ORRORE A FALLUJA E IN TUTTO L'IRAK

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21 novembre 2004 DI GIACOMO ORLANDINI
I cittadini di Saqlawiya, un villaggio vicino a Falluja, hanno seppellito in una fossa comune i corpi di 73 persone, tra bambini e donne, uccise dai bombardamenti americani. A riportare la notizia è il sito web della Tv del Qatar, Al-Jazeera.

Un residente di Saqlawiya, intervistato dalla televisione araba, ha dichiarato di aver seppellito i corpi e di non averli potuti identificare perché carbonizzati dalle bombe al napalm usate dagli americani.

Non vi erano ancora state testimonianze dell’uso da parte degli americani di questo tipo di bombe e la notizia non è stata confermata da fonti indipendenti. La città è ancora blindata e le notizie sono difficili da verificare.

Secondo le testimonianze di altri residenti che sono riusciti a scappare dalla città durante l’assedio delle forze Usa e irachene, per le strade di Falluja ci sarebbero ancora centinaia di morti in preda ai cani randagi che si aggirano per la città.La situazione umanitaria, nella città sotto assedio rimane gravissima. Un comunicato del Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR), ha sottolineato come le notizie che provengono da Falluja e da ogni parte dell’Iraq, sono la testimonianza di un disprezzo totale degli obblighi che derivano dal diritto internazionale umanitario, quali il diritto alla vita e alla dignità.

Nel comunicato il CICR ha quindi esortato tutte le parti in lotta a rispettare le norme che regolano le situazioni di conflitto armato stabilite dalle Convenzioni di Ginevra del 1949 e di consegnare coloro che le violano alla giustizia.

Il direttore delle operazioni del CICR, Pierre Kraehenbuehl, ha ricordato che il diritto internazionale proibisce di uccidere chi non è un combattente e chi ha cessato di combattere e che le parti in conflitto devono fornire assistenza ai feriti, che siano amici o nemici.

«Siamo profondamente preoccupati per l’impatto devastante che i combattimenti in Iraq hanno sui suoi abitanti» ha dichiarato Kraehenbuehl, aggiungendo che per le parti in conflitto rispettare il diritto internazionale umanitario non è una scelta ma un obbligo.


“La città soffre la mancanza di servizi. Non c’è acqua nè elettricità. Non c’è modo di offrire cure alle famiglie ferite che rimangono ancora nella città”
ha dichiarato ad Al-Jazeera il portavoce del CICR in Giordania, Muain Qasis.

Secondo il CICR, riporta il New York Times, dall’inizio delle operazioni a Falluja, l’8 novembre, i civili uccisi sarebbero 800.

Il CICR ha il mandato, in base alle Convenzioni di Ginevra, di proteggere, nel corso dei conflitti armati, i civili e coloro che non sono più in grado di combattere, e mantiene dalla sua istituzione una rigida neutralità rispetto alle parti combattenti. Ha ritirato il suo personale internazionale dall’Iraq in seguito all’attentato subito lo scorso anno alla sua base di Baghdad, ma continua a fornire assistenza con il suo personale iracheno.

Anche una delle ultime organizzazioni umanitarie rimaste su suolo iracheno ha deciso di abbandonare il Paese per la mancanza di sicurezza. World Vision, dopo 18 mesi di assistenza alla popolazione irachena nelle scuole, negli ospedali, nelle cliniche e per la fornitura di acqua ha deciso, infatti, di lasciare il Paese in seguito all’assassinio del responsabile per le operazioni in Iraq, Mohammed Hushiar, in un affollato caffè di Mosul, il 29 settembre.

Intanto, l’Iraq è sempre in preda all’orrore: a Ramadi sono stati uccisi da guerriglieri armati 9 soldati iracheni, mentre ieri un marine americano ha aperto il fuoco su un autobus che non si era fermato ad un posto di blocco uccidendo 7 persone. A Latifiya, riporta l’Afp, sono stati trovati i corpi di 30 persone, 27 uomini e 3 donne, in stato di decomposizione. A Baiji, gli scontri tra americani e ribelli hanno causato la morte di 3 persone. A Mosul sono stati trovati i corpi di 9 soldati iracheni freddati con un colpo di arma da fuoco alla nuca.

fonte:
www.warnews.it

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