NELL'ITALIA DELLA CRISI PANE E CIRCENSI

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DI LUCA PAKAROV
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Non c’è che dire. E’ una fase oscura e coperta di nuvole. Ogni giorno cresce la certezza che tutto possa finire da un momento all’altro. Questo conduce a pensare che concretamente non valga la pena investire su nulla che abbia una durata maggiore di cinque settimane. Così diminuiscono le aspettative e un buon lavoro dura tre mesi, l’amore cinque quadrimestri e un cellulare uno virgola cinque anni. Tempo addietro una pubblicità ci ricordava che solo un diamante è per sempre. Non a caso questo claim è sparito.

Con questi presupposti mi ritrovo una sera con un ubriacone che attiro in una squallida sala di un alberghetto della costa marchigiana, nel fermano credo, garantendogli, mentendo, drink gratis a non finire. L’albergo è oltre la ferrovia, in un lembo di terra edificato da cemento armato che d’inverno viene popolato da prostitute, spacciatori e da gente che ha qualcosa da nascondere. Mentre in estate ci sono spacciatori, prostitute e qualche turista inconsapevole. Quelli con qualcosa da nascondere hanno già cambiato indirizzo. Sin dal principio l’ambiente non è troppo accogliente, parcheggio l’auto sotto un lampione in vista e ci infiliamo in un bar lì vicino per un ultimo drink. Nel bar ci sono solo slot elettroniche e facce tagliate con l’accetta. Beviamo e ci dirigiamo nella luce bassa dell’hotel. All’ingresso due tizi che fanno la mossa di fumare ci squadrano. All’interno una sessantina di persone ascoltano un tizio che agita le braccia.
Il tipo che mi ha condotto fin qua o mi vuole bene come un fesso o mi considera fesso. Spero per lui che appartenga alla seconda fascia. La sala è scoraggiante, senza quadri, con una macchia di umidità verdastra in un angolo, con le colonne squadrate dietro le quali i più timorati si nascondono, con una pedana sgangherata che alza di qualche centimetro uno che scoprirò essere il predicatore. Ma ciò che più mi turba del panorama, e mi deconcentra, è il colore verde smeraldo sul bordo oro delle pretenziose sedie di velluto dell’albergo.

Dicevamo, tempo di crisi, tempo di smarrimento, di religioni, tempo di lotterie e di truffe. Mi metto ad ascoltare attentamente il capo di quella che ha tutta l’aria di essere una setta allo stato embrionale. Ma subito mi legge nel pensiero e mi neutralizza dicendo che lui non è un organizzatore, no certo, ma uno dei giocatori di vecchia data con l’impegno di portare avanti questo metodo infallibile e rivoluzionario di arricchimento. Il capobanda ha una cinquantina d’anni e non ha eseguito una corretta dieta. Il grosso anello d’oro sull’indice non ispira niente di buono e, potrei scommetterci, guida un vecchio Mercedes 190 con i cerchi in lega. Il suo, se non s’è capito, è l’aspetto di un giostraio che fino a ieri ha gironzolato svogliatamente per il parcheggio di un autogrill e oggi, ringalluzzito da un diploma F.S.E. in comunicazione, cerca di ottimizzare i suoi studi. E senza dubbio ci sa fare, usa delle candide ma a quanto pare efficienti – visti gli adepti – regole: la truffa la chiama gioco, ingannare i propri conoscenti è arricchirli (spillando loro 1000 euro), non denunciare l’incasso (qualcuno, povero cristo, si domanda se sia lecito riscuotere ottomila euro senza pagare le tasse) si trasforma in un atto di solidarietà o addirittura in una regalia, l’illegalità degli incontri diventa fiducia e gli idioti giocatori. Molto semplice, e senza nessun corso alla Iulm.

Se avete presenti quali sono le truffe con struttura piramidale già siete a trequarti dell’opera. E forse non vale più nemmeno la pena che leggiate l’articolo. Comunque sia, si compra uno spazio per 1000 euro – in questo caso, ma mi hanno raccontato di scatole da 100 e da 10.000 euro – e si devono trovare altri due pazzoidi disposti a pagare altri mille euro a cranio. Ogni volta che chi vi sta sotto trova due persone il vostro culo scorre di un posticino in su verso la cima della piramide, finché non arrivate sulla capoccia e i nuovi arrivati, gli ultimi, che probabilmente faranno parte del vostro albero genealogico o saranno conoscenti del bar o amici del circolo del libro di cui tanto andate fieri, metteranno direttamente nelle vostre mani i quattrini. Per uno spostamento non troppo difficile da comprendere, in una piramide con una base da due spazi da comprare, ogni mille euro investiti ne ritornano due o quattro, a seconda del numero di livelli. Ora l’innovazione è che non si tratta più di una piramide, se ne guardano bene gli organizzatori a tirar fuori un marchingegno così sputtanato, e ci tengono a specificare che non è neppure una catena di Sant’Antonio, va de retro Satana, questa siniore e siniori, è una SCATOLA MAGICA! Applausi. A questo punto della spiegazione mi aspetto vedere la mano alzata insistentemente da un Flanders o Milhouse senza avere la parola. Ma invece no, sembrano tutti rapiti dall’estasi del denaro facile e si va avanti. La scatola ha la forma di un quadrato, che tagliata dalle due diagonali formano, indovinate cosa? Bravi, quattro triangoli. Quindi la promessa della scatola sono 8000 dico 8000 euro in cambio di 1000. In quanto tempo? Un mese, si scorre verso il centro seguendo gli ordini di pagamento, almeno a sentire l’organizzatore che, come si è detto, non è un organizzatore.

Mi guardo attorno per ammirare i volti della nuova Società Segreta della Scatola Magica. E non c’è niente di cui rallegrarsi. Hanno acconciature destabilizzanti e rossetti degenerati. Provo a socializzare con chi mi siede vicino, chiedo come disinteressato di cosa si occupi nella vita, di nascosto lo registro col cellulare che poi provo sempre un certo piacere a fare l’investigatore, ma l’uomo mantiene un riserbo inquietante, non dice una parola, solo sì e no. Ci provo con uno che mi siede avanti ma nulla. Tocca quindi a me formulare delle ipotesi: buona parte di questi, e la fisiognomica non tradisce, hanno segnato in rosso sul calendario i giorni in cui le tre strade che circondano le loro abitazioni suburbane vengono chiuse per far spazio alle bancarelle della festa paesana. Sono giovani e vecchi arrivati fin qui da centri abitati dimenticati da Dio, creduloni che non trovano più conforto nemmeno nelle superstizioni, fanatici azzoppati da verità instabili e limoni transgenici. Nei loro occhi si legge autolesionismo e vendetta. Sono sfolgoranti di pazzia e di voluttuosi desideri proibiti. Qui c’è tutta la disperazione di tre generazioni, quelle che hanno sperimentato come minimo quattro campionati in cui a metà stagione sono cambiati almeno 8/11 della loro squadra del cuore, retrocedendo, ma sono anche quelli delle file negli incomprensibili musei archeologici e dei viaggi a Sharm all inclusive. I più giovani hanno venduto l’anima su Facebook in cambio di un rastrello della FarmVille mentre i più anziani dispensano perle di saggezza nei centri commerciali. Usciti di lì i giovani aspetteranno il sabato per pestarsi tra di loro, gli anziani l’indomani pomeriggio si faranno pestare dal matterello della Clerici prima e dalle urla di Forum poi. Molti di loro dopo aver cominciato a dubitare delle qualità dell’attuale governo si sono buttati sugli UFO. E lì si sono fermati. Nella quotidianità sono prepotenti ed avidi, il portafogli è quanto più amano, ma allo stato delle cose la loro autostima li rende guardinghi in attesa dell’incasso, e semmai l’affare si realizzasse non vorrei proprio trovarmi nei panni di un loro vicino di casa. Tracotanti arriveranno sorridenti e vi offriranno seicento euro per falciare il loro zozzo prato, duecento per lavare la macchina, interni inclusi, solo al fine di sciorinare la storia dei miracolosi guadagni, per umiliarvi e, con obbligati passaggi induttivi, per rinforzare le antiche ipotesi sulla loro presunta furbizia. Altri però, insieme ai 1000 euro, perderanno la moglie e, speriamo, anche il lavoro. Tutti, ugualmente, risultano così svaccatamente ridicoli sulle sedie smeraldo che verrebbe voglia di chiudere a chiave le porte e dar fuoco alla baracca. Anche senza una macchina della verità a mia disposizione in quel momento sono sicuro che nessuno dei presenti avesse mai letto cose come Il vecchio e il mare, Il fu Mattia Pascal o Il giovane Holden. Non voglio dire che leggerli renda più intelligenti. Per certo però nessuno aveva mai seguito un corso di dizione.

Se vi siete riconosciuti con questa marmaglia – non a caso mi hanno invitato – attenti alle intenzioni di chi prossimamente vi inviterà a bere. La piaga sta dilagando in ogni regione. Mi spiego meglio. All’oratore si affianca una donna carica di anelli e collane, una giovane vecchia che sembra pronta a tirar fuori dalla borsetta una semiautomatica per puntarcela in faccia mentre col cappello in mano ci prega di lasciar cadere il portamonete. E’ lei che ci catechizza avvisandoci che, quando convochiamo un amico a queste riunioni, dobbiamo dirgli esclusivamente che lo invitiamo a bere qualcosa. Una Enter Strategy. E siccome ogni sera almeno uno dei partecipanti incasserà 8000 euro statene certi che l’ospite correrà al primo bancomat per acquistare la sua quota di mercato. Insomma dobbiamo ingannare nostro fratello fin da subito, per abituarlo. In effetti niente di più facile, anche col mio amico ubriacone ha funzionato così.

A proposito, dov’è il compare? Lui che è più sveglio di me è lì a metter su il nostro futuro intrecciando una relazione con una grassa signora sessantenne. Mi si avvicina e a voce bassa mi avverte che secondo lui se la vecchia ha da regalare 1000 euro a questa gente è capace che possa darne almeno 2000 a noi. «E per quale motivo?» Chiedo. «Non lo so, qualcosa mi verrà in mente» risponde.
E adesso via con le domande.

Mi faccio avanti e in modo impertinente chiedo: «chi ha affittato la sala?»
L’uomo non viene colto in castagna – d’altronde non indosso una divisa – e aggira la mia risposta in modo geniale, con una magia, da sotto una giacca appoggiata sulla sedia estrae uno scolapasta. Faremo una colletta fra i partecipanti. Lo scolapasta comincia a girare fra le file. Tana per Pakarov.

Ai lettori non sfuggiranno le molte similitudini con le rapine agli uffici postali, o con le questue in chiesa.

Prendono coraggio anche gli altri e in molti domandano saputi e concentrati sulle parole che tentano di strecciare. C’è una fase concitata e rumorosa che spazientisce il grande guru. Qualcuno chiede cosa succederebbe se uno rivolesse indietro i soldi. Facile, chi ha già incassato restituisce i soldi. Allungo il collo verso uno dietro di me che evidentemente ha comprato già uno spazio e possiede uno dei quadrati in questione. Leggo i nomi dei partecipanti: Drake, Pimpi, Ettore, Billy e DDT. L’anonimato è fondamentale – chissà perché? – e l’unica garanzia è la parola di un’organizzazione che non esiste che però assicura solenne che ci si ritrova sempre, una volta a settimana, nello stesso albergo. E se DDT non si ripresenta? L’orco risponde minaccioso che siamo tutti parenti e amici, sapremo dove trovarli. DDT con me puoi star tranquillo, non ti cercherò.

Ci riprovo, ‘sta volta faccio il sofisticato: «se fossimo su un’isola, qualcuno perderebbe di certo i suoi soldi, no?» No, dice lui, poi parte con una spiegazione talmente ingarbugliata che mi perdo al secondo passaggio ma, per sommi capi, credo alla base ci sia una logica opaca secondo cui il denaro è infinito. Poco a poco mi rendo conto che lo ammiro, ammiro sinceramente il giostraio, capisco che vorrei essere come questo figlio di puttana e se lui potesse donarmi – e qui ne faccio esplicita richiesta – un briciolo della sua intraprendenza, anche io potrei sistemare parecchie mie cosucce. A questo punto, ma forse mai, non mi fanno più pena i campagnoli che perderanno i loro quattrini, se lo meritano, anche fosse solo per la grave colpa di non aver mai letto Il vecchio e il mare. Pane e circensi non bastano più, ci vogliono castighi e umiliazioni. E’ il XXI secolo baby: cane mangia cane, piccoli truffatori meschini spennano cupidi cafoni.

Ho deciso da che parte stare e mi ritiro in un angolo buio senza disturbare.
Cercano di chiudere, dicono che la sala è prenotata solo per un’ora, che bisogna fare in fretta ma è il solito trucco di quando vai a comprare il fumo alla stazione. Rapidamente si organizzano i tavoli dove si potranno acquistare le quote di questo felice mercato di primavera. Fuori fa caldo e io ho sete.

L’ultima domanda tocca al mio amico sbronzo, ed è anche quella più intelligente della serata: «visto che qualcuno questa sera guadagnerà 8000 euro, non potrebbe questo qualcuno offrirci un drink al bar dell’hotel?»

Il giostraio si gira dall’altra parte, la sua compare senza età va a parlare all’orecchio di uno dei tizi che fumava all’ingresso. E’ meglio filare.

Luca Pakarov
Fonte: www.comedonchisciotte.org
02.06.2011

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