Le segherie che stanno tagliando gli alberi dell’Amazzonia
DI DARIO BOSSI
Venerdí pomeriggio, giorno di Coppa, ai quarti di finale il Brasile attende la Colombia.
La partita è tra un’ora, siamo in ritardo: noi missionari vogliamo seguirla assieme alle comunitá rurali con cui lavoriamo da anni, in un progetto di agroecologia nell’interno del municipio di Buriticupu.
Buriticupu è una piccola cittá nello Stato brasiliano del Maranhão, con circa trentamila persone nel suo nucleo urbano ed altrettante sparse nella zona rurale. Le distanze ed i tempi sono “brasiliani”: infinite e difficilmente calcolabili a priori. La vita della gente è precaria, in questa terra considerata preamazzonica, nel senso che “prima qui c’era l’Amazzonia”.
Questa regione, in particolare, ha sofferto ed ancora soffre una enorme violenza strutturale: il conflitto tra fazendeiros e agricoltori senza terra ha marcato anni di sangue e di esecuzioni sommarie; politiche di interesse privato, indifferenza, abbandono e corruzione hanno ridotto migliaia di contadini alla sopravvivenza piú precaria; una logica permanente di saccheggio delle risorse naturali ha distrutto migliaia di ettari di foresta amazzonica spianandola a beneficio degli allevatori, che gestiscono la terra in modo estensivo e poco efficace.
La nostra auto avanza lungo la strada in terra battuta, piena di buchi e sassosa: gli amici della picola comunitá di Centro dos Farias ci attendono per la partita, tutti davanti ad un televisore scassato che deforma la voce del telecronista ed offre immagini oscillanti. Ma il viaggio è ancora lungo, sono 50 Km di vibrazioni e polvere, arriveremo giá con un gol marcato ed un clima piú rilassato: profumo di vittoria!
In auto, dialoghiamo sui due giorni di lavoro che ci attendono: l’orto comunitário che dobbiamo costruire e l’insetticida naturale che prepareremo insieme, macerando le foglie ed altri prodotti raccolti lungo la settimana dai nostri amici contadini, che stanno reimparando a riconoscere le proprietá vive che la madre natura ci offre. “Nessuno darebbe veleno a sua mamma” – insegna il corso di agroecologia a cui participiamo assieme a trenta famiglie di questa regione. Agroecologia è coltivare senza uso di veleno, senza applicare concimi chimici ed evitando la pratica pericolosissima dell’incendio per “ripulire” il terreno dopo il tempo delle piogge.
Agroecologia è una cura omeopatica contro l’agrobusiness, è uno sforzo di vita di chi crede nelle piccole famiglie rurali, nella forza dei poveri quando si organizzano, nella feconditá della natura e nella sua protezione. È fede nel Dio della Vita, religione intesa come “prendersi cura” e continuare il cammino ininterrotto della Creazione, che il Signore ha affidato nelle nostre mani.
Il viaggio si fa meno pesante, dialogando su questo tra noi. Ma la violenza di queste regioni non si interrompe, e riappare concretamente per tre volte lungo la strada: un piccolo tratto del nostro percorso si sovrappone alla rotta dei camion del traffico clandestino di legname. Incrociamo in soli venti minuti tre carichi di alberi saccheggiati alla foresta. Ogni camion riesce a trasportare solo quattro enormi pezzi di tronco, dal diametro di piú di un metro ciascuno.
Gli ultimi brandelli di foresta rimasta al Maranhão vengono rubati alla luce del sole e trasportati per circa 100 Km, fino alle segherie piú vicine. Buriticupu è una di queste cittá-ponte tra la foresta e la commercializzazione del legname. I saccheggiatori devono vedersela con le comunitá indigene che vivono della foresta: quando non riescono a rubare, giungono a negoziare ciascuno di questi enormi alberi a costi irrisori. Vendono alle segherie il carico dei loro camion ad un prezzo medio corrispondente a 500 dollari. E le segherie rivendono la legna in tavole ad un prezzo tre volte maggiore.
Chi denuncia questo traffico clandestino corre rischio di vita. Amici nostri hanno dovuto fuggire da questa regione perché si sono esposti troppo individualmente. L’anno scorso l’esercito nazionale ha stanziato circa 600 uomini che si sono installati in queste regioni per 5 mesi, tentando debellare questa piaga. Ma si è trattato di un esercizio puramente scenografico: appena i soldati hanno alzato le tende… tutto è tornato come prima.
Due a uno! Il Brasile ha sconfitto anche la Colombia, passiamo alle semifinali!
È un’allegria rivedersi con gli amici di Centro dos Farias davanti alla televisione e lavorando insieme, tentando ricostruire la speranza dal basso. Mentre carichiamo i sacchi di letame o maceriamo le “magiche” foglie del nostro insetticida, molti si chiedono tra sé e sé, nel sudore sotto un sole equatoriale, chi vincerá la battaglia ben piú importante, in difesa della Vita, della foresta e delle piccole famiglie di agricoltori rurali.
Chissá se un giorno l’attenzione internazionale seguirá con altrettanto agonismo queste sfide… e qualcuno in piú verrá a rafforzare la nostra squadra missionaria: c’è in gioco la vita del Pianeta!
Dario Bossi (missionario comboniano)
Fonte: PeaceLink
Link: http://www.peacelink.it/editoriale/a/40335.html
7 luglio 2014