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La Redazione

 

Perché gli israeliani bombardano le case palestinesi nel cuore della notte?

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A cura di Redazione CDC
Il 6 Dicembre 2024
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Attacco aereo notturno su Gaza. Foto: Wafa

Di Vijay Prashad, peoplesdispatch.org

Alle 22:00 della notte del 28 ottobre 2024, l’aviazione israeliana ha colpito un edificio di cinque piani a Beit Lahiya, nell’area settentrionale di Gaza. Il nord di Gaza è stato martellato dagli israeliani dall’8 ottobre 2023. Non c’è stata tregua per i residenti di questa città, che si trova a nord del campo profughi di Jabaliya. Nei primi mesi dei bombardamenti, Sahar (42 anni) è fuggita dalla zona con il figlio di 11 anni e il resto della famiglia. Questo, ha raccontato a HRW, “a causa dei bombardamenti eccessivi sulle case dei civili, che hanno ucciso intere famiglie”. Asma (32 anni) ha lasciato Beit Lahiya per la zona presumibilmente sicura di al-Mawasi. “Viviamo in un disastro”, dice. “Siamo senza speranza, affamati e assediati”.

La famiglia Abu Nasr non ha lasciato Beit Lahiya. Anzi, gran parte della famiglia allargata ha cercato riparo nell’edificio di famiglia, pensando che la sua presenza in un’area residenziale potesse dare loro una certa immunità dagli attacchi israeliani. La notte del 28 ottobre 2024, nei 10 appartamenti dell’edificio vivevano 300 persone. La zona era congestionata, ma si sentivano al sicuro.

Quando il missile ha colpito alle 22.00, ha distrutto la tromba delle scale bloccando quindi la possibilità di fuga da qualsiasi luogo che non fosse il piano terra dell’edificio. Muhammed Abu Nasr (29 anni) viveva al piano terra con la moglie e i figli. Hanno saltato il muro di cinta e sono andati a stare da un vicino. In seguito, Muhammed ha raccontato allo scrittore Asil Almanssi: “Non ho dormito tutta la notte, pensando ai miei genitori, ai miei fratelli, ai miei nipoti. Come avevo potuto abbandonarli e scappare? Ero davvero un vigliacco, un traditore? I pensieri mi tormentavano e non riuscivo a capire se avevo fatto la cosa giusta o meno”. Ma era l’unica cosa che poteva fare. Rimanere in un edificio con le scale bombardate sarebbe stato insensato. Le famiglie intrappolate nell’edificio hanno chiamato la Protezione Civile di Gaza. Non c’era nulla che potesse essere fatto per loro fino al mattino. Hanno fatto i bagagli e hanno aspettato l’alba, quando speravano di poter essere salvati dai piani superiori dell’edificio danneggiato.

Poi, come se l’avessero atteso per tutta la notte, alle 4 del mattino gli israeliani hanno colpito di nuovo questo edificio residenziale. Questa volta hanno colpito il cuore degli appartamenti. Muhammed Abu Nasr, che ora si trovava nella casa di un vicino, ha sentito “un’esplosione più forte di qualsiasi altra cosa abbia mai sentito. Sembrava che un terremoto avesse scosso l’intera area, con la terra che tremava violentemente e parti dei muri della casa in cui mi ero rifugiato che crollavano”. Era una bomba enorme. Muhammed ha sentito la sua famiglia chiedere aiuto e gridare che c’erano dei cadaveri tra di loro. Non c’era nulla da fare. Gli aerei israeliani riempivano i cieli. Era possibile un altro attacco.

Quando i soccorritori iniziarono a rimuovere le macerie, trovarono dei sopravvissuti, feriti con gambe rotte e polmoni perforati. Ma scoprirono anche che oltre 100 persone della famiglia Abu Nasr erano state uccise. È stato un orrendo massacro di una famiglia in una ben nota zona residenziale. Carrelli e spalle robuste hanno trasportato i feriti all’ospedale di Al-Helou, una clinica ostetrica che ha subito attacchi israeliani nel novembre 2023, ma che ora è parzialmente funzionante. È stato in ospedale che Asil Almanssi ha sentito Bassam Abu Nasr (5 anni), l’unico sopravvissuto della sua famiglia, ripetere più volte: “Voglio mio padre”. Ma suo padre era stato ucciso dagli israeliani.

Perché alle 4 del mattino?

Durante la Grande Guerra (1914-1919), entrambe le parti usavano aerei per trasportare bombe che potevano essere sganciate su obiettivi nemici, anche su aree residenziali. Questi aerei non disponevano di ottimi dispositivi di navigazione, ma anche i loro avversari non avevano altro che i riflettori per individuarli nel cielo. Far volare i lenti bombardieri alla luce del giorno li avrebbe esposti ai veloci aerei da combattimento, motivo per cui di notte volavano al buio. Per questo motivo i bombardamenti durante la Grande Guerra e la Seconda Guerra Mondiale avvenivano di notte. Dopo la Grande Guerra, il Primo Ministro britannico Stanley Baldwin disse alla Camera dei Comuni la verità sull’uso dei bombardamenti aerei in quell’epoca: “Il bombardiere riuscirà sempre a passare. L’unica difesa è [l’attacco], il che significa che devi uccidere più donne e bambini più rapidamente del nemico se vuoi salvarti” (10 novembre 1932).

I commenti di Baldwin nel 1932 arrivarono sette anni dopo che altre due potenze europee (Spagna e Francia) avevano incoraggiato mercenari corrotti degli Stati Uniti a bombardare la città marocchina di Chefchaouen in pieno giorno. Spagna e Francia volevano sedare la ribellione guidata da Abd el-Krim, nota come guerra del Rif (1921-1926). I piloti statunitensi, che formavano lo Squadrone Lafayette, volarono su bombardieri biplani Breguet 14 ed effettuarono 350 bombardamenti. Poiché i combattenti del Rif disponevano di armi antiaeree adeguate, lo Squadrone Lafayette fu istruito a bombardare aree indifese come la città di Chefchaouen e i villaggi circostanti.

“Il nostro obiettivo”, scrive il capitano Paul Rockwell, “era Chefchaouen, la città santa delle tribù Djebala”. La città, osservava, “era già stata bombardata in precedenza e, a causa del suo prestigio e della sua sacralità come santuario, ci si aspettava che un attacco aereo contro di essa avrebbe intimidito i Djebala e sarebbe stato efficace nel distaccarli dalla causa di Abd el-Krim”. In altre parole, il bombardamento non doveva colpire obiettivi militari, ma causare disagio psicologico tra i combattenti del Rif. Lo squadrone bombardava la città e l’area circostante circa cinque volte al giorno, sganciando “più di quattro tonnellate di proiettili”, che per quei tempi era molto. Bombardarono anche un villaggio che si era già arreso. Non conosciamo il numero di morti tra i civili. Non è stato registrato.

“La città appariva bella dall’alto”, scrive Rockwell, “abbracciata alla sua alta montagna e circondata da molti giardini e coltivazioni verdi’. La città fu bombardata per inviare un messaggio ai ribelli del Rif. Questa era la guerra coloniale più efficace. E poiché è avvenuto nelle colonie, il massacro di Chefchaouen è stato dimenticato (a differenza, per esempio, del bombardamento spagnolo e tedesco di Guernica, una città europea, nel 1937, oggi ricordato dal famoso dipinto di Pablo Picasso).

Negli anni ’70, le autorità municipali hanno imposto di dipingere le mura della città di blu per attirare i turisti e, secondo alcuni, per respingere le zanzare; la città, quando l’ho visitata una decina di anni fa, è ricordata per le mura blu e non per il massacro del 1925. Non impariamo mai le lezioni della storia.

Gli abitanti di Gaza non hanno capacità antiaeree. Non possono abbattere gli aerei israeliani. Al massimo, sono riusciti a colpire i droni che volano a bassa quota. Gli aerei che bombardano le aree residenziali di Gaza non volano di notte perché hanno paura di essere abbattuti. Volano di notte perché sono in grado di incutere una paura totale nella popolazione, uccidendo intere famiglie nelle loro case e minacciando così altre famiglie di essere annientate. “Intimidire i Djebala”, ha scritto Rockwell, che può essere facilmente aggiornato con “intimidire i Palestinesi”. Una bomba che cade su una casa alle 4 del mattino garantisce l’uccisione dei civili che vi dormono. Fa sì che i civili vogliano fuggire dalle loro case. Creare le condizioni per questa fuga è il crimine di guerra della pulizia etnica. “Viviamo in un disastro”, ha detto Asma, che è fuggita dalla sua casa ma non ha lasciato Gaza.

Qualcosa di impensabile

Per molti palestinesi, anche dopo questo orrendo anno di genocidio, lasciare Gaza significa perdere la Palestina, far parte della Nakba (Catastrofe) permanente che è stata messa in moto dagli israeliani nel 1948. Non si lasceranno smuovere, nemmeno dalle ondate di bombardamenti notturni che sterminano una famiglia dopo l’altra. Ormai quasi 1.000 famiglie sono state completamente uccise. Un’ inchiesta di Al Jazeera rileva che sono stati uccisi 393 membri della famiglia al-Najjar, 226 della famiglia al-Masry e 225 della famiglia al-Astal.

Il 10 ottobre 2023, alle 20:30, una bomba da 2.000 libbre è caduta sulla casa della famiglia al-Najjar a Deir al-Balah, nel centro della Striscia di Gaza. La bomba ha ucciso 21 membri della famiglia, parte dei 393 membri della famiglia al-Najjar uccisi nel corso dell’ultimo anno. Suleiman Salman al-Najjar (48 anni) era all’Ospedale dei martiri di al-Aqsa quella notte. È sopravvissuto alla bomba. Ma sua moglie, Susanne Subhi Asalam Najjar (40 anni), e quattro dei suoi figli – Farah (23 anni), Nadim (20 anni), Yazan (14 anni) e Safa (17 mesi) – sono morti. In seguito ha raccontato ad Amnesty International che mentre è riuscito a recuperare il corpo di suo figlio Nadim, di sua figlia Safa ha potuto trovare solo una mano. “Erano tutti sotto le macerie. La casa era completamente polverizzata. I corpi erano ridotti a brandelli. Le nostre vite sono state distrutte in un attimo. La nostra famiglia è stata distrutta. Qualcosa che era impensabile ora è la nostra realtà”.

Di Vijay Prashad, peoplesdispatch.org

Vijay Prashad è uno storico e giornalista indiano.

28/11/2024

Fonte: https://peoplesdispatch.org/2024/11/28/why-do-the-israelis-bomb-palestinian-homes-in-the-middle-of-the-night/

Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

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