PERCHE’ DOPO GLI ATTACCHI TERRORISTICI DI PARIGI NON E’ CAMBIATO NIENTE

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DI PEPE ESCOBAR

rt.com

Le notizie diffuse dalla stampa di regime dicono: “Dopo Parigi, tutto cambia”. Non credo proprio.

Partiamo dal fronte diplomatico. Invece del cosiddetto Gruppo Internazionale di Sostegno alla Siria – composto da 19 attori politici – che si riunisce regolarmente a Vienna per l’attuazione del processo di pace in Siria, ora la priorità è la guerra; una guerra remixata al terrorismo non di al-Qaeda, ma di ISIS / ISIL / Daesh.

Nella foto: La gente riunita intorno alle candele accese nel corso di una veglia il giorno successivo agli attacchi di Parigi – Losanna – Svizzera, 14 novembre 2015. Lo striscione dice: “No al terrorismo“. © Denis Balibouse / Reuters

Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha emesso di fatto una dichiarazione di guerra a Daesh. Invita i membri delle Nazioni Unite a prendere “tutte le misure necessarie” per sconfiggere Daesh. Per assicurarsi l’approvazione generale, il linguaggio usato è stato deliberatamente vago. Tuttavia, dopo la Libia, tutti sanno bene come agisce il demonio nel dettaglio, soprattutto attraverso le vaghe risoluzioni UNSC.

Vienna ha stabilito arbitrariamente una data obiettivo al 1° Gennaio del 2016 per l’avvio di negoziati tra Damasco e la “rispettabile” opposizione siriana per una transizione politica – con le elezioni e una nuova costituzione entro i successivi diciotto mesi.

Anche i cinque membri permanenti del UNSC si sono mostrati favorevoli a un cessate il fuoco nel territorio siriano non controllato da Daesh. Come se Daesh, per chi non lo avesse ancora capito, potesse rispettare un cessate il fuoco.

Poi la cosa si fa ancora più surreale. Al re giordano ‘Playstation’ Abdullah viene dato l’incarico di stilare la lista dei dieci terroristi più pericolosi in Siria.

L’Amministrazione Obama almeno ha ammesso alla fine che Jabhat al-Nusra, o al-Qaeda in Siria, che Washington considera “ribelli moderati”, fosse un’organizzazione terroristica tanto quanto Daesh.

L’ultimo comunicato di Vienna è piuttosto vago: l’articolo 6 stabilisce che “Daesh, e altri gruppi terroristici, come stabilito dal Consiglio di Sicurezza, e come anche convenuto da tutti i partecipanti, devono essere sconfitti”.

L’incontro di Vienna sulla Siria: la lotta al terrorismo deve diventare una priorità.

Quindi, per le mani abbiamo solo una top list di due organizzazioni terroristiche in Siria. E questo è tutto. Niente su Ahrar al-Sham, sostenuto attivamente da due alleati degli Stati Uniti e facilitati operativamente da Stati Uniti e Regno Unito. Niente di quel guazzabuglio noto come Jaish al-Fatah (Esercito di Conquista) – finanziato e armato dall’Arabia Saudita. Diverse cellule legate ad Ahrar al-Sham – un ramo della Fratellanza Musulmana – hanno concluso con Daesh dei “patti di non aggressione”.

Per quanto riguarda Jabhat al-Nusra, in pratica ha manipolato i cosiddetti “ribelli moderati” del Free Syrian Army (FSA) in tutte le grandi battaglie di Aleppo, Latakia, Hama e Idlib. Sul fronte perennemente ‘poroso’ dei ribelli, Jaish al-Fatah riunisce di fatto Jabhat al-Nusra e Ahrar al-Sham e offre loro l’accesso gratuito alle armi made-in USA del FSA (Free Sirian Army), in particolare ai missili anticarro TOW. Non occorre aggiungere quindi che il FSA è stato rifornito di armi da Stati Uniti, Arabia Saudita e Qatar.

Il mese scorso, l’Arabia Saudita ha inviato 500 missili anticarro TOW direttamente a Jabhat al-Nusra. Secondo i termini di Vienna, quindi, questo equivarrebbe a dire che Riyadh sta armando i terroristi.

Qualsiasi dubbio su Ahrar al-Sham viene dissipato dai Curdi Siriani. Il Syrian Kurdish Democratic United Party è fermamente convinto che Ahrar al-Sham e Daesh siano intercambiabili, praticamente fusi. Sulla scena terribilmente complessa di Aleppo, ad esempio, Daesh e al-Nusra sono una cosa sola.

Credere che la povera Giordania – colonia dichiarata del GCC (Gulf Cooperation Council) sia in grado di individuare tutti questi movimenti e abbia una qualche autorità nel definire il who’s who del terrore, è come aprire una pagina a caso del Manifesto Surrealista. Perché la Giordania? Semplice: perché Arabia Saudita e Qatar hanno convinto gli Americani a farlo.

Così ora abbiamo il Wahhabismo, la matrice ideologica di tutto il jihadismo, che detta all’Occidente chi debba essere o non essere considerato ‘terrorista’. Una cosa da non credere.

SCEGLI LA TUA COALIZIONE

Il presidente Obama insiste su “Assad deve andarsene“. Non solo questo va oltre il patetico, ma è anche un sabotaggio ad ogni altra valida idea che possa nascere nel corso del ‘processo di pace’ di Vienna. Torniamo quindi ai fatti concreti e alla nuova variabile – anche questa surreale: una coalizione militare Russia-Francia che si inserisce sulla scia di altre due coalizioni. Abbiamo quindi dalla loro parte la NATO-GCC – quella che io definisco la ‘Coalizione dei Viscidi Opportunisti’; e la coalizione “4+1” Russia, Siria, Iran, Iraq, oltre a Hezbollah – da una parte del tutto opposta.

La domanda da un zilione di dollari è se alla fine avremo un’alleanza multinazionale guidata dalla Russia contro Daesh. Sicuramente no. Perché Obama dirà a Hollande senza mezzi termini che questo è fuori discussione. Quindi, lo scenario probabile è il perpetuarsi dello strano racconto di due coalizioni. Washington continuerà a reclamare il primato, lasciando alla Russia il lavoro sporco.

E pensare che, a differenza del Regno Unito, la Francia sembra aver finalmente capito cosa ha fatto la Russia: un intervento – legale – su richiesta di Damasco, per salvare uno stato esistente e funzionale e debellare una volta per tutte le possibili forme di Salafismo/Jihadismo, che l’intelligence russa sa bene professano tutte la stessa ideologia. E costituiscono una minaccia non solo per la Russia – la famosa sindrome ‘Aleppo è a soli 900 km da Grozny’ – ma per tutta l’Europa, come hanno dimostrato gli attentati di Parigi.

BENVENUTI ALLA PESHAWAR DEL MEDIO ORIENTE

Il Presidente Putin ha dimostrato graficamente al G20 di Antalya in che modo Daesh riceve sostegni finanziari, anche da paesi del G20. Non serve una laurea per capire chi siano questi ‘paesi del G20’.

In Siria non basteranno gli attacchi aerei. E neanche le operazioni in stile NSA. Ci vuole un’operazione d’intelligence di terra piuttosto sofisticata. Il nodo centrale è il confine turco-siriano, specialmente la striscia tra Gaziantep in Turchia e Jarabulus in Siria, attualmente controllata da Daesh.

Questa è la zona privilegiata dove scorrazzano a loro piacimento avanti e indietro quelli di ISIS/ISIL/Daesh. Abdelhamid Abaaoud, la presunta ‘mente’ centrale degli attacchi di Parigi, ora morto – ha usato questo punto di passaggio almeno quattro volte nell’ultimo anno. E c’è anche un nome da seguire: Abu Muhammad Al-Shimali, il ‘capo confine’ Daesh incaricato dei movimenti jihadisti in Europa e nella zona del Caucaso. E’ semplicemente assurdo che nessuno – da Vienna all’UNSC – abbia fatto pressione su questo punto.

Kadri Gursel, in un articolo per il quotidiano turco Milliyet del Settembre 2013, aveva già perfettamente concettualizzato tutto questo: il confine turco da Hatay a Gaziantep è praticamente la Peshawar del Medio Oriente. Si riferiva alla capacità storica di al-Qaeda, fin dagli anni ’80, di attraversare liberamente il confine tra Afganistan e Pakistan, usando come base appunto Peshawar.

Gursel ha ben chiarito tutto questo: mentre la Turchia si stava ‘Pakistanizzando’, la Siria si stava ‘Libanizzando’ (polarizzazione etnica e settaria), ‘Somalizzando’ (crollo dello Stato) e ‘Afganizzando’ (potere degli Jihadisti).

L’ ’Afganizzazione’ è più che evidente in tutta l’area da Idlib ad Aleppo, circoscritta dalla regione Curda Rojava nel nordest della Siria. Che continua però ad espandersi lungo la Valle dell’Eufrate, attraverso Deir ez-Zor, fino al deserto occidentale dell’Iraq.

Gli Jihadisti non sarebbero riusciti ad ‘afganizzare’ quest’area vicina al confine turco senza il supporto logistico di ambigue fonti turche. Ad esempio, la base arretrata di Jabhat al-Nusra quando lottava contro i Curdi siriani, era Ceylanpinar, una città Turca.

I Curdi entrano nel Sinjar iracheno e issano la bandiera: “ISIS sconfitta e in fuga”

La Siria non avrà pace finché non verrà riconquistata quest’area jihadista. E sono solo due i candidati in grado di portare a termine questo compito: i Curdi Siriani e l’Esercito Arabo Siriano (SAA).

Il Ministro degli Esteri Ahmet Davutoglu insiste: “La Turchia non ha collegamenti” con Jabhat al-Nusra, che oggi conta 8000 soldati, di cui il 25% stranieri attinti dalla Jihad Inc. Tuttavia, Ankara continua a definirli solo “radicali” e non terroristi, anche se in pratica sono ‘al Qaeda in Siria’. Quindi, in termini pratici, secondo Vienna e le Nazioni Unite, non facendo niente, la Turchia starebbe sostenendo indirettamente il terrorismo.

Lo stesso vale – e anche di più – per l’Arabia Saudita. La priorità per la paranoica e terrorizzata Riyadh è la guerra nello Yemen. Non Daesh. Il Pentagono, direttamente o indirettamente, la obbliga. Consideriamo ad esempio la recente vendita di 19,000 bombe ai sauditi, per la modica cifra di 1,29 miliardi di dollari. Gli affari di guerra non hanno eguali…

Da mesi le forze aeree saudite non hanno fatto assolutamente niente contro Daesh. I ‘minions’ del GCC – gli Emirati Arabi – hanno smesso di bombardare Daesh da marzo scorso. Il compilatore della lista ‘terrorista’ – la Giordania – ha smesso da Agosto. Pochi sanno questo, poiché non c’è stato alcun annuncio pubblico o ufficiale al riguardo.

E, ovviamente, non c’era alcuna pressione a farlo da parte della “Voce del Padrone”. Gli Emirati e la Giordania vengono in qualche modo ‘lodati’ in occidente che gli attribuisce il merito di aver costruito una versione ‘social network’ di un islamismo più gentile e più umano.

PARLATE CON LA DIA

Sul fronte della guerra d’informazione, Parigi non ha cambiato niente. Per i mezzi stampa dei regimi del Qatar (Al Jazeera) e dell’Arabia Saudita (Al Arabiya), per non citare altri avamposti del Golfo dominati dal petrodollaro, è assolutamente normale definire “danno collaterale” gli shiiti, gli alawiti, i cristiani e i sunniti che vivono nei territori siriani controllati dal regime.

Tutto quello che serve sapere – in un unico documento – sulla guerra per procura in Siria è nel documento d’intelligence statunitense recentemente de-classificato dell’agosto del 2012, che in sostanza ‘auspica la prospettiva di una predominanza salafita nella Siria Orientale e di uno stato islamico controllato da al Qaeda in Siria e in Iraq’.

La DIA (Defense Intelligence Agency), nel 2012, considerava al-Qaeda in Iraq (prima della metastasi Daesh) e quel mucchio di salafiti, le “forze principali che trainano la rivolta in Siria”.

E la DIA ammetteva senza mezzi termini che “I paesi occidentali, gli Stati del Golfo Persico e la Turchia” vi fossero direttamente coinvolti. Riguardo alla “possibilità di stabilire una supremazia ufficiale o non ufficiale dei Salafiti”, la DIA sosteneva una cosa ovvia: “E’ esattamente quello che serve a tutti i poteri all’opposizione per poter isolare il regime Siriano, considerato l’abisso strategico dell’espansione Shiita (Iran e Iraq).”

Ecco, di nuovo, un piccolo riassunto: Shock and awe 2003; la nascita di al-Qaeda in Iraq; Camp Bucca; la metastasi Daesh; la Libia “liberata” dalla NATO come un paradiso jihadista. Senza il sostegno finanziario e gli armamenti che USA, Francia, Regno Unito, Arabia Saudita, Turchia e Qatar hanno fornito a quella mini-galassia di insediamenti Salafiti/Jihadisti che hanno trasformato la Siria in un nuovo Afganistan, abilmente sfruttati per contrastare e il regime di Damasco, Hezbollah e soprattutto l’Iran, oggi non avremmo la jihad per le strade di Parigi.

Parigi ha cambiato qualcosa?

Pepe Escobar è un analista geopolitico indipendente. Scrive per RT, Sputnik e TomDispatch; collabora regolarmente a siti web, programmi radiofonici e trasmissioni televisive dagli Stati Uniti all’Asia orientale. Ex- corrispondente estero per Asia Times Online. Nato in Brasile, corrispondente estero dal 1985, ha vissuto a Londra, Parigi, Milano, Los Angeles, Washington, Bangkok e Hong Kong. Ancora prima dell’11/9 si era specializzato in questioni relative a Medio Oriente e Asia Centrale e Orientale, con particolare attenzione alla geopolitica delle grandi potenze e alle guerre per l’energia. E’ autore di “Globalistan” (2007), “Red Zone Blues” (2007), “Obama e il Globalistan” (2009) e “L’impero del Caos” (2014), tutti pubblicati da Nimble Books. Il suo ultimo libro è “2030”, in uscita per Nimble Books a dicembre 2015.

Fonte: www.rt.com

Link: https://www.rt.com/op-edge/323108-paris-terror-europe-syria/

23.11.2015

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SKONCERTATA63

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