FONTE: ETLEBORO (BLOG)
Il Consiglio dei Ministri ha approvato un pacchetto di cinque disegni di legge destinati a garantire la sicurezza dei cittadini e a porre in essere i dovuti provvedimenti di contrasto all’illegalità diffusa. Un corpo di norme che risponde all’esigenza di recepire il progetto di e-justice, volto alla creazione di una banca dati biometrica a livello europeo, nonché di rimodellare il sistema giuridico in funzione della nuova percezione della criminalità dettata dalla strategia del terrore.
Giunge finalmente in Parlamento il pacchetto sicurezza, composto essenzialmente da 5 disegni di legge destinati a cambiare profondamente il volto del nostro sistema giudiziario che si prepara a divenire uno “stato di giustizia” e non più “uno stato di diritto”. I decreti legge riportano disposizioni in materia di sicurezza urbana; ratifica di adesione al trattato di Prüm e istituzione della Banca dati nazionale del Dna e del Laboratorio centrale, misure di contrasto alla criminalità organizzata; disposizioni in tema di reati di grave allarme sociale e di certezza della pena , mentre non è stato ancora approvato il decreto legge che reintroduce il reato di falso in bilancio. L’Italia dunque conferma la creazione di una Banca dati del DNA, come stabilito nell’ambito del Trattato di Prum, già sottoscritto da Belgio, Germania, Spagna, Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi ed Austria, che sancisce il potenziamento della cooperazione transfrontaliera per contrastare terrorismo e migrazione illegale, accelerando lo scambio di informazioni tra le autorità preposte all’applicazione della legge. Un obiettivo che passa necessariamente attraverso il confronto del profilo del DNA di un individuo con i profili presenti nei database automatizzati degli Stati membri, nonché di dati relativi alle impronte digitali e all’immatricolazione dei veicoli.
Il Trattato di Prüm, definito anche Schengen III, è un ulteriore passo verso la completa integrazione degli ordinamenti giuridici degli Stati, come previsto dai progetti di e-justice ed Eurojust, che arriveranno a creare un unico organismo di giustizia senza tuttavia avere una base costituzionale. Rappresenta questa l’ennesima regressione istituzionale perché va ad incidere sui diritti fondamentali dell’individuo di libertà e di riservatezza senza essere sottomesso a delle procedure di ratifica che chiedono l’intervento dei cittadini europei, e senza rispettare i normali meccanismi di legislazione comunitaria che prevede l’intervento del Parlamento europeo. La regressione è ancora più evidente se si pensa ai meccanismi per la sua applicazione, con la creazione di un Comitato dei Ministri dell’interno degli Stati Europei, e un gruppo di lavoro comunitario, che avranno la struttura di una commissione di esperti ma non di un organo istituzionale. Ci si aspettava, dunque, che con la decadenza della Costituzione Europea si sarebbero arrestati anche tutti quei progetti che avevano una carta costituzionale come punto di riferimento. Invece il cammino dell’integrazione è continuato senza sosta, e in maniera molto silenziosa sta arrivando nelle sue fasi finali senza che le persone sappiano cosa sta accadendo in realtà.Le carte costituzionali vengono inesorabilmente sostituite, a tutti gli effetti, da trattati scritti dai comitati di esperti, sancendo la deliberata violazione dei diritti fondamentali del cittadino senza che vi siano poi degli strumenti di deterrenza per fermare gli abusi. I nostri Parlamenti approvano dei Trattati “a scatola chiusa” che contengono clausole molto pericolose e definizioni controverse e vaghe – si pensi alle forme di restrizione della libertà e di arresto – che necessitano di un’interpretazione nel rispetto dei singoli ordinamenti.Tuttavia il Trattato di Prüm confida la soluzione di questo genere di problemi sempre al Comitato dei Ministri e al gruppo di lavoro, senza prevedere nessun meccanismo di coordinamento per autorità di protezione della privacy o dei diritti dell’uomo. Si credeva che la Costituzione Europea avrebbe colmato queste lacune, e ora che è stata congelata – proprio perché i cittadini non volevano una tale invasione dei propri diritti – tutto resta ma viene messo nelle mani dei comitati di esperti.
Vi è in ogni caso un’evidente sproporzione tra i vantaggi che si avrebbero nella “lotta al terrorismo e alla criminalità transfrontaliera” e la violazione dei diritti dei cittadini: si cerca di combattere con le armi nucleari una guerriglia di bande.
Il contrasto all’immigrazione clandestina – si veda la legge Bossi-Fini – è stato il trampolino di lancio del sistema di tracciamento degli individui, nel quadro del programma Schengen Information System, e non a caso la predisposizione di sistemi informatici per la raccolta delle informazioni sui movimenti delle popolazioni e degli emigranti rappresenta una clausola fondamentale per avere accesso alle trattative di ingresso all’Unione Europea.
Il pericolo da cui in realtà sentiamo il desiderio di proteggerci è quello creato dalla disinformazione, ma nei fatti la sicurezza nazionale è compromessa dall’instabilità sociale, dovuta al malessere economico. Mentre da una parte si va a criminalizzare “l’emigrato clandestino”, le banche e le multinazionali commettono i veri crimini transfrontalieri per i quali non sono previsti confronti o prelievi del DNA.
Per cui, ci stanno nascondendo qualcosa di terribile, che va al di là del problema dell’invasione della privacy, e sfocia nel pericolo dell’internamento e della persecuzione dei cittadini comuni.
Infatti, il corpo di norme del pacchetto sicurezza, presenta come fattore comune quello di criminalizzare il cittadino per gli atti commessi durante la sua vita quotidiana, nonché di trasformare in reato un problema di malessere sociale. Dunque viene scritto un decreto per sicurezza urbana, per “contrastare alcuni comportamenti diffusi e particolarmente odiosi della cosiddetta criminalità di strada” , come “pratiche di accattonaggio, il danneggiamento, deturpamento o imbrattamento di immobili non solo di pregio, l’occupazione abusiva di suolo pubblico anche a fini di commercio, la detenzione di razzi, bengala od altro materiale con potenzialità offensiva in prossimità di manifestazioni sportive.” Sottolineiamo che questi non sono reati penali veri e propri, ma “atteggiamenti odiosi”, come li definisce il governo che sono stati trasformati in crimini con conseguenze penali.
Il pacchetto sicurezza va inoltre a contrastare quegli eventi che creano un forte allarme sociale con misure di inasprimento delle pene per omicidio colposo e lesioni personali colpose se aggravati dallo stato di ebbrezza da alcool o da stupefacenti.
Il malessere sociale, derivante dal degrado della società e dall’insostenibilità economica, sono diventati invece sintomi di intolleranza all’interno delle città e così nuovi reati per criminalizzare “l’altro” e creare un clima di paura e di smarrimento. In un certo senso si cerca di eliminare il rischio di morte, di pericolo o di perturbazione della quiete pubblica, tuttavia, que
sti tentativi andranno ad esasperare la vivibilità stessa, perché pian piano agirà sulla psicologia delle persone che si sentiranno costantemente controllate e sottoaccusa. Lo “stato di polizia”, il tracciamento dei criminali, la vigilanza elettronica sino ad arrivare alla costruzione di un database del DNA e di dati biometrici crea un danno al tessuto sociale che va al di là della violazione della privacy del cittadino.
La diffidenza e la paura renderà la società sempre più pericolosa, il terrore porta al panico, e il panico porta con sé crimini. La componente economica non è da sottovalutare, perché ghettizza la società, crea dei gruppi discriminati, che cercano di emergere ma non riescono essendovi un muro di intolleranza impenetrabile. I media poi sono riusciti ad esasperare tali sensazioni di insicurezza, trasmettendo a ripetizione gli episodi di cronaca e violenza, che riescono a contaminare la vita normale, e a inviare il messaggio subliminale che “ognuno di noi può essere il prossimo ad essere colpito da dei crimini violenti e inaspettati”. È stata così progressivamente introdotto il concetto di “pericolosità”, che sostituisce quello di criminalità, senza considerare che la percezione del pericolo potenziale è una cosa soggettiva, e ogni innocente diventa potenzialmente colpevole. Il diritto così degenera e va a condannare gli atti di inciviltà o di “allarme sociale” per poi sfociare nella penalizzazione delle intenzioni e non degli atti. Un principio questo che è assolutamente contrario allo stato di diritto, alla democrazia, e porta ad una dittatura invisibile che potrebbe incarcerare delle persone per le loro opinioni. Tale scenario non è così lontano dalla realtà che cerca di creare un sistema giudiziario basato sulla prevenzione istituendo così il “reato preventivo” che non è altro che un reato psicologico. Ed ecco che la “sicurezza” diventa un pretesto per aumentare la repressione nei confronti di quelle persone che maggiormente subiscono la crisi economica, che vedono compromessa la propria sopravvivenza dal peggioramento dell’economia nazionale. Il rafforzamento della repressione, e l’instaurazione di uno stato poliziesco sono ormai elementi indispensabili del liberismo economico, al fine di reprimere le reazioni violente e illegali della massa crescente dei poveri e degli esclusi, e così di rafforzare la sottomissione e la rassegnazione della popolazione, ed evitare una rivolta contro l’opera di sabotaggio e di “demolizione sociale” condotto dai governi e dalle multinazionali. Il cambiamento della nostra economia, che porta con sé inflazione e disoccupazione, viene così facilitato dalla restrizione delle libertà e della criminalizzazione dei poveri e delle entità più fragili che non hanno né rappresentanza politica né potere contrattuale.