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DI GIANLUCA FREDA
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Lo scorso 11 agosto il comandante in capo delle forze aeree russe, generale Alexander Nikolayevich Zelin, ha reso noto alla stampa che la Russia ha appena schierato in Abkhazia un sofisticato sistema di missili S-300 da difesa antiaerea. L’Abkhazia, i lettori lo ricorderanno, è insieme all’Ossezia del Sud una delle due regioni ribelli e filorusse della Georgia, in seguito alla cui aggressione da parte di Tbilisi scoppiò nel 2008 la grave crisi militare tra Russia e Georgia, che rappresentò anche la peggiore crisi diplomatica post-guerra fredda tra Russia e Occidente. L’attivazione di questo nuovo sistema missilistico in una delle regioni “indipendentiste” della Georgia, che rifiutano, sostenute dalla Russia, di riconoscere il governo centrale, rischia di provocare nuovi e profondi incidenti diplomatici. Ma non sono gli incidenti diplomatici il punto che più ci interessa di questa faccenda.

Il sistema missilistico S-300 è – insieme all’ancor più avanzato s-400 – uno dei fiori all’occhiello della tecnologia militare russa. I suoi radar sono in grado di individuare simultaneamente fino a 100 bersagli, puntandone 12 contemporaneamente. Il sistema S-300 è anche stato al centro di una lunga diatriba tra il governo di Mosca e quello di Teheran. Nel dicembre 2005 la Russia si era impegnata a fornire all’Iran almeno cinque sistemi missilistici S-300, che avrebbero rappresentato per Teheran una garanzia in più in caso di un attacco israelo-statunitense. Poi però la Russia aveva iniziato a temporeggiare e tergiversare, ritardando la consegna dei missili, rifiutando di onorare l’impegno e adducendo di volta in volta pretesti che attenevano a ragioni di carattere tecnico o logistico. Il rifiuto di eseguire le consegne degli S-300 all’Iran era ovviamente dovuto a pressioni da parte di Stati Uniti e Israele, con i quali Mosca non si sentiva ancora pronta a rompere ogni relazione diplomatica e ad entrare in conflitto diretto, oltre che alla naturale titubanza dei russi a dotare di sofisticati sistemi di difesa un intraprendente ed agguerrito rivale nella regione. Tanto che alla fine l’Iran si era rassegnato a fare a meno dei sistemi russi, annunciando al mondo, con gran dispiego di propaganda ed esercitazioni sul campo, di aver creato un proprio sistema di difesa antiaerea, paragonabile a quello russo e perfino più sofisticato. Quanto ci fosse di realistico in queste vanterie non è dato sapere. Sta di fatto che di fronte alla notizia che l’Iran avrebbe dovuto utilizzare propri sistemi di difesa e fare a meno di quelli russi, Stati Uniti e Israele, ben lungi dal preoccuparsi, avevano tirato un sospiro di sollievo. Immagino che dopo la notizia dell’installazione degli S-300 russi in Abkhazia, quel sospiro gli si sia strozzato in gola.

E’ infatti del tutto evidente che l’installazione di tali sistemi non ha soltanto la funzione di difendere le due regioni filorusse della Georgia dai possibili colpi di coda del governo Saakashvili, ma anche quello di mettere la parola fine agli ultimi residui di speranza di un attacco contro l’Iran che USA e Israele avessero ancora in progettazione. In caso di attacco, infatti, gli aerei diretti verso l’Iran non potrebbero fare a meno di entrare, in un modo o nell’altro, nel raggio d’intercettazione degli S-300 dislocati in Abkhazia, il che rappresenta un ulteriore deterrente all’avventurismo israeliano che già gli Stati Uniti non erano più tanto entusiasti di avallare.

Da bravi giocatori di scacchi, i russi sono riusciti ancora una volta a prendere due o tre piccioni con una fava: rendere assai più difficile un’aggressione contro l’Iran – aggressione che avrebbe avuto tra i principali obiettivi quello di aprire il territorio iraniano al gasdotto americano Nabucco, pregiudicando le sorti dei gasdotti russi North e South Stream – senza peraltro fornire all’avito rivale iraniano sistemi militari di cui avrebbe potuto avvantaggiarsi per consolidare la propria posizione nella regione; e senza fornire all’Occidente ulteriori pretesti di demonizzazione ostentando in modo troppo diretto una distensione dei rapporti con il “satanico” governo di Ahmadinejad. Del resto, lo stesso generale Zelin, nelle sue dichiarazioni, ha lasciato comprendere, in modo implicito ma piuttosto lampante, che gli S-300 in Abkhazia non servono soltanto per la difesa locale: “Il loro ruolo sarà quello di fungere da difesa per i territori di Abkhazia e Ossezia del Sud, in cooperazione con i sistemi di difesa aerea dell’esercito”, ha detto. Ma ha subito aggiunto: “Il compito di questi sistemi di difesa antiaerea non sarà soltanto quello di difendere i territori dell’Abkhazia e dell’Ossezia, ma anche quello di impedire violazioni dei confini aerei di questi stati. […] Il loro scopo è distruggere qualsiasi oggetto volante che penetri in questi territori, quale che sia il suo obiettivo di volo.  

Non è un caso che il governo di Tbilisi abbia subito capito l’antifona, dichiarando che lo schieramento degli S-300 russi dovrebbe preoccupare non tanto la Georgia, quanto la NATO.

Ho avuto una parziale conferma dello scoramento che l’attivazione di questo sistema missilistico russo ha prodotto nelle residue velleità belliciste statunitensi imbattendomi in un messaggio pubblicato sul forum di Stormfront , sito similnazista votato alla supremazia globale della razza bianca.

(Con questo spero di rendere felici coloro che, con gioiosa sollecitudine, mi danno spesso del nazista, del razzista e del rosso-bruno e che ora potranno dichiarare con documentata prosopopea: “Chi, Freda? Quello che frequenta i siti nazisti?”; a coloro che mi danno spesso del veterocomunista, invece, per stavolta non ho nulla da offrire, a parte il mio consueto antiamericanismo; comunque, poiché poco mi cale del nazismo, del suprematismo bianco e di questa cospicua e variegata confraternita di idioti, andiamo pure avanti).

Insomma, sul sito di Stormfront un tale ha pubblicato una mail inviatagli da un suo amico, in contatto con persone che lavorano in un ospedale delle forze aeree americane. L’amico di questo tale, che sperava evidentemente in un nuovo glorioso attacco della razza bianca contro i beduini mesopotamici, appare piuttosto deluso. Vi traduco la sua mail:

“L’attivazione del reattore nucleare iraniano era nel telegiornale di oggi, e così XXX ha detto: “Abbiamo perso”.

Gli ho chiesto cosa volesse dire e lui mi ha risposto che ce ne stiamo stando buoni perché non abbiamo nessun modo di aggirare i sistemi antiaerei dei russi. La sua clinica si prende cura del personale della US Air Force e i militari parlano spesso dei sistemi SA-300 e SA-400. Pare che la nostra intelligence li abbia informati del fatto che entrambi i sistemi sono in grado di individuare, puntare e distruggere anche gli aerei stealth a più di 400 chilometri di distanza. Loro hanno terribilmente paura di questi sistemi e dicono che una volta che si è stati puntati, non c’è più modo di fuggire. Anche se ci fosse il modo di sfuggire agli SA 300/400, si dovrebbe poi passare attraverso i Tor M [le batterie antiaeree russe a corto raggio, NdT] che sono in grado di intercettare in volo i proiettili di artiglieria.

Ha anche sentito dire dai suoi compagni di volo che non è ben chiaro come i sistemi russi riescano ad individuare gli aerei stealth, ma quando gli stealth hanno cercato di mettere alla prova i sistemi SA 300, sono stati immediatamente individuati e puntati. L’attacco condotto da Israele contro il nord della Siria, circa un anno fa, fu rilevato immediatamente e gli ebrei non poterono far altro che sganciare i serbatoi di lunga percorrenza e darsi alla fuga. Isramerica è stata surclassata”.

Il lettore cerca naturalmente di rincuorare il suo amico di penna: no, non è vero che gli S-300 possono abbattere gli stealth, solo gli S-400 possono farlo. E poi forse gli iraniani non hanno nemmeno gli S-300, dovevano prenderli dalla Bielorussia… i loro sistemi antimissile HQ-9 sono stati acquistati dai cinesi, che a loro volta li avevano comprati dagli israeliani… e così via. E’ comunque palpabile, nel morale delle truppe USA, la consapevolezza che la mossa strategica dei russi rende ormai un attacco contro l’Iran un’opzione rischiosissima e potenzialmente fallimentare. E’ bello vedere le retrovie dell’esercito più potente del mondo che tremano come foglie e si rodono il fegato. E’ ancora più bello pensare a quale può essere stata la reazione degli israeliani a questa notizia, se gli americani, per i quali aggredire l’Iran sarebbe stata un’opzione strategica di rilevanza media e non certo vitale, sono così abbattuti e dunque sempre meno disposti a garantire il proprio appoggio allo stato ebraico, il quale sa bene che l’emergere di un Iran come potenza regionale porrebbe fine ad ogni sua speranza di sopravvivenza. Il lettore conclude infatti affermando che, in ogni caso, i militari americani non hanno nessuna voglia di attaccare l’Iran, perché sanno che sarebbe un suicidio e sanno anche che sono stati gli israeliani ad organizzare l’11 settembre (pare, infine, che io abbia davvero qualcosa in comune con i suprematisti bianchi! E perfino con gli alti comandi statunitensi! Gioite, o avversatori del rosso-bruno!).

Il sito Debkafile, notoriamente vicino ai servizi segreti israeliani, ha compreso anch’esso benissimo le implicazioni delle manovre russe. Spiega che le sofisticate batterie antiaeree russe sarebbero state disposte come contrappeso alle navi da guerra della Sesta Flotta che incrociano nel Mediterraneo e nel Mar Nero e alle grandi basi americane presenti sulle rive dello stesso Mar Nero: la base aerea Mikhail Kogalniceanu, vicino a Costanza, in Romania, e la base di Bezmer , utilizzata dalla USAF e situata vicino Yambol, in Bulgaria. La decisione dei russi sarebbe stata presa dopo l’incidente avvenuto lo scorso 26 luglio ad un elicottero israeliano CH-53, schiantatosi sui Carpazi con sette persone a bordo. Il silenzio imbarazzato mantenuto da Israele sull’episodio aveva reso evidente che l’elicottero era impegnato in esercitazioni miranti ad individuare ed attaccare i siti nucleari che gli iraniani hanno costruito in luoghi inaccessibili, sui fianchi di montagne scoscese. I russi hanno così capito che la data dell’attacco stava avvicinandosi e hanno preso le opportune contromisure (tra parentesi, per capirlo gli sarebbe bastato dare un’occhiata all’incarognirsi della propaganda anti-iraniana sui media occidentali, a suon di Nede e Sakineh). Ora i missili antiaerei russi saranno in grado di intercettare i voli americani in partenza dalle basi bulgare e rumene che osassero sorvolare la Georgia o l’Azerbaijan per dirigersi verso l’Iran. E’ grazie a questa rassicurante presa di posizione dei russi che Teheran ha potuto rompere ogni indugio e annunciare in pompa magna, lo scorso 21 agosto, l’apertura del suo primo impianto nucleare a Busher. Per quanto ambigue possano essere le relazioni tra Mosca e Teheran (i russi temono, essi per primi, l’eventualità che l’Iran possa dotarsi di armi nucleari), le nuove strategie geopolitiche hanno imposto ancora una volta la necessità di premunirsi contro i progetti di riposizionamento israelo-americano in oriente e fare quadrato contro la permanenza dei vecchi rapporti di forza che l’emergere del multipolarismo sta rapidamente spazzando via. Tanto Mosca quanto Teheran si stanno rivelando due attori di primissimo piano nella fondamentale partita geopolitica che si sta giocando sotto i nostri occhi e della quale noi europei, salvo improbabili reviviscenze di senso dell’orgoglio nazionale, rischiamo di essere solo distratti ed inutili spettatori. 

Gianluca Bifolchi
Fonte: http://blogghete.blog.dada.net/
Link: http://blogghete.blog.dada.net/archivi/2010-08-29
29.08.2010

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