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DI DI GZ
cobraf.com

Per chi abbia seguito cosa è avvenuto con Bill Clinton nel 1992 e poi con Tony Blair nel 1996 ora con Matteo Renzi vedi ora una stupefacente replica esatta del copione che era stato seguito nel portarli al potere. “…la cena per la raccolta fondi a sostegno del ‘rottamatore’ Renzi , organizzata dal finanziere Davide Serra…in 150 tra banchieri, imprenditori, manager, operatori finanziari: contributi tra 500 e 5.000 euro per ascoltare Renzi consumando un piatto di risotto…”

Selezioni un giovane aspirante leader dal partito di sinistra (Democratico, Laburista, ex-partito comunista…) che da segno di fare la “svolta liberale” e poi il mondo della finanza si coagula intorno a lui. Nel caso di Clinton la sua amministrazione da Bob Rubin (ex-capo di Goldman Sachs) in giù era targata Wall Street. Nel caso di Tony Blair da Lord Levy (il suo grande raccoglitore di fondi) in giù erano banchieri, (private equity, gestori) della City o amici sponsorizzati dai medesimi. Con Matteo Renzi, dopo che un mese fa Bill Clinton lo ha “battezzato” ufficialmente come l’uomo giusto in Italia, ora intorno a lui vedi materializzarsi Roger Abravanel ex gran capo di McKinsey-Banche, che per 25 anni è stato l’eminenza grigia che ha orchestrato tutte le ristrutturazioni delle banche e piazzato gli uomini McKinsey da Profumo in giù ai loro vertici, Matteo Arpe ex capo di Banca di Roma, Nagel capo di Mediobanca, il nipote di Bazoli (da 30 anni eminenza grigia di Banca Intesa), Pagliaro presidente di Mediobanca, Giorgio Gori, Davide Serra che il fondo hedge Algebris da qualche miliardo (Cayman)…, incontra anche Francesco Micheli… (“Renzi ignorava il paradiso fiscale in Cayman di Serra”).

Questa è la politica vera nel XXI secolo. Devi incontrarti e capirti con l’elite finanziaria globale per la quale l’ideale è che vieni dal partito di sinistra e poi fai la svolta “liberale”. Per Renzi è stata “il discorso di Verona”(?), in cui ha dato il segnale che è un amico della finanza e della banche (parola in codice “liberale”). Subito dopo è stato riconosciuto dai suoi rappresentati in Inghilterra e America (Clinton o Blair ad esempio) e ha ricevuto l’investitura ufficiale quando in settembre Clinton è venuto a Firenze apposta per incontrare Renzi (anche se a causa dell’ambaradan che ha suscitato questa sponsorizzazione troppo smaccata all’ultimo momento a Firenze ha preferito non farsi vedere assieme). Questo è l’equivalente di Giovanni Battista che battezza Gesù diciamo. E ora se leggi le cronache degli ultimi giorni per Renzi si è aperta la strada della “sotto-elite” finanziaria a Milano che gli ha aperto le porte.

Altro che i Meet-Up, il Blog, la “rete” e le nuotate di Grillo… questo è il vero potere, perchè è quello dove ci sono i milioni (e i miliardi se occorre)

….quel Matteo Renzi che piace ai giornali raffinati, agli economisti eleganti, agli scrittori impegnati e che a poco a poco comincia ad avere consensi anche nei così detti salotti buoni …ad esempio gli ambienti della finanza milanese. Renzi, si sa, ha scelto di mettere al centro della sua rincorsa elettorale l’idea di andare a conquistare e a rappresentare il mondo dei piccoli imprenditori “che fanno andare avanti il paese” e finora non ha mostrato molta dimestichezza con i pezzi grossi dell’establishment (il dossier, comunque, è affidato a uno dei bracci operativi della macchina renziana: Marco Carrai, amministratore delegato di Firenze Parcheggi e da poco membro del board dell’Ente cassa di risparmio di Firenze, fondazione azionista di Intesa Sanpaolo con il 3,3 per cento). Eppure, dopo il discorso di Verona, in questo universo il sindaco ha visto improvvisamente aumentare le sue quotazioni e si è ritrovato a fare i conti con una serie di inaspettate dichiarazioni di interesse di alcuni volti importanti della finanza lombarda; e nello specifico Renzi negli ultimi giorni ha ricevuto alcuni attestati di stima, diretti o indiretti, da parte di Matteo Arpe (numero uno di Sator), Alberto Nagel (amministratore delegato di Mediobanca) e Renato Pagliaro (presidente di Mediobanca).

L’interesse discreto di Nagel, Arpe e Pagliaro – con i quali ha un rapporto diretto un altro volto in ascesa dell’universo renziano, Davide Serra, capo del fondo di investimento Algebris (fondo che in Italia ha partecipazioni importanti in Intesa, Unicredit e Generali) – nasce soprattutto per ragioni legate ai contenuti della piattaforma liberale proposta da Renzi a Verona, e da questo punto di vista si può dire che i manager condividono l’analisi fatta domenica scorsa sulla Stampa dal professor Luca Ricolfi (“Con Renzi la posta in gioco non è conquistare o mantenere una piccola voce in capitolo nelle scelte del partito, ma di spostare il Pd su posizioni di sinistra liberale”).

D’altra parte l’interesse di un pezzo significativo della finanza non solo milanese per il sindaco trentasettenne nasce anche per ragioni differenti e in particolare per una certa sensibilità dei Nagel, degli Arpe e dei Pagliaro (e non solo loro naturalmente) per il tema “rottamare le vecchie classi dirigenti”.

Nagel, Pagliaro e Arpe – che per una ragione o per un’altra, nel recente passato, hanno provato a rottamare i capi più anziani nelle proprie rispettive aziende, e a qualcuno è andata anche bene – vedono infatti in Renzi un buon “detonatore”, un candidato utile non solo a rinnovare il paese ma a innescare in futuro, anche in mondi lontani dalla politica, un processo virtuoso di ricambio generazionale.

“Nell’establishment di sinistra – ci spiega un importante uomo della finanza milanese con buone entrature nel Pd – si sta andando a consolidare un ragionamento preciso riguardo a Renzi e oggi la verità è che chi sogna di non interrompere l’emozione del montismo si sta interessando al sindaco di Firenze almeno per due ragioni”.

“La prima ragione – continua la nostra fonte – è ovvia: in caso di vittoria di Renzi le possibilità che l’agenda Monti venga rispettata anche dopo Monti sono oggettivamente maggiori rispetto all’ipotesi di una vittoria di Bersani. La seconda ragione è invece più contorta ma ugualmente elementare: chi tifa per il montismo sa che in caso di vittoria di Bersani un’affermazione importante di Renzi contribuirebbe a indebolire il segretario del Pd e di fatto consentirebbe al partito del ‘Monti dopo Monti’ di avere qualche speranza in più di affermarsi subito dopo le elezioni”.

Come sarà facile intuire, all’eccitazione dei “rottamatori della finanza” corrisponde quasi di riflesso un sentimento uguale e contrario di diffidenza di alcuni mostri sacri dell’establishment lombardo. E così, per esempio, sia Giovanni Bazoli, numero uno di Intesa Sanpaolo, sia Giuseppe Guzzetti, capo della Fondazione Cariplo, entrambi pilastri della vecchia finanza bianca, recentemente, seppur in privato, non hanno risparmiato critiche al sindaco di Firenze ed elogi (che in questo caso corrispondono a qualcosa in più di un pre-endorsement) a Pier Luigi Bersani (Bazoli) e a Pier Ferdinando Casini (Guzzetti).

Spostandoci da Milano, poi, e restando nel mondo della finanza, diffidenze sostanziali nei confronti di Renzi sono state registrate anche in zona Monte dei Paschi e in zona Della Valle. Alessandro Profumo, amministratore delegato di Mps, insieme con la moglie (Sabina Ratti) è da tempo sostenitore di Rosy Bindi (che con Matteo Renzi, diciamo, ha un rapporto dialettico) e nonostante alcuni contatti avuti anche recentemente con Carrai al momento, pur non essendo un fan di Bersani, non ha intenzione di sostenere il sindaco di Firenze. Quanto a Della Valle, invece, il discorso è più articolato.

Con Diego, proprietario delle Tod’s e tra le altre cose azionista di Rcs, il sindaco condivide l’amore per il calcio, il tifo per la Fiorentina (famosa, ormai, la foto di Renzi e Della Valle esultanti uno accanto all’altro allo stadio Artemio Franchi alla prima di campionato) e la passione per la pratica del rottamare i vecchi e rincitrulliti arnesi della classe dirigente italiana.

Dunque, apparentemente, si potrebbe almanaccare eccome sulla liaison tra lo Scarparo e il Rottamatore; ma le cose sono più complicate di quanto sembra e i rapporti tra i due in realtà non sono particolarmente buoni: cordiali, sì, amichevoli (il fratello di Diego, Andrea, due giorni fa ha persino detto che “Renzi ha grandi qualità e potrebbe essere la sorpresa del prossimo anno”), ma in verità Della Valle non ha ancora digerito del tutto “lo sgarbo” che il comune gli avrebbe fatto due anni fa quando il sindaco, secondo la versione di mister Tod’s, “si sarebbe comportato male ostacolando il rinnovo per la convenzione di affitto dello stadio della Fiorentina”, e dunque per ricucire lo strappo ancora un po’ di tempo ci vorrà (Renzi e compagnia ci stanno comunque lavorando).

Così, per varie ragioni, accanto a piccole e significative manifestazioni di interesse per Renzi (oltre a Pagliaro, Arpe e Nagel, il sindaco ha incuriosito anche i vertici dell’Eni e di Telecom, che, a quanto risulta al Foglio, nutrono simpatia nei confronti del sindaco di Firenze) bisogna registrare verso il Rottamatore diverse e pesanti bocciature.

Bazoli, Profumo ma non solo. Perché, a guardar bene, anche in Confindustria, per dire, il sindaco di Firenze viene osservato con diffidenza e scetticismo: e dunque non può sorprendere se nelle stanze che contano di Viale dell’Astronomia si sostiene che “in una fase drammatica come quella in cui si troverà l’Italia nel 2013 immaginarsi un giovane inesperto come Renzi a contrattare il futuro del nostro paese con i giganti dell’Europa francamente fa un po’ impressione, per non dire paura”.

ALESSANDRO PROFUMO E MOGLIE SABINA RATTI

Sentite cosa dice Bazoli jr. La situazione, come si vede, è liquida e sfuggente, e ancora oggi risulta difficile registrare e inquadrare in modo preciso lo spostamento dell’establishment verso questo o quel candidato. E allora, in questo piccolo marasma, chissà che per fotografare al meglio l’incertezza che regna nelle classi dirigenti di fronte allo scenario della sfida Renzi-Bersani non siano utili le parole di un esponente del Pd piuttosto particolare che vive e lavora in una delle terre chiave dell’intreccio tra sinistra, politica e finanza.

La città, naturalmente, è quella di Brescia, e l’esponente del Pd in questione è stato uno dei fondatori dell’Ulivo in città e oggi è consigliere municipale del Pd e vicepresidente della commissione Economia e commercio in comune. Il suo nome è Alfredo Bazoli, ha 44 anni, è stato presidente della direzione provinciale del Pd di Brescia e, tra le altre cose, è nipote di Giovanni Bazoli, numero uno di Intesa Sanpaolo. Sentite cosa dice: “Qui a Brescia – racconta Bazoli jr. al Foglio – sia nel mondo politico sia nel mondo extrapolitico c’è grande attenzione e cautela rispetto alle primarie.

Tutti sono alla finestra a studiare i percorsi e i progetti e tutti sanno che Renzi e Bersani rappresentano due alternative vere per guidare il Pd e magari un domani il paese. Il paradosso della sfida, a mio avviso, è che Bersani, dal punto di vista dell’unità del partito, è forse la persona giusta per guidare il centrosinistra mentre Renzi forse è la persona giusta con cui vincere le elezioni, pur avendo meno possibilità di Bersani di vincere le primarie.

Detto questo confesso che, personalmente, il discorso di Renzi a Verona mi ha molto affascinato. Mi sono riconosciuto in quelle parole e in quei riferimenti espliciti alla rivoluzione blairiana e non escludo che, anche per questo, alla fine alle primarie potrei scegliere di votare proprio per il sindaco di Firenze”.

GZ
Fonte: www.cobraf.com
Link: http://www.cobraf.com/forum/coolpost.php?reply_id=123493714#123493714
19.10.2012

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