PAOLO BARNARD E LA GRANDE LEZIONE CHE VIENE DALLA CALABRIA. PER TUTTI NOI

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DI SERGIO DI CORI MODIGLIANI
Libero pensiero

Due o tre cose sul vento che cambia.
Più d’una volta ho sottolineato il fatto che questo blog fa propaganda, e riconfermo l’assunto.

Non faccio propaganda a un partito, ad un’ideologia, che rappresentano uno specifico interesse, faccio “propaganda passionale esistenziale” a tutto ciò che, sulla base dei miei strumenti, volta per volta identifico e interpreto come meritevole del mio investimento di passione civica, di energia mentale, di divulgazione intellettuale. Il fine è di fornire -a chi mi legge- un modesto contributo per andare a costruire l’unico fronte rivoluzionario italiano che a me, in questo momento, davvero interessa: quello della “rivolta esistenziale delle coscienze contro la cupola mediatica e contro la dittatura dell’oligarchia finanziaria planetaria, al fine di sviluppare nei miei concittadini italiani un salto di consapevolezza interiore che porti ad una assunzione di responsabilità in proprio di ogni italiano adulto, per formarsi interiormente di quella necessaria forza d’acciaio spirituale, culturale, psicologica e civile che faccia saltare questo sistema immondo di sfruttamento, oppressione, annientamento della libertà pensante, avvilimento dell’imprenditoria individuale, espoliazione costante della ricchezza; un sistema che produce sbandamento, caos emotivo, depressione affettiva, annullamento della volontà, nel nome di principi, regole e dispositivi, che nulla hanno a che fare con i desideri e i bisogni autentici della cittadinanza e il cui unico scopo consiste nel mantenere lo status quo a difesa dei privilegi di una casta medioevale che sta facendo affossare la nazione”.Questo è il mio pensiero, questa è il mio obiettivo, questa è la mia strategia culturale. Poiché considero Machiavelli un pensatore scarso e banale, oltre che grande responsabile delle tossine nel dna culturale italiano (non a caso amato dal potere) la mia intera struttura pensante si basa sulla negazione politica del principio “il fine giustifica i mezzi” e sull’applicazione, invece, dell’assunto “per una nuova politica di progresso sociale equo e sostenibile, per una rivolta esistenziale che consenta l’evoluzione della collettività aiutandoci tutti a crescere come soggetti adulti e pensanti, è fondamentale applicare la regola tale per cui il mezzo e il fine devono sempre corrispondere, devono essere sempre in linea con saldi principi etici e morali”.

Oltre a bocciare Machiavelli per la banale sciocchezza delle sue piatte argomentazioni (ben altra cosa quelle del grande Guicciardini) ci aggiungo anche l’abbattimento di alcuni proverbi divenuti, oggi in Italia, molto pericolosi e fuorvianti perché hanno prodotto la genesi del clientelismo mafioso, come ad es.: “il nemico del mio nemico è mio amico”.

Falso.

Questo blog opta, invece, per la modificazione proposta e offerta a suo tempo da Mao Tze Dong, il quale di rivoluzioni davvero se ne intendeva, avendola pensata, voluta, organizzata, gestita. Ma soprattutto vinta (ed è ciò che conta nella Storia). Nel suo libretto rosso sosteneva, con saggezza cinese “quando il nemico mi applaude e vuole allearsi con me per un suo motivo tattico, allora vuol dire che è arrivato per me il momento di fermarmi, di interrogarmi, di pensare, di meditare. Perché se il mio nemico mi vuole sostenere, allora vuol dire che sono andato a finire sulla strada sbagliata. Poiché io combatto per la liberazione del popolo cinese dalla millenaria schiavitù perpetrata da un’oligarchia criminale di sfruttatori, il mio nemico deve essere spaventato sempre alla sola idea che io esista. Perché la rivoluzione non è un pranzo di gala. La rivoluzione non è un invito a nozze. La rivoluzione non è una vacanza estiva. La rivoluzione è un atto politico attraverso il quale una classe dominata e subalterna rovescia la classe dominante, l’abbatte, e istituisce un nuovo potere diverso, originale”.

La sua argomentazione ha un sapore forse obsoleto che va senz’altro storicizzato.

Ma a me piace il Senso che ne posso trarre, perché serve ad apprendere ciò di cui noi tutti abbiamo bisogno oggi: orientamento, bussole di navigazione, punti di riferimento solidi.
E’ il motivo per cui in diversi post precedenti ho sentito l’esigenza di chiarire la mia ferma distanza – all’interno della mia ferma opposizione alle politiche liberiste europee anti-sociali- dal fascismo sostantivo e, soprattutto, dal fascismo comportamentale (aggettivo). Chiarendo che sarà sempre il nemico della Cultura, della Libertà e del Progresso, e quindi mio nemico. Per mia fortuna, quei post hanno avuto il successo che speravo: ho ricevuto lettere di minacce, pubbliche, in privato, su facebook, dove in alcuni casi si prospettava l’idea di infilarmi in un forno. Se gli amici di Storace vogliono infilarmi in un forno, mi sono detto, posso andare avanti tranquillo, vuol dire che sto ancora sulla strada giusta.

A dimostrazione del pericolo attualmente in corso: pensare che destra e sinistra non esistano più, che “le banche” siano il vero nemico e quindi chi odia le banche è mio amico e fratello. Non è così e non è vero.
Le ideologie sono tramontate, questo sì. Ma le idee no.

Se oggi i giovani vivono in uno stato di sbandamento perché immersi in un vuoto culturale perenne, è perché la produzione di idee viene ancora combattuta, vilipesa, censurata. In mancanza di idee, prevalgono slogan, parole d’ordine e armi di distrazione di massa. Come ben diceva il grandioso autore italiano Ennio Flaiano ”a vent’anni ero anarchico, a quaranta ho capito che essere anarchici ed essere davvero eversivi, in un paese come l’Italia, vuol dire invece chiedere, volere, e pretendere il rispetto e l’applicazione delle leggi dello Stato a salvaguardia dello Stato di Diritto”. Per il sottoscritto, il nemico principale, in Italia, rimane la criminalità organizzata, chi la sostiene, chi l’appoggia, chi si compromette con le varie mafie. Di conseguenza, diventa un nemico del popolo la classe politica e governativa che ha impedito, impedisce e seguiterà ad impedire il controllo totale dei bilanci, la trasparenza, il controllo sugli investimenti in attività speculative, l’esenzione dalle tasse, l’elusione di fondi statali coperti dal segreto occulto delle fondazioni, la nomina di funzionari, dirigenti e amministratori delle banche attraverso malleverie politiche e clientele politiche. Le banche finiscono per diventare degli autentici centri di strozzinaggio legale perché esiste un sistema politico che consente loro di non considerare le imprese produttive un legittimo referente, bensì di considerare come propri legittimi referenti i burocrati funzionari di partito che gestiscono quindi i fondi statali a fini clientelari, impedendo la circolazione della moneta presso i ceti produttivi attivi, ingessando il sistema che diventa così auto-referenziale: i partiti corrotti nominano i consigli di amministrazione delle banche, e appoggiano un governo che fa avere dalla BCE miliardi di euro alle banche che poi ritornano (attraverso le fondazioni che le presiedono) al partito di cui il presidente è in quota. Un’altra parte dei fondi ottenuti dallo stato finisce per ritornare allo stato non sotto forma di tasse (le fondazioni sono esenti da tasse; in Italia le banche non pagano più le tasse) bensì sotto forma di acquisto di bpt al mercato secondario, per far rispettare il pareggio di bilancio. Quindi si crea un giro asfissiante e mortale per cui lo Stato si indebita con se stesso alimentando le banche occupate dai clientes e dalla criminalità organizzata. Si tratta di un volgare trucco contabile, di una vera truffa. La moneta finisce così per circolare all’interno di un circuito che esclude i soggetti produttivi. Quindi, il mio nemico “non è lo Stato” e “non è l’Europa”, bensì “questo Stato mafioso” e “questa Europa mafiosa”.

Non comprendere questo, vuol dire, non avere un progetto politico, sociale, esistenziale.

A me, invece, interessa il progetto alternativo, non le parole d’ordine. A me interessa cambiare l’assetto sociale e restituire alla cittadinanza il Senso della propria esistenza come soggetto produttivo autonomo.
Questa era una necessaria premessa.

E adesso veniamo ai diversi punti del post di oggi.
Gira un vento nuovo per l’Italia, come confermato da più parti e da più persone.

E’ un vento tiepido, silenzioso, sotterraneo, che è un autentico sintomo rivoluzionario di un iniziale profondo e radicale cambiamento delle coscienze collettive.

Questo vento viene dal meridione, e vi invito ad andare a leggere i commenti di lettori meridionali comparsi su questo blog negli ultimi giorni per averne il sentore.

Il meridione comincia a muoversi eccome. Non si tratta di un partito, non si tratta di un movimento, di una organizzazione, di una entità specifica. Per questo vale di più. Da Catania, Palermo, Crotone, Cosenza, Taranto, Benevento, Caserta, arrivano forti segnali di presa d’atto e di coscienza individuale che si stanno manifestando in termini operativi, pratici. C’è chi comincia, con fatica, entusiasmo, sacrificio, in alcuni casi vera e propria abnegazione, a organizzarsi con micro-imprese locali che rifiutano la logica delle mafie locali ma allo stesso tempo rifiutano anche la logica clientelare partitico-statalista. I meridionali stanno iniziando a operare una furibonda rivoluzione esistenziale perché stanno tentando di creare “una realtà alternativa”. Hanno lo svantaggio di operare in un territorio dove ancora la presenza criminale è molto forte ed è reale, e ne sono consapevoli. Hanno lo svantaggio di non poter contare su grandi capitali né su referenti attendibili, perché i partiti politici (nessuno escluso, e quando dico nessuno, intendo dire nessuno) negli anni e nei decenni hanno finito per intervenire nel territorio e sul territorio scendendo a patti e compromessi con la mafia locale, e quindi sono ormai caratterialmente e strutturalmente incapaci e inabili nel riuscire anche “soltanto a pensare” a una qualsivoglia attività che presupponga il non coinvolgimento del malaffare. Hanno il grande vantaggio (che i settentrionali non hanno) di aver alchemizzato nelle ultime quattro generazioni la costante, criminale e asfissiante presenza delle mafie locali che li ha portati a capire (e quindi comprendere dentro di sé) che la mafia produce sempre e soltanto miseria. Non si tratta soltanto di un fatto etico. E’ un fatto soprattutto economico. Le mafie affamano, depauperizzano, espoliano. E nel meridione la gente l’ha capito. Ma non perché qualcuno glie lo ha spiegato alla tivvù o perché è venuto il Dott. Ingroia o Caselli o Fava sotto elezioni a ricordarglielo. L’hanno capito perché l’hanno pagato con la memoria collettiva sulla loro pelle, perché sono stati testimoni muti, sofferenti e spaventati, per 60 lunghi anni, di ciò che le mafie facevano e di ciò che facevano i partiti i cui funzionari si accordavano con tali mafie. Oggi, la situazione sta cambiando. Tanti e diversi segnali ci stanno annunciando (e la considero una splendida notizia rivoluzionaria che induce davvero a un forte ottimismo) che da quelle parti il cambiamento è già iniziato.

E’ un vento invisibile proprio perché, in quanto originale e diverso, non cerca, non vuole e non ha bisogno di visibilità. E’ un vento, purtroppo, per il momento, inutile per il resto d’Italia perché non aiuterà la barca nazionale. Il vento soffia ed è autentico, ma la barca Italia ha le vele ammainate, e quindi è irrilevante che il vento soffi o meno. Ma c’è. E ci riguarda tutti. E bisogna alzare le antenne, e parlarne, poco a poco, con calma e senza retorica, perché a mio avviso si tratta della prima e vera rivoluzione culturale italiana che comincia a verificarsi in questo paese. E come tale, è diversa ed è originale. Ed è quindi post-movimentista (nel senso che rispetto all’attuale avanguardia calabrese e campana, tanto per fare un esempio, il M5S risulta vecchio e superato) è trasversale, composto da individualità forti, e devo dire dotato di una invidiabile “cultura esistenziale dell’alternativa”. Non indossano divise, non seguono nessuno, perché la loro originalità consiste nel fatto che hanno scelto di seguire la propria coscienza e la propria creatività prendendo atto di muoversi nel deserto totale, con una disoccupazione reale intorno al 50%, che tocca punte del 75% per quanto riguarda il genere femminile. E’ la nuova generazione di chi ha accettato di vivere la condizione di esule in patria e stanno avendo il coraggio di trasformare la nostalgia in utopia. Sono i nuovi emigranti dell’Italia che cerca di cambiare. Gente che da Crotone emigra a Crotone. Da Siracusa emigra a Siracusa. Da Cosenza va a Cosenza. Perché si sono spostati nella loro geografia interiore. I segnali vengono dappertutto e sono reali e non c’è nessun marpione al silicio che possa andare lì a cavalcarli perché sono incalvacabili: perché loro neppure sono. Nel regno del Paradosso della Surrealtà, cominciano a manifestare la loro libertà nel loro essere nel nulla che c’è. Per dirla proprio tutta: hanno capito che la macchina s’è definitivamente rotta, sono scesi dall’automobile e se ne vanno a piedi per la loro strada, male che va fanno ginnastica.

Non è una realtà da sottovalutare. Non esistono link. Non esistono nomi. Non esistono neppure luoghi definibili. Come direbbe l’artista visivo Stefano Davidson “è l’apoteosi del NON, è il luogo dove l’essenza si manifesta nella NON apparenza”. Ma sono. E sono vivi.

Senz’altro molto più vivi dei senesi, dei varesotti e dei riminesi dove hanno sede diversi ricchissimi centri propulsivi finanziari completamente permeati dal consociativismo partitico-mafioso di cui, quelli in buona fede, non sono consapevoli. Nel settentrione stanno davvero all’età della pietra: non sanno neppure che si muovono nel territorio della nuova criminalità organizzata e quindi non sono in grado di attuare le necessarie misure di costruzione di anticorpi. Nel meridione oggi c’è l’unica novità evolutiva dell’Italia che non vuole cambiare ed è sbandata. Non è certo un caso che la personalità, in questo momento, più illuminata, più propositiva, meno compromessa della Confindustria, sia l’imprenditore Ivan Lo Bello, due giorni fa invitato a Lamezia Terme dal PD, dove si è recato e, davanti a un impallidito Pierluigi Bersani, che stava già con il pallottoliere contavoti in mano, ha ben spiegato che “non interessa più a nessuno nel meridione la consueta danza di alleanze dubbie con soggetti criminosi, e il PD non può non prendere atto che deve assumersi le sue responsabilità per aver appoggiato in Sicilia un individuo davvero deprecabile come l’ex presidente Lombardo; deve spiegare perché lo ha fatto e comprendere la nuova realtà nella quale ci stiamo muovendo”.
L’aspetto a mio avviso positivo è che non ne parlino i media mainstream. Del NON è impossibile parlarne. Non può essere neppure visto, se uno non ha certi occhi.

Alla fine di luglio di quest’anno, a Reggio Calabria, nel corso di un mini festival locale delle arti (nient’affatto reclamizzato) è arrivato il nostro grande Riccardo Muti, un grande artista, un uomo di solito schivo, discreto. Ha partecipato con entusiasmo a quella manifestazione con un bellissimo discorso che iniziava “sono orgoglioso di essere un terrone” spiegando che stava toccando con mano ciò che sta succedendo al Sud. Ha valore perché non si tratta di eventi, non si tratta di mode. Si comincia a manifestare una “diversa modalità essenziale dell’esistenza”: è da qui che parte la rivoluzione italiana. Merita più di una riflessione.

Proprio perché da diversi mesi seguo con grandissima curiosità i segni di questa nuova realtà esistente nel meridione, ero rimasto molto colpito, in modo positivo, dal fatto che si volesse portare la MMT in Calabria, ma ero anche molto perplesso nel vedere che si voleva partecipare a cuor allegro a una kermesse gestita, sponsorizzata e sovvenzionata dalla classe politica meridionale compromessa con la mafia locale, con i più importanti esponenti già inquisiti nonché tuttora indagati dalla magistratura. Il post odierno scritto da Paolo Barnard ha fatto dirottare di 180 gradi l’intera vicenda, aprendo però un fronte sul quale sarebbe bello, oltre che profittevole per tutti, partecipare in un confronto costruttivo. Barnard ha candidamente ammesso di non sapere chi fosse Scopelliti e ha emesso il seguente comunicato:

Ho licenziato dalla lista dei relatori, e da future collaborazioni con me in Italia, Stephanie Kelton, Marshall Auerback e James Galbraith, per gravi violazioni di ordine deontologico ed etico. Costoro, assieme agli altri MMT Bill Black e Pavlina Tcherneva, hanno accettato di offrire il prestigio accademico della MMT al Presidente della Regione Calabria Giuseppe Scopelliti (e ad alcuni suoi faccendieri diffamatori e amici di massoni in seconda). Scopelliti è un politico pluri inquisito, gravato da una condanna in primo grado, e da altri seri problemi giudiziari, come ampiamente riportato dagli atti e dalla cronaca, che io colpevolmente ignoravo o sottovalutavo. Mi sono ravveduto, in fretta. Ritengo infatti che se la MMT viene portata in pompa magna, e pubblicamente, a dar lustro a un politico così legalmente compromesso, si rischia la fine della sua credibilità in Italia, di tutto il mio lavoro di tre anni, e di quello di chi ha faticato con me, con un danno tragico al beneficio che la MMT può offrire a questo Paese in crisi disperata. La MMT può e deve andare come consulenza a (quasi) chiunque la richieda, ma non come marchio di prestigio pubblico di un politico o di un partito, meno che meno di quelli indagati o condannati. Significa bollarla e squalificarla per tutto il resto della cittadinanza. I miei ex relatori Kelton, Auerback e Galbraith, con Black e Tcherneva, non hanno avuto alcuna remora nella loro scelta, devastante, e ciò che più m’indigna è che nel loro Paese – dove per molto meno qualsiasi personaggio pubblico viene distrutto nella reputazione – essi non si sarebbero neppure sognati di compiere una simile scelleratezza. Fra l’altro trovo comico (e indecente), mi si permetta, che il prode criminologo Bill Black siederà pacioso a fianco di un politico già condannato e pluri indagato. In ogni caso essi non posseggono più da questo momento i requisiti di trasparenza ed etica necessari a contribuire a ciò che io, e chi lavora con me, stiamo cercando di costruire in Italia con la MMT. A noi rimangono Warren Mosler, Alain Parguez e Mathew Forstater, un team eccezionale.

Esprimo subito la mia opinione al riguardo: la trovo nobile e coraggiosa da parte di Barnard, e gli fa onore.

Allo stesso tempo, però, apre, inevitabilmente una serie di dovute considerazioni proprio sul movimento dei giovani della MMT. Con questa dichiarazione, Barnard ammette di essere stato, diciamo così, ingannato, non avendo lui informazioni adeguate. E va benissimo. Contemporaneamente questo vuol dire che lui non segue ciò che accade in Italia, e neppure quelli della MMT seguono ciò che accade in Italia, altrimenti avrebbero capito subito come stavano le cose. Il che dimostra l’inutilità di qualsivoglia teoria economica se non è seguita, accompagnata, strutturata, sostenuta e preceduta da una corposa e adeguata formazione culturale e politica. Le stesse identiche persone che fino a due giorni fa erano totem intoccabili, considerate come vere e proprie divinità in grado di diffondere il Nuovo Verbo della Verità (Barnard la chiama addirittura “Salva Vita”, mi auguro per tutti che sia auto-ironico) personalità che sono state presentate come la massima eccellenza sul pianeta, all’improvviso, con un comunicato, vengono identificate come persone eticamente abbiette, e cancellate dal panorama intellettuale. Capisco lo sconcerto. Il problema è un altro, che io avevo posto qualche tempo fa, ma è stato impossibile anche interloquire, perché il problema (il problema c’è eccome se c’è) consiste proprio nell’aver abdicato alla Cultura, nell’aver rinunciato al Progetto Politico, e nell’aver costruito una neo-religione dogmatica con persone come la Kelton che in patria sono considerate dei modesti docenti provinciali, completamente privi di qualsivoglia capacità e pertinenza culturale (se non una specifica competenza tecnica e tecnicistica quella davvero molto molto americana) che non sanno nulla dell’Italia, dell’Europa, del complesso modo di produzione italiano; persone che neppure fanno attività politica, e vanno dove li chiamano purché paghino. Tutto qui.

Tradotto, questo vuol dire, lo esprimo con fiera chiarezza “se invece di esserci il già condannato Scopelliti ci fosse stato invece un onesto amministratore, le stesse persone avrebbero seguitato a essere divinità intoccabili e tutti li avrebbero ascoltati a bocca aperta”.

Quindi le cose sono due: o il movimento della MMT fa un salto ed entra nella realtà, comprende che è una entità politica e che una entità politica in Italia non può non rendersi conto di che cosa vuol dire andare a fare un convegno finanziato da istituzioni corrotte in Calabria, oppure va dove vuole, dove la invitano, dove la chiamano, insistendo in un atteggiamento dogmatico privo di critica costruttiva e di progetto culturale. Se non altro per non sbandare ancora di più e non trovarsi delusi. Quando si costruisce una illusione, si sa ciò che può accadere. Passare da un’illusione a un’altra illusione non cambierà neppure di un grammo la realtà italiana.

La svolta, secondo me, consiste nel cambiare pattern, uscendo anche da questo asfissiante provincialismo xenofilo italiano, per cui “la salvezza” viene sempre dall’esterno, il Verbo ce l’ha sempre uno straniero, possibilmente made in Usa, con annesso il brand e il marketing. Il cambiamento è situato da un’altra parte e non esistono scorciatoie di comodo. Non è che alla religione montiana di T.I.N.A. si risponde con una religione opposta. Le religioni sono tutte uguali, in quanto religioni.

La svolta sta nel laicismo.

La svolta sta nel recupero della grande tradizione italiana per compiere e realizzare la necessaria rivoluzione culturale (di cui l’economia è soltanto un aspetto tecnico parziale) per costruire tutti insieme il cambiamento.

La svolta non sta nel cercare nuovi dei dopo il dio Berlusconi o il dio Monti.

La svolta sta nel cercare “il divino che è dentro ciascuno di noi” e volere il laicismo nel sociale.

Il meridione sta cambiando proprio perché lì hanno deciso e stanno scegliendo ogni giorno di non credere più a nessun dogma, nessuna promessa, nessuno specchietto per le allodole.

Le rivoluzioni non si esportano.

Tantomeno le si importano.

Chi va in giro a caccia di nuovi dei, deve mettere in bilancio l’idea di poter essere deluso perché ha scelto deliberatamente di credere in una illusione.

Ripropongo, quindi, la domanda (per quelli della MMT davvero oscena visto come reagirono in maniera convulsa quando la posi a suo tempo) che è dettata da comune buon Senso: “voi davvero pensate che in Italia non esista, in questo momento, nessun soggetto politico attivo, nessun pensatore, nessun economista, nessun intellettuale, in grado di fornire elementi utili per il cambiamento?”.

Prima della svolta di oggi (cioè il comunicato di Barnard) mi dissero di no.

Ripostulo, quindi, la domanda.

E vi suggerisco (non è una divinità, ma è un intellettuale economista italiano, tra l’altro molto ma molto più stimato nelle sedi competenti di quelli americani) che si chiama Sergio Cesaratto; vi consiglio di andare a dare un’occhiata a un e-book da lui presentato due giorni fa che si chiama “Oltre l’austerità” e che contiene all’interno prospettive e dibattiti forniti dal contributo di ben 50 valenti economisti italiani e di cui, qui di seguito, vi propongo un breve brano che ha la particolarità di essere laico, e di rappresentare una delle tante modalità di fornire una prospettiva culturale e politica.

Ecco il testo che trovate dovunque in rete:

SERGIO CESARATTO – Crisi, cambiare la diagnosi per cambiare la cura

Cosa proponiamo? Crediamo che in primo luogo la sinistra dovrebbe assumere di fronte al paese l’impegno a perseguire i propri obiettivi storici che sono la piena occupazione e la giustizia sociale nel nostro paese – ai quali non si può piegare nessun altro mal riposto ideale, quello europeista “a prescindere”, tanto per dare un esempio a caso. Sebbene con qualche punto di domanda, un’Europa federale quale quella sopra evocata è un traguardo di lungo periodo per cui battersi. Nel breve periodo, un obiettivo europeo della stabilizzazione del rapporto debito pubblico/Pil accompagnato dalla garanzia illimitata della BCE a ridurre i tassi sui titoli sovrani ai livelli pre-crisi consentirebbe politiche fiscali espansive (due conti del droghiere lo dimostrano). Questa politica sarebbe compresa dai mercati e approvata dal mondo intero. E’ urgente che ci si batta già da ora per questo obiettivo.
La ragione ci suggerisce che i motivi economici e politici per propugnare queste idee in Europa non mancherebbero: solo per questa strada l’Europa può uscire vincente dalla crisi, socialmente coesa e politicamente forte sì da poter affrontare un mondo globale in cui difendere i grandi valori della democrazia sociale. Ma con quale realismo si può ritenere che queste ragioni possano prevalere? Davvero i tedeschi accetteranno, seppur lentamente, un’Europa solidale e redistributiva in luogo di una Germania che si ritaglia il ruolo di Svizzera dell’economia globale? E per non dare solo a loro tutte le responsabilità, questa Europa neppure è desiderata dal capitalismo internazionale, nemico del pieno impiego redistributivo; e neanche dai suoi cantori nostrani (che all’unisono si sono infatti ieri riuniti in un coro pro-Monti). Ecco allora gli avversari, molteplici e formidabili, interni ed esterni. Ma allora, più coraggio nel predisporre una agenda europea più efficace e per quella ci si batta (come sostenuto oggi su l’Unità da Lanfranco Turci). Non sembrerebbe infatti vincente nei confronti dei “moderati” – la cui vacuità intellettuale è inversamente proporzionale al numero di volte in cui citano la parola “serietà” – denunciare la loro posizione supina verso l’Europa dell’austerity? Non sembrerebbe vincente rinfacciare loro l’illimitata tolleranza verso gli effetti nefasti dell’austerità su occupazione, crescita e standard di vita, sul futuro dei nostri figli e del paese? Non sembrerebbe vincente rivendicare che la salvaguardia di questi valori è la priorità della sinistra italiana, l’Europa se ci aiuta è la nostra Europa, sennò noi sapremo scegliere? Se dette da uno statista screditato queste affermazioni suonano ridicole; se dette dal leader della sinistra suonano vincenti all’interno e un monito all’Europa. Così aiuteremmo noi e l’Europa (e fatemi dire, anche l’economia globale che rischia grosso a causa dell’austerità europea).

Nessuno mai verrà a fare la rivoluzione per voi.
E non ci sarà leader che tenga.
Al massimo, possono essere ben accetti generosi fornitori di qualche bussola occasionale.

Il meridione ce lo sta insegnando a tutti noi.

Il grande cambiamento passa solo e soltanto attraverso una modificazione della propria comportamentalità individuale, ma soprattutto passa attraverso la ricerca di una verità comune, condivisibile collettivamente, che possa funzionare senza dover seguire dei, divinità, miti, icone, slogan, parole d’ordine.

La libertà di pensiero non la si acquista al mercato.
E’ un traguardo.
Le religioni sono sempre un’ottima scusa per declinare le proprie responsabilità.

Rimango un ferreo sostenitore del laicismo come motore propulsore della libertà collettiva.

Anche se, in un momento di così grave incertezza, capisco e comprendo che sia più facile, più esaltante, e più comodo, aderire a un gruppo che adora dei nuovi dei. E’ rassicurante.
Di falsi miti, il paese ne ha avuti fin sopra i capelli.

Per questo mi sto innamorando della nuova realtà meridionale.
Non ha nome. Non si vede. Non ha marca. Non si sa neppure dove sta.

Ma c’è.

Come ebbe a dire un nostro grande genio, eppur si muove.

Noi abbiamo bisogno di movimento.
Non di movimenti.
C’è ancora chi vuol credere che la Terra sia quadrata e che è fissa e immobile.
Non è così, per fortuna.

Apritevi allo spirito costruttivo laico e lasciate perdere gli dei.

L’uno vale l’altro.

P.S. Stefano Davidson è l’unico vero surrealista italiano ancora attivo. Nel 2009 ha presentato una mostra patrocinata dal Ministero per i Beni Culturali dal titolo NON, basata sul concetto tale per cui “il NON è un urlo muto che cerca di rimarcare quanto possa oggi essere vulnerabile la cultura”……..in quanto il NON individua nell’assenza la grande protagonista di questo inizio di secondo millennio.

Sergio Di Cori Modigliani
Fonte: http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it
Link: http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it/2012/10/paolo-barnard-e-la-grande-lezione-che.html
6.10.2012

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