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La Redazione

 

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OBBLIGHI DI PIANGERE E DIVIETI DI RIDERE

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A cura di Davide
Il 13 Gennaio 2014
66 Views


DI PIOTR

megachip.globalist.it

Dalle indignazioni facili fino al caso Dieudonné, da Bersani ai silenzi su Sharon, i media sanno incanalare i sentimenti popolari a difesa del potere. Ecco come

Obbligo di piangere

Quel che sta succedendo attorno alla patologia di Bersani, all’incidente della Merkel o anche più semplicemente a quella sconsiderata che ha difeso la vivisezione, mi conferma nella mia decisione di non avere FB, né Twitter e nemmeno un blog.
Lasciamo da parte la signora vivisezionista. Il fatto di non avere a disposizione strumenti tecnici per dire cretinate non appena mi vengono in mente può essermi stato di aiuto a tenere a freno la lingua sui due politici e ad essere non solo più riflessivo, ma anche più riflessivamente umano.
Ad ogni modo non mi sono nemmeno passate per la testa le esplosioni di contentezza o gli auguri di aggravamento rivolti ai due politici come quelli che, sembra, hanno inondato la rete.
Tuttavia ogni volta che succedono fenomeni come questi non si può non essere colpiti da come il mainstream cerchi con ogni espediente di incanalare i sentimenti della popolazione in un verso o in un altro. E il verso è sempre quello del sostegno al potere e ai suoi interessi.

Riprendo quindi alcune considerazioni contenute in un recente post del professor Alberto Bagnai riguardo il corteo ipocrita che ha accompagnato le denunce di quelle espressioni di giubilo, senz’altro incivili.

Come si sa il professor Bagnai è un esperto di Econometria e in questo caso ha giustamente richiamato l’attenzione sulla disparità delle quantità di lacrime che il mainstream ci sollecita a spargere e che, in primo luogo, spargono le élite stesse e i loro lacchè.
Nessuno di loro ha mai pianto una lacrima sui morti indotti dalla crisi che quei due politici hanno assecondato ed aggravato. Già, perché non basta l’economia per fare una crisi sistemica come quella che stiamo vivendo, ci vuole anche la politica.
Se avete voglia e tempo leggetevi qualcuno di questi report suggeriti del prof. Bagnai (uno, due e tre). Sono interessanti:
A quanto pare, in Italia si possono individuare ben 500 suicidi e tentati suicidi dovuti alla crisi solo tra il 2008 e il 2010. Non bisogna essere menti matematiche per capire che dal 2008 ad oggi in Europa i suicidi dovuti alla crisi si contano a migliaia. Ed è impressionante anche l’aumento del 38%, coincidente con la crisi, dei bimbi nati morti in Grecia.
Fin qui i dati ricordati dal professore.
A questo punto mi è venuto subito in mente l’inqualificabile Giuliano Ferrara che ha invitato le persone a suicidarsi per dimostrargli che c’è una crisi che a lui non risulta.
Le lacrime pietose dei nostri media per i dominanti e il silenzio per le tragedie dei dominati sono una logica conseguenza del fatto che per l’Euro “vale la pena di morire”, come scriveva nero su bianco Enrico Letta. Insomma, quei morti e quei nati morti “li vuole l’Europa”. Alleluia! Per lo meno la loro ragione è rivendicata senza peli sulla lingua, anzi con orgoglio, dalle élite che ci comandano. Non occorrono supposizioni.
Queste lacrime sono il risvolto mediatico di quelle da coccodrillo nevrotico spese dalla Fornero quando si apprestò a iniziare il suo massacro sociale. Poveretta, capiva la tragedia, ma gli ordini erano quelli. Lo voleva l’Europa. Si parva licet componere magnis, dicevano cose simili anche gli imputati di Norimberga.
Infine è impressionante che a decidere questi sfracelli siano persone milionarie. Ci si può ingenuamente chiedere come mai. Mi voglio sbizzarrire anch’io con le misure. Come mai, per prendere come esempio un importante settore del nostro welfare, il primo serio attacco ai termini pensionistici fu affidato a una persona, Lamberto Dini, pensionato da 1.333 euro al giorno (lordi, per carità)? Come mai l’ultimo attacco lo ha eseguito un ministro con un reddito lordo dichiarato di 1.102 euro al giorno, su commissione di un premier che ne ha dichiarato uno di 4.210 (sempre di euro al giorno si parla)?
La risposta è veramente banale: si tratta di lotta di classe. Né più né meno che della vecchia lotta di classe. Ma non di quella in cui speravamo noi, vecchi inguaribili marxisti. Si tratta della mai assopita lotta di classe dall’alto.
Divieto di ridere
Il francese Dieudonné M’Bala M’Bala non è semplicemente un “comico”. Dalla Francia alcune lobby hanno decretato che per l’intero “mondo civile” (cioè quello che è tale perché ha massacrato più esseri umani di tutto il resto del mondo preso assieme, quello il cui faro è un Nobel per la Pace che ogni settimana aggiorna una lista di persone da assassinare), insomma in quel particolare pezzetto di mondo, il nostro, che il mondo ha la capacità di distruggerlo tutto quanto, in un colpo o un po’ alla volta, per questi campioni della democrazia e dei diritti umani Dieudonné ha da qualificarsi d’ufficio come “comico antisemita, razzista e vicino agli ambienti dell’estrema destra” (qui un solo esempio tra molti).
Eppure, i bersagli dei suoi strali e delle sue prese in giro sono, ecumenicamente, tutti i gruppi etnici rappresentati in Francia, a partire dal suo.
La prima accusa è invece addirittura surreale. Nemmeno il Minculpop storico sarebbe arrivato ad un simile stravolgimento della realtà. Il nostro comico è diventato famoso ed amato per un gesto fatto col braccio, detto “quenelle“, che significa “ficcatevelo nel culo”.
Sarà volgare, ma il significato del gesto lo capirebbe anche un ragazzino. Anche perché Dieudonné, per essere preciso, porta una maglia con tarati sulla manica sinistra i livelli fino ai quali le vittime della sua satira se lo devono prendere in quel posto (la potete vedere qui).
Ma per il Minculpop transnazionale del “mondo civile” è diventato un “saluto nazista alla rovescia”. E nessuno dei media “civili” si è messo a ridere dicendo che è una sonora stronzata. Al contrario. Perché? Perché le sue critiche non risparmiano Israele. Ecco il perché. D’altra parte ancora sull’ultimo numero del Venerdì di Repubblica, persino Moni Ovadia si lamentava di essere tacciato di “antisemitismo” perché critica Netanyahu (cioè, siamo chiari, un capo di governo estremista di destra, razzista e guerrafondaio).
Di nuovo obbligo di piangere
Insomma, ci si ingegna a indurre riflessi condizionati. Un po’ come quelli che dovrebbero scattare per la morte di Ariel Sharon.
Essendo stato un personaggio che è ben difficile non mettere in discussione, è bene che l’ultimo concetto di tale discussione, quello che alla fine uno deve rammentarsi e associare indelebilmente al personaggio in oggetto, è che comunque avrebbe “aperto alla via della pace”.
Intanto questa famosa “via della pace” sarebbe il ritiro unilaterale dalla Striscia di Gaza per farla diventare il più grande carcere a cielo aperto del mondo oggetto di ripetuti tentativi di genocidio. Una situazione che nemmeno i più visionari film americani come “Fuga da New York” hanno saputo immaginarsi.
Posso provare pietà cristiana per la morte di un uomo. Ma non chiedetemi di più: io il nome di Ariel Sharon lo assocerò per sempre ai 2000 civili palestinesi massacrati a Sabra e Shatila.

Riflessi condizionati richiesti anche alla pronuncia del nome di Alma Shalabayeva. In questo caso, invece che “delinquentina” bisogna per forza aggiungere “moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov”. E’ fatto divieto di chiedersi come mai il “dissidente” sia stato messo in galera in Inghilterra, liberato per interferenza del Foreign Office ma subito dopo rimesso in galera dalla Francia che ha persino accolto la domanda di estradizione della Russia per reati finanziari di varia natura. Quindi non chiediamocelo. Non chiediamoci perché secondo l’avvocatura generale dello Stato francese Ablyazov è “un criminale su larga scala”. Per definizione la Shalabayeva è moglie di un dissidente kazako.

E’ entrata in Italia con passaporto diplomatico falso? Perdonabile. A lei. Non è certo il caso di farla stare nuda a Lampedusa per essere spidocchiata. C’è clandestino e clandestino. Lei può sbandierare la figlia per la sua questua, ma la zingara sul marciapiede no, perché questo sì che ci fa orrore, non è vero? Per la signora kazaka l’obbligo dettato dal regime è di nuovo “Piangere!”. Gli altri, o ai pesci, o distrutti dalla miseria da noi prodotta, oppure in mano ai tagliagole da noi scatenati.
Purtroppo certi dubbi non passano per la testa nemmeno ai 5 Stelle, bravi ragazzi ma talvolta delle frane in politica estera.
A questo punto è interessante notare che durante il cosiddetto “regime democristiano” del dopoguerra c’era ovviamente propaganda ma era tollerata anche un’ampia contropropaganda – fatta usualmente dall’allora Partito Comunista. Questa maggiore libertà era dovuta al fatto che la dialettica democratica, per quanto imperfetta potesse essere, congiunta allo sviluppo economico, per quanto di classe potesse essere, non mettevano in discussione radicale l’egemonia delle élite. Oggi la crisi fa trasparire sempre più ferocemente il dominio sottostante all’egemonia così che i margini di libertà e di liberalità si restringono progressivamente. Quindi la propaganda la si fa a media unificati.
Clitemnestra, assassina del marito Agamennone, è più pericolosa quando ha paura, ci dice lo splendido libretto scritto da Hugo von Hofmannsthal per la possente musica di Richard Strauss («wenn sie zittert, ist sie am schrecklichsten»).
Similmente, le élite oggi hanno paura e quindi sono pericolosissime.
«Nur diese Stunde geh’ aus ihrem Weg!» «No, non adesso, non ingombrarle il passo!», Crisotemide implora la sorella Elettra.
La Storia si sta ripetendo in tragedia. Non in farsa, purtroppo.
Il Medioriente, la sinistra normale e quella ab-qualcosa
Ma piano piano qualcuno inizia ad aprire gli occhi. Ad esempio sul Medioriente. Anche tra i media mainstream c’è chi di fronte agli sfracelli indotti dal caos imperiale e al dilagare di Al Qa’ida e di fondamentalisti affini, inizia qua e là a chiedersi: “Ma Gheddafi era poi proprio così male? Ma non è che sotto Saddam Hussein l’Iraq stava meglio? Perché mai dovremmo buttar giù – e ovviamente assassinare come abbiamo fatto con gli altri – anche Assad?”.
Intanto bisognerebbe domandarsi cosa vuol dire il fatto che Al Qa’ida sia considerata dall’intelligence statunitense l’unico reparto operativo dell’Esercito saudita e che i Sauditi siano i più stretti alleati degli Usa nella regione, assieme ad Israele. Con tutte le cautele, ma un pizzico di proprietà transitiva potrebbe aiutare a capire molte cose. No, eh?
Poi bisognerebbe riflettere sul fatto che un farabutto come il socialista Hollande che ha meno del 15% del consenso popolare si permetta di dire che Assad è un dittatore, quando ha il consenso del 75% della popolazione siriana (stima, sgomenta, del Pentagono!). Stiamo parlando di un Presidente francese che ha deciso che lui le guerre (neocoloniali) le fa e le farà senza chiedere il permesso al suo Parlamento. Cosa per altro che da noi è già successa, prima col sarcastico ex comunista D’Alema in Serbia e dopo col coniglio mannaro Berlusconi in Libia, però sotto ricatto della sinistra e specialmente dell’ex comunista Napolitano.
Questa è la sinistra “normale”, italiana ed europea (ricordiamoci anche del delinquente bombardatore di sinistra inglese Tony Blair, che ora pretende milioni di dollari per le sue conferenze, come il delinquente bombardatore di sinistra americano Bill Clinton e la di lui consorte Hillary, sponsor di golpe fascisti in Sudamerica).
Ma la sinistra cosiddetta “radicale” ha la colpa di una collateralità deforme. Almeno quelli sopra citati fanno gli interessi propri e dei loro sodali. Ma a partire dall’abnormità storica e politica dell’appoggio della Rossanda ai tagliagole di Bengasi, la sinistra radicale, tranne rarissime eccezioni, si è distinta per l’idiozia di appoggiare gratuitamente tutta la feccia di mercenari, bucanieri, fondamentalisti, macellai, stupratori e scuoiatori lanciati dal “mondo civile” contro ogni singolo stato laico e multiconfessionale della regione, nel disegno imperiale (per nulla segreto) di creare la lotta di tutti contro tutti. Per questo la tolleranza e la convivenza etnica e religiosa, che da noi sono sacre, sono viste come fumo negli occhi se le praticano in Medioriente. La tragedia del caos mediorientale non è una conseguenza inintenzionale di una politica improvvida e inconseguente, come ci viene raccontato, è proprio un obiettivo strategico, anche se il caos è pur sempre caos anche per i führer imperiali e i gauleiter regionali. Così come la guerra è comunque guerra anche per chi la inizia pensando di vincerla.
Dopo di che questa sinistra si agita per le unioni omosessuali (te le voglio vedere nell’Emirato islamico dell’Iraq e del Levante). O per le Femen e le Pussy Riots. Le donne mediorientali, evidentemente, sono di razza inferiore, possono essere stuprate e sgozzate dai “combattenti per la libertà” senza che da noi si sollevino troppe proteste. Come non si sono sollevate per le donne libiche nere, integrate da Gheddafi con pieni diritti e finite nell’inferno sadico e razzista dei “liberatori”.
Ma soprattutto è scandaloso che da noi nessuno trovi questo doppio peso un’indecenza, bensì parte del paesaggio naturale e culturale.
Di questo la sinistra radicale, parodia di se stessa, non riesce proprio a prendere coscienza. È battuta persino dai giornalisti del mainstream.
Sul già citato ultimo numero del Venerdì di Repubblica, il giornalista Pietro Veronese ci comunica quale è il suo buon proposito di inizio anno: non credere più alle palle ufficiali. Spiega che lui dovette seguire la guerra nel Ciad tra gli insorti spalleggiati da Gheddafi e il presidente Hissène Habré, sostenuto dalla Francia che intervenne militarmente. Già questo, secondo me, avrebbe dovuto far capire da che parte stare, ma lasciamo perdere. Quando Habré vinse, Veronese racconta che se ne rallegrò, come tutta la stampa mondiale. Dopo trent’anni Habré è stato accusato di crimini di guerra contro l’umanità e di essere implicato direttamente in migliaia di omicidi politici e infiniti casi di tortura. «Ecco l’uomo della cui vittoria ci felicitammo: vedevamo in lui un legittimo capo di Stato ed era un criminale, poi definito il Pinochet africano. … Propositi per il 2014. Accrescere la diffidenza verso le verità ufficiali … . E prima di agire, prima di scrivere alcunché, chiedersi se siamo sicuri che non ci sia qualcosa di cui, magari trent’anni dopo, dovremo vergognarci».
Ripeto: stiamo parlando di un giornalista che scrive su Repubblica. Che quelli del “manifesto-giornale-comunista” prendano esempio.
Piotr
Fonte: http://megachip.globalist.it
Link: http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=95136&typeb=0&Obblighi-di-piangere-e-divieti-di-ridere
12.01.2013
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