liverpool SupportersUnion (LSU), un sindacato che ha già portato in strada migliaia di persone con la richiesta di boicottare la Bank of Scotland se continua a prestare soldi a Hicks e Gillett. Ricordiamoci come riuscì il boicottaggio del giornale di Murdoch quando il quotidiano The Sun pubblicò bugie riguardo alla tragedia di Hillsborough. “Se ci uniamo e parliamo con una sola voce, a prescindere da lingua o accento”, dice il LSU, “possiamo fare un’autentica differenza per il nostro club, la città di Liverpool e per il resto del mondo del calcio”.

Il 17 aprile Hicks e Gillett hanno comunicato la loro intenzione di vendere il club. I tifosi del Manchester-United stanno mettendo in atto una simile resistenza a difesa dello sport che amano e che credono debba essere giustamente loro. Noi dovremmo sostenerli.

John Pilger
Fonte: www.johnpilger.com
Link: http://www.johnpilger.com/page.asp?partid=572
22.04.2010

Tradotto per www.comedonchisciotte.org a cura di GIANNI ELLENA

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