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PADOA SCHIOPPA, MINISTRO DELL’IMPERO

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A cura di Davide
Il 10 Luglio 2006
63 Views

blankDI C.C.

Una certa idea dell’Europa: negazione della sovranità nazionale e veicolo ideale di poteri oligarchici sovrannazionali

Tommaso Padoa Schioppa, il nuovo ministro dell’Economia, appartiene alla setta dei sostenitori di un sistema di governo imperiale del mondo. I membri di questa setta sono uniti da un odio viscerale nei confronti del Trattato di Westfalia del 1648, che pose fine alle guerre di religione europee e gettò le basi per il sistema di diritto internazionale basato sull’indipendenza e la sovranità nazionale. Padoa Schioppa e i membri della sua setta sostengono che quel trattato, poiché segnò la nascita degli stati nazionali, fu l’inizio di un percorso che portò alle due guerre mondiali. Essi confondono la nazione con il nazionalismo. Basta leggere il testo del Trattato di Westfalia per smontare queste critiche. Esso stabiliva, nel suo primo articolo, che “la pace deve essere onestamente e seriamente salvaguardata e nutrita, in modo che ogni parte promuove il vantaggio, l’onore e il beneficio dell’altra.” Esso stabiliva, cioè, una comunità di nazioni basata sul principio che ogni membro della comunità aveva il diritto di svilupparsi compiutamente secondo i propri interessi, e il dovere di promuovere lo stesso sviluppo negli altri membri della comunità. Nel suo ultimo libro (Europa, una pazienza attiva), Padoa Schioppa si scaglia più volte contro il Trattato di Westfalia usando argomenti falsi e superficiali. Lo fa citando il Gran Maestro della setta, l’ex consigliere di Tony Blair George Cooper, oggi direttore generale degli affari esteri e politici per il Consiglio dell’Unione Europea e primo consigliere del responsabile di politica estera dell’UE Javier Solana. Cooper, scrive Schioppa, “ritiene che il 1989 abbia rotto il corso della storia europea (e forse planetaria) assai più profondamente di altri anni simbolo, quali il 1789, il 1815 o il 1919. Il 1989, infatti, non solo pone termine alla guerra fredda; segna anche il collasso finale del sistema che la Pace di Westfalia aveva instaurato nel 1648. In quel sistema, la pace riposava sull’equilibrio delle forze e sulla non interferenza tra stati”. Falso, come abbiamo visto: la pace di Westfalia riposava su un principio attivo, sulla promozione del bene comune tra le nazioni. Schioppa continua: “Era illusoria, mero stato di non-guerra, e nel XX secolo le sue precarie condizioni di sussistenza sono venute meno del tutto per l’avvento di una potenza continentale di forza esorbitante (la Germania), di una tecnologia che innalzava a dismisura il costo della guerra, di una società di massa che aveva trasformato la guerra in scontro non di eserciti ma di popoli”. Altre falsità. A parte il fatto che, anche se fossero vere le premesse di Schioppa, una pace che dura quasi trecento anni non è poi da buttare; non fu la forza in sé della Germania a scatenare le due guerre mondiali, né la tecnologia o lo scontro tra i popoli. Furono le oligarchie europee, la monarchia inglese in testa, e non solo la Germania, a scatenare la prima guerra mondiale e a gettare i semi per la seconda. Fu proprio la “costosa” tecnologia a permettere agli USA di rovesciare le sorti del conflitto e diventare l'”arsenale della democrazia”, e quanto alle guerre di popoli, fu proprio la Pace di Westfalia a impedirle per quasi tre secoli. “Da ambedue le parti dovrà essere dimenticato e perdonato tutto per sempre”, recita il secondo paragrafo del Trattato del 1648 riferendosi agli orrori delle guerre. Ma per Padoa Schioppa, “riprodotta su scala globale, la logica westfaliana è molto più distruttiva che nel secolo e mezzo del dominio europeo”, ed “è ragionevole ritenere che il pericolo della guerra sia insito nella sovranità stessa”. Trovato il nemico, la sovranità, occorre sconfiggerlo. Ma la formula è a portata di mano.

“Secondo Cooper, la formula generatrice di un nuovo ordine di pace che egli chiama post-moderno – è quella elaborata nel secondo dopoguerra proprio dall’Europa, che la sta applicando con successo in campi vitali come le relazioni economiche e la sicurezza”. Dunque, l’Unione Europea come stato sopranazionale? Padoa Schioppa respinge a parole l’idea di un Superstato europeo, ma poi nei fatti è proprio quello che va cercando. Infatti, premesso che il Patto di Stabilità è già “un’espressione straordinariamente forte di potere soprannazionale, una disposizione che non troviamo nemmeno in federazioni mature, in unioni politiche in piena regola”, Padoa Schioppa argomenta la necessità che si formi anche il governo politico dell’Europa, con l’introduzione del voto a maggioranza tra i membri dell’Unione. Egli si rammarica che la cosiddetta Costituzione Europea sia stata bocciata, ma non è un gran male dato che, dal quel punto di vista, non serviva a niente. Suggerisce che essa venga riscritta e “migliorata”, abolendo il diritto di veto dei governi e permettendo il passaggio effettivo dei poteri al Parlamento europeo e alla Commissione come governo espresso da esso. Per aggirare le maggioranze elettorali nazionali, si faccia il prossimo referendum su scala europea.

Nel suo zelo apologetico, tracciando la storia del “sogno europeo” e dei cosiddetti Padri Fondatori dell’Europa, Schioppa si fa sfuggire che per taluni di essi “anche la Spada di Satana, come la definì Luigi Einaudi, poteva apparire un mezzo tollerabile per unire l’Europa e contribuì al favore con cui l’invasione tedesca fu accolta in molti Paesi europei. Raramente si parlò tanto di Europa unita quanto nella Germania di Hitler”. Un lapsus? Forse freudiano. Guardiamo a quello che dice Cooper, con cui Padoa Schioppa è in disaccordo solo quando afferma che l’Europa avrebbe già raggiunto la forma efficace di stato soprannazionale. Nel testo citato da Schioppa, La fine delle nazioni, Cooper si spinge ben più in là nella critica agli stati nazionali, fino a sostenere la necessità degli imperi come forma ideale di sistema politico. In verità, Padoa Schioppa stesso fa un cenno al tema, quando scrive: “Che l’identità nazionale sia l’unico valido fondamento di un ordine politico è contraddetto dall’esperienza storica”. Ma Cooper è molto più esplicito. Sentiamo: “L’impero è storia. Tutto ciò che sappiamo della storia, dall’impero Sumero a quello Babilonese, da quello Egiziano a quello Assiro, e poi la Persia, la Grecia, Roma, Bisanzio, le dinastie cinesi, l’impero carolingio, il Sacro Romano Impero, l’impero Mongolo e quello Asburgico, gli imperi spagnolo, portoghese, britannico, francese, olandese e tedesco, l’impero sovietico, più tanti altri che abbiamo dimenticato, tutto sta a suggerire che la storia del mondo è la storia dell’impero…”. E ancora: “Rispetto all’impero lo stato nazionale è un concetto nuovo. Il piccolo stato cominciò ad emergere nel Rinascimento e la nazione diventò un fattore politico importante solo nel XIX secolo. Da allora lo stato nazionale è stato per lo più confinato ad una ristretta parte del globo. Non è un caso che questa sia stata anche la parte più dinamica. La mancanza dell’impero però non ha precedenti storici. Resta da vedere se può durare. Vi sono ragioni sia teoriche sia pratiche per ritenere che non durerà” perché “un mondo di stati nazionali presenta un problema pratico “. Secondo Cooper, “sembrano esservi tutte le condizioni per un nuovo imperialismo. Vi sono paesi che hanno bisogno di una forza esterna per la stabilità (recentemente una manifestazione in Sierra Leone chiedeva che si facesse ritorno alla dominazione britannica) … Un sistema in cui il forte protegge il debole, in cui chi è più efficiente e meglio governato esporti stabilità e libertà, in cui il mondo è aperto agli investimenti ed alla crescita rappresenta qualcosa di decisamente desiderabile”. Ed ecco il clou: “La forma di espansione imperiale che consente il massimo allargamento è quella dell’Unione Europea”. Cooper raccomanda che l’EU si evolva in una nuova struttura chiamata “impero cooperativo” sul modello dell’antica Roma. Il 7 aprile 2002 Cooper ripeté gli stessi concetti in un articolo per il grande pubblico, sull’Observer, intitolato “Il nuovo imperialismo liberale”, in cui caldeggiò il ritorno a strutture imperiali e neocoloniali da XIX secolo. Un mese dopo, fu nominato all’alta carica in seno all’UE che attualmente ricopre. Ciò dimostra non solo una strategia imperiale britannica per il continente europeo, ma anche l’influenza di reti sinarchiste sovrannazionali, associate a gruppi come il Bilderberg, nella struttura della UE.

I quindici punti Padoa Schioppa (come altri, ad esempio Amato), polemizza con Cooper su questioni secondarie, ma non ne sfidano gli assiomi di base. Anzi, sintetizzandone le idee, tace su quella che è l’idea centrale. Sarebbe come scrivere un riassunto di Pinocchio senza dire che è un burattino, o una critica di Joseph de Maistre senza parlare della sua esaltazione della figura del boia (lo ha fatto il monarchico neosenatore della Margherita Domenico Fisichella). E invece l’idea del sistema imperiale è l’idea alla base del sistema di Maastricht e dell’Euro. Un nuovo sistema imperiale governato dai potentati finanziari. E allora, tutte le tessere si collocano al loro posto. Si capisce la BCE, si capiscono le pressioni esercitate dai “mercati”, si capisce perché Padoa Schioppa, a poche settimane dal voto, ha scritto assieme ad altri membri dell’Istituto Affari Internazionali (una filiazione del Royal Institute for International Affaire di Londra), un programma di quindici punti che “sarebbe auspicabile tenere fermi, qualunque schieramento vinca la sfida elettorale della primavera”. Il primo punto è il postulato da cui dipendono gli altri quattordici, come corollari in un sistema geometrico: “Consolidare la nostra partecipazione all’euro. Non si tratta solo di smetterla con le parole in libertà, di lamentare il nostro ingresso nell’euro o addirittura di ventilare un’uscita. Occorre soprattutto una più forte presa di coscienza delle scelte di fondo che l’economia e la politica economica debbono effettuare affinché l’Italia adatti il proprio modello di sviluppo alla competizione nel mercato unico e nell’economia globalizzata”. Il punto due quindi parla di “applicazione rigorosa del Patto”, il punto tre di “completamento del mercato unico europeo anche nei settori dei servizi e delle utilities” (do you remember Bolkestein?) e così via. Notevole il punto 9, “Sostenere e specializzare la difesa italiana”. Vi si chiede di “superare, a livello europeo, l’attuale distinzione tra impegni e spese `per la difesa’ e `per la sicurezza’ e ripensare gli strumenti militari europei in funzione di una maggiore integrazione civile/militare”. Significa che, come già fa l’America per la “guerra al terrorismo”, le forze armate saranno chiamate a svolgere funzioni di polizia. Una volta, la sinistra avrebbe gridato al golpe.

C.C.

Tratto da: “Solidarietà”
Fonte: www.movisol.org/
Giugno 2006

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