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La Redazione

 

OKLAHOMA CITY, COLUMBINE, VIRGINIA TECH. E ADESSO FORT HOOD
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A cura di Davide
Il 15 Novembre 2009
67 Views

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DI SHEPERD BLISS
carolynbaker.net

Oklahoma City (1995 – 168 morti), Columbine High (1999 – 12 morti), Virginia Tech (2007 – 32 morti), e ora Fort Hood (13 morti). Cosa hanno in comune questi luoghi memorabili?

Sono luoghi in cui gli americani hanno ucciso americani in una cultura la cui violenza si estende da qui a luoghi come l’Iraq e l’Afghanistan. Sono sintomi di un problema profondo che non potrà sparire senza un intervento serio.

Esistono collegamenti tra la violenza qui a casa e la violenza americana nelle guerre all’estero che indicano un modello di comportamento. Questi episodi sono tra i segni in crescita che dovremmo analizzare con attenzione, ora, prima che si verifichino ulteriori avvertimenti e possano forse anche peggiorare. Le cause di questo tipo di fatti dovrebbero essere studiate.

Reazioni a Fort Hood potrebbero svilupparsi in quello che viene descritto come un “punto di ribaltamento” nel best-seller con tale titolo di Malcolm Gladwell. Altri descrivono lo stesso momento come “una svolta”. Forse potremmo allontanarci da tale violenza estrema.

Dove potrebbe ancora colpire il terrore e chi potrebbe essere il colpevole e chi le vittime? Più studenti, più soldati, o chi altro ? Come viene alimentato tale terrorismo interno e che cosa possiamo fare per interromperlo? E’ tempo di guardare all’interno piuttosto che cercare capri espiatori al di fuori. Sollevare ossessionanti interrogativi è ora più importante di ricorrere a semplicistiche risposte e cercare vendetta.

A Oklahoma City un attivista anti-governo ha fatto esplodere bombe in un edificio federale. A Columbine due studenti delle superiori hanno premuto il grilletto su altri studenti e su un insegnante. Al Virginia Tech uno studente universitario ha ucciso altri studenti. A Fort Hood il colpevole è un medico dell’esercito che ha ucciso cinque altri psicoterapeuti e altre otto persone e ne ha ferito circa 31.

Che cosa vuol dire che un professionista della salute mentale sembra aver sopportato un trauma così a lungo che è crollato sotto lo stress e messo in atto una strage di tali proporzioni ? Solo incolpare questi individui è troppo facile.

Come ex ufficiale dell’esercito, la cui famiglia militare ha dato il nome a Fort Bliss, in Texas, il quale è stato allevato in parte vicino a Fort Hood, questo massacro ha colpito vicino a casa. Come professore universitario, quando leggo di sparatorie nelle scuole, penso alla mia responsabilità di contribuire a proteggere gli studenti.

L’approccio americano dello “sparagli” per risolvere i problemi non è nuovo, soprattutto nel Texas e il restante Selvaggio Ovest. Queste recenti tragedie hanno lezioni da insegnarci, in modo che il rischio di altri incidenti del genere possono essere ridotti.

Piuttosto che semplicemente accusare le persone che hanno commesso questi crimini efferati, potremmo trarre vantaggio guardando oltre e considerando le nostre responsabilità come cittadini per ridurre tale violenza e migliorare il contesto che la produce.

E’ più facile demonizzare gli assassini piuttosto che cercare di capire perché questi uomini disperati si sono sentiti spinti a tale violenza che probabilmente prenderà la loro vita o la porterà alla punizione estrema. La loro angoscia e la loro sofferenza deve essere stata notevole.
La sola punizione del colpevole è improbabile che rompa il ciclo di violenza che gli americani commettono qui a casa e portano all’estero. Sarebbe più utile un attento studio dei modelli.

La recente violenza a Fort Hood e nella città di Killeen, dove esso si trova, non è nuova. L’area “è stata assediata da criminalità e violenza da quando le guerre in Afghanistan e in Iraq sono iniziate”, secondo il “New York Times” del 10 novembre. “I rapporti di abusi domestici sono cresciuti del 75 per cento a partire dal 2001,” continua. I soldati tornano a casa dalla guerra e picchiano le mogli, a volte fino alla morte. A partire dal 2003 si sono verificati 76 suicidi da parte di personale assegnato a Fort Hood

Non c’è nessuno da biasimare oltre gli americani. Lo abbiamo fatto. Non musulmani, non arabi, o “terroristi” esterni . Non nemici esterni. “Abbiamo incontrato il nemico, e siamo noi”, afferma un celebre rigo da “Pogo”, un fumetto della mia infanzia. E’ giunto per noi il momento di riflettere sul contesto che genera tale auto-distruttività.

Dal giorno dopo il massacro di Fort Hood, dal giovedì alla domenica ho ritagliato e soprattutto letto molti articoli, pur continuando con le mie attività quotidiane. Sono stato particolarmente colpito dall’ eroismo del sergente Kimberly Munley che coraggiosamente ha abbattuto il tiratore, anche se colpita con quattro proiettili nel corpo.

Non è stato fino alla notte di domenica dove ho sentito veramente l’orrore. Sono diventato insensibile, apatico, depresso.

Per fortuna, quel giorno stesso avevo scritto ai miei studenti della Sonoma State University di mettere Fort Hood sul piano di lezione per la mia classe di “guerra e pace” . Volevo gentilmente incoraggiarli ad andare oltre il rifiuto di esprimere i loro sentimenti, di sviluppare opinioni, e di impegnarsi in un pensiero critico. Gli studenti sono stati attenti e hanno riflettuto profondamente sulle implicazioni di Fort Hood e ciò che si riflette su di noi come nazione e sul nostro futuro.

“Ci vuole un po ‘di tempo prima che inizi il lutto”, recita l’ultima citazione in un articolo dell’8 novembre nel nostro quotidiano locale “The Press Democrat”. Questo mi ha aperto al mio dolore. Le parole sono quelle del colonnello Bill Rabena che gestisce il nuovo Spiritual Fitness Center del dopo-massacro di Fort Hood. Offre consulenza, musica in sottofondo, una biblioteca religiosa e uno spazio di meditazione, tra gli altri servizi, per aiutare i sopravvissuti a far fronte ai traumi psicologici.

Mentre ero nell’esercito durante gli anni ‘60 e le guerre americane in Vietnam, Cambogia, Laos non avevamo tali centri. Così mi sono sentito molto solo durante i circa 40 anni dopo il mio congedo, l’aver dovuto de-militarizzare me stesso e affrontare i miei traumi. Mi sto ancora riprendendo e mi irrito facilmente, soprattutto per i suoni forti.

Abbiamo bisogno di lavorare per aumentare la sicurezza dei nostri studenti, soldati e dei cittadini nel loro insieme, o futuri incidenti simili sono probabili. I luoghi pubblici quali scuole, edifici statali e anche le basi militari sono diventate meno sicure nel corso di questo 21° secolo.

Forse il massacro di Fort Hood può risvegliare in noi il dolore e la sofferenza del nostro personale militare e le vite che conducono nei Paesi oltreoceano e nelle loro famiglie. D’altra parte, una colonna del “Newsweek” di un 16 Novembre sul nuovo libro “American Homicide” del professore di storia e di criminologia Randolph Roth dello Stato dell’Ohio nota che ” le vendite di pistole e munizioni sono salite quasi al 50 per cento in più rispetto a un anno fa”. Che cosa ci dice questo sullo stato della nostra Unione e del nostro futuro?

Ora è il momento di piangere le nostre perdite nazionali e lavorare per ridurre al minimo tali perdite in futuro. Tale dolore collettivo può informarci ed educarci.

Shepherd Bliss è un ex ufficiale dell’esercito e membro del Veterans Writing Group (http://www.vowvop.org/). Attualmente insegna part-time alla Sonoma State University, manda avanti una fattoria nel nord della California a partire dal l992, e ha contribuito a più di una ventina di libri. Può essere raggiunto a [email protected]

Fonte:http://carolynbaker.net
Link: http://carolynbaker.net/site/content/view/1382/1/
11.11.2009

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di CONCETTA DI LORENZO

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