Di Roberto Sestito
«Non c’è più nulla da conservare. Religione, famiglia, aristocrazia, le antiche incarnazioni dell’autorità, sono ridotte in polvere», scriveva con senso profetico Pierre Drieu La Rochelle un “maledetto” della letteratura francese in uno dei primi saggi politici, Mesure de la France, che pubblicò, reduce dal fronte della Grande guerra, nel 1922 quando non aveva ancora compiuto trent’anni. «Oggi ci sono i moderni, gente che vive o di profitti o di salari, e pensa e parla solo di questo argomento. Sono tutti senza passione, preda dei vizi corrispondenti: alcol = droga; unione libera e sterile = omosessualità = corse al cinema in comune. Non c’è possibilità di scelta… Tutti passeggiano soddisfatti nell’incredibile inferno, nell’enorme illusione, nell’universo di spazzatura che è il mondo moderno e in cui, ben presto, non penetrerà nemmeno più un raggio di luce spirituale».
“Non c’è più niente da conservare”: quelle sparse luci di spiritualità che ancora illuminavano il cammino dei volenterosi negli anni 60-70 sono stati ormai definitivamente e brutalmente spazzati via dalla tempesta distruttiva che sconvolge il mondo. Si fa tutto maledettamente più complicato e difficile, dovendo ricominciare daccapo e senza sapere da dove.
Cerchiamo nei maestri del passato la parola che segna il cammino, la fiaccola che illumina il sentiero, ma anche loro sembrano stanchi, delusi, scocciati e spesso ripetono: abbiamo parlato, ma non ci avete ascoltati, abbiamo scritto, ma non ci avete letti e quando dicevate di ascoltarci e di leggerci in verità pensavate già ad altro ed eravate distratti.
Ma noi reclamiamo la nostra parte di giustizia, la nostra buona fede e forse così facendo, dimostriamo la nostra incapacità di capire che il nostro dovere non consiste nel “conservare”, ma nel “trasmettere” forse nel “testimoniare” qualcosa. Sul nostro mondo si è addensato uno strato di fango che il fiume della storia e della stupidità umana hanno depositato nel tempo: vogliamo “conservare” il fango? vogliamo ignorare che anche noi siamo parte di questa vertiginosa rovina? e che il nostro bisogno di vivere e di respirare senza ossigeno fresco è solo una velleità di morte? Ci prepariamo forse a vivere in un mondo di fantasmi? e se è così, ci siamo già rassegnati?
Occorre trovare la forza e la volontà di calarsi nel fango, senza sporcarsi le mani e come un palombaro che si tuffa nell’oceano, tentare di riportare alla luce, in superfice, quella perla nascosta nell’ostrica degli abissi e che i nostri maestri di proposito avevano lasciato affondare e occultare quando la folla tumultuante e tumultuosa, li incalzava, si accaniva dietro di loro, e stava loro addosso con il respiro puzzolente e malvagio.
Ecco quale dovrebbe essere il nostro compito attuale: “ridare vita e luce alla perla sacrificata e nascosta”. Osiride deve tornare e risplendere a ad accecare con la sua luce e la sua energia i pavidi e i disonesti, bruciare col suo fuoco l’immensa spazzatura che sta coprendo la terra e ridare speranza a quei fantasmi che si aggirano desolati nelle deserte contrade in cerca di pace e di intuizioni.
Più che dei vizi e delle illusioni, siamo stanchi dell’odio del fanatismo e delle ingiurie che hanno corrotto i cuori degli uomini.
“Non c’è più nulla da conservare”. Bisogna solo cominciare daccapo, consapevoli che il nuovo c’è già stato, che il nuovo non aveva una dimensione temporale e spaziale e che diventa nuovo solo nella mente umana ristretta e ripetitiva. Bisogna invece “ricordare” ciò che siamo stati, “ricordare” con la memoria del cuore, perché se c’è ancora qualcosa che ci mantiene ancora vivi e attivi è questa “memoria” che si affaccia dentro di noi con lampi rapidi e saettanti.
Fonte: Roberto Sestito, Giardino Pitagorico, Antologia di scritti: Tradizione, Politica, Poesia, Pensieri poetici
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