DI AMBROSE EVANS PRITCHARD
Cina, Europa e Stati Uniti stanno recuperando velocità. Ma il ciclo del credito sta invecchiando ed appena oltre l’orizzonte ci sono delle acque molto infide.
Dei luminosi altopiani ci stanno invitando. Conseguenza del basso costo del petrolio, nel corso degli ultimi mesi si è accumulato uno stimolo economico pari a quasi 2.000 miliardi di dollari. Denaro ‘imprigionato’ che è in attesa di essere speso. Arriverà presto come uno tsunami, cogliendo il mondo di sorpresa.
Fate attenzione, però: più seducenti saranno i prossimi mesi, più traumatico sarà il risveglio, man mano che prenderà piede la paura della reflazione. Visto che il ‘rito delle previsioni di Capodanno’ consiste nel tirare fuori il collo [per vedere un po’ più in là], azzarderei la speranza che questo infido momento possa essere differito fino al 2017.
Il positivo shock petrolifero colpirà proprio quando l’austerità, negli Stati Uniti, sta per finire. Le grandi spese degli Stati e delle città miglioreranno ulteriormente la situazione – una spinta fiscale che, da sola, varrà lo 0,5pc del Pil statunitense.
Gli americani hanno battuto tutti i records acquistando 1,7 milioni di auto e camions nel solo mese di Dicembre. Sono solo un assaggio di quello che sta per arrivare: c’è un ‘deficit’ di 20 milioni di auto lasciato dal ‘Long Slump’ [la fase più acuta della recessione conseguente alla crisi della Lehman Brothers], che deve ancora essere colmato.
Evocato dalla svalutazione dell’euro, dall’aumento del deficit di bilancio e dalla fine del deleveraging bancario, l’Eurozona sta avvicinandosi al suo ‘sweet spot’ [il ‘punto giusto’ della racchetta con cui colpire la palla], quel fugace nirvana costituito dalla crescita al 2pc.
Le stampatrici di Mario Draghi stanno lavorando a tutto spiano. L’offerta di moneta, ovvero lo M3 [https://it.wikipedia.org/wiki/Aggregati_monetari], sta crescendo, in termini reali, al ritmo turbocompresso del 5pc.
Si tratta di un indicatore a-12-mesi molto importante per l’economia. Ed allora … godetevi il viaggio! Almeno fino a quando il demoniaco ‘Fiscal Compact’ restituirà l’Europa al cuore della notte, soffocando ancora una volta la sua economia.
In Cina, i cani stanno abbaiando e la carovana comincia a muoversi. Non ci sarà per quest’anno alcuna svalutazione dello yuan, perché non ce n’è un urgente bisogno. Il Premier Li Keqiang ha promesso di mantenere stabile il paniere delle valute [rif. Diritti Speciali di Prelievo].
Armato di un avanzo delle ‘Partite Correnti’ pari a 600 miliardi di dollari, di riserve che ammontano a 3.500 miliardi di dollari ed infine del controllo sui capitali, è esattamente quello che egli farà.
I postumi della sbornia costituita dalla ‘Grande Recessione Cinese’ dei primi mesi del 2015 sono svaniti. L’Indicatore PMI relativo ai servizi ha appena raggiunto il massimo degli ultimi 15 mesi [a quota 54,4] – è questo l’indice più importante da quando il ‘Partito Comunista’ sta sistematicamente liquidando pezzi importanti dell’industria dell’acciaio, delle costruzioni navali e della chimica.
Anche l’offerta di moneta sta prendendo fuoco. La crescita del ‘M1 reale’ è volata al 10pc, una ‘botta di caffeina’ come non si vedeva dalla baldoria del post-Lehman. L’emissione combinata di obbligazioni governative e locali sta aumentando al tasso del 14pc. A Novembre, il ‘Partito Comunista Cinese’ ha aumentato la spesa fiscale del 18,9pc.
Pensiate o meno che la recidiva di questi stimoli sia una cosa saggia – data per acquisita la ‘legge dei rendimenti decrescenti’ – la ‘carta da parati’ ha comunque nascosto, per il momento, molte crepe.
Una cosa che senz’altro non accadrà è la rinascita dei quartieri ‘T3 e T4’ nelle città dell’entroterra cinese [il riferimento è a quelle baraccopoli costituite da veicoli di dimensione media, ovvero ‘T3 e T4’, usati come abitazione]. Ci vorrà molto tempo prima che l’ultima riforma del medievale ‘sistema Hukou’ scateni una migrazione dalle zone rurali grande abbastanza da riempire le ‘città fantasma’ [http://www.china-files.com/it/link/40559/cina-la-riforma-degli-hukou]. Lo stock di 4,5 milioni di case invendute è di dimensioni spaventose.
L’epico rally del dollaro è partito ed è già tornato. Nei prossimi mesi la ‘moneta del mondo’ andrà alla deriva, verso il basso – un sollievo per paesi del calibro di Brasile, Turchia, Sud Africa, Indonesia e Colombia.
Coloro che sono posti sul lato sbagliato dei 9 miliardi di dollari di debito off-shore espresso in dollari USA potranno respirare un po’ più facilmente, ma non potranno certo fuggire.
L’Indice MSCI dei ‘titoli’ dei mercati emergenti tornerà dall’oltretomba. Recupererà la maggior parte delle perdite del 28pc accumulate dallo scorso mese di Aprile, ma solo per ritrovarsi in una tempesta ancora più grande.
Il Dr. Copper si riprenderà [il riferimento è al mercato del rame]. Nei magazzini cinesi gli stocks sono scesi ad un livello pari a ‘13 giorni di fornitura’, mentre le forniture dall’Africa stanno diminuendo.
La liquidazione coatta dei ‘metalli di base’ effettuata dai ‘fondi commerciali’ – con il colpo finale inferto dagli ‘hedge funds’ – ha distorto il mercato. La finanza si è disaccoppiata dalla domanda fisica. Le molle sono compresse, pronte per uno short-squeeze [improvviso rialzo conseguente alla chiusura delle posizioni scoperte].
Per la ripresa dei prezzi del petrolio è necessaria una quantità di tempo maggiore, visto che l’Arabia Saudita e la Russia vogliono risolvere la questione ‘a pugni’. I sauditi pensano di avere le tasche profonde a sufficienza per sopravvivere ai russi, mentre i russi pensano di avere una maggiore profondità strategica, comunque sufficiente per sopravvivere ad un lungo assedio.
Hanno entrambi un destino molto breve. Il ‘Fondo di Riserva’ della Russia si esaurirà entro la fine dell’anno, se il petrolio dovesse restare vicino ai 40 dollari al barile, visto che non c’è un modo alternativo per finanziare il deficit di bilancio del Cremlino. La pressione sul riyal saudita continuerà – nonostante l’ultimo pacchetto di austerità – e la fuga di capitali diventerà virulenta.
Dietro alle spacconate, entrambi i paesi sono alla ricerca di una via d’uscita. Sarà facile sapere se avranno raggiunto una tregua segreta e se, di conseguenza, avranno fatto il primo passo verso una ‘super-OPEC’. In questo caso l’eccesso di produzione si fermerà ed il prezzo del petrolio aumenterà fino a 60 dollari al barile. Badate a quanto estraggono, quindi, non a quello che dicono.
La vista sul mondo, quindi, non è così malvagia. Tuttavia, la ripresa economica contiene i semi della propria morte, in questa tarda fase del ciclo. L’inflazione è in agguato. Il ‘CPI core’ [Consume Price Index] per i servizi, negli Stati Uniti, sta già strisciando verso il 3pc ed il mercato del lavoro si sta fortemente restringendo.
La linea dell’inflazione, inoltre, si alzerà meccanicamente sia negli Stati Uniti che in Europa quando cesserà il crollo delle materie prime. Non passerà molto tempo prima di ritrovarci tutti quanti a parlare di ‘stagflazione secolare’.
E’ qui che sta il pericolo, nei 6.000 miliardi di debito pubblico globale ‘piazzato’ a tassi d’interesse sottozero e nei 17.000 miliardi sotto all’1pc. Il mercato obbligazionario è prezzato per la deflazione, per quanto lontano l’occhio possa vedere. Ma la deflazione è una storia di ieri.
Speriamo che la quiete prima della tempesta possa durare abbastanza a lungo per poterne godere. Il mondo non è preparato per l’inevitabile svolta, quando la Fed dovrà improvvisamente aumentare i tassi, con i Buoni del Tesoro USA di nuovo verso il 4pc. Anche i tassi dei Bund tedeschi saranno trascinati verso l’alto. Il costo globale del denaro salirà, anche se non sarà espresso in dollari.
Nessuno sa dov’è che si trova la ‘soglia del dolore’ in un sistema globale sfruttato come mai prima. I rapporti del debito pubblico e privato sono appollaiati sul record di tutti i tempi – il 265pc del Pil nei paesi dell’OCSE, ed il 185pc nei mercati emergenti. Il 35pc in più rispetto alla parte superiore della bolla del credito dei tempi pre-Lehman.
Ma questa è la horror-story del 2017.
Felice anno nuovo.
Ambrose Evans-Pritchard
Fonte: www.telegraph.co.uk
1.01.2016
Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da FRANCO