DI LAURA PAGANO
In-formazione.net
Di recente ho consultato un testo per la mia tesi di laurea, un classico dell’educazione, L’Emilio o dell’educazione di Jean Jacques Rousseau, scritto dal noto filosofo svizzero nel 1762. Tra i tanti passi interessanti del trattato, uno in particolare ha destato il mio interesse. Cito testualmente dal libro primo:
“L’istituzione pubblica non esiste più e non può più esistere, poiché la ove non c’è più patria non vi possono essere più cittadini. Queste due parole, patria e cittadino (corsivo dell’autore) devono essere cancellate dalle lingue moderne. Io ne conosco ben la ragione, ma non voglio dirla, in quanto che essa non ha a che fare col mio soggetto”.
Rousseau ha composto l’Emilio nel 1762 e già all’epoca era al corrente di ciò che si sarebbe realizzato progressivamente negli anni a venire…
Se prestiamo attenzione alla situazione attuale, possiamo affermare che effettivamente la profezia di Rousseau si è realizzata ampiamente: oggi non si parla più di “patria” ( dal latino pater: padre), in quanto all’idea di patria viene associato automaticamente il rischio legato a “ricadute nel nazionalismo” e più in generale, a conflitti per un ritorno alla nostra sovranità (cessata).
Se andiamo oltre ai diktat dominanti, per abbracciare la “patria” nel suo significato originario, troveremo che questa, indica il “territorio abitato da un popolo, al quale ciascuno dei suoi componenti sente di appartenere per nascita, lingua, cultura, storia e tradizioni”. Il processo di globalizzazione, cominciato a cavallo degli anni ottanta e novanta del secolo scorso, ha invertito questa accezione romantica sottesa a una “grande individualità”, per abbracciare il modello della “super società globale”, cioè l’inizio di una nuova era che ha concluso quella degli stati nazionali. Una super società globale nella quale ci riconosciamo un po’ tutti come “cittadini del mondo”, uniti nella fede rinnovata di un nuovo multiculturalismo del mercato.
Al “cittadino” della società civile, inteso come membro di una collettività, nonché titolare di diritti e doveri, si è quindi progressivamente sostituito il “consumatore” della società di mercato. Questa tendenza è stata bene indagata dallo studioso newyorkese Benjamin Barber, autore del libro Consumati. Da cittadini a clienti. Ecco come Barber analizza le due categorie:
“Il cittadino, d’altro canto, è un adulto, una persona che fa scelte pubbliche, forte della propria libertà sociale di influire sull’ambiente di propria scelta e sul calendario con cui le scelte vengono stabilite e definite; il consumatore infantilizzato è una persona che compie scelte private, la cui autorevolezza per partecipare alla comunità o mettere in atto cambiamenti risulta ridotta, come ridotto appare il suo giudizio pubblico”.
In un ambiente di questo genere, “i consumatori sono più soggetti a pensare che il loro essere cittadini cominci e finisca in base a come spendono il loro reddito sul mercato”, piuttosto che a pensare di poter intervenire attivamente come soggetti titolari di diritti pubblici e privati…
“Queste due parole, patria e cittadino devono essere cancellate dalle lingue moderne”.
(1762)
Fonte: www.in-formazione.net
Link: http://www.in-formazione.net/patria-e-cittadini-in-lutto/
10.12.2014