DI KUMI NAIDOO
aljazeera.com
Tutti i governi che partecipano al COP18 dovrebbero mettere “la gente ed il pianeta davanti agli inquinatori ed ai loro guadagni”.
Il 2012 è stato l’anno in cui il clima è cambiato. Non sto parlando di cose estreme come l’urgano Sandy, il ghiaccio del mare Artico che si scioglie o degli allagamenti a Venezia.
Sto parlando del clima nei corridoi del potere alla CIA (1), alla Banca Mondiale (2), all’Agenzia Internazionale dell’Energia (3) e in alcune delle più grandi compagnie di consulenza, come la PricewaterhouseCoopers (PwC) (4). Finalmente, negli uffici dei burocrati e degli uomini d’affari “conservatori” sono suonati gli allarmi.
Ciononostante, la conferenza delle Nazioni Unite sul clima di Doha (COP 18) (5) minaccia di essere un altro episodio di politica del rischio calcolato tra i cosiddetti Nord e Sud del mondo, i Paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo, che aspettano a vicenda che l’atro faccia l’occhiolino – e nessuno si assume la guida.
Intanto, fenomeni meteorologici estremi, lo scioglimento da record del ghiaccio artico e gli avvertimenti catastrofici da insoliti sospetti continuano ad accumularsi come i pezzi della Boardwalk dopo il “superuragano” Sandy.
COP18 arriva alla fine di un anno che ha visto gli impatti del cambiamento climatico colpire in tutto il mondo.
‘Destabilizzazione geopolitica’
Gli Stati Uniti hanno sofferto la loro peggiore siccità degli ultimo cinquant’anni e l’uragano Sandy ha ucciso almeno 250 persone nei Caraibi e negli Stati del Nord. Allagamenti da record hanno colpito Pechino, Manila e alcune zone del Regno Unito. Alluvioni letali nella zona russa del Mar Nero hanno causato almeno 171 vittime.
In India, la peggiore alluvione di monsoni del decennio ha colpito lo stato nord-orientale di Assam, uccidendo più di 80 persone e costringendone circa 2 milioni a lasciare le loro case. La siccità nel sahel ha minacciato la fame di milioni.
Si stima che il numero globale annuale di vittime del cambiamento climatico sia di almeno 150.000.
La CIA dichiara che il cambiamento climatico potrebbe portare ad una “destabilizzazione geopolitica”. La Banca Mondiale dichiara che “bisogna evitare” un mondo in cui le temperature aumentano di 4°C ed il suo presidente, Yong Kim, ha recentemente sottolineato: “Spero che questi dati ci dia la spinta per agire”.
Intanto, la PwC ha riportato che anche se dovessimo duplicare i nostri sforzi per intervenire sul cambiamento climatico il mondo sarebbe ancora suscettibile di un aumento delle temperature di 6° di media entro la fine del secolo.
Di certo, queste istituzioni hanno solo fatto il primo passo – abbiamo bisogno che agiscano, non che si limitino a fare dichiarazioni. La CIA deve dire al Congresso che la chiave per la sicurezza degli Stati Uniti non è fare a meno del petrolio estero: è fare a meno di tutto il petrolio, il più presto possibile.
La Banca Mondiale deve smettere di finanziare le centrali elettriche a carbone che aggravano i problemi dei suoi clienti e indirizzare la loro attenzione sugli investimenti in energia rinnovabile e sull’efficienza energetica.
L’AIE deve dire al mondo che la discussione non dovrebbe essere sul poterci permettere o meno di costruire mille nuovi impianti a carbone. Dovrebbe essere sul quanto rapidamente possiamo chiudere quelle che abbiamo già.
Di fronte a queste minacce alle case, alle comunità, alle economie ed ovviamente alle vite umane, a Doha i governi verranno messi alla prova per vedere se vogliono e possono agire per proteggere la loro gente.
Fermare la distruzione delle foreste
Si accorderanno per l’adozione di un secondo periodo di applicazione del Protocollo di Kyoto? Elimineranno il surplus di “aria calda” dell’allocazione delle emissioni? Fisseranno degli obiettivi ambiziosi per tagliare le emissioni prima del 2020 e stabilire un cammino per un accordo FAB [“Fair Ambitious and legally Binding” – ambizione giusta e legalmente vincolante, n.d.t.] nel 2015?
Il sistema finanziario verrà messo a disposizione per aiutare i Paesi in via di sviluppo ad adattare le loro economie all’energia pulita e per adattarsi a quegli impatti del cambiamento climatico che sono ormai inevitabili? Verrà stabilito un quadro che fornisca finanziamenti per la protezione forestale, che imponga obiettivi per fermare la deforestazione e che includa la salvaguardia della biodiversità e dei diritti delle popolazioni indigene?
Queste decisioni saranno le basi per gli anni a venire.
A Doha faremo il massimo progresso possibile – un accordo su un secondo periodo di applicazione del Protocollo di Kyoto e, se siamo fortunati, alcuni fondi per la protezione forestale.
Ad essere onesti, è più probabile che il COP18 sia un tentativo della società civile di far rivivere Copenaghen, facendo di nuovo appello a quell’accordo FAB di cui il mondo ha un disperato bisogno, mentre i delegati dei governi vagano nei corridoi con l’aria condizionata di un centro conferenze che echeggiano vane promesse.
Doha è già famosa per i negoziati senza prospettive. Un altro fallimento e sarà per sempre conosciuta come il posto dove gli accordi internazionali muoiono. Invece, quello di cui abbiamo bisogno è vedere un segnale, un segno di vita, per cui tutti i governi capiscano davvero quale sia la posta in gioco.
Dobbiamo vederli mettere le persone ed il pianeta di fronte agli inquinatori ed ai loro guadagni. Devono darci il segnale di essere pronti ad agire di conseguenza.
Kumi Naidoo è il Direttore Esecutivo di Greenpeace International. Twitter: @kuminaidoo
Fonte: www.aljazeera.com
Link: http://www.aljazeera.com/indepth/opinion/2012/11/201211286411370233.html
30.11.2012
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ROBERTA PAPALEO
NOTE
1) http://www.nap.edu/catalog.php?record_id=14682
2) http://www.worldbank.org/en/news/2012/11/18/new-report-examines-risks-of-degree-hotter-world-by-end-of-century
3) http://www.worldenergyoutlook.org/
4) http://www.pwc.com/gx/en/sustainability/publications/low-carbon-economy-index/index.jhtml
5) http://www.aljazeera.com/indepth/spotlight/dohacop18/