NOTE SULLE RACCOMANDAZIONI DEL GENERALE WESLEY CLARK

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FONTE: DEDEFENSA.ORG

Il 17 luglio il Generale Clark ha fatto una dichiarazione particolarmente importante sul canale tv MSNBC, a commento dell’ultima sparatoria avvenuta la scorsa settimana negli USA, a Chattanooga, in un edificio militare (quattro marines uccisi). Ha detto che sarebbe necessario internare in maniera preventiva le “persone radicalizzatesi” o le persone che, secondo le autorità, sono suscettibili di diventarle, in modo da prevenire episodi come quello di Chattanooga: sparatorie commesse da “lupi solitari” (l’attacco a Chattanooga è stato realizzato da un solo uomo, Mohammad Youssuf Abdulazeez). La logica della proposta tende evidentemente a inglobare altri gesti commessi da “radicalizzati”, dato che il termine è abbastanza vago da consentire una fruttuosa ricerca.

Il testo del suo intervento, relativamente al passaggio incriminato su MSNBC del 17 luglio, è il seguente, così come lo riporta Justin Raimondo su Antiwar.com il 20 luglio 2015 (“Lo stato di polizia “liberale” esiste già adesso, commenta Raimondo, davanti ai nostro occhi, ora…”).

Il Generale Clark risponde all’MSNBC:

«Dobbiamo identificare le persone che tendono ad essere facilmente radicalizzate. Dobbiamo fermarle fin dall’inizio. C’è sempre un certo numero di giovani alienati. Non riescono a trovare lavoro, sono stati lasciati dalla ragazza, la loro famiglia non è felice qui e siamo in grado di vederne i segnali. Ci sono membri della comunità che possono aprire un dialogo con queste persone, incoraggiandole a guardare ai benefici che hanno qui».

«Ma io credo che, sul piano della politica nazionale, abbiamo bisogno di sapere cosa sia l’auto-radicalizzazione, perché siamo in guerra con questo gruppo di terroristi. Loro hanno un’ideologia. Durante la Seconda guerra mondiale, se qualcuno avesse appoggiato la Germania nazista a scapito degli USA, non avremmo detto che era libertà di parola, sarebbe stato rinchiuso in un campo di concentramento e fatto prigioniero di guerra.

«Così, se queste persone sono radicalizzate, non supportano gli Stati Uniti e sono sleali verso gli Stati Uniti, come questione di principio va bene. È un loro diritto ed è anche un nostro diritto e obbligo separarli dalla comunità per tutta la durata del conflitto. E penso che dobbiamo usare maniere sempre più forti, non solo negli USA, ma i nostri alleati come Gran Bretagna, Germania e Francia dovranno rivedere le loro leggi nazionali».

Il Generale che era un “liberale”

Sono state numerose le reazioni dei commentatori anti-sistema, sia tra i conservatori (come Raimondo, il libertario) che tra i progressisti (o liberal, come si dice negli USA). Beninteso, la stampa di Sistema ha mantenuto un silenzio elegante e discreto, com’è ormai prassi quando da qualche parte nelle vaste lande del Sistema viene pronunciata una qualche frase di un qualche interesse. Le dichiarazioni del Generale Clark, che dal 2000 è in pensione anticipata, sono intriganti e significative, essenzialmente per via di questa proposta, che ha un sapore totalitario e orwelliano, dell’internamento delle persone che si suppone siano suscettibili di “radicalizzarsi”. La brutalità e la stupidità della proposta, se pensata in rapporto ai processi di valutazione che si immagina fatti da beoti o robot, si avvicina agli scenari più estremi di quello che si immagina essere uno Stato di polizia sedicente sofisticato, postmoderno, orwelliano.

Ovviamente, ed è qui che sta l’interesse di questa faccenda, la cosa è ancor più notevole perché Clark, nonostante il suo status di ex-generale, è considerato un liberale. Sul sito The Intercept di Glenn Greenwald è stato pubblicato il 20 luglio un articolo di Murtaza Hussain che, oltre a denunciare la proposta, è soprattutto interessante per via di una testimonianza recente di cui l’autore ci rende partecipi. Hussain riporta l’essenziale di un incontro che ha avuto qualche mese fa con Clark, nel corso del quale quest’ultimo gli aveva comunicato la sua contrarietà alla “politica della paura” (che implica una deriva verso uno Stato di polizia simile a quello che propone nella sua dichiarazione del 17 luglio) e la sua preoccupazione per “l’erosione delle istituzioni democratiche”. Clark aveva peraltro ribadito la sua denuncia della politica-sistema dell’epoca Bush, delle posizioni e dell’influenza dei neocons, e così via. Hussain ha anche riportato altre prese di posizione di Clark risalenti al 2004-2006.

«I commenti arrivano del tutto inaspettati da un uomo come il Generale Clark che, dopo aver prestato servizio come Comandante supremo delle Forze Alleate della NATO, si è fatto strada negli ambienti politici progressisti. Nel 2004, durante la sua campagna per la nomina presidenziale democratica, fu molto critico riguardo alla reazione eccessiva dell’amministrazione Bush agli attacchi terroristici dell’11 settembre. Da allora, ha criticato le politiche che violano la Convenzione di Ginevra, dicendo nel 2006 che le politiche come la tortura violano “gli stessi valori che [noi] condividiamo” […]

«All’inizio di quest’anno ho parlato con Clark durante l’annuale Simposio per gli Affari Internazionali all’Università Lewis e Clark di Portland, Oregon. L’oggetto della nostra discussione è stato come gestire la potenziale minaccia dei combattenti stranieri di ritorno dai conflitti all’estero. In quel momento, Clark si è pronunciato contro “la politica della paura” e l’erosione delle istituzioni e delle leggi democratiche, ribadendo la sua critica agli eccessi commessi dai neoconservatori dell’era Bush con la scusa della lotta al terrorismo».

«Ma venerdì [17 luglio 2015], ha esortato la restaurazione di una politica ampiamente considerata tra i capitoli più vergognosi della storia americana: i campi di concentramento nazionali della Seconda Guerra Mondiale. A parte i problemi inerenti all’incriminazione di persone a causa delle loro convinzioni, la proposta di Clark (sulla quale il giornalista dell’MSNBC non ha chiesto chiarimenti) sembra essere basata anche sul prendere di mira persone che non sono nemmeno “radicalizzate”, ma che il governo pensa possano diventarlo in futuro. Il fatto che la radicalizzazione stessa sia un concetto amorfo e politicamente malleabile rende la proposta ancor più preoccupante»

Può un liberal nasconderne un altro?

Prima di andare oltre, soffermiamoci un attimo sulla personalità di Clark. In gioventù ha avuto una formazione brillante – primo della classe a West Point, laureato in filosofia, scienze politiche ed economia a Oxford, la più antica, prestigiosa e «britannica» università d’Inghilterra: in due parole, un generale “intellettuale”, che non ha timore delle idee, nemmeno di quelle più “audaci”. Clark è noto per molti episodi e dichiarazioni che alimentano la sua fama di generale liberal ma che alimentano altresì un’opinione pseudo-antisistema secondo la quale dietro l’immagine del liberal si nasconde il guerrafondaio, completamente allineato e ben più pericoloso di quel che sembra.

Cerchiamo di far chiarezza. Prendiamo due episodi fra i più celebri della carriera di Clark e che sono a un tempo significativi e passibili di interpretazione.

Guerra mondiale all’aeroporto di Pristina

Il primo è l’incidente dell’aeroporto di Pristina, il 10-11 luglio 1999, quando le forze NATO (Kfor) avanzavano in Kosovo dopo la capitolazione di Milosevic (il 3 giugno) per mettere in piedi una struttura di occupazione. I russi volevano prender parte a questa struttura, dopo il ruolo politico centrale che avevano avuto (avevano ottenuto la resa di Milosevic), ma la NATO tentò di opporsi ponendo fin da allora le basi della sua politica sistematicamente anti-russa che prosegue tutt’oggi, fino alla completa distruzione psicologica attraverso un determinismo narrativo [L’autore usa l’espressione «déterminisme-narrativiste» che ha espressamente coniato sul suo blog per indicare la strategia comunicativa anti-russa della Nato, N.d.T Cfr. http://www.dedefensa.org/article-glossairedde_le_d_terminisme-narrativiste_26_02_2015.html]. I russi iniziarono ad occupare l’aeroporto di Pristina e Clark, che allora era comandante in capo delle forze NATO, ordinò al generale Mike Johnson (il comandante inglese delle forze di terra) di frapporsi e cercare di limitare l’avanzata russa. Ne scaturì un violento battibecco fra Johnson e Clark, quando il primo si rifiutò di obbedire al secondo dicendo: “Sir, non inizierò la Terza Guerra Mondiale per lei…”. Questa frase è divenuta celebre e, secondo alcuni, fece di Clark una specie di folle neocon ante litteram, che intendeva far scoppiare la guerra mondiale. L’episodio può inserirsi nella narrazione bellicista ed espansionista che caratterizzò gli USA e la loro politica-sistema dal settembre 2001.

Nel suo libro Waging Modern War, pubblicato nel 2001, Clark si sofferma a lungo sull’episodio: un intero capitolo, Pristina Airfield, da pagina 375 a pagina 403. La questione è infinitamente più complicata di quanto lascia supporre la frase di Johnson, fin da subito estrapolata dal contesto, e mostra invece una situazione intricata, nella quale pesavano fortemente numerosi interessi, numerosi interventi, e ordini complessi.

Alla fine appare abbastanza chiaro, – naturalmente all’interno della logica NATO che preannunciava quella del blocco BAO (Blocco Americanista-Occidentalista, nota CdC), assolutamente sprezzante verso i russi – che Clark rivestiva un ruolo piuttosto moderato e, in ogni caso, agiva solo con il sostegno della sua autorità civile debitamente informata (il Segretario generale della NATO Solana).

A nostra conoscenza, nessuna delle persone coinvolte nella storia di Clark ha contestato la sua versione, estremamente precisa e dettagliata. Il pensionamento anticipato, che fu imposto a Clark nel 2000, sei mesi prima della fine del suo mandato come SACEUR, ha mostrato che egli non era apprezzato dalla sua linea gerarchica al Pentagono e in realtà era considerato troppo “liberale” (si può dire che era un po’ troppo fuori dagli standard del Pentagono).

La frenesia del martello meccanico: voglio una mosca da schiacciare!

Il secondo incidente è il famoso discorso radiofonico (marzo 2007) a Democracy Now !, intervento filmato al momento e successivamente diffuso in DVD, dove Clark rivela che nel mese di ottobre del 2001, il Pentagono annunciava ai suoi quadri il suo progetto altamente segreto di invadere 7 paesi in 5 anni. Questa “rivelazione” accredita l’idea di un piano di conquista del mondo che era pronto prima dell’11 settembre, e successivamente realizzato con la perfezione che abbiamo visto.

L’intervento, che è del 2 marzo 2007 e si può trovare su YouTube di nuovo online a partire dal 31 gennaio 2012, era stato riportato sul nostro sito il 5 marzo 2007. Da allora la questione è stato costantemente ripresa, ribattuta, rimarcata, etc. come dimostrazione e prova evidente del piano, diciamo di conquista del mondo per rimanere misurati, da parte del Pentagono e degli altri, che agiscono o meno per conto del “Nuovo Ordine Mondiale”.

Prendere il controllo di Iraq, Iran, Libia, Siria, Libano, Somalia, Sudan fa parte dei piani del Nuovo Ordine Mondiale» diceva la presentazione del video di Clark.

Il titolo che introduce l’intervento è «un piano per prendere il controllo del Medio Oriente entro la fine del 2012», secondo una cronologia completamente erronea che spinge a chiedersi se l’interprete capisce quello che sentiamo, ciò che abbiamo tradotto e quanto si legge quando Clark parla nel 2007 di informazioni a lui fornite a ottobre 2001 per la conquista, a partire da tale data, di “sette paesi in cinque anni”, che equivale a dire caso chiuso nel 2007).

In realtà, più che mostrare un piano di conquista del mondo perfettamente sviluppato, Clark mostra soprattutto ed essenzialmente in alcune frasi suggestive, la straordinaria confusione che regnava al Pentagono a settembre e ottobre 2001, dopo il 9/11, con la necessità di “fare qualcosa”, vale a dire, qualsiasi cosa, con la decisione di attaccare (Iraq e il resto) come un’osservazione di uno degli interlocutori di Clark (un ufficiale che lavora al Pentagono), con la logica che “quando si ha un martello, ogni problema deve diventare una mosca da schiacciare” (traduzione-interpretazione a modo nostro, il che rende lo spirito della cosa).

Così l’autentica rivelazione fornita da Clark riguardava la totale mancanza di preparazione e la confusione grottesca del Pentagono di fronte all’attacco, il che è stato ampiamente verificato, amplificato e ri-dimostrato molte volte da allora. I due estratti del suo discorso di seguito (si può vedere la traduzione in francese del DVD) testimoniano, oppure si può rifiutare di leggere …

Quindi e dopo tutto, è sufficiente constatareche, in tutti i modi, gli USA dominano il mondo completamente e per sempre, anche senza che ce ne accorgessimo, e non è necessario che ce ne accorgessimo, – argomento supremo, che è diventato molto popolare negli ultimi tempi …

Il Pentagono, l’11 settembre e la conquista del mondo

Clark racconta del Pentagono «Io sapevo il perché, dato che ero stato al Pentagono subito dopo l’attentato. Una decina di giorni dopo l’11 settembre sono andato al Pentagono e ho incontrato il Segretario Rumsfeld e il Vice Segretario Wolfowitz. Sono sceso al piano di sotto per salutare alcuni membri dello Stato Maggiore che lavoravano per me, e uno dei generali mi ha chiamato: “Signore, deve venire a parlare con me un secondo”. Io gli ho risposto: “Beh, sei troppo impegnato”, e lui “No, no… Abbiamo preso la decisione di attaccare l’Iraq”. Questo succedeva verso il 20 settembre. Gli ho chiesto: “Vogliamo attaccare l’Iraq? Perché?” e lui: “ Non lo so!” ha risposto, “Credo che non sappiano che altro fare”. Allora gli ho detto: “Hanno trovato alcune informazioni che collegano Saddam ad al-Qaeda?” e lui, “No, no… Non c’è niente di nuovo su quel fronte. Hanno soltanto preso la decisione di andare in guerra contro l’Iraq”. Poi ha aggiunto: “Immagino che non sappiano che cosa fare con i terroristi, ma abbiamo un buon esercito e possiamo rovesciare i governi”…“Penso che se l’unico strumento che hai in mano è un martello, ogni problema inizierà a sembrarti un chiodo”».

«L’ho incontrato di nuovo un paio di settimane più tardi, mentre bombardavamo l’Afghanistan. Gli ho chiesto, “Abbiamo ancora intenzione di entrare in guerra contro l’Iraq?” e lui mi ha risposto “Oh, anche peggio di questo”. È andato verso la scrivania e ha tirato fuori un foglio dicendo: “L’ho appena ricevuto dal piano di sopra” – cioè dall’ufficio del Segretario della Difesa – “Questo è un memorandum che descrive come elimineremo sette paesi in cinque anni, iniziando con l’Iraq, poi la Siria, il Libano, la Libia, la Somalia, il Sudan e infine l’Iran”. Ho chiesto “È un documento riservato?” e lui ha risposto: “Sì, signore”. Così gli ho detto: “Beh, non mostrarlo a me”. L’ho rivisto un anno fa e gli ho detto “Ti ricordi?” e lui mi ha risposto “Signore, non le ho mostrato quel memorandum! Non gliel’ho mostrato”».

Il generale Clark, “messaggero” dello “Stato profondo”

Alla luce di queste diverse peripezie è chiaro che Clark è rimasto quel generale, poi generale in pensione, di cui la gerarchia militare e gli ambienti massimalisti-isterici di tipo neocon diffidano.

Questo non gli ha impedito di “fare affari” qua e là (in Ucraina come consigliere di Kiev-la-folle per alcune settimane, o negli ambienti del traffico d’armi), mentre avrebbe preferito richiudersi con il clan Clinton (dove ancora una volta, con Hillary regna isteria, ma colorata di un “progressismo” di buona qualità).

Ciò che intendiamo è che Clark, pur rimanendo fedele americanista, vale a dire interno al sistema, si distingue in generale per una visione, almeno per la convinzione affermata nel quadro del sistema di comunicazione, che si colora di alcune preoccupazioni liberali (progressiste) e di alcune posizioni di principio formaliste che rinviano ad alcune concezioni delle libertà civili che restano strutturali nel sistema dell’americanismo – come evidenziato appunto da Hussain.

Va inoltre aggiunto che giudichiamo completamente sfasata e segnata da un’ossessione complottista inversa – vale a dire, da parte di alcuni anti-sistema, l’ossessione del complotto ordito dal sistema, – la presentazione dell’intervento di Clark che fa il sito WSWS.org (21 luglio 2015). Clark appare come il “messaggero” di un progetto (i campi di internamento per gli imputati e per coloro che-potrebbero-diventare-indiziati) “ampiamente discussi nello Stato Profondo“, o come “illustrazione terrificante del pensiero sviluppato nell’ambito di potenti sezioni dello establishment che gestisce gli USA.”

Il commento arriva a prefigurarlo come “ministro” di un futuro “presidente Clinton”, che avrà l’onore di introdurre la sua proposta di “segregazione di massa’ (e internamento) dei dissidenti “…

«L’insistenza di Clark, che tali misure rimangano in vigore “per la durata” della “guerra globale al terrorismo” di Washington (senza limiti geografici e temporali), appoggia la detenzione permanente di individui ritenuti colpevoli di nessun crimine, ma soltanto di essere “radicalizzati” e “sleali”. Questo non è il delirio di qualche presentatore televisivo o di un militare svitato. Venendo da una figura come quella del Generale Clark, questi commenti riflettono necessariamente le opinioni ampiamente discusse all’interno dello stato americano». «In entrambe le campagne presidenziali del 2004 e del 2008, Clark era considerato tra i contendenti principali del Partito Democratico. Avrebbe probabilmente ottenuto una posizione di alto livello nell’amministrazione Obama se non avesse appoggiato la sua rivale democratica, Hillary Clinton, dopo aver abbandonato la campagna per le primarie del 2008. Il suo ruolo come sostenitore di alto profilo dell’ultima candidatura presidenziale di Hillary Clinton suggerisce, tuttavia, che le ambizioni politiche di Clark siano state soltanto messe in pausa. Sotto una presidenza Clinton, Clark potrebbe avere la possibilità di attuare le sue proposte per la “segregazione” di massa dei dissidenti».

«I preparativi per il tipo di misure raccomandate dal generale Clark sono chiaramente a buon punto. Nelle ultime settimane, come mostrano i video girati in luoghi diversi, dall’Arizona fino a New York, unità militari degli Stati Uniti hanno condotto esercizi di allenamento, praticato tecniche di controllo e internamento delle masse in simulati campi di concentramento, con altri militari che interpretavano i detenuti». «Le dichiarazioni di Clark, fatte venerdì scorso sul maggiore canale di notizie via cavo MSNBC, si sono scontrate con il totale silenzio dei mass media, non sono riuscite a ricevere neanche un accenno sulle pagine del New York Times, Washington Post, o del Wall Street Journal. Questo silenzio di fronte a un invito aperto all’internamento degli oppositori politici nazionali, rilasciato da uno dei principali Generali politici del paese, sottolinea il fatto che l’intero establishment politico e dei media abbia decisamente rotto con le secolari e borghesi leggi democratiche. Il silenzio dei media senza dubbio servirà a incoraggiare le forze all’interno dell’esercito degli Stati Uniti e dell’Intelligence per intensificare la spinta verso la dittatura … »

Cos’è il generale Clark?

Allora, che facciamo di Clark in questo contesto? Se noi in questo caso ci dilunghiamo, è perché questo caso ci sembra molto significativo, sia per le conseguenze molto significative delle sue proposte, che per le interpretazioni già fatte e che continuano ad essere fatte. Tutto ciò permette di mettere luce l’affaticamento estenuante, e particolarmente fuorviante per la comprensione della situazione, di questo incessante “rumore di fondo” questa cacofonia straordinaria di rumori, questo torrente di rivelazioni riguardanti complotti senza nome (degli USA, non c’è bisogno di dirlo), di egemonie senza sosta riaffermate (degli USA, non c’è bisogno di dirlo), in modo che non smette di arretrare e collassare;

tutto ciò risponde infine ai fantasmi multipli e senza fine di una ragione-sovvertitache è diventata folle a forza di non comprendere le brillanti capacità tipiche del grande e furioso Mistero che è oggi lo stato del mondo, vale a dire la Grande Crisi dovuta al crollo del sistema.

Complotti, certamente, non ce sono mai stati così tanti, e progetti di conquistare il mondo, e anche pretese egemoniche, mai così tante; e mai così tanto i complotti, le conquiste del mondo e le egemonie ripetute sono state atti così inefficaci, riferimenti così vani, spiegazioni così errate, così grottesche, così contrarie alle diverse verità della situazione, oggi che il sapiente non controlla più niente e ovunque il disordine regna sovrano.

E, di conseguenza, ripetiamo la nostra domanda: “che facciamo di Clark in questo contesto?”

La fatica sistemica che influenza la psicologia

Le osservazioni di Murtaza Hussain hanno tutto il loro valore. E’ molto sensato interrogarsi su questo intervento del generale Clark in rapporto a ciò che egli dice solitamente, ai suoi concetti, etc.

La sua proposta di internare le persone “radicalizzate” o che potrebbero “radicalizzarsi” è essa stessa particolarmente estrema e radicale.

Essa ricorda l’internamento arbitrario dei cittadini USA di origine giapponese (circa 100 mila) durante la Seconda guerra mondiale unicamente a causadi questa origine, che resta un atto di tipo autoritario, poliziesco e dittatoriale particolarmente odioso in sé, e ancor di più secondo le norme USA le quali non dovrebbero essere troppo agitate per il buon funzionamento del sistema. (Questa azione infamante di Franklin Delano Roosevelt, una delle icone dei liberali-progressisti, che successivamente fu “democratico” nel suo comportamento durante la guerra quanto lo era stato Lincoln durante la Guerra di Secessione, è giustamente e regolarmente denunciata come tale e ha suscitato una grande campagnaper il “pentimento”. Tuttavia, va osservato che il contesto della Guerra di Secessione o della Seconda guerra mondiale era per la sicurezza nazionale una questione più grave della mitica “guerra contro il terrore” che da 15 anni insulta le nostre psicologie.

Di più, il fatto di parlare di “radicalizzazione” è ancora più perverso (del caso dei cittadini Usa d’origine giapponese) nella misura in cui il riferimento è straordinariamente estensibile e soggetto ad interpretazione; come ha scrittoHussain, rinviando a un documento a questo riguardo, «Già questo concetto di radicalizzazione, estremamente amorfo e politicamente malleabile, rende questa proposta [di Clark] più preoccupante.».

In effetti, il caso del generale Clark è “preoccupante”. Sembra quindi fondato avanzare l’ipotesi psicologica, nella quale il “caso del generale Clark” diventa dimostrazione ed esempio di una situazione sempre più comune, molto più di un’eccezione inspiegabile.

Questa è l’ipotesi di “stanchezza psicologica”, che spesso evochiamo. Vogliamo dire che è la “fatica psicologica” che genera il clima generale della Grande Crisi con le diverse politiche insensate che vengono sviluppate nel quadro della politica-sistema, con il disordine generale delle situazioni, la confusione evidente dei riferimenti che segue, la banalizzazione degli estremi e le scelte straordinarie (il più delle volte nel senso peggiore), questa “fatica psicologica” che interesserebbe sempre più gli spiriti,che li influenzain vari modi, li priva completamente dell’esercizio della logica, li spinge verso conclusioni e giudizi che debordano dal loro quadro abituale di riferimento. Giustamente, per noi stessi si tratta di un riferimento fondamentale per spiegare il corso della Grande Crisi e il comportamento dei sapienti, specialmente delle elite del Sistema e delle direzioni politiche.

Questa “fatica psicologica”, che potrebbe anche essere vista come una sorta di “fatica del sistema” (dopo tutto, essa si esprime anche con la rapida diffusione di depressione, disturbi bipolari, nevrosi, dei burn-out, ecc, in tutto il nostro ambiente sociale e professionale) potrebbe fornire la spiegazione del processo intellettuale, completamente sovvertito, di un uomo solitamente avente opinioni più misurate, se non ostili al tipo di proposta che egli fa, il quale giunge alla conclusione che, a partire da un incidente come quello di Chattanooga, è necessario creare una sorta di comunità, da cui deriva il principio del sistema dei campi di concentramento in generale, di cui si conoscono le condizioni e le norme di applicazione …

Beninteso, si comprende facilmente che questa “fatica sistemica” che interessa la psicologia non risparmianemmeno gli spiriti che si considerano anti-sistema secondo i propri riferimenti, che perseguono instancabilmente il complotto che ci darà la spiegazione finale o l’egemonia che ci procurerà la soluzione finale.

Noi raggiungiamo un aspetto fondamentale della nostra tesi, sviluppata in La Grâce de l’Histoire (La grazia e la storia, NdT),che riguarda la “fatica psicologica” che, nel XVIII secolo, affatica il pensiero delle elite della nostra civiltà, soprattutto in Francia, ed ha aperto la strada allo “scatenamento della Materia” e poi la nostra epoca sarebbe una ripetizione di tale episodio, molto più accelerata, con diversi segni distintivi e probabili conseguenze. Torniamo subito a questa domanda in modo molto più preciso e salutiamo in questa occasione il commento di un lettore (*) che suggeriva un’analogia andante nel senso che noi descriviamo nell’affrontare volentieri l’idea di “fatica” del concetto di “materia”.

Fonte: www.dedefensa.org

Link: http://www.dedefensa.org/article-notes_sur_les_recommandations_du_g_n_ral_clark_21_07_2015.html

21.07.2015

Traduzione dal francese a cura di MARTINO LAURENTI e TRUMAN e dall’inglese a cura di KOKO per www.comedonchisciotte.org

Note

(*) “Eric B.”, 14 luglio 2015 (“A proposito della materia”), commento riguardante “Il massacro di luglio e il tempo della paura” del 13 luglio 2015 : « Per un fisico, essa può essere barionica, nera, esotica, etc… Per un ragioniere è denaro, moneta, argento, spese… Per un sapiente essa dovrebbe essere, innanzitutto, qualcosa di vivo … Come la fatica?…»

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