NON C'E' POSTO PER LE VITTIME

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Le persone che hanno perso i loro cari in attacchi terroristici hanno deciso di riunirsi. Ma una sola sala non li contiene tutti.

DI ANNA POLITKOVSKAJA

Per la prima volta nella storia della Russia a Mosca si sono riunite le persone che hanno perso i loro cari negli attentati terroristici del periodo putiniano e coloro che durante questo periodo sono rimasti ostaggi. I promotori dell’iniziativa sono gli ex ostaggi del Nord- Ost. La data dell’incontro è stata il 15 febbraio. Lo scopo: riuscire a riunirsi, ad agire insieme, proteggendo il proprio diritto alla riabilitazione, all’aiuto e ad una onesta indagine sui “propri” atti terroristici…
Questa riunificazione è stata pensata dai Nordostovtsy, l’organizzazione pubblica regionale di aiuto alle vittime dell’attacco terroristico al Nord- Ost. Ha aperto l’incontro Tat’jana Ivanovna, madre di Aleksandr Karpov, ucciso nel teatro. Davanti Tat’jana Ivanovna c’è un grosso volume in cui da sola ha inserito la storia delle malattie “dopo Nord- Ost”. La parte di storia riguarda quelle persone che fino a quelle 57 ore in cui sono rimasti ostaggi e suffumicati da una “sostanza chimica non identificata”, erano di fatto persone sane. Ora essi sono degli invalidi.
Le loro prospettive di essere in piedi dopo la malattia sono poco chiare. Tat’jana Ivanovna inizia a leggere questi punti scelti tra il nostro disonore: ” 25 anni: neurologia, apparizioni asmatiche, epatite di secondo grado, 22 anni: epatite renale tossica, 65 anni: encefalopatia di secondo grado, disturbo post traumatico da stress con sindrome di astenodepressione, 59 anni: epatite tossica, forte trauma psichico e forte encefalopatia, 63 anni: sindrome da post ipossia in seguito all’effetto di una sostanza narcotizzante, parziale paralisi delle mani, 26 anni: ischemia dell’encefalo di primo grado, epatite acuta, pancreatite, riduzione della memoria operativa e immediata, 22 anni: encefalopatia tossica e da ipossia, cardiopatia tossica e gastrite tossica, 63 anni: encefalopatia da post- ipossia, sordità parziale… Dodici persone tra quelle che hanno subito gli espletamenti del gas hanno perso l’udito… sono passati più di due anni e per queste persone è tutta una piaga. E, inoltre, per farsi curare ci sono grandi problemi.

Tat’jana Ivanovna invita ad ascoltare il testo di una lettera di uno degli ex ostaggi: “… è già la seconda settimana che sono all’ospedale (per la prima volta dopo il Nord-Ost sono riuscita a fare almeno un controllo. Il fatto è che ho sperato che mi registrassero a qualche istituto medico, ma in pratica mi è toccato cercare da sola uno psicoterapeuta, un neuropatologo…) Così per come tutto è successo, dopo il Nord- Ost in nessun modo siamo tornati in noi stessi. Maksik sta molto male, è stato due anni in ospedale più la rianimazione. Io ho problemi con la memoria. Però i dottori non mi hanno mai spiegato come mai mi si è paralizzata la mano destra. E perché mi oriento male nel tempo. Ad esempio, non so cosa si può comprare con 100 rubli, e di cosa avrò bisogno di comprare domani, in che quantità… Dopo ogni attentato sfocio in uno stato, come io dico, di “intontimento”. Rivivo tutto il terrore di nuovo. Cado dalla realtà e molto lentamente poi vi faccio ritorno…”. Cosa fare per queste persone? Quante migliaia ce ne sono nel nostro paese? Come vivono se vivere diventa soltanto una lotta affinché si possa vivere anche domani? Se lo stato illude le vittime degli atti terroristici di avere cura di loro, allora è esso colpevole di ciò che è successo. Il governo è ancora una volta colpevole. Due volte colpevole… e ormai è già in un flusso continuo e quindi è dieci volte colpevole… Ma se ne infischiano di tutto ciò. Degli organismi del Nord- Ost nessuno ha fatto ricerche e indagato, e così quel gas viene considerato “non identificabile”, e anche i più accaniti ottimisti hanno finito di credere agli effetti  di una schizofrenia quotidiana e indolente. “Dov’è almeno la banca dati delle vittime del Nord- Ost?” chiedono i nordostovtsy al vice direttore del dipartimento della sanità pubblica di Mosca Ivan Leskevi?. Lui alza solo le spalle. Non si sa perché non ci sia una banca dati… E, dice, che cos’altro bisognerebbe fare? “I burocrati vivono in un modo strano”, prende parola Susanna Dudieva, che è tornata da Beslan, una madre alla quale nella scuola hanno ucciso il figlio adolescente, “perché bisogna ottenere la cordialità con le suppliche? Perché il governo non può sostenerci moralmente? Almeno ci facessero gli auguri per il compleanno… noi fatichiamo, lavoriamo come muli per il governo, paghiamo le tasse, ma poi il governo per noi non ha soldi. Ma quale riabilitazione. I funzionari devono conoscere ogni singola faccia delle vittime degli attacchi terroristici. Non siamo noi che dobbiamo venire da voi per ottenere qualcosa con le suppliche, ma siete voi a dover venire da noi. È così naturale!”

Certamente è naturale, ma gli anni passano, il numero di attacchi terroristici cresce,  una sala non contiene i rappresentanti di tutti gli atti terroristici arrivati da diverse città, e una banca dati delle vittime ancora non c’è. È quasi impossibile credere a questo quando in tutto il paese vi sono ministeri computerizzati, nei quali sono già stati spesi miliardi, ma non c’è del tutto chiarezza nelle informazioni. E quindi tutti  i disgraziati devono dimostrare ogni volta davanti alle personalità della burocrazia che non sono degli impostori. “Vivete così” dice quasi urlando Susanna Dudieva ai funzionari che sono venuti all’incontro, “come se questo fosse il vostro dolore”. E come risposta ha almeno un sorriso da parte di una donna presente. Il suo nome è Ol’ga Evgen’evna Graceva, vice responsabile del dipartimento della difesa sociale di Mosca (avevano invitato, naturalmente, il ministro Zurabov, ma sono arrivati  solo alla Gra?eva). La Gra?eva respinge: “Nella legge non è stabilito chi deve realizzare la riabilitazione sociale”. Nel suo sistema di coordinate ancora una volta non ci sono responsabilità. E il suo cuore non duole, perché poi dovrebbe soffrire invano? Una banca dati? “La faremo…” risponde con incertezza il signor Leskevi?. Certo, certo, noi aspetteremo. Solamente dateci ad intendere, quanto? Altrimenti aspettare diventa pesante…

Tamara Dmitrevna Gorbyleva è la prova vivente che non si può aspettare. Lei non aspetta per se stessa il sostegno dello stato, il quale sembra non avere affatto fretta. Nel 1999 durante l’esplosione della sua casa in via Gur’janova a Mosca a Tamara Dmitrevna hanno ucciso la nipote di quattro anni, la figlia e il genero. Da quel momento le hanno consegnato solo i resti della figlia da seppellire, di tre corpi uno solo. Lei soffre particolarmente per la non sepoltura della nipotina: “Era solo una bambina, era solo una bambina!”. E grida, tornando a parlare ai funzionari: “Perché finora non sono stati riconosciuti i dodici corpi della via Gur’janova? A noi rifiutano i costosi esperti genetici! Quanto ancora dovrò aspettare? Io sono sotto insulina! Mi è successo di tutto in questo periodo! Un ictus! Un infarto! Aiutatemi!”. Tamara Dmitrevna non può fermarsi, la calma Tat’jana Ivanovna Karpova. La Gra?eva in quel momento diventa tutta rossa, a lei queste cose non piacciono. Guarda male tutto ciò. L’avvocato Ljudmila Ajvar non resiste: “Vi fa ridere tutto ciò?”. Lei e Igor’ Trunov sono famosi avvocati moscoviti, già da qualche anno rappresentano in tribunale gli interessi delle vittime degli atti terroristici, e tutto ciò è riuscito loro con fortuna alterna. Il governo non desidera riconoscersi colpevole, il potere non risponde nemmeno alle proposte costruttive. “Il paese vive continuamente atti terroristici” continua Ljudmila “migliaia di noi muoiono ma lo status di “vittima di un atto terroristico” non esiste per la legge. Chi ha valutato il prezzo di una vita umana? Da quali conti arrivano i soldi alle vittime? Ammettono solo azioni legali materiali. Ma la comprensione del danno morale alle vittime no. Questo significa non riconoscere che una persona può provare un dolore morale per la perdita di un suo caro. Nel nuovo progetto di legge (dopo Beslan) “sull’opposizione al terrorismo” che è alla Duma, le figure delle vittime sono scomparse. Ci sono i diritti degli oppositori al terrorismo ma non ci sono coloro che essi dovrebbero salvare. Per quanto tutto ciò continuerà?” Già, quanto? Tutti i politici si sono svincolati in anticipo, e invitati a questa unica “tavola rotonda” delle vittime di tutti gli atti terroristici, la prima di questo genere, tutti i parlamentari tranne uno (Achmed Bilalov), hanno brillantemente ignorato l’incontro con queste persone. Come al solito, non c’è stata nessuna risposta concreta. Alla fine la parola è stata data alle nuove vittime, perché ormai i nordostovtsy possono chiamarsi “vecchie vittime”. Le nuove sono quelle del 24 agosto, dell’esplosione quasi contemporanea di sue aerei in volo, atti terroristici dimenticati da tutti, ma non dalle famiglie dei 90 uccisi. Non molto tempo fa le famiglie che ancora avevano fiducia nella riluttanza del potere di portare avanti almeno una qualche indagine, fondarono una organizzazione propria, il nome della quale spiega il rapporto di questa gente con il mondo, ovvero TU-134. Destini esplosi [ma la parola vzorvannye in russo significa anche indignati, non solo esplosi. N.d.T.]. Natal’ja Ryzkova, avvocato dell’associazione, è perplessa: “Se voi avete il gas e una vaga colpevolezza, per noi è tutto più semplice: bisogna solo rispondere a una domanda: chi ha autorizzato a portare una bomba a bordo dell’aereo? Per il nostro problema non c’è un responsabile! In generale. C’è solo un deviatore, di cui tutto quello che si sa è che è un deviatore. La procura generale non vuole indagare sul 24 agosto. Quindi intenzionalmente si frantumano le conseguenza affinché il quadro generale di questo crimine non ci sia.”

La tragedia del 24 agosto non sta solo nel fatto che due aerei sono caduti dal cielo sulla terra e hanno tolto la vita a 90 persone, ma anche nel fatto che nel nostro paese ci sono azioni terroristiche di prima e seconda categoria. Novanta persone non sono ancora abbastanza per la nostra burocrazia, non la solleticano troppo. Non si può pretendere che si faccia a Volgograd quello che si è fatto per Beslan. “Nel FOMS (fondo di assicurazione medica obbligatoria) ci iscrivono – dice Irina Bytina, vedova di Igor’ Bytin, morto sul Tupolev- 134 – sotto “atto terroristico”, e questo non è un caso assicurativo, e solo per Beslan è stata fatta un’eccezione.” Significa che il cinismo del governo sta proprio nel fatto che se ne fregano con gusto di coloro di fronte ai quali la colpa è smisurata. Questo cinismo raggiunge tali bestialità che, ne risulta, bisogna morire nel modo giusto, nel posto necessario e al moneto utile, affinché ti considerino una vittima del terrorismo a tutti gli effetti. Altrimenti per te c’è solo il silenzio. Naturalmente il terrore biblico di Beslan ha oscurato tutto ciò che c’è stato prima. Ma questi sono sentimenti che possono permettersi dei qualunquisti estranei a tutto ciò. Non la burocrazia, che non assiste le vittime di “seconda categoria” del terrorismo.

Ancora una novità: in Russia la divisione più grande rimane proprio tra i funzionari e noi cittadini. Durante la “tavola rotonda” delle vittime è stato presentato un documento, una lista degli attacchi terroristici redatta nel dipartimento moscovita della difesa sociale, con anche la lista di persone rimaste orfane. Qui risulta anche l’ACQUA PARCO, la tragedia di alcuni anni fa a Mosca, quando cadde la copertura del parco “Transvaal'”. Significa che tutti questi sono atti terroristici? Cosa significherebbe tutto ciò? Che, di fatto, il potere ha riconosciuto il cedimento del tetto come atto terroristico? Senza aspettare l’esito dell’indagine ufficiale? Questa sembra quasi una corsa, con una nuova varietà di atti terroristici, gli “atti terroristici al contrario”: il potere è pronto a riconoscere prima la tragedia dell’atto terroristico che mettere in prospettiva il riconoscimento di colpevolezza delle strutture commerciali, troppo affiliate con il potere stesso? Con il riconoscimento dell’atto terroristico il governo cerca di salvarsi da milioni di azioni legali, e lo fa tramite il rimborso dell’indennizzo con i soldi del budget.

Insomma, le vittime del terrorismo si stanno unendo da tutto il paese. E gli scopi sono due: battersi insieme per la status ufficiale di “vittime del terrorismo” e per l’introduzione delle rispettive modifiche nella legislazione. E, seconda cosa, si battono perché per ogni atto terroristico venga realizzata un’indagine indipendente. E perché anche essi vengano rispettati. Chiedono che si riconoscano i loro luoghi, singolarmente, a Beslan come a Mosca come a Volgograd. È possibile che questo cinismo di Stato giunga alla fine. Questo non è il caso di un singolo, ma di migliaia di persone. Ma se il Cremlino ne teme uno, ora deve temere anche i grandi numeri. Le unità non interessano al governo. Ma ora le unità, nella comprensione di essere “essi” diventano decine, centinaia.

Da:Novaja Gazeta, 17 febbraio 2005.
Fonte:http://ceceniasos.ilcannocchiale.it/
26.02.0

Traduzione a cura di Chiara Zambrini

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