DI PIERLUIGI PAOLETTI
CentroFondi.it
Il cambiamento in sé non è doloroso, lo è la resistenza ad esso
Che ci piaccia o no, se non oggi domani, ci dovremo confrontare con quello che nessuno, a parte qualche sporadica eccezione, sembra affrontare con la dovuta serietà: sta per finire l’era dei combustibili fossili.
Lo avevamo già affrontato nel report di due settimane fa e ce lo ha ribadito anche Debora Billi nel suo blog. Il petrolio ed il gas hanno raggiunto il loro picco e non passerà molto tempo prima che tutti noi cominceremo a sentire gli effetti.
Qualsiasi passaggio o cambiamento è per l’essere umano, teso più ad una sonnacchiosa routine, un momento stressante, sia come individuo che come comunità.
Il passaggio dall’adolescenza all’essere adulti, la perdita di una persona cara, il cambiamento di casa di lavoro sono alcuni dei momenti più difficili da affrontare per una persona. Per le comunità può essere quello del passaggio dalla dittatura alla democrazia, dall’età del carbone e dei carri trainati da cavalli e buoi all’era dei motori, delle macchine degli aerei ecc. Ognuno di questi cambiamenti, anche quando portano in sé delle cose positive, sconvolgono la vita di tutti e necessitano di un giusto atteggiamento mentale per non farsi prendere da crisi di nervi, depressione e altre possibili controindicazioni.Ciascuno di noi farebbe volentieri a meno di tutto ciò che sconvolge la nostra tranquillità ed il nostro equilibrio sempre più difficile da mantenere, ma ci sono dei periodi storici in cui il cambiamento è concentrato e purtroppo questo è proprio uno di quei periodi.
Il punto è che più facciamo finta di niente e continuiamo a fare esattamente come se non squillassero i mille campanelli d’allarme, più doloroso sarà cambiare e adattare la nostra vita e le nostre abitudini alle modificazioni che stanno bussando sempre con più insistenza alle nostre porte. Se invece ci prepariamo al cambiamento lo accogliamo e lo assecondiamo allora ognuno riuscirà a rimanere sulla cresta dell’onda senza esserne travolto.
Quelli che stanno bussando adesso, sono dei cambiamenti che richiedono tutto il nostro impegno perché tutta la nostra vita verrà stravolta in ogni suo aspetto dalle piccole alle grandi cose.
Il problema energetico deve essere affrontato in tutta la sua imponenza e serietà sin da subito. Il fatto che sia il petrolio che il gas naturale abbiano raggiunto il picco non significa che si esauriranno in brevissimo tempo. Il problema però che dovremo affrontare subito sarà che i prezzi ne risentiranno immediatamente e quindi dovremo aspettarci dei notevoli rincari sia sul fronte del petrolio che da quello del gas.
L’Italia consuma attualmente quasi 1.900.000 barili di petrolio al giorno quasi totalmente importati dall’estero e la nostra elettricità è dipendente per poco meno del 90% dall’estero.
Se continuiamo a fare la nostra vita così dispendiosa anche dal punto di vista energetico, come pensate che sarà l’impatto di un petrolio a 100 dollari al barile? E non parliamo di anni, ma di mesi…guardate questo grafico che mostra l’andamento del petrolio dal 2002
Visto in chiave ciclica il minimo del gennaio scorso è stato il minimo del ciclo iniziato nel 2002 e la rottura al rialzo della media mobile rossa che individua il ciclo di lungo periodo lo conferma. Se abbiamo ragione, dovremo vedere il petrolio che da ora in avanti aumenterà sempre di più. Se poi ci si mettono anche le tensioni internazionali e il risiko per la conquista delle riserve energetiche allora capirete che la situazione energetica è altamente a rischio. I paesi come il nostro che dipendono quasi totalmente dall’estero, saranno i primi a risentirne e un primo assaggio lo abbiamo già avuto lo scorso inverno con i problemi di approvvigionamento di gas russo.
Ma non sarà solo il costo della benzina o del metano a crescere, ma il costo di tutte le merci e dei prodotti derivati dal petrolio, quelle merci che fanno tanti chilometri prima di arrivare sulle nostre tavole o nelle nostre case. Aumenteranno tutte quelle lavorazioni che utilizzano molta energia, pensiamo a tutti i prodotti da forno, alle industrie che hanno un consumo elevato di energia. In poche parole tutto!
A questo punto molti si staranno chiedendo: si va beh, ma io che posso fare? Sono questioni che riguardano i governi…
In parte è vero e una maggiore responsabilità da parte della classe politica sarebbe opportuna, ma nel nostro piccolo si può fare molto.
Adottare uno stile di vita meno “energivoro”, privilegiando i prodotti e lavorazioni locali, quelli a km. 0 per intenderci.
Iniziare a risparmiare energia, ma soprattutto iniziando a cambiare il nostro “abitus mentale” che ci fa dare per scontate tante cose che scontate non sono, come il gas che esce dal fornello o che alimenta la nostra caldaia.
Chi ha bambini piccoli può usare i pannolini riutilizzabili invece di quelli costosissimi usa e getta o addirittura farne a meno del tutto ( www.aamterranuova.it) .
Spronare i condomini che hanno il riscaldamento centralizzato a utilizzare degli accorgimenti che consentano a ciascuno di dosare il consumo del calore, per evitare che in casa ci siano 24° durante l’inverno e si debba aprire le finestre per avere refrigerio.
Incentivare il trasporto pubblico e farsi parte attiva con i comuni perché adottino misure di risparmio energetico.
La domenica invece di fare centinaia di chilometri in coda, approfittare per visitare ed esplorare le nostre città, le nostre campagne, il nostro mare, magari in bicicletta.
Se possiamo, iniziamo a pensare di produrre energia con il fotovoltaico o l’eolico che ci consente di essere autonomi dal punto di vista energetico.
Questi piccoli accorgimenti non risolveranno certo il problema energetico, ma ci aiuteranno ad adattarci ai cambiamenti con maggiore facilità.
In Italia siamo il paese che ha più macchine di tutta Europa circa 60 ogni 100 abitanti e ci hanno abituato a usare la macchina anche per gli spostamenti minimi che si possono fare tranquillamente a piedi o in bicicletta. Ci continuano a far credere che una macchina di 4 anni è da cambiare e ci incentivano a comprare, cambiare, sostituire. Iniziare a disintossicarsi anche da queste manipolazioni è un ottimo passo per assecondare il cambiamento.
Le aziende dal canto loro dovranno affrontare il problema energetico utilizzando lavorazioni che diminuiscano il consumo di energia, producendola con impianti microeolici, fotovoltaici e privilegiando i mercati vicini al luogo di produzione per diminuire sensibilmente le spese, che saranno sempre più onerose, di trasporto.
Dalle istituzioni non ci aspettiamo molto, ma gli enti locali, dai comuni fino alle regioni, possono fare tantissimo in questo senso. Per fortuna ci sono già esempi che possono essere copiati, seguiti www.comunivirtuosi.org e dobbiamo dire che anche alcune regioni si stanno muovendo nella giusta direzione, incentivando il risparmio e la produzione di energia.
Quello che bisogna capire noi, come cittadini consumatori e gli enti locali è che bisogna intraprendere azioni concrete per incentivare l’artigianato i prodotti tipici, ma non per esportarli in paesi lontani, ma per consumarli in loco. Quando eravamo bambini e i nostri genitori andavano in viaggio in altre città italiane, portavano sempre qualcosa di caratteristico, un tipo di pasta, un dolce particolare ecc. oggi non è più possibile perché si trova di tutto dappertutto. I prodotti locali artigianali ora sono diventati industriali di largo consumo e non esiste più, o sempre di meno, il prodotto tipico.
Tornare al motto “piccolo e locale è bello” (www.centrofondi.it) è un modo per assecondare il cambiamento che sta per precipitare nelle nostre vite.
Se non lo avete capito bisogna invertire nuovamente il processo di globalizzazione delle merci e dei servizi in atto dagli anni ’90 e tornare alle peculiarità locali. Noi non lo diciamo perché siamo contrari alla globalizzazione per punto preso, ma perché il nostro lavoro è quello di analizzare l’economia e indicare le soluzioni ai problemi che si presentano.
La globalizzazione intesa come un mercato dove i grossi produttori si spostano come le cavallette bibliche e dove passano lasciano solo povertà e desolazione è la contraddizione del cambiamento energetico in atto. Un mercato così concepito è utile solo a moltiplicare gli utili delle aziende che lo attuano, ma è dispendiosissimo in termini di energia, di costi sociali, di impoverimento delle economie locali. Le merci non devono fare migliaia di chilometri prima di essere consumate, non devono essere geneticamente manipolate per farle sembrare ciò che non sono.
Per agevolare il cambiamento gli enti locali dovranno affrontare oltre al risparmio anche la “localizzazione” dell’energia ovvero l’energia deve essere consumata nel luogo dove si produce. Per le energie rinnovabili purtroppo si sta riproponendo l’errore di strategia che ha voluto l’Italia con grandi centrali elettriche e grandi dorsali per il trasporto di energia che oltre a disperdere molta energia durante il tragitto, richiede enormi investimenti.
Nei grandi parchi eolici che si stanno impiantando in giro per l’Italia si sta commettendo lo stesso errore, al comune che ospita l’impianto si paga solo il disturbo e poi l’energia viene venduta al miglior offerente alla borsa dell’energia e consumata lontano. Nel caso delle rinnovabili ogni comunità deve avere la sua centrale e l’energia prodotta deve essere a vantaggio del territorio e solo l’eccedenza, ma solo quella, venduta. Per fare questo l’ente locale dovrà essere partner della società che realizza l’impianto e sarà il maggior cliente di se stesso e potrà ridurre i prezzi della bolletta energetica comunale e delle famiglie.
In questo senso il peak oil and gas non sarà una dannazione, ma un’opportunità per riscoprire il senso di questa esistenza sempre più stressata. Come al solito sta a noi decidere e non illudiamoci, prima o poi il cambiamento busserà!
Pierluigi Paoletti
Fonte: http://www.centrofondi.it
Link (PDF): http://www.centrofondi.it/report/report_03_05_07.pdf
30.03.2007