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La Redazione

 

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OCCUPY WALL STREET: COSA BISOGNA FARE DOPO ?

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A cura di Davide
Il 25 Aprile 2012
81 Views

DI SLAVOJ ZIZEK
guardian.co.uk

Come un movimento di protesta senza un programma riesce a confrontarsi con un sistema capitalista che sfugge alle riforme.

Cosa fare in seguito al movimento Occupy Wall Street, dal momento che le proteste che sono scoppiate lontano – Medio Oriente, Grecia, Spagna, Regno Unito – hanno raggiunto il centro e sono ora più forti e coinvolgono tutto il mondo?

In un’eco del movimento OWS di San Francisco il 16 ottobre 2011, un ragazzo si rivolse alla folla con un invito a partecipare come se stesse accadendo negli anni ’60, in stile hippy:


“Ci stanno chiedendo quale sia il nostro programma.
Non abbiamo nessun programma. Siamo qui per divertirci.”

Questa dichiarazione mostra uno dei grandi pericoli che stanno affrontando coloro che protestano: il pericolo di innamorarsi di loro stessi, dei bei momenti che trascorrono “occupando” luoghi. I divertimenti costano poco – la vera sfida del loro valore sta in ciò che rimane il giorno dopo, come le nostre normali vite quotidiane possono cambiare. I manifestanti dovrebbero innamorarsi del duro e paziente lavoro – sono all’inizio, non alla fine. Il loro messaggio fondamentale è: il tabù è stato rotto, non viviamo nel miglior mondo possibile; ci è permesso, addirittura ordinato, pensare ad alternative.

In una specie di triade hegeliana, la sinistra occidentale è arrivata al punto di partenza: dopo aver abbandonato il cosiddetto “essenzialismo della lotta di classe” per la pluralità delle lotte anti-razziste, femministe, ecc., “il capitalismo” sta ora ri-emergendo come il nome del problema.

Le prime due cose che dovrebbero essere proibite sono quindi la critica alla corruzione e la critica al capitalismo finanziario. In primis, non biasimiamo le persone e i loro atteggiamenti: il problema non è la corruzione o l’avidità, il problema è il sistema che spinge ad essere corrotti. La soluzione non è né Main Street né Wall Street, ma cambiare il sistema dove Main Street non può funzionare senza Wall Street. Le figure pubbliche, dal papa in giù, ci bombardano con ingiunzioni per combattere la cultura dell’eccessiva avidità e consumismo – questo disgustoso spettacolo di bassa moralizzazione è un’operazione ideologica, se mai ve n’è stata una: la costrizione (di espandere) iscritta nel sistema stesso si traduce nel peccato individuale, in una propensione psicologica privata, o come uno dei teologi vicini al papa ha detto:

“L’attuale crisi non è la crisi del capitalismo, ma la crisi della moralità.”

Ricordiamoci la famosa battuta di Ernst Lubitch nel film Ninotchka: l’eroe entra nella caffetteria e ordina caffè senza panna, il cameriere risponde:

“Scusi, ma siamo rimasti senza panna, abbiamo soltanto del latte.
Posso portarle un caffè senza latte?”

Non è uno scherzo simile che ha funzionato nella dissoluzione del regime Comunista dell’Europa dell’Est nel 1990? Le persone che protestavano volevano la libertà e la democrazia senza corruzione e sfruttamento, e hanno ottenuto libertà e democrazia senza solidarietà e giustizia. Così, i teologi Cattolici vicini al papa stanno cautamente enfatizzando il fatto che i manifestanti dovrebbero mirare all’ingiustizia morale, all’avidità, al consumismo, ecc., e non al capitalismo. La semovente circolazione del capitale resta più che mai l’ultima Realtà della nostra vita, una bestia che per sua definizione non può essere controllata.

Si dovrebbe evitare la tentazione del narcisismo delle cause perse, dell’ammirazione della bellezza sublime delle rivolte destinate a fallire. Quale effettivo nuovo ordine dovrebbe rimpiazzare il vecchio il giorno dopo, quando il meraviglioso entusiasmo delle rivolte finirà? È a questo punto cruciale che riscontriamo la fatale debolezza dei manifestanti: esprimono una rabbia autentica che non è in grado di trasformare se stessa in un minimo programma di cambiamento socio-politico. Esprimono uno spirito di rivolta senza rivoluzione.

In reazione alle proteste di Parigi del 1968, Lacan disse:

“Ciò a cui aspirate come rivoluzionari è un nuovo padrone. Ne otterrete uno.”

Sembra che l’osservazione di Lacan abbia trovato il suo punto (non solo) negli Indignatos in Spagna. Per quanto le loro proteste rimangano al livello di isteriche provocazioni ai padroni, senza un effettivo programma per il nuovo ordine che rimpiazzi il vecchio, questo funziona in realtà come un invito ad un nuovo padrone, seppur rinnegato.

Abbiamo avuto il primo assaggio dei nuovi padroni in Grecia e Italia, e la Spagna che probabilmente seguirà. Come se ironicamente per rispondere alla mancanza di avanzati programmi da parte dei manifestanti, la tendenza sia ora sostituire i politici al potere con un governo “neutrale” di tecnocrati depoliticizzati (per lo più banchieri, come in Grecia e Italia). I “politici” colorati sono fuori, i grigi esperti dentro. Questa tendenza si sta chiaramente muovendo verso uno stato di emergenza permanente e verso la sospensione della democrazia politica.

Dovremmo quindi vedere in questo sviluppo anche una sfida: non è abbastanza respingere il ruolo degli esperti depoliticizzati come la forma più spietata di ideologia, si dovrebbe anche incominciare a pensare seriamente a cosa proporre al posto dell’organizzazione economica predominante, a immaginare e sperimentare forme alternative di organizzazione, a cercare i germi del Nuovo. Il Comunismo non è solo o prevalentemente la festa della protesta di massa quando il sistema arriva ad un punto d’arresto; il comunismo è anche, soprattutto, una nuova forma di organizzazione, disciplina, duro lavoro.

I manifestanti dovrebbero prestare attenzione non solo ai loro nemici, ma anche ai falsi amici che fingono di supportarli, ma che stanno già lavorando duro per far scemare la protesta. Così come possiamo avere caffè senza caffeina, birra senza alcol, gelato senza grassi, proveranno a trasformare le proteste in innocui gesti moralisti. Nella boxe, “clinch” (colloquiale “abbraccio”, ndt) significa stringere il corpo dell’avversario con una o entrambe le braccia per impedire o ostacolare i colpi. La reazione di Bill Clinton alle proteste di Wall Street è un perfetto caso di “clinch politico”. Clinton crede che le proteste siano “tutto sommato… una cosa positiva”, ma è preoccupato riguardo alla poca chiarezza della causa. Clinton ha suggerito ai manifestanti di star dietro al piano di lavoro del Presidente Obama, che ha affermato che creerà “un paio di milioni di posti di lavoro nel prossimo anno e mezzo”. Ciò a cui si dovrebbe resistere in questa fase è proprio ad una rapida traduzione di energie della protesta in una serie di pragmatiche esigenze “concrete”. Si, le proteste hanno creato un vuoto – un vuoto nel campo dell’ideologia egemonica, e c’è bisogno di tempo per riempire questo vuoto in maniera appropriata, fino a quando diventi un vuoto pregnante, un’aperura verso il vero Nuovo. La ragione per cui i manifestanti sono scesi nelle piazze è perché ne avevano abbastanza del mondo in cui riciclare le lattine di Coca Cola, dare un paio di dollari per carità, o comprare un caffè da Starbucks dove l’1% è destinato ai problemi del Terzo Mondo è sufficiente per farli star bene.

La globalizzazione economica sta gradualmente ma inesorabilmente minando alla legittimità delle democrazia occidentali. A causa del loro carattere internazionale, i grandi processi economici non possono essere controllati dai meccanismi democratici che sono, per definizione, limitati allo stato nazione. In questo modo, le persone sperimentano che le forme democratiche istituzionali sono incapaci di catturare i loro interessi vitali.

È qui che l’intuizione fondamentale di Marx resta valida, oggi forse più che mai: per Marx la questione della libertà non dovrebbe essere collocata primariamente nella sfera politica. La chiave per la libertà reale risiede nella rete “apolitica” delle relazioni sociali, dal mercato alla famiglia, dove il cambiamento necessario, se si vuole un effettivo miglioramento, non è una riforma politica, ma un cambiamento nei rapporti sociali “apolitici” di produzione. Non votiamo riguardo a chi possiede cosa, alle relazioni in fabbrica, ecc. – tutto questo è lasciato ai processi al di fuori della sfera del politico. È illusorio aspettarsi che si possano effettivamente cambiare le cose “estendendo” la democrazia in queste sfere, ad esempio, organizzando banche “democratiche” sotto il controllo delle persone. In queste procedure “democratiche” (che ovviamente possono avere un ruolo positivo) non importa quanto radicale sia il nostro anti-capitalismo, la soluzione viene ricercata nell’applicazione dei maccanismi democratici – che, non bisogna mai dimenticare, fanno parte degli apparati statali dello stato “borghese” che garantisce il funzionamento indisturbato della riproduzione capitalistica.

L’emergenza di un movimento di protesta internazionale senza un programma coerente non è quindi un caso: riflette una profonda crisi, una crisi senza una soluzione evidente. La situazione è come quella della psicoanalisi, in cui il paziente conosce la risposta (i suoi sintomi sono tali risposte), ma non sa a cosa stia rispondendo, e l’analista deve formulare una domanda. Soltanto attraverso un tale lavoro paziente emergerà un programma.

In una vecchia barzelletta della Repubblica Democratica Tedesca, un lavoratore tedesco ottiene un lavoro in Siberia. Consapevole del fatto che tutta la sua posta verrà letta dai censori, dice ai suoi amici:


“Stabiliamo un codice: se la lettera che riceverete da me è scritta con inchiostro blu, è vera; se è scritta in rosso, è falsa.”

Dopo un mese, i suoi amici ricevono la sua prima lettera scritta in blu:


“Qui tutto è meraviglioso: i negozi sono pieni, il cibo è abbondante, gli appartamenti larghi e ben riscaldati, i cinema proiettano film occidentali, ci sono molte ragazze pronte per una storia – l’unica cosa che non si trova è l’inchiostro rosso.”

E non è la nostra situazione finora? Abbiamo tutte le libertà che vogliamo – l’unica cosa che manca è “l’inchiostro rosso”: ci sentiamo liberi perché ci manca il lessico per articolare la nostra non-libertà. Ciò che la mancanza di inchiostro rosso significa è che, oggi, tutti i principali termini che utilizziamo per designare i conflitti attuali – “guerra al terrore”, “democrazia e libertà”, “diritti umani”, ecc. – sono termini falsi, che compromettono la nostra percezione della situazione invece di permetterci di pensare.

L’obiettivo oggi è dare ai manifestanti l’inchiostro rosso.

Slavoj Žižek
Fonte: www.guardian.co.uk
Link: http://www.guardian.co.uk/commentisfree/cifamerica/2012/apr/24/occupy-wall-street-what-is-to-be-done-next
24.04.2012

Traduzione per http://www.comedonchisciotte.org a cura di MARIA MERCONE

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