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La Redazione

 

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NEL GIORNO DELLA MEMORIA

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A cura di Davide
Il 27 Gennaio 2016
244 Views
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DI BARBARA TAMPIERI

Ilblogdilameduck.blogspot.it

Nel Giorno della Memoria, Lameduck ft. Federico Nero

B. Che dici Federico, riusciamo a celebrare un 27 gennaio diverso dal solito, senza retorica più o meno pelosa e cappottini rossi, al netto del politically correct e dell’autocensura, gettando invece qualche secchiata d’acqua gelida in faccia a chi, ancora una volta, non sta vedendo, o meglio, sta negligendo il rischio di una possibile nuova catastrofe in Europa? Nuova ma terribilmente simile a quella Shoah = catastrofe del passato? Cercando anche di capire, se ci riusciamo, chi la sta organizzando e perché?

F. Come ogni anno, la giornata della memoria finisce con l’essere un’occasione sprecata sia per riflettere sul passato, sia per farne tesoro per evitare orrori del genere in futuro. Senza scendere nei dettagli, finiscono tutti per usare “l’evento” in maniera strumentale, senza quella necessaria analisi di una storia che ancora oggi ci coinvolge tutti.
Per esempio, si potrebbe parlare del rapporto tra campi di sterminio e industria tedesca, andando a “scoprire” che ad Auschwitz si moriva dopo essere stati sfruttati lavorando in condizioni disumane fino alla morte; che Primo Levi riuscì a sopravvivere perché l’industria chimica IG Farben lo aveva selezionato come chimico e stando in laboratorio riuscì ad evitare i lavori più devastanti e, sopratutto, a contrabbandare materiali in cambio di cibo all’interno del lager-industria. Si potrebbe anche parlare dei responsabili della IG Farben che subirono condanne molto lievi (da 1 anno fino a 8 anni) nel processo di Norimberga, e una volta usciti tornarono a ricoprire ruoli di management nella rinascente industria tedesca della Germania Ovest del dopoguerra. Sarebbe interessante, invece ci si limita a raccontarsi che Hitler era un sociopatico che odiava gli ebrei ma sapeva parlare bene in pubblico, quindi convinse i tedeschi ad appoggiarlo e sterminò 6 milioni di ebrei nei campi di concentramento.
B. Non so se sarai d’accordo con me ma qui in Europa, nell’ambito della terapia dello shock giunta finalmente a colpire al cuore la civiltà democratica, dopo un trionfale tour mondiale, sembra che si stia svolgendo un colossale esperimento a metà tra l’etologia e la psicologia sociale dal pessimo tanfo di eugenetica nazista, con noialtri nel ruolo delle cavie. Mentre le politiche di shock economy ordoliberista si incaricano di devastare la nostra ricchezza, di mettere in discussione le libertà, la democrazia e le conquiste sociali, sostituendole con diritti cosmetici all’insegna del principio del “vietato vietare”, un antico nemico e conquistatore è stato riportato in vita e reintrodotto nel continente, attraverso l’utilizzo dell’arma di migrazione di massa, allo scopo di contribuire a distruggere anche il tessuto sociale delle nazioni europee. Ma non basta. Come sembrano suggerire ambiguamente alcuni sorprendenti documenti dell’ONU, questa migrazione di massa ha lo scopo di sostituire nell’arco di un trentennio la popolazione europea, bianca e dalle radici giudaico cristiane, con popolazioni che sono di fatto in maggioranza islamiche e africane. Con la conseguenza, dovesse la sharia soppiantare la legislazione laica e democratica, di un ritorno traumatico all’oscurantismo.
Allo stesso tempo, l’antico nemico e conquistatore, questo Feroce Saladino v. 2.0, fornito di un formidabile apparato di propaganda, vezzeggiato e coltivato amorevolmente da chi, secondo logica, e secondo la storia del primo decennio di questo nuovo secolo, avrebbe dovuto combatterlo senza pietà, è stato inoculato anche nelle nazioni islamiche che, a fatica, erano riuscite ad affrancarsi sia dal colonialismo occidentale che dal radicalismo religioso, per darsi uno stile di vita laico, propedeutico alla democrazia.
Ecco quindi una vera e propria “questione islamica” che si traduce non solo nelle imprese dell’ISIS ma nel sogno di contro-Reconquista che, da parte degli imam più radicali, viene legata alla famosa questione dei “ventri delle nostre donne che ci daranno la vittoria”.
Hai idea del motivo per cui è stato creato il mostro del radicalismo islamico, che fa ripiombare nell’oscurantismo le genti dei paesi islamici e del perché esso venga usato come cavallo di Troia per questa follia di distruzione nichilista del mondo occidentale? Ma cos’ha veramente in testa questa gente che tiene in ostaggio il mondo?
F. Penso che in Europa stiamo in qualche modo subendo un esperimento di ingegneria sociale con obiettivi che non vengono neanche nascosti più di tanto. Ci sono illustri personaggi della politica che hanno detto chiaramente che i migranti offrono uno stile di vita “che presto sarà uno stile di vita per moltissimi di noi”, dove quel “moltissimi di noi” è riferito ai proletariati nazionali messi in aperto conflitto con il nuovo proletariato europeo.
Fino a poco tempo fa l’autoproclamata classe media si sentiva al riparo da tutto questo. Spero abbia capito che sbagliava, che la classe alta li considera dei poveracci da ricondurre a stretto contatto con la durezza del vivere. È il conflitto di classe che diventa anche conflitto etnico, ed è evidente per chi fa il tifo guardando lo scontro dall’alto dei suoi attici di pregio nel centro storico.
Parlare in senso letterale di progetto di sostituzione della popolazione europee mi sembra troppo, diciamo che non lo reputo possibile (anche se non mi stupirei troppo se scoprissi di sbagliarmi), ma per creare una situazione di fortissima destabilizzazione basta davvero molto meno.
Se guardiamo i dati ISTAT ed Eurostat, nel 2002 in Italia c’erano 1,34 milioni di stranieri. Nel 2014 la quota di immigrati (sia i molti residenti che i pochi con cittadinanza) era già arrivata a 5,7 milioni, circa il 9,4% sul totale della popolazione. Considerando che questa tendenza continua a crescere, immaginare l’Italia con il 30% di abitanti di origine straniera non è una fantasia, così come non lo è immaginare questi nuovi cittadini organizzati politicamente e socialmente per linee etniche e religiose. Ovvio che l’Islam in questa Italia del futuro avrà un ruolo politico determinante.
In un certo senso si può dire che il radicalismo islamico esiste da quando esiste l’Islam, non saprei dirti se e perché sia stato creato (saprei invece dirti come e perché si è affermato). Ad essere stati creati a tavolino invece sono gli stati arabi e nordafricani post-coloniali. Per tanto tempo in occidente abbiamo pensato che bastassero i dittatori militaristi e laici a tenere in ordine quei paesi, che questo status quo potesse in qualche modo durare per sempre. Purtroppo non è così semplice, come non è sufficiente per noi occidentali dire “non dovevamo fare le primavere arabe” perché, se è vero che queste primavere sono state false, è anche vero che non potevamo certo pensare che questa polvere sarebbe rimasta ordinatamente nascosta e contenuta sotto i tappeti dei vari Ben Alì, Gheddafi, Mubarack, Assad, ecc..
Vorrei evitare di colpevolizzare un’intera religione perché non mi sembra giusto. I musulmani laici esistono e spesso vengono nei paesi occidentali proprio per vivere una vita più serena (anche senza voltare del tutto le spalle alla propria cultura) ed è a questi che dovremmo spalancare le porte; ma bisogna anche essere realisti nell’affrontare i problemi. E’ un fatto indiscutibile che ogni paese a maggioranza musulmana, o con una consistente minoranza musulmana, ha un grave problema col terrorismo islamico. Siccome in Europa abbiamo scelto – lo so, è un iperbole, ma è così – di inserire nella nostra società questo elemento in quantità sempre più consistente, quello del terrorismo islamico sarà un problema con cui dovremo convivere ancora per molte generazioni, e questa è la visione più ottimista.
B. Penso che i tempi che stiamo vivendo rappresentino un’opportunità unica per capire finalmente come nascono le situazioni che portano ai genocidi su base etnica e religiosa.
Sai che sto cominciando a pensare che a noi goyim stia venendo offerta l’opportunità di capire che cosa significasse, nel nostro passato, essere ebrei? E lo stiamo cominciando a capire a calci nei denti perché rischiamo di trovarci nelle stesse condizioni, appena la matematica della demografia comincerà veramente a giocare contro di noi. Noi tutti europei, intendo e anche, purtroppo, per l’ennesima volta, gli ebrei.
Ho visto un documentario israeliano di recente. Un giornalista che si è finto arabo e si è infiltrato nei luoghi di Eurabia dove l’Islam sta imponendosi grazie all’arma di migrazione di massa. Vi si affronta il problema degli ebrei europei e del crescente antisemitismo di stampo islamico che stanno subendo. Cose assai pesanti tipo tentativi di bruciare le sinagoghe, aggressioni ed intimidazioni, di cui stranamente, gli “amici di Israele” nostrani, per non parlare dei media, non riferiscono.
Ma c’è di più. Tra le più fanatiche fautrici dell’immigrazionismo selvaggio in Svezia c’è una certa Barbara Spectre (nomen omen?), che gestisce un centro culturale ebraico. Ovvero: da un lato fai affluire torme di islamici, rispondendo ai voleri dell’agenda neocon globalista e non ti accorgi che tra i primi a patirne le conseguenze vi sono gli ebrei? Ma che gioco stanno giocando anche questi?
F. Quel documentario l’ho visto. Il tipo è chiaramente un ex mistaravim (corpi speciali israeliani che operano infiltrandosi tra gli arabi, fluenti in arabo, capaci di interpretare le ritualità religiose e sociali, ecc.) Ci sono molte cosa da dire a riguardo. In uno dei paesi più trattati nel documentario, la Francia, le aggressioni violente nei confronti degli ebrei sono una “consuetudine” già da anni ormai – per dire, neanche nell’Ucraina di oggi ci si avvicina a quello che succede in Francia – e proprio alla luce di questo, se parli con gli ebrei europei più “ordinari”, cioè quelli che non sono politici, non scrivono sui giornali e non vanno in televisione, vedrai che sono molto allarmati dall’implacabile aumento dell’immigrazione musulmana e in generale hanno reazioni che vanno dalla discreta ostilità all’aperto razzismo. Allo stesso tempo però, ogni paese europeo ha una sua élite “ebraico-piddina” assolutamente insopportabile nell’ipocrita e incrollabile difesa a spada tratta del multiculturalismo e della dissoluzione dello stato nazionale in favore di non si è capito quale nebulosa “multikulti” inevitabile come la morte. Fai il nome di Barbara Spectre, un personaggio emblematico. Di lei ricordo questa dichiarazione:

“Ritengo ci sia un ritorno di antisemitismo perché in questo momento storico l’Europa non ha ancora imparato ad essere multiculturale. E ritengo che noi saremo i fautori di questa trasformazione che deve avvenire. L’Europa non dovrà più essere l’insieme di società monolitiche che è stata nell’ultimo secolo. Gli ebrei saranno al centro di questa grande trasformazione che l’Europa deve subire. Adesso gli europei stanno entrando nell’età multiculturale, e ci sarà risentimento verso gli ebrei per il nostro ruolo-guida. Ma senza questo ruolo-guida e questa trasformazione, l’Europa non sopravviverà”. Barbara Lerner Spectre, IBA-News, 2010.

Chi ha voglia di approfondire il personaggio avrà di che rimanere disturbato. Queste persone sono insopportabili nella loro ostentata ebraicità internazionale a chiacchiere e ultra-tribale nei fatti, un concetto spiegato estremamente bene da Gilad Atzmon, che però sostiene Corbyn, che a sua volta sostiene la stessa migrazione di massa promossa della simpaticona di cui sopra.
B. Ecco, appunto. La quarta internazionale della rivoluzione permanente.
Ciò che abbiamo descritto finora, ovvero il ritorno dell’antisemitismo, secondo i media occidentali non esiste ed è solo il parto di menti razziste che si oppongono per sport o insensibilità al multikulti. Ci viene insegnato che la mobilità delle genti – come quella dei capitali – è cosa buona e giusta e che non possiamo opporci a qualcosa che è “inevitabile”. Ci parlano di integrazione ma, tra le righe, si capisce che, ad esempio, a metterci il velo dovremo essere noi donne occidentali, non le islamiche a toglierselo. Inoltre, per chi non avesse ancora capito, a Capodanno il messaggio di quelle prove tecniche di stupro etnico è giunto – sempre a noi ma non ai media propagandistici – forte e chiaro.
Questo di per sé è già grave. Tu però mi stai dicendo che l’elite ebraico-piddina (tutti hanno una questione di piddinitas in casa), in qualche modo ha scelto di tacere i sempre più frequenti casi di aggressione antisemita di stampo islamico in Europa. Non che mi illudessi che l’Europa fosse ormai guarita dall’antisemitismo ma la dimensione del fenomeno, come descritta dal nostro amico mistaravim, mi ha francamente sorpresa e non pensavo avrebbe potuto passare sotto silenzio tra una Giornata della Memoria e l’altra. E invece…
F. Mi ha sempre lasciato molto perplesso il modo in cui l’élite ebraico-piddina ha sempre taciuto, completamente, la smisurata quantità di azioni antiebraiche del paese eldorado della piddinitas: la civilissima Francia. Mentre viene puntualmente lanciato un livello di allarme medio/alto ogni volta che vengono disegnate svastiche in qualche cimitero ebraico o su una sinagoga in giro per l’Europa, e mentre scatta la “reductio ad hitlerum” per ogni minima stronzata detta da un leghista o da un grillino qualsiasi, o per le azioni anti-immigrazione dei governi ungherese, polacco (e danese, e poi svedese… la lista ormai è in crescita quotidiana), le azioni di violento antisemitismo che da anni – da molti anni – vanno puntualmente in scena in Francia non è mai stata denunciata, e quando dico mai intendo proprio mai.
Non ricordo di aver mai sentito alcun approfondimento su nessun episodio, a parte gli attacchi terroristici del 2012 (Tolosa e Montauban), azioni terroristiche da prima pagina internazionale di cui comunque si parlò davvero il minimo indispensabile, proprio per non andare ad approfondire lo scenario più ampio e il contesto in cui si sono verificate. In un certo senso si può dire che è successo lo stesso anche con Charlie Hebdo e con il 13 Novembre.
Stiamo parlando di cose che vanno ben oltre il vandalismo di luoghi ebraici: centinaia i casi di ebrei aggrediti in strada da gruppetti di maghrebini, picchiati a sangue o accoltellati, fino ad arrivare ad azioni di odio sofisticato come il rapimento con tortura e omicidio, lo stupro etnico e azioni di terrorismo come quello degli attacchi di Tolosa e Montauban. Quest’ultima fu un’azione dai tratti particolarmente raccapriccianti, con l’esecuzione di una bambina di 8 anni con un colpo di pistola sparato a bruciapelo afferrandogli i capelli, dopo che il mitra si era inceppato: un gesto che implica una feroce determinazione mossa dall’odio consapevole, una scelta nella scelta.
In Svezia la situazione non è molto diversa (gli ebrei lì sono solo 20.000, per lo più laici). Si fa sempre un gran celebrare quanto sia bello che le donne scandinave facciano carriera nel lavoro, che gli uomini si infrociscano felicemente mentre le donne la danno a mezza Europa, che i profughi vengano accolti con tanto amore e welfare e che il multikulti sia oramai la regola. Poi vai a vedere, e scopri che nella multikulti Svezia gli svedesi etnici tengono gli immigrati bene a distanza dai loro quartieri residenziali e che gli ebrei tendono a nascondere la loro identità ebraica in pubblico (niente kippà o catenine con la stella di David). Tra l’altro, quello è un paese molto attivo nella critica a Israele. Sarebbe quindi il minimo che facesse di tutto per evitare che gli ebrei che scelgono l’assimilazione invece del sionismo se ne debbano pentire (cosa che accade sempre di più). Su Haaretz ho letto alcune di queste storie. Di tanto in tanto c’è l’intervista a qualche nuovo Olim (ebreo della diaspora che emigra in Israele) proveniente dall’Europa che racconta il perché della sua scelta di lasciare questa o quella città. Spesso è l’insieme di tante piccole cose a rendere la vita insopportabile, poi accade qualcosa di più pesante e uno sceglie di andarsene.
Perfino nell’Ucraina odierna dei neonazisti sguinzagliati non si è manifestata un’attività antisemita anomala come quella euro-islamica di Francia, Svezia, Belgio o Regno Unito. Negli ultimi anni gli ebrei che dalla Francia sono emigrati in Israele sono stati migliaia.
Tornando alla domanda iniziale: perché l’elite ebraico-piddina tace i sempre più frequenti casi di aggressione anti-semita di stampo islamico? Purtroppo una risposta proprio non riesco a darmela.
Come dicevo prima, i riflettori sulle azioni contro gli ebrei vengono accesi solo se a perpetrarle sono dei gruppi di destra o di estrema destra – spesso ingigantendo la questione a fini politici – mentre vengono regolarmente minimizzati o taciuti quando sono opera di euro-islamici. I fatti di Colonia sono stati emblematici. Hanno dimostrato chiaramente che c’è la volontà di far accettare a tutti costi questa immigrazione di massa, con il supporto di eminenti intellettuali ebrei, chiusi a ogni critica e in netto contrasto anche con la propaganda israeliana di Bibi Netanyahu che, in linea con la tradizione del Likud, vuole equiparare in maniera per lo più strumentale il jihadismo al nazionalismo palestinese.
Che senso ha? Non riesco a spiegarmelo. Trovo questo comportamento doppiamente suicida per le comunità ebraiche italiane ed europee, perché si chiamano addosso l’odio degli autoctoni insieme a quello degli allogeni, aprendo così le porte a quelli che saranno i loro carnefici di domani. Come hanno in parte fatto a quelli di ieri, e in Italia ne abbiamo avuto un esempio emblematico.
Se gli ebrei sembrano non aver fatto tesoro di questa parte della storia, gli europei dimenticano sistematicamente che chi oggi se la prende con gli ebrei domani se la prenderà con loro. Insomma, ci sarebbero proprio parecchie cosa da ricordare durante La Giornata della Memoria.
B. E che mi dici del sogno sionista di ricondurre la diaspora europea in Israele, magari a qualunque costo?
F. Sì potrebbe ipotizzare che l’élite ebraica mondiale voglia spingere tutti gli ebrei normali cittadini a scappare dall’Europa islamizzata e a emigrare in Israele per realizzare il sogno del grande Israele, ma anche se l’Aliyah (ritorno in Israele) è costantemente promossa, onestamente mi sembra una gran cazzata. La maggioranza degli ebrei della diaspora europea non ha nessuna intenzione di andare a vivere in Israele. La metà dei circa 1,4 milioni di ebrei che vive nella UE risiede in 4 città: Parigi, Londra, Budapest e Berlino. Israele è un paese molto diverso da queste città; un paese dove la vita è molto più dura anche se sei un benestante e dove vi sono delle differenze culturali abbastanza marcate. È per questo che molto spesso chi emigra sceglie paesi molto più comodi come Canada e Stati Uniti.
Personalmente, credo che bisogna distinguere gli ebrei della diaspora da quelli israeliani. Il mio rapporto col mondo ebraico è stato sopratutto con ebrei russi e israeliani, degli ebrei assai diversi da quelli della diaspora dell’Europa occidentale (che in tutta onestà proprio non reggo, troppo tribali), ed è bene fare queste distinzioni, perché c’è una crescente – anche se cresce in relativo silenzio – frattura tra questi due mondi dell’ebraismo.
Se vai a ripercorrere la storia, le politiche più scellerate di Israele sono sempre state quelle promosse dalla potente diaspora occidentale euro-americana, che ha completamente distrutto “la sinistra” israeliana di personaggi come Yitzhak Rabin, con la quale entrò in conflitto dalla seconda metà degli anni ’70 finanziando sia la colonizzazione della Cisgiordania che la bellicosità di Israele.
Il tema dell’islamizzazione in Europa è molto sentito tra gli israeliani. Non ci si spiega come sia possibile che gli europei lascino offendere le loro democrazie liberali (che ammirano, perché Israele da questo punto di vista è “borderline” e ancora in costruzione) da una cultura che non li rispetta, che vuole prendere tutto e non è disposta a concedere niente. Se vai a vedere, i governi israeliani non hanno mai promosso le politiche migratorie di massa dell’Europa, e quando Viktor Orban ha sostanzialmente implementato nel suo paese la legge israeliana anti-infiltrazione – con tanto di barriera – non hai sentito nessuna dichiarazione di condanna da parte del governo israeliano, nessuna ‘reductio ad hitlerum’ come invece avviene in altre situazioni molto meno pesanti. Se è vero che ci sono tanti intellettuali ebrei a sostegno del multiculturalismo, di israeliani (veri, non col passaporto “tanto per” come certi soggetti) a sostegno dell’islamizzazione dell’Europa ne vedo davvero pochi.
B. In effetti l’allineamento di Israele all’Occidente e all’Unione Europea spesso non è sempre netto e preciso, c’è anche il sospetto che ad Israele non dispiaccia cosa sta facendo Putin in Medio Oriente.
F. A Israele la presenza russa in Medio Oriente non dispiace. Quella russo-israeliana è una relazione profonda, con rapporti di forza e rispetto molto differenti da quelli con gli stati europei e con l’America. Giusto per citare qualcosa: Israele non ha aderito alle sanzioni contro la Russia, Netanyahu ha da anni una linea diretta (ultra-criptata) con Putin, all’orizzonte c’è una partnership speciale con l’Unione Euroasiatica promossa da Mosca e vi sono cooperazioni militari di varia natura in corso da anni. Per capire la differenza di rapporto, prova ad immaginare un Netanyahu che si auto-invita al parlamento russo senza l’approvazione di Putin, cosa che invece ha fatto tranquillamente con Obama.
Allo stesso tempo, anche a Putin fa comodo avere Israele lì, una sorta di minaccia nei confronti di Iran ed Hezbollah che lui tiene a bada e che quando vuole può decidere di lasciar scatenare. Credo che sulla guerra in Siria vi siano parecchie divergenze tra Washington e Gerusalemme. La presenza russa ha riportato un po’ di ordine, ma l’incrocio di alleanze che si è andato a creare è quanto di più instabile si possa immaginare e fare previsioni è davvero difficile. Per ora l’unica cosa chiara è che, al di là della propaganda, neanche le operazioni russe sono riuscite a chiudere rapidamente la questione, che andrà avanti ancora a lungo anche se saranno raggiunti degli accordi tra le superpotenze.
B. Tra le colpe dell’occidente, citate sempre dagli esponenti del Terzo Mondo a giustificazione di tutte le proprie mancanze di democrazia e di progresso, vi è ovviamente quella di non aver risolto la questione palestinese.
F. Riguardo allo stato palestinese, per Israele sarebbe stato sicuramente meglio che questo obiettivo fosse stato raggiunto, perché sarebbe motivo di legittimazione indiscutibile dello stato ebraico e un’esempio (fastidioso, immagina una Palestina democratica e laica) per gli altri paesi della regione. Se invece un’ipotetica Palestina sovrana sprofondasse nel fanatismo islamico e tentasse l’invasione di Israele, a quel punto i palestinesi non avrebbero davvero più nessuna scusa e supporto, e Israele potrebbe rioccuparla con una legittimità a quel punto molto difficile da contestare. Secondo me ciò sarebbe stato possibile fino all’operazione Piombo fuso. Dopo quella, credo proprio che ormai non sia possibile a meno di un miracolo. Nonostante questo però, non ti nascondo che ci spero ancora. Secondo me è ancora possibile.
B. Non sarà che, se tutto si sta radicalizzando, anche la laicità palestinese sta per essere soppiantata definitivamente dal radicalismo islamico? Dopo Hamas dobbiamo attenderci qualcosa di ancora più radicale?
F. Si, se pensi che una delle ‘strategie’ della resistenza palestinese, promossa apertamente anche dal laico Arafat, era ed è – soprattutto oggi – la vittoria attraverso la demografia, ovvero sommergere gli ebrei con gli arabi musulmani, vedendo nelle donne il mero strumento di produzione di giovani musulmani, senza dare alcuna prospettiva di benessere né alle madri né ai figli. Sarà per questo che il tasso di crescita della popolazione palestinese è uno dei più alti in assoluto, con Gaza che batte la Cisgiordania (tutto questo discorso senza nulla togliere alle colpe atroci – e suicide – di Israele, ma credo non serva neanche dirlo). Questo genere di mentalità si è affermata nonostante i palestinesi siano molto più laici della maggior parte dei musulmani della regione, un po’ per l’influenza del fronte popolare per la liberazione della Palestina, un po’ perché ormai è da generazioni che sono abituati a relazionarsi quotidianamente con occidentali (sia con europei e americani che con gli israeliani stessi). Immagina invece in quale buco di arcaismo bestiale e isolato vivono tutti quei ragazzi delle periferie di quei paesi arabi e africani affossati nell’ignoranza e tenuti ben alla larga dal mondo sviluppato.
B. Esatto. Quindi anche in Palestina sta prevalendo il mantenimento del caos e la rivoluzione permanente?
F. Sì, credo che il conflitto permanente israelo-palestinese sia un grande successo dell’impero del caos, con più beneficiari:
– le lobby ebraiche e neocon che usano la situazione con la retorica dell’Olocausto 2.0 e dello scontro di civiltà nei modi che sappiamo (tanto che gli frega, la vita coscritta dell’israeliano e quella reclusa del palestinese mica è la loro).
– le lobby militari americane (a soci), che in Israele hanno uno straordinario laboratorio di ricerca e sviluppo.
– i regimi mediorientali tutti, davvero nessuno escluso che, chi più chi meno, nella propaganda a uso interno usa Israele come capro espiatorio a cui imputare tutti i mali del mondo e soprattutto quelli della loro popolazione (tenuta come minimo nell’ignoranza e troppo spesso nella miseria e nella violenza).
Scendendo nei dettagli, si potrebbe continuare ancora.
Non so, magari sbaglio, ma Israele e Palestina che vivono in un contesto di pace, anche fredda, vedrebbe crollare tantissimi totem su cui si regge lo status quo del Medio Oriente e della politica statunitense nella regione. Come fai notare, l’influenza esterna oltre ad aver paralizzato la politica israeliana ha anche distrutto “la resistenza” palestinese, ormai ridotta malissimo. In sintesi, si può dire che i palestinesi chiamano la loro rassegnata disperazione “resistenza” e non li si può neanche biasimare perché alla fine non è che abbiano molta scelta. Una situazione che potremmo addirittura definire ridicola se non fosse così tragica, ma è un’industria anche quella: a Gaza fare “il resistente” di professione è l’unico lavoro che permette una carriera degna di nota. In Cisgiordania, per vie un po’ diverse, più politiche, anche.
B. Prima ho parlato di armi di migrazione di massa dispiegate contro l’Europa. Secondo te i nostri benpensanti, amanti (non ricambiati) dei rifugiati, fautori delle migrazioni senza rete e, soprattutto, senza aver sentito il parere di chi le migrazioni le subisce, da una parte e dall’altra, si rendono conto di cosa succederebbe a queste moltitudini spostate come pedine il giorno che qualcuno, magari chi le ha movimentate in precedenza, decidesse che non sono più utili al suo scopo? Cosa pensi che succederebbe a migliaia di persone che, per il fatto che distruggono i propri documenti per non farsi identificare, nessuno verrebbe mai a cercare? Sai a cosa sto pensando, vero? Che la storia potrebbe ripetersi.
F. In queste settimane abbiamo spesso sentito dire che l’Europa è a rischio perché è a rischio Schengen. Ecco, penso che dover ascoltare una stronzata del genere dopo milioni di disoccupati e sottoccupati che stanno con le pezze al culo per colpa di un’Europa dalle politiche economiche oscene è uno degli sfregi più grandi che siamo costretti a subire. Tuttavia, questo è ciò che sta accadendo.
In un certo senso bisogna ringraziare l’Ungheria che, tirando su la sua barriera – che non doveva servire a niente e invece a cambiato le carte in tavola in due settimane di lavori – ha tirato giù il velo dell’ipocrisia di Berlino e Bruxelles, costringendo tutti i paesi limitrofi a fare lo stesso fino ad arrivare alla Germania che parla di “isolare la Grecia” da Schengen e di pagare la Turchia perché faccia il lavoro sporco che sarebbe invece giusto che la UE facesse per conto suo in Grecia e in Italia. La Danimarca adesso intende confiscare gli averi degli immigrati, anche questo più con l’obiettivo di disincentivare gli arrivi che con quello di mettere davvero in pratica questa procedura. L’ennesimo palliativo di un continente che non sa più che cazzo fare per non fare quello che dovrebbe fare.
Non puoi dire al migrante: “Non venire in Germania ma, se riesci comunque ad arrivare, avrai diritto d’asilo con tanto di abbonamento alla piscina comunale. Basta dire che sei siriano e che il passaporto te lo ha rubato l’ISIS”.

Poi succede che finisco di parlare con te, apro Twitter e mi appare questo:

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Siamo alla farsa, Barbara. E’ chiaro che sta arrivando la tragedia.

Barbara Tampieri

Fonte: http://ilblogdilameduck.blogspot.it

Link: http://ilblogdilameduck.blogspot.it/2016/01/nel-giorno-della-memoria-lameduck-ft.html

27.01.2016

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