DI ROSLYN FULLER
Praticamente la prima cosa che gli studenti di legge imparano riguardo ai contratti è la regola che “Pacta sunt servanda”, cioè “Gli accordi vanno rispettati”.
La seconda cosa che imparano sono le eccezioni a questa regola, perché la verità è che non si può essere troppo zelanti. Se è vero che onorare gli impegni fino in fondo è certamente una buona cosa, potrebbe però non essere ottimale in tutte le circostanze. La legge non si occupa esclusivamente di ciò che è bene per l’individuo, ma anche di ciò che è meglio per la società.
Finora, le moderne leggi fallimentari (a volte note come leggi sull’insolvenza, ma io continuerò qui a chiamarle fallimentari per semplicità) non soltanto fanno recuperare quanti più beni possibile ai creditori, ma cercano anche di consentire a tutte le parti coinvolte una nuova ripresa in termini finanziari
Questo accade, ad esempio, quando un soggetto di fallimento viene riabilitato, in genere dopo aver provveduto a rimborsi per un certo numero di anni (non necessariamente corrispondenti all’intero ammontare dovuto), o quando una società insolvente va in liquidazione, nel qual caso cessa di esistere e non sono possibili ulteriori richieste di risarcimento.
Ovviamente, un fallimento di qualunque tipo è un brutto affare per i creditori. Di solito ricevono solo una parte del denaro dovuto, spesso al di sotto del 10%. Però è importante ricordare che i creditori quasi sempre stabiliscono tutte le condizioni per il prestito, compreso se debba essere messo al primo posto. L’interesse guadagnato li tutela dalle perdite causate da ogni prestito andato male, e sono anche liberi di assicurare i propri prestiti. Perciò, se in un primo momento può apparire scorretto riabilitare i falliti che non hanno saldato interamente i propri debiti, questo in realtà rappresenta un buon punto d’equilibrio tra gli interessi di entrambe le parti. Concedere prestiti e ricevere prestiti in modo irresponsabile non sono che due facce della stessa medaglia.
Ma che cosa accade quando il debitore non è una persona o una società, ma uno stato?
Questa situazione presenta due ordini di problemi molto differenti dal normale scenario di un fallimento: uno di essi va a vantaggio dei creditori e l’altro dei debitori. A vantaggio dei debitori sta il fatto che gli stati sono entità sovrane, il che significa che è difficile pronunciare sentenze o applicare leggi contro di loro. A vantaggio dei creditori sta il fatto che sul lungo termine gli stati sono quasi sempre sicuri, perché a differenza delle società non possono semplicemente cessare l’attività e smettere di esistere. Finché si è nelle condizioni di aspettare, si può sempre ottenere qualcosa da uno stato.
Considerando i livelli dello schiacciante debito sovrano esistente oggi nel mondo (con gli USA, l’Irlanda, la Spagna, il Portogallo e la Grecia che sono più indebitati di Estonia, Egitto, Argentina, Angola o Cile, per fare degli esempi) sta diventando sempre più interessante vedere come si potranno bilanciare gli interessi del debitore sovrano e del creditore privato. La recente causa NML Capital contro Argentina, può consentirci uno sguardo su cosa ci riserverà il futuro.
I FATTI
I decenni di conflittualità politica in Argentina si risolsero in una cattiva gestione dell’economia da parte di tutti i soggetti, dalla giunta militare dalla spesa facile fino ai guru del moderno libero mercato. Il risultato fu che al volgere del millennio l’Argentina doveva a un sacco di gente un sacco di soldi, ma in particolare doveva ai suoi detentori di obbligazioni (bond) oltre 100 bilioni di dollari. E tutti loro ebbero un brusco risveglio quando l’Argentina annunciò nel 2001 che non sarebbe stata in grado di onorare le previste restituzioni dei suoi debiti. Alcuni di loro non potevano permettersi di aspettare che lo stato dilazionasse i rimborsi, per cui vendettero i bond a prezzi stracciati a chi poteva comprarli. Per chi acquista, questo tipo di transazione è un affare estremamente redditizio. Si può comprare un bond al 10% del suo valore, ma col tempo ricavarne il 30 o il 50%, o addirittura il 100% del valore. Alcune società si dedicano regolarmente a questo tipo di attività e, poiché sopravvivono depredando soggetti in sofferenza, vengono chiamate “fondi avvoltoio”. Quando qualcuno si trova in difficoltà, loro incominciano a roteare.
Durante la crisi, l’Argentina si dichiarò impossibilitata a rimborsare integralmente i propri detentori di titoli, per evitare il collasso dell’economia del paese. Conoscete forse il detto: “Se devo alla banca un migliaio di dollari, ho un problema; se devo alla banca un milione di dollari, lei ha un problema.”I detentori di titoli argentini ebbero un enorme problema, ed oltre il 90% di loro finì per scambiare i propri titoli con nuovi titoli a circa un terzo del valore dei vecchi. In altri termini, subirono una perdita del 70% sul valore dei loro titoli. Meglio così piuttosto che lasciar completamente andare a fondo l’Argentina ed alla fine ottenere di meno o niente del tutto.
Il 7% dei creditori non accettò questo scambio, benché fossero gli unici per i quali quell’affare sarebbe stato in realtà molto conveniente.
Indovinate chi erano?
Bravi!
Seguiamo la battaglia sul debito sovrano.
PRIMO ROUND: LA NAVE LIBERTAD
L’Argentina iniziò ad effettuare pagamenti a fronte dei nuovi titoli svalutati, mentre i fondi avvoltoio continuavano ad esigere il 100% di rimborso. Nel tentativo di far valere tale pretesa, alla fine del 2012, un fondo denominato NML Capital convinse una corte del Ghana ad emettere un ordine di sequestro della nave da guerra argentina Libertad. NML Capital intendeva mantenere il sequestro della nave finché l’Argentina non avesse pagato 20milioni di dollari per il suo riscatto.
Questo avrebbe potuto funzionare nei confronti di una società privata, ma, come ho detto, è molto difficile avere la meglio contro gli stati, in quanto essi sono entità sovrane. Non è permesso ad altre nazioni stare in giudizio in procedimenti ufficiali relativi ad uno stato, ed ancor meno confiscare beni che costituiscono parte integrante dell’apparato statale, come nel caso di una nave da guerra.
L’Argentina trascinò immediatamente il Ghana davanti al Tribunale Internazionale sul Diritto Marittimo, che sentenziò all’unanimità che il Ghana stava violando la sovrana immunità dell’Argentina e che doveva lasciare libera la nave al più presto. Il Ghana ubbidì.
L’Argentina vinse il primo round.
SECONDO ROUND: IL PRINCIPIO DEL PARI PASSU E I TRIBUNALI DI NEW YORK
Anche i fondi avvoltoio comunque intentarono un’azione contro l’Argentina presso i tribunali americani. Questo fu possibile in quanto l’Argentina aveva accettato la giurisdizione di New York al momento della vendita dei titoli. Aveva anche convenuto che tutti i creditori sarebbero stati trattati in conformità al principio giuridico del pari passu, cioè “uguale trattamento per i creditori”. Si tratta di una clausola standard che normalmente significa che tutte le richieste dei creditori vengono soddisfatte con i beni dei debitori nella stessa percentuale.
Fatto sta che la corte newyorkese diede un’inattesa interpretazione della clausola e stabilì che il principio del pari passu significa che l’Argentina deve pagare ad ogni detentore di bond l’intera somma dovuta in base all’accordo tra il detentore e l’Argentina. Questo significherebbe che l’Argentina dovrebbe pagare al 93% dei suoi detentori di titoli il 30% di cui erano originariamente in credito (perché erano questi i termini concordati), ma pagare a quel 7% che non ha accettato l’accordo il 100% di ciò che è loro dovuto (circa 1,5 bilioni di dollari). La sentenza cerca di aggirare le difficoltà incontrate da NML quando confiscò la nave Libertad, impedendo all’Argentina di utilizzare il sistema finanziario statunitense per pagare gli altri suoi detentori di titoli, molti dei quali si trovano negli Stati Uniti. Ciò significa che l’Argentina non potrà onorare i propri impegni verso i creditori che hanno accettato uno sconto, senza contemporaneamente rimborsare quelli che lo hanno rifiutato. Poiché la Corte Suprema degli Stati Uniti ha rigettato l’appello dell’Argentina la scorsa settimana, la sentenza è esecutiva.
Le ripercussioni dell’applicazione di questa sentenza a livello mondiale sono così rilevanti che persino il Fondo Monetario Internazionale ha espresso disapprovazione.
La sentenza impone all’Argentina di restituire il 100% dei debiti verso i fondi avvoltoio, ma se un ente è in grado di eseguire delle restituzioni integrali, non va in fallimento. Ciò che caratterizza il fallimento è l’incapacità di una restituzione integrale. Quindi per il 93% dei detentori di titoli l’Argentina andò effettivamente in fallimento e sia i creditori che i debitori pagarono un pesante prezzo per i loro comportamenti irresponsabili (sia nell’aver concesso che nell’aver richiesto prestiti). Però in definitiva essi hanno agito in modo socialmente responsabile. I detentori di titoli riconobbero che sarebbe stato meglio aiutare l’Argentina a restare in piedi assumendosi un onere. Ciò avrebbe permesso all’Argentina di rimborsarli almeno con una parte sostanziale del denaro dovuto entro un lasso di tempo ragionevolmente prevedibile. Da parte sua, l’Argentina accettò di assumersi l’obbligo di provvedere a quei rimborsi ed ha mantenuto fede a tale accordo.
Ma i fondi avvoltoio sembrano vivere in un altro mondo, dove l’Argentina non è mai fallita, nonostante il fatto che avessero comprato i titoli argentini dopo che proprio quell’evento era realmente accaduto. La sentenza in questione privilegia i fondi avvoltoio garantendo loro un tipo di trattamento (il rimborso integrale), che sarebbe stato impossibile concedere a tutti i creditori.
Adottando questa definizione molto azzardata di trattamento equivalente, la corte si è sostanzialmente trasformata in poco più che un funzionario esecutivo per un fondo speculativo con pretese di grandeur, un soggetto che non si limita ad esigere un buon affare, ma esige tutto.
NML avrebbe ottenuto un alto profitto se avesse accettato di essere ripagato al 30%. Allo stato attuale, l’ambasciatore argentino negli Stati Uniti valuta che il rimborso integrale ai fondi avvoltoio frutterà loro il 1300% di ritorno sull’investimento.
I veri creditori dell’Argentina si sono ormai bruciati, ma deve essere quasi penoso dover vedere NML recuperare tutto, azione resa possibile solo dai suoi precedenti accordi.
Sicuramente questo inciderà sulla volontà dei creditori di riprendersi nel futuro, aspettando qualcun altro che si accolli volontariamente la perdita, in modo da poter ripulirsi. Potrebbe diventare difficile ottenere una forma di consenso dei creditori che possa costringere anche i refrattari ad un accordo in alcune giurisdizioni. Tenendo conto che molti stati occidentali sono ancora più indebitati dell’Argentina al momento del suo fallimento, tutto questo potrebbe avere conseguenze su tutti noi.
La Dottoressa Roslyn Fuller, attualmente ricercatrice associata presso l’INSYTE Group, è stata precedentemente lettrice al Trinity College e all’Università Nazionale d’Irlanda. Su twitter: @roslynfuller
Fonte: http://rt.com
Link: http://rt.com/op-edge/169972-laws-bankrupting-states-argentina/
2.07.2014
Traduzione per www.comedonchisciotte.org da CRISTIANA CAVAGNA