DI ANTONELLA RANDAZZO
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L’epiteto non è certo dei più eleganti, anzi, puzza di razzismo e di uno strisciante compatimento. Non è stato certo lusinghiero definire un presidente degli Stati Uniti, “negretto ignaro”. Queste parole sono state dette dal ministro delle Relazioni estere dei golpisti honduregni Enrique Ortez, secondo cui il presidente statunitense Barack Obama sarebbe ignaro o un “negretto che non sa nulla di nulla” (“es un negrito que no sabe nada de nada”).(1)
Sarebbe ignaro di cosa? Presumiamo di quello che fanno i banchieri e le grandi corporations in patria e all’estero. Ovvero quello che hanno sempre fatto: la guerra, i massacri, i colpi di Stato, i saccheggi, ecc.
In effetti, Obama sembra proprio ignaro quando dice “le stesse persone che si lamentavano delle interferenze Usa in America Latina oggi si lamentano perché non interferiamo abbastanza”.(2) Forse non ha capito bene la considerazione lapalissiana che dipende a favore di chi si interviene: se a favore del gruppo golpista e delle lobby che lo sostengono, come è sempre avvenuto, o a favore del popolo. L’intelligenza di Obama sembra scemare quando si tratta di far chiarezza su ciò che è davvero il sistema statunitense e su quello che veramente produce nel mondo.
Eppure in questi giorni ad Obama è stato dato il Nobel per la pace. Emergono alcune domande: se è premiato per la pace allora la guerra chi la sta facendo? Quali sono gli effettivi poteri di Obama? Egli, se lo volesse, potrebbe far cessare le guerre o cambiare il sistema attuale degli Usa così come ha promesso?
Ad esempio, il colpo di Stato in Honduras poteva essere impedito da Obama?
Dietro il colpo di Stato ci sono poteri che dominano da molto tempo. Poteri intenzionati ad indebolire l’Alternativa bolivariana per le Americhe (Alba). Quando l’Honduras è entrato a far parte dell’Alba, nell’agosto 2008, Zelaya voleva concludere un accordo commerciale con l’Avana per importare farmaci generici, al fine di ridurre i costi degli Ospedali pubblici. Inoltre, tutti i paesi dell’Alba volevano “rivedere la dottrina sulla proprietà industriale”, mettendo in pericolo profitti per la Big Pharma. Questi progetti hanno spinto la lobby delle società farmaceutiche (insieme ad altre lobby) ad appoggiare il golpe.(3)
Scrive Guillermo Almeyra, giornalista de “La Jornada”: “Il golpe civico-militare è stato accuratamente preparato nella base Usa di Soto Cano, alla presenza dell’ambasciatore degli Stati Uniti Llorens. Questi se n’è andato e si è portato dietro la famiglia, anche se sapeva del golpe in anticipo, per non sembrare troppo legato ai gorilla honduregni, che sono stati formati dagli Stati Uniti, i quali li conoscono dal tempo di John Dimitri Negroponte e dell’Irangate (vennero armati i paramilitari Contras in Nicaragua con armi passate dall’Honduras e pagate con la droga della Cia). Negroponte che è stato, oltre che capo diretto di Llorens, ex segretario nazionale di sicurezza di Bush, ex rappresentante Onu, ex vicere in Iraq, e che non è l’unico cospiratore di alto livello coinvolto in Honduras”.(4)
Nell’entourage del golpista Micheletti ci sono persone in passato legate all’amministrazione Usa. Uno è Lanny Davis, che ha partecipato attivamente alla campagna a favore di Hillary Clinton contro Obama, e che guarda caso è il referente del Consiglio honduregno delle Imprese private. Un altro è Bennet Ratcliff, braccio destro dell’ex presidente Clinton. Questi personaggi fanno capire che ci sono stretti legami fra l’establishment statunitense e il colpo di Stato.
E’ ovvio che questi fatti contrastano con l’immagine che Obama ha offerto agli elettori, che certo non può essere conciliata con un atto antidemocratico come un colpo di Stato. Fanno capire che anche Obama non può essere “immune dallo strapotere delle principali lobbies multinazionali”, e che il suo potere non è così esteso come è stato fatto credere durante la campagna elettorale. D’altronde, per farsi eleggere, Obama ha incassato molto denaro proveniente proprio da queste lobby (vedi http://www.paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=53).
Almayra dice chiaramente: “L’opinione che ‘Obama è un negretto che non sa nulla di nulla’ l’ha formulata il ministro delle Relazioni estere dei golpisti honduregni ma, anche se ancora non la esprimono apertamente, è condivisa da tutti i santi che i gorilla tengono nel paradiso dell’establishment Usa”.
Dunque, mentre Obama dice di ritenere la destituzione di Manuel Zelaya illegale e chiede che sia “ripristinato l’ordine costituzionale”, altri personaggi legati a figure attive nella sua stessa amministrazione non soltanto sostengono il golpe, ma organizzano l’assetto voluto dai poteri che lo hanno attuato.
Il golpe è stato condannato, oltre che dagli Usa, anche dall’Onu, dall’ Oas e dall’Unione Europea, ma chissà perché il popolo honduregno non è aiutato da queste istituzioni a riprendersi il presidente regolarmente eletto. In questo caso la regola di “esportare la democrazia” sembra non valere.
Obama è stato eletto per la sua immagine “pulita”, intesa come estranea alle molteplici azioni imperiali attuate dalle autorità Usa. Sembrava perfetto per impersonare il nuovo, e il suo colore di pelle faceva credere che non avesse la stessa mentalità di alcuni Wasp (White Anglo-Saxon Protestant, bianchi, anglosassoni e protestanti) che avevano avuto potere in passato, e per questo potesse rappresentare gli interessi dei più deboli, minoranze e oppressi.
Ma oggi la sua popolarità non è più quella dei primi mesi di presidenza. Sotto la sua presidenza sono stati versati trilioni a banche e grandi aziende. La povertà e la disoccupazione non sono state contrastate efficacemente. Negli Usa la disoccupazione aumenta, e aumenta anche il lavoro precario o mal retribuito. Almeno il 40% della popolazione è sprovvisto di assistenza sanitaria, e negli ultimi decenni il reddito dell’80% delle famiglie si è praticamente dimezzato. Soltanto l’1% della popolazione si è ulteriormente arricchito negli ultimi venti anni, e il divario fra ricchi e poveri si è allargato notevolmente.
Anche la tanto decantata riforma sanitaria non ha dato ancora gli effetti voluti. Obama voleva impedire alle assicurazioni di revocare le polizze nel caso in cui emergesse una malattia preesistente. Voleva proibire che la copertura venisse rifiutata a causa della storia medica di un individuo. Ma il potere tanto esaltato del presidente ha dovuto soccombere per l’intervento di migliaia di spot antiriforma mandati in onda nelle varie Tv locali dei luoghi in cui Obama andava a spiegare le sue ragioni. In sintesi, diversi medici furono assoldati per sostenere che la riforma sarebbe stata “inefficace e costosa”. Alla fine la commissione Finanze del Senato ha bocciato la proposta relativa ai cambiamenti nell’assicurazione pubblica. Obama sembra intenzionato ad andare avanti, notando che “siamo l’unica democrazia al mondo che non garantisce la copertura medica universale ai suoi cittadini”. Ma l’ultima parola dovrà essere del Congresso. Obama sembra convinto di poter controllare la spesa pubblica per la sanità, e di poter prevalere sulle lobby dell’industria medica, che sono abituate a spadroneggiare. Secondo alcune stime, le assicurazioni sanitarie avrebbero speso almeno 600 milioni di dollari, negli ultimi due anni, e 130 milioni quest’anno per influenzare le diverse commissioni del Congresso, facendo pressione affinché vengano inseriti emendamenti favorevoli alle assicurazioni.(5)
Dunque, di fatto il potere di Obama sarebbe molto limitato dal potere del Congresso e dal controllo mediatico del gruppo dominante. Egli talvolta appare come un personaggio di facciata, utile a riempire i media di argomenti inutili, come l’abito della moglie, il parente schiavista, ecc. Anche le riforme risultano limitate negli effetti e ostacolate, ma utili a riempire i giornali e i telegiornali, distogliendo l’attenzione da fatti ben più degni di nota. In questo modo i cittadini si illudono di essere informati e che il loro presidente sta facendo qualcosa per risolvere la “crisi”.
Occorre anche considerare che talvolta i discorsi di Obama sono infarciti di vecchia retorica e di propaganda, specie quando parla di “terrorismo” e di guerra in Iraq e in Afghanistan. Ad esempio dice erroneamente che in Afghanistan “Non andammo per scelta, ma per necessità”.(6)
Le truppe per l’intervento bellico in Afghanistan del 2001 furono organizzate per ripristinare la produzione di droga, che era precipitata in seguito agli accordi che i Talebani avevano stipulato con l’Onu nel 2000. Infatti, l’Onu aveva imposto il divieto di coltivazione del papavero. Con l’intervento degli Usa la produzione di droga, dall’1,4% (2001) della produzione mondiale, salì al 78% (2003). Raggiunse quasi i livelli record del 1999 (79%). Questo vuol dire che per il presidente statunitense incrementare la produzione di droga è “necessità”, oppure egli non conosce nemmeno le motivazioni delle guerre del paese di cui è presidente ( si veda http://www.disinformazione.it/distruzione_afghanistan.htm).
Senza contare poi le inesattezze che Obama dice quando parla dello Stato d’Israele e della situazione in Iraq, negando l’esistenza di una vera dissidenza. Egli con questi discorsi giustifica il livello altissimo di spese militari. Ha promesso pace ma tira in ballo discorsi per giustificare la guerra e aumenta le spese militari.
Fino a che punto Obama è cosciente che il vecchio assetto di potere non può permettergli di mantenere le promesse fatte agli elettori? Che poteri ha effettivamente il presidente statunitense?
Per produrre effetti evidenti, mantenendo le promesse fatte, Obama dovrebbe abolire non poche leggi, in primis quella che riconosce alla Federal Reserve il potere di emettere moneta e di incassare la cosiddetta “tassa sul reddito”. Queste leggi, peraltro, sono anticostituzionali. Per esempio, la legge che attribuisce il potere alla Fed di stampare le banconote è contraria all’articolo 1 della Costituzione degli Stati Uniti, che afferma: “Il Congresso dovrebbe aver il potere di coniare il denaro e regolarne il relativo valore”.
Il candidato alla Presidenza e membro del Congresso Ron Paul ha presentato per ben due volte il H.R. n° 2755 “Per abolire il Consiglio dei Governatori del Sistema della Federal Reserve e della Banca della Federal Reserve, per abrogare la Legge sulla Federal Reserve e per altri scopi”. L’abolizione sarebbe molto importante per riformare davvero il sistema, ma questa scelta dipende dal Congresso, e non da Obama.
Se Obama è una persona intelligente dovrebbe sapere come funziona la realtà economica e finanziaria del sistema attuale, e non può credere, come non lo crede nessuno, che il sistema possa cambiare da un giorno all’altro senza toccare le leggi fondamentali che danno potere al gruppo di banchieri e imprenditori di alto livello.
Dovremmo credere che egli sia ingenuo? Che pensi che la “crisi” non abbia nulla a che vedere con l’assetto economico-finanziario attuale? Dobbiamo credere che egli viva con la testa fra le nuvole e che quando fa grandi promesse di cambiamento si aspetti che soltanto le parole producano i cambiamenti attesi?
Per cambiare veramente Obama avrebbe bisogno di cambiare o abolire diverse leggi, specialmente quelle che riguardano i poteri della Federal Reserve e delle Corporations. Ma di fatto il presidente rappresenta il potere esecutivo ed è il Congresso che discute, abolisce o approva le leggi.
Il sistema statunitense, al contrario di quello che abbiamo sempre sentito dire a ritmo serrato dalla propaganda, non è un sistema democratico ma stegocratico (vedi http://antonellarandazzo.blogspot.com/2008/03/lipotesi-stegocratica-parte-prima-il.html
Link (Parte seconda): http://antonellarandazzo.blogspot.com/2008/03/lipotesi-stegocratica-parte-seconda.html). Si potrebbe anche definire oligarchico se si crede che le autorità ufficiali siano quelle che hanno un effettivo potere, anche se risulta spesso evidente la loro, che si creda vincolante o volontaria, subordinazione ai cosiddetti “poteri forti”.
Il sistema è congegnato in modo tale da far apparire le autorità come frutto di scelta dei cittadini, e il presidente come responsabile di tutto ciò che viene attuato politicamente in patria e all’estero. Fa parte della propaganda presentare ai cittadini come di fondamentale importanza il cambiamento del presidente o la figura autorevole dello stesso: di fatto egli non potrà modificare il sistema se non avrà almeno i due terzi del Congresso dalla sua parte e ciò risulta molto difficile per diversi motivi.
Certamente egli potrebbe scegliere per motivi di “emergenza” di stampare le proprie banconote senza pagare il signoraggio alla Fed, come fecero Lincoln e Kennedy, ma Obama sa bene che questi presidenti non morirono di vecchiaia.
Come molti sanno, Lincoln, in seguito allo scoppio della Guerra Civile, si trovò in difficoltà finanziarie e i banchieri gli offrirono un prestito col 24-36% di interesse. Egli capì che accettando quel prestito avrebbe accresciuto notevolmente il debito pubblico e rifiutò. Per risolvere il problema decise di far stampare banconote direttamente dal Tesoro degli Stati Uniti. Egli dichiarò: “Abbiamo dato al popolo di questa repubblica la più grande benedizione che abbia mai avuto – la loro propria moneta per pagare i loro debiti”. Furono stampati più di 400 milioni di dollari (senza interessi) con i quali furono pagati soldati e armi. Poco dopo l’emissione dei dollari di Stato, nel 1865, Lincoln fu ucciso. Tutti i presidenti americani che hanno cercato di ridare al paese la sovranità monetaria sarebbero stati uccisi. Kennedy, nel 1963, emise l’Ordine Esecutivo n.11110, e fece stampare oltre 4 miliardi di dollari che recavano la scritta “United States Note” anziché “Federal Reserve Note”, sottraendo alla Fed il diritto di signoraggio.(7) Pochi mesi dopo fu ucciso, e il suo successore, Lyndon Johnson, si affrettò a ritirare le banconote emesse dal governo. Non bisogna per forza avere una fervida fantasia per capire che persone abituate a pianificare guerre e massacri possano essere capaci di far uccidere chi minaccia di far perdere loro potere e privilegi. E non ci vuole molto a capire che queste persone faranno in modo che la responsabilità dei loro delitti ricada su qualcun altro e accuseranno chi vorrà fare chiarezza di essere un “teorico del complotto”, come se non vi fossero fatti concreti del loro potere (e crimini).
Far credere che tutto sia nelle mani del presidente risulta molto utile. Infatti, alla fine della presidenza di un personaggio, i cittadini vedono che molte cose promesse non sono state fatte e che altre sono state fatte in modo ben diverso da come si voleva. Dunque, ce ne sarebbe abbastanza per capire che il sistema è basato sull’inganno, ma molti saranno irretiti dall’idea che un nuovo presidente possa “aggiustare” le cose. Un presidente che, ovviamente, si presenterà come contrapposto rispetto al precedente, e farà credere di poter mantenere quello che l’altro non ha mantenuto. In tal modo il sistema andrà avanti: l’illusione è rinnovata grazie al potere della persuasione mediatica e politica.
Di fatto il potere del presidente è limitato. Il Potere legislativo è nelle mani del Congresso. Il Congresso ha moltissimi poteri: può pagare debiti, raccogliere imposte, occuparsi di problemi di difesa, prendere prestiti per conto della federazione, potrebbe battere moneta (ma non lo fa perché i candidati eletti sono scelti dai partiti finanziati dalle lobby della Fed), dichiarare guerra, ecc.
Per approvare un disegno di legge occorre la maggioranza assoluta (50%+1 dei presenti). Il Presidente ha potere di veto e può rifiutare di firmare la legge, ma il veto può essere superato approvando la legge con una maggioranza di due terzi in ciascuna camera.
Il presidente può inviare messaggi al Congresso, per sottoscrivere o promuovere iniziative legislative, ma poi tocca al Congresso considerare o meno questi “messaggi”.
Il Presidente effettua le nomine di circa 2.000 funzionari esecutivi (tra cui membri del Gabinetto ed ambasciatori), ma molte di queste nomine non passano se non c’è l’approvazione del Senato. Dunque il presidente è condizionato nelle scelte dal Senato, e non deve sorprendere che spesso in alcuni ruoli gravitano sempre gli stessi personaggi.
Si dice che il presidente può stipulare trattati e nominare gli ambasciatori e personale diplomatico, ma anche in questo caso deve avere il consenso del Senato. Dunque spesso non può nominare chi vuole veramente. Per la nomina dei giudici è la stessa cosa: ci deve essere l’approvazione del Senato. Il presidente assume il ruolo di comandante delle forze armate, ma le norme che regolano tale ruolo sono varate soltanto dal Congresso. Inoltre, il presidente può essere destituito mediante “impeachment” e questo significa che, qualora scoppiasse uno “scandalo” (anche per fatti privati, come avvenne nel caso di Clinton), il Congresso ha il potere di esautorare il presidente ma quest’ultimo non ha potere sciogliere le Camere o convocare elezioni anticipate. Anche quando la procedura di “impeachment” si conclude con un’assoluzione, la figura del presidente ne esce a pezzi. Clinton fu assolto, ma la sua vicenda certamente ha indebolito la sua figura e il suo prestigio, facendo capire quanto potere può avere il Congresso. In altre parole, basta scatenare una baraonda mediatica, anche su fatti personali (un tradimento negato può esser fatto passare per “spergiuro”) per screditare un’autorità e farle perdere consensi anche su questioni che sarebbero importanti e giuste.
Dunque, il presidente statunitense non si può muovere così liberamente come viene fatto credere. Esistono limiti secolari, che dipendono dal potere, altrettanto secolare, di alcune famiglie, le stesse che hanno creato il sistema politico, che è molto indicato alle loro esigenze, dato che appare come “democratico” ma può essere facilmente controllato da chi possiede molte potenzialità finanziarie e mediatiche, e non si tratta mai, ovviamente, dei semplici cittadini.
Ribaltiamo i concetti e chiediamoci: cosa si deve fare per esautorare il presidente nelle questioni più importanti, costringendolo a mantenere le cose come stanno? Basta avere il controllo sui due terzi del Congresso.
Cosa serve per controllare la maggior parte delle persone che entreranno a far parte del potere politico, giudiziario o presidenziale? Il sistema funziona attraverso la costruzione di immagini mediatiche e della propaganda pro o contro qualcuno. Chi possiede il controllo mediatico può creare immagini mediatiche e dunque personaggi di successo, che entreranno a far parte del gruppo di autorità “controllabili”. Questa è una cosa risaputa, quello su cui non si appunta abbastanza l’attenzione è il fenomeno del “controllo futuro dell’immagine”. Ovvero, chi riesce a ricoprire una carica importante, deve stare molto attento a non uscire dal recinto in cui il gruppo dominante gli ha concesso di stare. Altrimenti il rischio è la gogna mediatica, com’è accaduto ad esempio a Clinton quando aveva mostrato di voler ascoltare qualche utile suggerimento dell’economista Stiglitz. Com’è risaputo, su di lui si abbatterono diversi “scandali”, anche di natura molto privata.
Oggi non è detto che il gruppo stegocratico abbia bisogno di uccidere fisicamente un presidente qualora lui volesse realmente cambiare le cose. Si potrebbe costringere a desistere, attraverso vari metodi, oppure si può mettere sulla sua testa una spada di Damocle molto potente, data la concentrazione mediatica e le strategie sempre più sofisticate per affossare un personaggio pubblico.
Si può pensare che sia difficile controllare il Congresso, dato che è costituito da tante persone, o che non sia possibile creare un sistema che possa essere sempre favorevole agli interesse di pochi. Ma di fatto è quello che accade, e se analizziamo bene la situazione non appare così difficile se si pensa che è il denaro la base del potere, e che il sistema fa in modo che soltanto alcune persone ne abbiano davvero tanto.
I legami stretti fra gruppo di potere e membri del Congresso emergono spesso. Ad esempio, nel famoso caso Enron alcuni membri del Congresso si comportarono in modo da proteggere gli interessi di chi controllava la corporation piuttosto che dei cittadini.
Dal caso Enron emerse chiaro il problema fra ruolo delle autorità di proteggere i cittadini e complicità fra la politica e il sistema economico-finanziario.
Il 22 febbraio del 2002, il General Accounting Office (GAO – un’agenzia investigativa del Congresso), attraverso il suo rappresentante David Walzer, citò in giudizio presso la Corte distrettuale di Washington l’allora vicepresidente degli Stati Uniti Richard Cheney accusando il National Energy Policy Development Group, che aveva l’incarico, coordinato da Cheney, di stilare un piano nazionale sull’energia, di essere stato “troppo sensibile agli interessi di alcuni gruppi industriali”. In parole semplici, l’amministrazione aveva capito che alla Enron non poche cose erano perlomeno strane, ma avrebbe tenuto il segreto.
Come tutti sanno, la storia della Enron si concluse con il più grosso crack nella storia del mercato statunitense, lasciando non poche questioni da chiarire, non ultima quella relativa ai rapporti fra la società e molti personaggi dell’establishment politico, compreso il Presidente, il suo vice e numerosi esponenti del partito democratico. Risultò che ben 212 membri dei 248 delle commissioni del Congresso che si occuparono delle indagini sul caso Enron, ricevettero finanziamenti elettorali dalla società o dalla Arthur Andersen (revisore del bilancio della Enron).(8)
Qui non si vuole sostenere che i presidenti statunitensi non abbiano responsabilità e nemmeno che siano talmente ingenui da pensare che il sistema americano sia davvero democratico. In fin dei conti, non è mai diventato presidente un personaggio come Martin Luther King.
Si vuole soltanto osservare che i poteri attuali del presidente gli consentono di fare interventi limitati, tanto per dare un’illusione di cambiamento.
Ad ogni cambio di presidente, si “rinfresca la facciata” della falsa democrazia statunitense, curandosi di promuovere un presidente che accenda la fiducia nelle istituzioni. Infatti, il sistema, pur essendo una falsa democrazia, si erge sul consenso dei molti. Se la maggior parte dei cittadini si rifiutasse di accettarlo inevitabilmente cadrebbe. Per questo sono così importanti i mass media, che adeguatamente manipolati e controllati creano il consenso necessario. Alcuni non credono che tutto sia sempre nelle mani dei cittadini e che se non vengono rispettati i loro interessi è perché essi sono inconsapevoli del loro effettivo potere. Ma chiediamoci:
Cosa succederebbe se nessuno andasse a votare? Cosa succederebbe se tutti smettessero di guardare la televisione? Cosa succederebbe se tutti riuscissero a vedere nel gruppo di potere di Wall Street una confraternita criminale? Cosa succederebbe se tutti accettassero di organizzarsi per eleggere i propri rappresentanti politici autonomamente, senza accettare i candidati dei partiti? Cosa succederebbe se gli stessi cittadini decidessero le regole da rispettare nella campagna elettorale, eliminando la politica spettacolo e facendo prevalere i contenuti? Cosa succederebbe se i cittadini mantenessero la sovranità anche dopo le elezioni, potendo destituire immediatamente chi non ha mantenuto fede al suo programma elettorale? Cosa succederebbe se tutti i lavoratori rifiutassero di lavorare per salari miseri che non permettono la sopravvivenza? Cosa succederebbe se tutti si rifiutassero di acquistare i prodotti delle corporations criminali? Cosa succederebbe se nessuno accettasse più le banconote della Federal Reserve?
Queste sono soltanto alcune delle tante domande che si possono porre per riflettere sul fatto che il sistema attuale è creato e imposto da pochi in virtù del fatto che si fa credere ai molti che esso sia voluto da tutti e predisposto a proteggere gli interessi di tutti, ma non è così.
Delegare ad Obama il cambiamento non è stata una brillante idea. Egli di fatto non ha alcun potere di cambiare le leggi, e dunque non ha nemmeno alcun potere di abbattere il sistema. Forse ha voluto che i suoi elettori credessero che potesse farlo, ma possiamo vedere che non è così: nei mesi del suo governo si sono svolte regolarmente le stesse cose che da sempre l’oligarchia statunitense fa, ovvero guerre, colpi di Stato, inganni, saccheggi, ecc.
Obama, dopo aver ricevuto il Nobel ha detto “Sono onorato”. Ma molti sono rimasti assai perplessi, vedendo in questo gesto più una propaganda a favore dell’immagine pacifista promossa a partire dalla campagna elettorale che non un premio basato sui fatti. Qualcuno ha parlato di “Scelta assolutamente bizzarra”, considerato quanti attivisti nei movimenti di difesa per i diritti umani lavorano davvero per la pace. Altri hanno notato lo scarto fra l’immagine di Obama che si vuole promuovere e rafforzare e quella reale. Il giornalista di “Peacereporter” Enrico Piovesana fa un elenco di operazioni militari portate avanti sotto l’amministrazione di Obama. L’elenco non suggerisce in alcun modo questo presunto pacifismo, riportando operazioni in Somalia, Pakistan, Iraq, Afghanistan, Filippine, Georgia, Niger, ecc. Inoltre è stato fatto notare che Obama avrebbe rinnovato con Israele un accordo tacito stipulato nel 1969 da Richard Nixon e Golda Meir, che permette allo Stato sionista di tenere segreti i particolari sull’effettivo possesso di armi nucleari e di non firmare il trattato di non proliferazione nucleare (Tnp). Mentre il trattamento riservato all’Iran è ben diverso, essendo noto a tutti l’intento di impedire che possa avere armi nucleari. Due pesi due misure. Se questo è operare per la pace…
Insomma, l’uomo del “change” ad un’analisi accurata risulta essere l’uomo del “cover up”, ovvero del dissimulare, del nascondere ciò che sta realmente accadendo dietro un sorriso che stimola fiducia.
E di cose da nascondere ce ne sono parecchie, in primis gli stessi poteri limitati del presidente, che non possono impedire ai soliti noti di continuare a fomentare guerre e a mantenere molti popoli nella povertà.
Un vero “change” richiede l’impegno di tutti e un serio percorso di riforme, che non verranno dall’alto. Credere che possa derivare da un sorriso accattivante, da false promesse o da elogi e premi può risultare rassicurante ma pericolosamente ingenuo.
Antonella Randazzo
Fonte: http://lanuovaenergia.blogspot.com/
Link: http://lanuovaenergia.blogspot.com/2009/10/negretto-ignaro-da-premio-nobel.html
10.10.2009
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NOTE
1) http://www.jornada.unam.mx/2009/08/02/index.php?section=opinion&article=019a2pol
2) http://temi.repubblica.it/limes/in-honduras-il-cambio-di-obama-stenta-ad-arrivare/6290?h=2
3) “Mafias farmacéuticas”, http://www.rebelion.org
4) http://it.peacereporter.net/articolo/17084/Honduras%2C+il+golpe+senza+e+contro+Obama
5) http://www.avanti.it/index.php/tempo-reale/93-l-avanti-in-edicola/6868-obama-tra-deficit-federale-e-riforma-sanitaria-anthony-m-quattrone.html
6) Discorso di Obama all’Università del Cairo, giugno 2009.
7) Il Federal Reserve System detta Federal Reserve è la banca centrale degli Stati Uniti d’America, ma è controllata da banchieri privati, che hanno assunto il potere di emettere moneta e di “venderla” allo Stato grazie al Federal Reserve Act, approvato nel 1913.
8) “La Repubblica”, 25 gennaio 2002.
9) http://it.peacereporter.net/articolo/18275/Obama%2C+apparenza+e+realt%26agrave%3B