DI JACK LESSEMBERRY
Gwynne Dyer non è esattamente una femminuccia. Nel Newfoundland ce ne sono veramente poche. Nato durante la seconda guerra mondiale è stato affascinato, per tutta la vita, dalle cose militari. Ha prestato servizio in tre marine diverse, quella degli USA, del Canada e della Gran Bretagna. Ha ottenuto vari titoli accademici in tutte e tre le nazioni ed ha conseguito anche un dottorato in storia militare del Medio Oriente. Negli anni 80 ha prodotto e narrato la migliore serie di documentari TV sulla natura della guerra che io abbia mai visto.
Ed ecco il suo giudizio su quello che stiamo combinando:
“Gli Stati Uniti devono perdere la guerra che stanno conducendo al più presto possibile. Anzi, ancora più urgentemente, è il mondo che ha bisogno che gli Stati Uniti perdano la guerra in Irak. E’ in gioco come il mondo dovrà essere governato nella prossima generazione e oltre, e se sbagliamo potranno accadere cose veramente spiacevoli.”.Si tratta delle prime righe del suo ultimo e forse più importante lavoro, “Future tense: the coming World order” (paperback, McClelland and Stewart, $ 12.95). Se avete intenzione di leggere un solo libro per quest’anno scegliete questo. Con una prosa molto chiara, e con argomentazioni tanto convincenti quanto frutto di approfondite ricerche, questo esperto militare ci spiega perché quello che stiamo facendo è folle.
Egli ci spiega come non abbiamo ancora capito che il mondo è cambiato, che non ci troviamo più in un mondo con una sola super potenza, un mondo nel quale noi eravamo la guida delle forze della luce contro le forze oscure del comunismo. Anzi non siamo neppure più quella super potenza militare, che crediamo di essere; in realtà la nostra macchina militare può essere utilizzata solo contro dei paesi deboli. L’autore aggiunge: “Una guerra contro un serio avversario ci porterebbe a un livello tale di perdite che il fronte interno non sarebbe capace di sopportare a lungo.”
Quello di cui il mondo ha bisogno, sul lungo termine, (se ci sarà un lungo termine), è un ordine internazionale stabile nel quale tutte le nazioni si impegnino gradualmente ad abbandonare la guerra come un modo accettabile di risolvere le controversie. Su questo problema Dyer non si fa troppe illusioni, ritiene infatti che ci vorranno almeno cento anni prima che i grandi paesi rinuncino a fare ricorso alla guerra, “dal momento che si tratta di rinunciare ad abitudini che hanno preso radici da almeno 5.000 anni.”
Questo compito spetta alle Nazioni Unite, alla cui nascita abbiamo partecipato in modo determinante proprio la primavera di 60 anni fa. Certamente, abbiamo fatto ricorso alla guerra anche prima, come altri paesi del resto, ma abbiamo sempre cercato di credere, almeno, che ciò che stavamo facendo era legalmente giustificato secondo le norme internazionali.
Ora però l’attuale amministrazione nella sostanza sta ripudiando tutto ciò, proclamando in maniera palese che abbiamo il diritto di intervenire unilateralmente in ogni parte del mondo. Perché questo atteggiamento non va bene? Perché lo potrebbero fare anche gli altri e, alla fine, verrà meno anche l’ideale di un ordine internazionale, con un ritorno generalizzato al “vecchio mondo delle alleanze, della corsa agli armamenti e tutto il vecchio bagaglio della storia passata.”
Dyers continua: “Nessuna grande potenza vuole abbandonare il progetto di mettere la guerra fuori legge.. ma se la potenza più grande di tutti diventa un stato canaglia, non avranno molta scelta.” Qualche giorno accadrà che avremo oltrepassato il segno.
Però è interessante sapere che, se ciò accadrà, non avremo la capacità di fare lo stato canaglia per molto a lungo. Nella parte che appare come la più terrificante e rivelatrice del suo libro, l’autore presenta l’argomento più spaventoso di tutti – la condizione reale dell’economia americana, che dipende in modo totale dagli investimenti stranieri.
E’ difficile venirlo a sapere dai nostri mezzi di informazione di massa, ma noi siamo il paese con il più grosso debito della storia, abbiamo molto più debiti con gli altri di quanto gli altri ne abbiano con noi, e ogni anno aumentiamo di 500 miliardi di dollari il dovuto della nostra “carta di credito”.
Come mai tutto questo continua? Dyers ci spiega quello che altri economisti sussurrano sottovoce “L’economia USA è un sistema fiduciario basato sulla convinzione degli altri paesi che gli USA siano essenziali per la sicurezza mondiale e che la sua economia sia essenziale per l’economia mondiale.”
Questa convinzione era assolutamente fondata nel 1945, e in larga parte lo era anche nel 1985. Ma ora non più. Se prendiamo in esame solo gli investimenti che possono essere rapidamente messi in liquidazione, il loro totale, si stima, ammonterebbe a circa 8 triliardi di dollari. Se questi investimenti cominciassero a cercare altre vie il valore del dollaro si dimezzerebbe immediatamente.
Questo non solo significa che dovremo rinunciare ad altre Lincoln Navigators, ma molto probabilmente dovremo anche rinunciare alla democrazia come la conosciamo oggi. Il che sarebbe particolarmente calamitoso dal momento che “il riscaldamento globale e gli altri problemi ambientali ci colpiranno molto duramente nei prossimi 50 anni.”
“Quando colpiranno e con quali conseguenze non lo possiamo sapere in anticipo, ma in USA sono in molto pochi, a parte i soliti sospetti, a non credere che il cambiamento climatico sia una realtà.”
Incidentalmente se qualcuno è tentato di dirmi perché Gwynne Dyers ha sbagliato tutto, sarò ben lieto di sentirlo, però solo dopo che avrà letto il suo libro.
Jack Lessenberry
Fonte:http://www.metrotimes.com/editorial/story.asp?id=7302
9 febbraio 2005
Traduzione per Comedonchisciotte.net a cura di Vichi