NEW WORLD ORDER: REALTA’ O FANTASIA ?

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DI GIANLUCA FREDA
blogghete.altervista.org

Hello Mondart,

Questo post vuole essere non una risposta, ma un’estensione della discussione, rispetto a questo interessante intervento da te postato nei commenti. Avrei voluto inserirlo negli stessi commenti, ma scrivi scrivi, mi è venuto fuori un mezzo papiro egiziano, perciò lo metto qui sulla home, così magari ci facciamo sopra un discorso a parte.

Quello che dici merita riflessione, ma devo dire che vedo la situazione un po’ diversamente. Posso sbagliarmi, ovviamente, e sono pronto ad adattare la mia visione delle cose agli sviluppi futuri (come del resto ho già dovuto fare diverse volte negli ultimi anni), però vorrei spiegare il motivo per cui continuo ad adottare negli articoli termini che si riferiscono all’elite dominante con la sua denominazione geografico/nazionale.

Il fatto è che a questa storia del “Nuovo Ordine Mondiale” e dell’estinzione delle nazionalità in un crogiuolo globale indistinto, negli ultimi tempi sono portato a credere sempre meno. Non dico che mi sembri del tutto inverosimile: dico che mi sembra altamente improbabile in questa e nella prossima fase storica. Un obiettivo del genere sarebbe già molto difficile da raggiungere per un Impero al massimo della sua forza e del suo fulgore. Gli Stati Uniti (che sono l’unico impero attualmente esistente), in questo momento sono tutt’altro che al loro massimo. Sono invece in palese difficoltà e stanno lottando non tanto per estendersi, quanto per non perdere le posizioni acquisite a scapito delle potenze emergenti.

All’epoca dei due Bush, gli USA avevano creduto di poter controllare da vicino Cina e Russia acquisendo il controllo sul Medio Oriente. Non solo non ci sono riusciti, ma mentre ci provavano la Cina ha creato legami commerciali assai rilevanti con l’America Latina, sottraendo almeno in parte quest’ultima al rigido controllo statunitense che durava da quarant’anni. La Russia, mentre lo Zio Sam si impantanava in Iraq e Afghanistan, iniziava a stringere rapporti sempre più stretti con l’Europa Occidentale. La Cina, allo stesso tempo, iniziava una vasta penetrazione commerciale nel Mediterraneo, minacciando da vicino quello che è da 70 anni almeno il più importante protettorato americano. Perciò gli USA hanno dovuto fare precipitosamente marcia indietro e cambiare strategia. Niente più “guerra al terrorismo”, niente più spauracchio di Osama.  Si sono accontentati di creare – con le famose “rivoluzioni colorate” – il caos in Medio Oriente, per renderne più difficile il controllo da parte delle potenze avverse. E si sono arroccati sulla difesa dello scacchiere mediterraneo, per impedire che i cinesi si prendessero pure quello.

A rischio di essere troppo ottimista, secondo me, per gli USA, questa è una battaglia persa, almeno sul medio periodo. Infatti, tutto ciò che resta agli Stati Uniti è una poderosa macchina militare, la più imponente del mondo; la quale, certo, non va sottovalutata, ma è l’unica cosa che continua a tenerli in vita. Le altre potenze possiedono non solo apparati militari che, pur non essendo paragonabili a quello americano, vanno costantemente rafforzandosi; ma anche l’attrattiva degli affari, del commercio, del benessere a basso costo di produzione, che gli USA non sono più in grado di offrire alle loro colonie.

Dunque la prospettiva che abbiamo davanti – azzardo qui una previsione, ben sapendo che le previsioni sono rischiose – non mi sembra quella di un “Nuovo Ordine Mondiale” centralizzato, ma l’esatto opposto. Ossia una fase di frazionamento geopolitico e conflitto, dapprima latente, poi conclamato, tra i vecchi dominatori arroccati in difesa e le potenze emergenti che, giorno dopo giorno, gli rosicchiano un po’ alla volta le zone di egemonia. Non è niente di nuovo, si tratta di un fenomeno ciclico (ascesa di una potenza localmente connotata – emergere di nuove potenze – conflitto – nuovo assetto geopolitico) che si è già verificato molte volte nel corso della storia. A questo conflitto tra potenze, va aggiunto poi – e forse è ancora più importante – il conflitto interno alle elite, particolarmente quella occidentale, la quale sembra in questo momento tutt’altro che compatta e univocamente indirizzata, come dimostrano i continui mutamenti di strategia americani, la volatilità delle posizioni verso ex-alleati di ferro come Israele, i pesci in faccia che iniziano a volare in seno a strutture un tempo granitiche come la NATO o lo stesso comando militare statunitense e molte altre cose.

Vorrei che non ci lasciassimo ingannare dalla prospettiva limitata di cui possiamo usufruire standocene rinchiusi nella gabbia dell’Unione Europea. Il “Nuovo Ordine Occidentale” di cui parli nel tuo post esiste già ed è quello che gli Stati Uniti hanno creato imponendo agli Stati Europei l’unità artificiale del recinto UE e l’asfissia economica della zona Euro, le cui istituzioni politiche ed economiche si trovano direttamente o indirettamente sotto il controllo USA. Il fatto è che questo “Nuovo Ordine” euroamericano esiste, ma appare tutt’altro che duraturo, anzi va rapidamente sfaldandosi. Nonostante gli sforzi di Soros di indebolire l’Europa per meglio controllarla – anzi, forse addirittura a causa di essi – tenere l’Europa vincolata al programma USA si sta rivelando un’impresa sempre più titanica e le derive nazionaliste ed eurasiatiche vanno moltiplicandosi di giorno in giorno (in questo contesto credo debba inserirsi anche il recente, sanguinosissimo “avvertimento” alla Norvegia, la quale minacciava di diventare l’ariete con cui sfondare il “muro” politico/ideologico con cui gli USA tengono separato l’occidente dell’Eurasia dal suo oriente).

In sostanza, ammesso anche che un progetto “globalista” (si fa per dire, perché, come giustamente dici, esso riguarda solo gli USA e le zone soggette alla loro influenza) esista davvero, esso è già stato attuato e mi pare che abbia ben poche possibilità di sopravvivenza nello scenario che vedo prospettarsi. Resterà in piedi, caracollando e minacciando di disintegrarsi ad ogni soffio di vento, solo fino a quando la superiorità militare statunitense riuscirà ad imporlo con gli strumenti del ricatto armato e delle periodiche stragi d’intelligence distribuite sul territorio coloniale. Ma la situazione internazionale va evolvendosi rapidamente e a osservarla dal mio punto di vista mi pare che l’unità forzata imposta dai dominanti abbia assai corto respiro. E in ogni caso, essa sta rafforzando, non indebolendo, il desiderio di un ritorno alle sovranità nazionali europee, nonostante la generosa propaganda “globalista” che gli USA stanno, questo sì, distribuendo a piene mani.

E’ per questo che continuo a riferirmi ad USA, Israele e quant’altro con i loro tradizionali appellativi geografici. Non credo affatto – per ora – che queste entità abbiano intenzione di annullarsi in una sovraentità multicontinentale, né che volendolo avrebbero la forza per farlo, tantomeno demonizzando le proprie passate incarnazioni (per una nazione come Israele, che vive da millenni sempre nello stesso presente identitario, la cosa mi sembra inconcepibile anche sul piano culturale).

Ripeto, quello che ho detto qui sopra non vuole essere una profezia (non ho la stoffa del veggente), ma una valutazione il meno possibile pindarica della situazione per come la vedo configurarsi in questo momento specifico. E’ possibilissimo che, vista la fluidità dello scenario, da qui a poco le posizioni mutino nuovamente ed in modo imprevedibile, nel qual caso occorrerà compiere nuove analisi e nuove osservazioni. Ma appunto, in questo momento eviterei di lanciarmi in previsioni sul futuro assetto del potere globale, visto che perfino l’assetto presente è spesso scarsamente decifrabile e connotato da scatti in avanti improvvisi, seguiti da ritirate precipitose. Procederei un passo alla volta, senza affezionarmi troppo agli antichi punti di riferimento politico/territoriali, ma anche evitando di sbarazzarmene quando non sia ancora ed inoppugnabilmente suonata la loro ora.

A te (e agli altri lettori) la palla.

Gianluca Freda
Fonte: http://blogghete.altervista.org
Link: http://blogghete.altervista.org/joomla/index.php?option=com_content&view=article&id=847:gianluca-freda&catid=32:politica-internazionale&Itemid=47#comments
26.07.2011

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