DI GIOVANNI CIPOLLONE
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Come è noto, recentemente è stato approvato all’unanimità dal Consiglio dei Ministri il disegno di legge proposto da Clemente Mastella, Ministro della Giustizia, in materia di discriminazione e reati contro l’umanità. Il provvedimento prescrive che venga penalmente punito fino a quattro anni di reclusione chiunque diffonda idee xenofobe o attinenti la superiorità razziale.
Punto originario di partenza, però, era stata la iniziativa di introdurre nel codice penale un reato specifico contro il negazionismo della “Shoah” e ciò, con particolare riferimento a coloro che negavano l’Olocausto e lo sterminio degli ebrei nei lager nazisti.
Infatti, il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad di recente, nell’auspicare la cancellazione dello Stato d’Israele dalle carte geografiche, aveva provocatoriamente dichiarato che “gli ebrei hanno inventato il mito di essere stati massacrati, ponendo tale mito sopra Dio, le religioni e i profeti”.
Il provvedimento, così come era stato in un primo momento formulato dal ministro Mastella, rischiava di porre un limite alla libertà di opinione, creando la prospettiva di imporre una unica e ufficiale verità storica, paradossalmente come accadeva nei regimi autoritari del secolo scorso che, in base a tale principio, avevano programmato e attuato lo sterminio di intere popolazioni.
A nessuno può sfuggire la necessità che il piano su cui bisognava impegnarsi, avrebbe dovuto essere piuttosto quello etico, educativo e culturale.
Diversamente argomentando, imporre mediante corrispondente normativa una presunta verità, comporterebbe la violazione della libertà di pensiero, subordinando quest’ultima alla volontà delle maggioranze politiche in un dato periodo storico.
Nella sfera dei diritti di libertà individuale, un posto preminente spetta alla libertà di pensiero e di manifestazione dello stesso.
Sono questi due diritti che l’uomo libero rivendica sia nei confronti degli altri, sia verso lo stato che deve evitare di interferire nella autonomia individuale.
E’ anzi lo Stato che ha l’obbligo di garantire tali libertà, evitando ogni ulteriore ingerenza, attraverso il meccanismo giuridico della sanzione.
Va ricordato che al sofista Proeresio il quale aveva rifiutato all’imperatore Giuliano di diventare il suo storiografo al fine di raccontare le sue imprese, come sanzione fu drasticamente vietato di continuare l’insegnamento ai suoi discepoli.
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Noi che abbiamo la ventura di sentirci uomini liberi e di poter esprimere ancora le nostre opinioni, aborriamo ogni ingiusta imposizione, eticamente e giuridicamente da riprovare.
Per la cronaca, il disegno di legge del ministro Clemente Mastella definitivamente approvato, consta di sei articoli e, non facendo riferimento al negazionismo della “Shoah”, ha per oggetto “i delitti di istigazione a commettere crimini contro l’umanità e la apologia dei crimini contro l’umanità”, al fine di combattere ogni forma di discriminazione, come ha precisato lo stesso ministro Mastella.
Il provvedimento prevede che venga punito con una pena sino a tre anni chiunque diffonda idee sulla superiorità razziale e una pena da sei mesi a quattro anni per chi commetta o inciti a commettere atti discriminatori per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o compiuti a causa del personale orientamento sessuale o dell’identità di genere.
E’ pacifico che la libertà di pensiero, tutelata dall’art. 21 della Costituzione, costituisce uno dei diritti inviolabili dell’uomo.
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Il pensiero è infatti attività incoercibile dello spirito, indipendente da esterne imposizioni. Lo schiavo Epitteto, poi emancipato, filosofo stoico vissuto nel II° secolo d.C., riteneva in forza del pensiero, di essere più libero di tanti uomini liberi.
Correlativamente, la libertà di giudizio sugli accadimenti umani non può essere compressa da condizionamenti esterni.
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D’altronde, il mero dissenso, sotto il profilo storico o politico su fatti o avvenimenti storici o addirittura il dubitare sulla effettività del loro svolgimento, rientra nella manifestazione di una opinione contraria o di una confutazione.
Non può disconoscersi, partendo “ex adversus” da una posizione opposta, che differente valore giuridico debba per esempio riconnettersi al reato di apologia del fascismo.
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La Corte Costituzionale a suo tempo stabilì, in merito all’art. 4 della Legge 20 giugno 1952 n. 645 (la cosiddetta Legge Scelba), che l’apologia non può consistere in una “difesa elogiativa” del partito fascista, bensì in una “esaltazione tale da poter condurre alla riorganizzazione del partito fascista” e, cioè, in una “istigazione a commettere un fatto rivolto alla riorganizzazione, a tal fine idoneo e efficiente”. Non è cioè sufficiente un semplice opinamento per integrare la fattispecie delittuosa, bensì è indispensabile una condotta illecita che abbia la valenza di sediziosità, caratterizzata da ribellione e ostilità nei confronti dello Stato e posta in essere per compromettere l’ordine costituzionale o l’ordine pubblico.
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Si consideri, in relazione al tema in esame che, in relazione all’art. 272 c.p. (“propaganda e apologia sovversiva o antinazionale”) che prevede la finalità del sovvertimento violento dell’ordinamento statuale o una attività di propaganda per la distruzione della società, la Corte Costituzionale con sentenza n. 87 del 6 luglio 1966 dichiarò illegittimo il II° comma del predetto articolo 272 c.p. laddove veniva punita “la propaganda fatta per distruggere o deprimere il sentimento nazionale”.
La legge, come il pensiero, è espressione di libertà ma entrambi non sempre sono in sintonia con “ethos”.
Avv. Giovanni Cipollone
Consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Roma
Fonte: http://21e33.blogspot.com/
Link: http://21e33.blogspot.com/2008/06/il-convegno-del-7-luglio-materiale-di.html
16.06.08