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PERCH IL GOVERNO GIAPPONESE PU PERMETTERSI LA RICOSTRUZIONE

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A cura di Davide
Il 5 Aprile 2011
87 Views

POSSIEDE LA PIÙ GRANDE BANCA DEPOSITI DEL MONDO

DI ELLEN BROWN
webofdebt.wordpress.com

Il governo giapponese può permettersi il suo enorme debito perché possiede la banca che è il suo principale creditore. Ma i concorrenti stanno premendo per la privatizzazione della banca. Se ci riescono, potrebbero spingere il paese verso la servitù del debito insieme ad altre nazioni a corto di credito.

Quando un portavoce del FMI ha dichiarato in una conferenza stampa il 17 marzo che il Giappone dispone di mezzi finanziari per recuperare dal suo devastante tsunami, i blogger scettici si chiedevano cosa volesse dire. Era un modo educato per dire: “Tu sei da solo?”

La portavoce Caroline Atkinson ha dichiarato: “La politica di priorità più importante è quella di affrontare i bisogni umanitari, le esigenze infrastrutturali e di ricostruzione e di affrontare la situazione nucleare. Crediamo che l’economia giapponese sia una società forte e ricca e che il governo ha le intere risorse finanziarie per rispondere a queste esigenze”. Alla domanda se il Giappone aveva chiesto l’assistenza del FMI, ha detto, “il Giappone non ha richiesto alcun contributo finanziario del Fondo Monetario Internazionale.”

Gli scettici hanno chiesto come un Paese con un debito nazionale che è stato oltre il 200% del PIL potrebbe essere “forte e ricco”. In una pubblicazione della CIA, il CIA Factbook list che riporta i dati statistici fondamentali e una sintesi di informazioni riguardanti tutti i Paesi del mondo, dei rapporti debito/PIL di 132 paesi nel 2010 il Giappone era in cima alla lista con il 226%, sorpassando anche lo Zimbabwe detentore di un sonante 149%. Grecia e Islanda sono al quinto e sesto posto, rispettivamente al 144% e 124%. Eppure il rating del credito del Giappone era ancora AA, mentre la Grecia e l’Islanda erano nella categoria BBB. Il Giappone come ha saputo conservare non solo il suo rating di credito, ma il suo status di terza o seconda economia del mondo, portando un carico così enorme di debito?

La risposta potrebbe essere che il governo giapponese ha una fonte di finanziamento in cattività: possiede la più grande banca depositi del mondo. Come ha detto il vicepresidente americano Dick Cheney, “fare deficit, non importa”. Non importa, almeno quando possedete la banca che è il vostro principale creditore. Il Giappone è rimasto impermeabile agli attacchi speculativi che hanno messo in ginocchio paesi come la Grecia e l’Islanda, perché non è caduto nella trappola della dipendenza da finanziamenti esteri.

La Japan Post Bank è oggi il più grande detentore di risparmio privato in tutto il mondo, diventando così il più grande motore del credito al mondo. La maggior parte dei soldi oggi nasce come prestiti bancari, e i depositi sono la piscina magica da cui è generato questo credito in denaro. La Japan Post non è solo la più grande banca depositi del mondo, ma la sua più grande banca di proprietà pubblica. Fino al 2007, è stata anche il più grande datore di lavoro in Giappone, e il titolare di un quinto del debito pubblico sotto forma di titoli di Stato. Come menzionato da Joe Weisenthal, scrivendo in Business Insider, nel febbraio 2010.

Siccome l’enorme debito pubblico giapponese è in gran parte detenuto dai propri cittadini, il Paese non deve preoccuparsi di perdere la fiducia degli investitori stranieri.

Se ci sarà una corsa al debito pubblico, dovrà essere il risultato dela volontà dei propri cittadini di non finanziarlo più. E dal momento che molti giapponesi finanziano il governo attraverso conti detenuti presso la Japan Post Bank – che a sua volta acquista il debito pubblico – tale istituzione sarebbe il canale perchè avvenga un cambiamento.

Questo potrebbe spiegare perché la Japan Post è stata il campo di battaglia tra le fazioni in lotta politica per oltre un decennio. Il sistema giapponese di risparmio postale risale al 1875; ma nel 2001 la Japan Post è stata costituita come società pubblica indipendente, il primo passo nella privatizzazione e vendita agli investitori esterni. Quando il neo-eletto primo ministro Junichiro Koizumi ha cercato di far passare la ristrutturazione, però, incontrò una fiera resistenza. Nel 2004, Koizumi ha praticato un rimpasto nel suo gabinetto, nominando dei riformisti come nuovi ministri, e ha creato una nuova posizione per il Ministro della la privatizzazione postale, insediandovi Heizo Takenaka. Nel marzo 2006, Anthony Rowley ha scritto in Bloomberg:

Con la privatizzazione di Japan Post, [Koizumi] mira a spezzare la morsa che politici e burocrati hanno a lungo imposto sulla ripartizione delle risorse finanziarie in Giappone e a iniettare nuova concorrenza nel settore dei servizi finanziari del Paese. Il suo piano creerà anche un target potenzialmente appetitoso per gli investitori nazionali e internazionali: la cassa di risparmio della Japan Post e le assicurazioni vantano attività combinate per più di 380mila miliardi di yen (3.200 miliardi dollari). . .

Un bacino di attività di 3.000 miliardi dollari fa davvero venire l’acquolina in bocca. In una riorganizzazione del 2007, la divisione di risparmio postale è stata separata dalle altre del servizio postale, trasformando la Japan Post in una propria banca. Come si legge in un articolo di ottobre 2007 su The Economist:

Questo era il piano, e la Japan Post ha investito più avventurosamente, ma non ha ancora rinunciato ai suoi privilegi di governo. Il nuovo ministro ai servizi finanziari Shizuka Kamei ha messo un freno al processo di privatizzazione, e le azioni della banca non sono state vendute. Nel frattempo, il consolidata Post Bank è cresciuta fino a dimensioni enormi, superando Citigroupcome il più grande istituto finanziario al mondo, e si è ramificata
in nuove aree, allarmando i concorrenti. Un articolo a marzo 2007 di USA Today ha avvertito, “Il colosso alimentato dal governo potrebbe sfruttare la propria dimensione per schiacciare i rivali, stranieri e nazionali”.

Prima dello tsunami del marzo 2011, che è quello che sembrava stesse per fare. Ma ora si discute di un ritorno al modello neoliberista, vendendo beni pubblici per trovare i fondi per la ricostruzione. Christian Caryl ha commentato in un articolo del 19 marzo di affari esteri, pubblicato dal Council on Foreign Relations:

Per quanto orribile essa sia, la devastazione del terremoto presenta per il Giappone e la sua classe politica la possibilità di portare avanti le numerose riforme che il Dpj [Partito Democratico del Giappone], ha da tempo promesso e di cui il paese ha tanto bisogno.

In altre parole, la possibilità per gli investitori di mettere finalmente le mani sulla pregiata banca di proprietà pubblica del Giappone e sulla base dei depositi massivi che finora ha protetto l’economia dagli attacchi dei predatori finanziari stranieri.

Il governo giapponese può permettersi il suo enorme debito perché gli interessi che paga sono estremamente bassi. Per l’economia privata, il debito pubblico È denaro. Un grande debito pubblico nei confronti del popolo giapponese significa industrie giapponesi che hanno i soldi per ricostruire. Ma se la Japan Post è venduta a investitori privati, i tassi di interesse sono suscettibili di aumento, gettando il governo nella trappola del debito a cui finora è in gran parte sfuggito.

I giapponesi hanno però forti valori di comunità, e non si affidano tranquillamente alla dominazione da parte di stranieri. Essi in genere amano il loro governo, perché sentono che serve i loro interessi. Speriamo che il governo giapponese avrà la lungimiranza e la forza di aggrapparsi alla sua colossale banca di proprietà pubblica e usarla per sfruttare il risparmio del suo popolo nel credito necessario a ricostruire le infrastrutture devastate, evitando di essere paralizzato da un debito nei confronti di interessi stranieri.

Ellen Brown
Fonte: http://webofdebt.wordpress.com/
Link: http://webofdebt.wordpress.com/2011/03/31/why-the-japanese-government-can-afford-to-rebuild-it-owns-the-largest-depository-bank-in-the-world/
31.04.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ETTORE MARIO BERNI

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