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DI FISHER

L’esperienza di un anno e mezzo di governo Prodi e l’atteggiamento tenuto in questo periodo dai due partiti rc e pdci

Questo documento vuole costituire una base di riflessione per tutti i compagni dei due partiti che – almeno ad oggi – hanno la falce-e-martello nel proprio simbolo e che hanno partecipato all’esperienza parlamentare votando ripetutamente la fiducia al governo Prodi. Vi si elencano fatti, ma anche considerazioni politiche, certo non tenere nei confronti delle due dirigenze dei due partiti. Tali considerazioni sono certamente discutibili, ma l’intento è di indirizzare la discussione sui fatti, perché da comunisti non possiamo che basarci sulla loro realtà e non su chiacchiere fatue.

1. Antefatti

1.1. La campagna elettorale e i brogli

Non si può parlare dell’esperienza Prodi se prima non si torna alla campagna elettorale e alle elezioni che segnarono la striminzita vittoria del centrosinistra.
La campagna fu come al solito molto aspra, caratterizzata però da alcuni veleni nuovi che Berlusconi in persona aveva pensato bene di inoculare prima del voto. In particolare, prima il sospetto che ci sarebbero stati estesi brogli elettorali e poi l’uscita finale nell’ultimo faccia-a-faccia con Prodi in cui promise l’eliminazione dell’ICI. Due cose che al momento sembrava non stessero né in cielo né in terra, ma che invece erano – come si vide poi – due bracci della stessa tenaglia per creare la base psicologica dietro cui mascherare i brogli che egli stava organizzando da almeno un anno[1] . La base psicologica era: primo, “ci saranno i brogli e li farà la sinistra” (chi decide di fare una marachella di nascosto, è meglio che cominci a gettare i sospetti subito su altri); secondo, “il motivo della mia spettacolare rimonta sta nella mia capacità comunicativa”. [2]Dall’altro lato la firma di un programma elettorale alquanto avanzato (almeno secondo certi canoni “miglioristi”) sembrava dare corpo alla possibilità di una stagione di riforme in seguito alla più che probabile vittoria del centrosinistra.
Che cosa successe la notte fatidica del lunedì delle elezioni?
Tutti noi abbiamo visto in diretta una “magia” di quelle che possono spiegarsi solo con l’abile regia di un prestigiatore occulto: la rimonta inarrestabile (?!?) del centrodestra a partire da posizioni che si sarebbero dette (e statisticamente lo erano) irrecuperabili (52,5% contro 46,5%). Ma a un certo punto, nel cuore della notte, il “miracolo”: l’afflusso si ferma per 48 minuti, la tendenza quindi riprende, ma meno impetuosa di prima, fino a planare su un quasi pareggio, che soprattutto al Senato lascia i due schieramenti quasi in parità.
Ci avvertirà successivamente Dalema che sì, si erano un po’ preoccupati, ma che alla fine hanno mandato il buon Minniti a sistemare la faccenda.
Bertinotti invece certificò subito che il voto era stato regolare.
Ora chiunque si sarebbe trovato in una situazione del genere, avendo – come hanno i politici di professione – il polso esatto del proprio elettorato, non poteva non approfittare di una situazione del genere per fare due cose: denunciare i brogli, impedendo la formazione del nuovo governo, e chiedere di andare subito a nuove elezioni politiche dopo l’elezione del nuovo Capo dello Stato [3] .
Le nuove elezioni – in cui Berlusconi sarebbe passato per un imbroglione di tre cotte, la destra si sarebbe trovata disorientata per la batosta subita e la sinistra galvanizzata per la vittoria ma inferocita per il furto patito – sarebbero state vinte a mani basse.
Invece?
Invece nulla. Anzi abbiamo assistito ad una campagna elettorale per le regionali in Sicilia rinunciataria. I dieci punti di vantaggio, che la Borsellino aveva un mese prima, si trasformano in una disfatta, onorevole, ma disfatta[4].
Chi ha denunciato per nome e cognome i giuda che hanno venduto prima l’Italia e poi la Sicilia? (Stesso scenario ad un anno di distanza alle elezioni comunali di Palermo, vittima Orlando.)
Su internet si scatena l’inferno. I brogli vengono smascherati in diretta in decine di blog [5] .
Di questa vicenda non si parla per più di sei mesi, fino all’uscita del DVD di Deaglio e Cremagnani [6], subito dopo la prima finanziaria del governo Prodi, che nel frattempo non aveva fatto una sola della leggi promesse per ripristinare la legalità in Italia dopo il quinquennio berlusconiano.

1.2. L’atteggiamento dei partiti di sinistra

In politica i tempi sono tutto.
Agitare la bandiera dei brogli subito dopo il fattaccio sarebbe stato un dovere morale per qualunque forza politica che appena appena si fosse definita democratica. Farlo prima della finanziaria sarebbe stato utile politicamente, perché si poteva ancora contare su una congrua maggioranza nel Paese.
Farlo dopo la prima finanziaria lacrime e sangue era semplicemente suicida, significava ritorcere il pericolo Berlusconi contro la sinistra, imponendo la minaccia: “avete visto chi abbiamo davanti? volete far tornare i golpisti?”. Certo, se non li combatti e dai loro il tempo per riorganizzarsi te li troverai ad ogni giro più forti di prima.
Questo è uno dei casi da manuale in cui fare la cosa giusta al momento sbagliato significa cambiarne completamente il senso politico. Attaccare sui brogli prima significava bonificare la democrazia italiana, farlo dopo significava attestarsi su una battaglia di posizione in cui in qualunque trincea ti trovi sei sempre dalla parte sbagliata.
Ed è quello che ha fatto il PdCI. Ancora oggi agitare la minaccia del berlusconismo come un vuoto ritornello, in cui l’alternativa è solo votare in Parlamento di tutto e di più, è il vero qualunquismo; cioè, nel bene non avere una benché minima strategia politica, nel male essere intenzionati esattamente a fare ciò.
Quanto a RC, il problema non si pone nemmeno: di brogli i seguaci del re dei pacifinti, di chi si è venduto il partito per il suo trono di terza categoria (la terza carica dello Stato), non ne hanno mai voluto parlare, né in sede nazionale, né locale.

2. La formazione del governo Prodi e la partecipazione di RC e PdCI

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E veniamo alla formazione del governo Prodi. Dopo una sceneggiata tra Dalema e Bertinotti, un mercato delle istituzioni che sarebbe stato indegno se fosse stato vero, ma che era solo ad usum populi, si forma il governo Prodi, record di ministri [7].

RC potrebbe ottenere almeno tre ministeri pesanti. Pensate cosa sarebbe stato il governo con Bertinotti ministro degli Esteri e Ferrero al Lavoro, anziché una fettina di ministero inutile creata proprio per lui (“tie’ bello gioca con questo”). Ed invece il Subcomandante vuole concludere la sua carriera politica in bellezza. Ora da marxisti dobbiamo sempre anteporre lo studio dei movimenti storici dei gruppi sociali alle azioni dei singoli, ma talvolta l’interesse di certi individui[8] può fluidificare un’azione di un gruppo di interesse socialmente determinato. Infatti, che RC restasse praticamente fuori dal governo, era certo interesse di Vaticano, USA e Confindustria, ma anche del ceto burocratico di quello stesso partito, che in tal modo non avrebbe dovuto sopportare l’onere di fare in prima persona strame dei lavoratori italiani, ma solo di assistere vigliaccamente a tale scempio.

Stesso comportamento, ovviamente in sedicesimi, per il PdCI; certo non possono aspirare alla terza carica dello Stato, né alla quarta, né alla quinta; ma mercanteggiano il capogruppo al Senato coi Verdi e acchiappano la presidenza della Commissione Lavoro della Camera, con l’utilità che abbiamo visto tutti recentemente (vedi par. 7.2). Va ai Trasporti uno che nella cosiddetta rosa dei proposti da Diliberto non ci doveva proprio stare, uno che è stato subito stigmatizzato dalla segreteria regionale del suo partito di riferimento come “alleato dei peggiori nemici del Partito in Calabria”, che successivamente ha celebrato il funerale di Alitalia e delle Ferrovie (vedi nota 22). Dei partecipanti alla pattuglia al governo, chi ha mai sentito parlare degli altri? Chi sono, che fanno, come caratterizzano da comunisti la loro presenza? Mi risponda chi può. Non un loro intervento è stato pubblicizzato sul sito del PdCI, un’azione che li distingua dagli altri.

3. La prima finanziaria

3.1. I primi mesi di governo Prodi

La prima finanziaria del governo Prodi attuata alla fine del 2006 è stato il primo atto politico positivo in cui si è riconosciuto il vero scopo di quel governo.

Fino ad allora il governo poteva essere giudicato solo per le cose che non aveva fatto: la legge sul conflitto di interessi, sulla sicurezza sul lavoro, sul precariato, sulle leggi ad personam, sulla scuola, sulla Rai, per l’abolizione dei CPT e della Bossi-Fini, per l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sul G8 di Genova… Inoltre non si ostacolava l’entrata in vigore della riforma Castelli (o si modificavano dettagli insignificanti) che aveva provocato una fierissima levata di scudi da parte dei settori più indipendenti (non necessariamente di sinistra) della magistratura[9].
Ma la somma vergogna di cui si copriva il governo in tema di giustizia doveva ancora venire: l’indulto, un provvedimento mirato a far uscire dalla galera gli amici degli amici, a depotenziare l’azione legale contro i crimini sul lavoro: RC ha votato a favore e il PdCI contro[10].

Il resto è un diluvio di iniquità. Il famoso “cacciavite” di Beppe Fioroni, che doveva smontare la riforma Moratti, in realtà quella riforma l’ha messa a posto un po’ meglio a favore delle scuole private, mentre sul fronte dello stato giuridico dei precari universitari non si muove nulla.
Nulla si muove neanche sul fronte della lotta al precariato nelle aziende private ed al famoso “superamento” delle leggi-caporalato (Legge 30, Treu, Maroni) [11].
Su diritti civili, PACS, DICO, staminali, stendiamo un velo pietoso…
3.2. La manovra finanziaria dal alto delle entrate

E queste sono riforme che non avevano un impatto finanziario. Andiamo ora alla finanziaria 2007.
È stata la finanziaria più a favore dei padroni degli ultimi decenni.

Mentre le finanziarie di Berlusconi, manomettendo le curve dell’IRPEF, avevano trasferito ingenti risorse dai ceti bassi a quelli medi, questa volta i ceti bassissimi vengono lasciati ancora nell’indigenza, mentre quelli medio-bassi e medi vengono tassati come non mai.
I più consistenti “risparmi” sono ancora a spese della scuola pubblica: riduzione dei finanziamenti alle scuole statali ed incremento di quelli morattiani già spropositati per le scuole private. Riduzione della dotazione ordinaria del 10% annuo sulle spese correnti a Enti di ricerca e Università, mentre le Università scandalo[12] sono state rifinanziate in toto, depauperando ulteriormente l’università statale. Ricordo en passant che educazione e ricerca erano i primi punti del programma di Prodi. Sui precari della scuola e dell’università si prevede di mettere a concorso un numero di posti inferiori a quanto fatto dal precedente governo e comunque largamente inferiore al naturale turn over. Comunque tali concorsi sono subordinati al raggiungimento di obiettivi di “risanamento” che saranno a posteriori valutati dal Ministero. Stessa trappola per la Pubblica amministrazione. Si sbandiera la “possibilità” di stabilizzare i precari, ma non si mettono delle poste di bilancio sicure per il finanziamento e comunque di subordina l’attuazione al cosiddetto patto di stabilità, ossia se riesci a risparmiare soldi a spese dei lavoratori allo puoi distribuire una parte con la stabilizzazione.

Una riforma tanto sbandierata (che poi non è stata attuata neanche nella successiva finanziaria) riguarda l’unificazione della tassazione sui rendite [13].

Per il resto è un tripudio di provvedimenti pasticciati che vengono proposti e poi ritirati: supertassa sui superalcolici, sui SUV, … sembra che peschino a caso nel vocabolario.

Resta invece la vergogna dell’esenzione ICI, non per i piccoli proprietari, ma per le istituzioni ecclesiastiche: basta un’immaginetta “sacra” perché un hotel o un ristorante, appartenenti ad enti religiosi, non paghi, facendosi passare per un’attività anche solo parzialmente a carattere religioso.

3.2. La manovra finanziaria dal alto delle uscite

Questo dal lato delle entrate. Dal lato delle uscite le ingiustizie non sono da meno.

Il tanto celebrato cuneo fiscale che fine ha fatto? Dal 50% ai padroni e 50% ai lavoratori promesso in campagna elettorale, si è subito passati a 2/3 ai padroni e 1/3 ai lavoratori. Ma non finisce qui. Mentre si era promesso che si sarebbe dato ai padroni per finanziare la ricerca e l’incremento di produttività (vera causa del tragico arretramento del nostro Paese), il contributo viene dato a pioggia; non vengono privilegiate le aziende che reinvestono gli utili nell’azienda, ma solo coloro che assumono a tempo indeterminato: una vera e propria truffa per i lavoratori, perché un proprio diritto, quello al lavoro stabile e sicuro, viene sbandierato come una concessione; inoltre non vi sono come al solito limiti cui si subordina la concessione del contributo. Ancora più disgustoso è stato l’utilizzo che si è fatto del terzo del cuneo fiscale, quello destinato ai lavoratori: esso è stato in realtà usato per alzare i contributi familiari, quindi non dato solo ai lavoratori dipendenti, ma a tutti i contribuenti (dipendenti e non, poveri ed evasori)[14]. Una della tante truffe!

In tutto questo comincia ad affluire nelle casse dello stato una ingente massa di denaro dovuta all’incremento di entrate fiscali dirette e soprattutto indirette[15]. Ma questo primo “tesoretto” veniva destinato esclusivamente al “risanamento”, cioè alla riduzione del debito pubblico, nonostante fior di economisti[16] criticassero tale scelta con argomenti quantitativi e qualitativi ineccepibili, chiedendo a gran voce invece una politica di rilancio dell’economia dal lato della domanda: il tetragono amico degli gnomi europei, il dipendente delle banche europee, TPS non sente ragioni: risanamento dev’essere e risanamento sarà.

E veniamo ai capitoli più dolenti: le spese militari.

Berlusconi, nonostante si fosse imbarcato insieme alla coalizione filo USA nell’avventura irachena, in realtà aveva diminuito le spese militari come insieme globale: aveva aumentato le spese per il personale, per finanziare le avventure colonialiste con una manciata di lanzichenecchi, ma aveva diminuito le spese per rinnovo e manutenzione delle attrezzature. Del resto fa parte del suo stile: fare le cose in grande con quattro soldi, ai guasti ci penserà chi viene dopo.

Questi invece che cosa fanno? Un incremento delle spese militari mai visto prima: chi parla del 13% pecca per difetto. Infatti spese ingentissime, come il miliardo di euro per la semplice partecipazione al programma americano del nuovo caccia militare invisibile F-35 Starfighter [17], non gravano sul bilancio del Ministero della Difesa del pacifico Parisi, ma su quello dell’Economia, perché qui stiamo parlando di affari, non di guerra[18].

Le altre voci che hanno un notevole incremento sono le spese per gli stipendi dei militari e degli agenti di polizia. Si badi bene, non i maestri elementari, non gli infermieri, non le attrezzature della magistratura inquirente, non le attrezzature scientifiche di scuole e università statali, che invece sono tutte voci che non riescono a stare al passo all’incremento del costo della vita o vengono espressamente decurtate: solo gli stipendi di polizia e carabinieri e dei militari!
E veniamo all’altra grande voragine di spesa, le Grandi Opere Pubbliche. Dobbiamo scriverlo tutto maiuscolo per rispetto alla faraonicità dei progetti. Unico punto positivo: si chiude il capitolo Ponte di Messina, ma se ne aprono tanti altri. Berlusconi aveva inaugurato un sacco di cantieri, ma in fondo ne aveva finanziato ben pochi; unica opera alla fine terminata era stata l’autostrada Palermo-Messina, ma con una strascico di polemiche sull’anticipo dell’inaugurazione da lasciare sbigottiti, il tipo una cosa senza lasciare puzza non la sa proprio fare!

Ma veniamo ai nostri. Un fiume di denaro sulle opere non solo dannose e inutili, ma fatte proprio la volontà dei cittadini che si organizzano per contrastarle. Andiamo per ordine.
La più ingente è la continuazione dell’opera che scempierà la Laguna di Venezia una volta per tutte, il MOSE [19]. Di Pietro in Parlamento ha detto: “abbiamo già speso un terzo dei soldi necessari, sarebbe un peccato non spendere il resto per finire l’opera”. Come dire: perché risparmiare i due terzi di una montagna di euro da seppellire sott’acqua?[20]

L’altra opera imponente è la TAV [21]. Ma lì le amministrazioni locali Regione e comune di Torino sono largamente coinvolte, si parla di 15 miliardi di euro in 20 anni. E chi ci rinuncia? Il contributo europeo che noi abbiamo chiesto per l’opera, ma che potrebbe essere chiesto per qualunque altra opera strategica (autostrada calabrese, doppio binario siciliano, rete viaria veneta, mezzi pubblici di tutte le grandi città?) è solo di circa il 10%. Le popolazioni locali sono state trattate col manganello da Berlusconi e sodali, ma l’atteggiamento del nuovo governo non è da meno: ad oggi si sa solo che la decisione (quale?) è stata presa e basta. Domanda: ma il corridoio 5, Lisbona-Kiev, perché non ve lo andate a fare da un’altra parte, anziché passare da casa nostra e per di più coi nostri soldi?

Resta da dire ancora dell’enorme fiume di denaro che viene immesso nelle Ferrovie per il resto dell’Alta Velocità, ma non certo per i treni dei pendolari.[22]

3.3. L’atteggiamento dei due partiti di sinistra

Qual è stato l’atteggiamento ed il giudizio di RC e PdCI rispetto alla manovra finanziaria?
Tante cose un militante comunista può digerire, ma quello che la dirigenza non deve mai fare – ma che per troppe volte il movimento operaio ha subito – è dire le bugie, mistificare la realtà.

Se si fosse detto: “questa finanziaria fa proprio schifo, è peggio di quella di Berlusconi, ma ci hanno messo nel sacco, abbiamo sbagliato strategia e ora dobbiamo fare buon viso a cattiva sorte, scusate”, credo che tutti i militanti avrebbero capito. No, una roba del genere non si può neanche dire e allora si cerca di salvare una strategia fallimentare con una tattica “astuta”; e cosa c’è di più astuto che mentire, trasformandosi in megafoni dei padroni?

Il giudizio sulla finanziaria per i lavoratori quindi è non “lacrime e sangue”, ma “luci e ombre”.
Di grazia, dove stanno le “luci”?

La somma vergogna la raggiunge in questo caso il PdCI con un manifesto che annuncia “350.000 assunti nella Pubblica Amministrazione”. A parte che era solo una possibilità, manca totalmente la copertura finanziaria[23].

Non ci sono neanche i soldi per il rinnovo dei contratti scaduti da anni come quello della Pubblica Amministrazione e degli insegnanti[24]. Il fine è lo stesso perseguito dai governi precedenti: portare allo sbando tutto ciò che è pubblico in modo da rivenderlo poi a spezzatino ai privati.

4. La politica estera e le basi americane in Italia

4.1. La politica estera del governo Prodi

Berlusconi, dopo averci portato prima in Afghanistan e poi in Iraq, aveva promesso di ritirarsi da quest’ultima regione entro l’anno, invece Prodi fa di meglio: ce ne andiamo prima dell’inverno, dal 31 dicembre al 23 dicembre, otto giorni di anticipo[25] ! In Afghanistan invece le cose vanno ancora peggio. Prima le “nostre” (ma di chi?) truppe erano sotto il formale comando ONU, ora la catena di comando è sotto le insegne della NATO, quindi la stessa parvenza internazionale è completamente sfumata, siamo occupanti a tutti gli effetti. Il fatto che tanti altri Paesi facciano lo stesso è magra consolazione. Dalema si sbraccia a difendere il multilateralismo, come se uno stupro perpetrato da un gruppo fosse meno esecrabile di uno perpetrato da un singolo.

In Medio Oriente siamo stretti alleati di Israele, facciamo manovre militari insieme, contribuiamo allo strangolamento di Gaza, che poverina ha “sbagliato a votare”.

Poi ad agosto la vile aggressione di Israele in Libano, l’eroica lotta del popolo libanese che ricaccia indietro l’invasore sionista, umiliandolo sul piano su cui si ritiene imbattibile, quello militare. Fino a quando Israele avanza tutto il mondo sta a guardare, quando la vittima si ribella e prende il sopravvento, allora ci si sveglia, “e no, così non va, non doveva finire così, non facciamo che questi continuano”[26]. Allora cosa si fa? Una bella conferenza di pace. Dalema fa una bella passeggiatina tra le rovine libanesi (nessuno scandalo, prego, Condolcezza Rice ha fatto lo stesso) e cosa ne esce? Una “conferenza” e un corpo di spedizione “di pace” italiano in Libano, la cui guida contendiamo ai Francesi che un po’ si incazzano (come ai tempi di Bartali), ma la spuntiamo: un bel corpo coloniale a guida italiana, spese alle stelle. Si dice “ma siamo sotto bandiera ONU, proteggiamo il confine contro una nuova aggressione israeliana, la resistenza libanese ci ha accolto bene…”. A parte che non si è mai vista un’interposizione che sta tutta entro il terreno dell’aggredito, oggi la bandiera ONU è garanzia di misfatti inenarrabili (vogliamo ricordare che cosa ha fatto e continua a fare l’ONU in Ruanda, in Jugoslavia, in Afghanistan?), vedremo cosa succederà delle nostre truppe appena Israele deciderà di attaccare di nuovo. Quanto alla resistenza libanese ci hanno subito fatto sapere che, se eravamo lì per sequestrare le loro armi, ce n’era pure per noi. Ma come si fa a dire che si è “equivicini” rispetto a Israele e i Palestinesi, quando Prodi e Napolitano si sbracciano per riconoscere e difendere il carattere “ebraico”[27], cioè razzista, dello Stato di Israele.

4.2. L’atteggiamento di RC e PdCI

“La politica estera è la faccia più presentabile di questo governo”, dice Diliberto. Quanto a Bertinotti, gli basta sfidare con la sua spilletta della pace alla parata delle orde dei nostri mercenari.
In politica estera RC ha addirittura rigurgiti apertamente filo imperialisti in certi articoli anticubani, che non sfigurerebbero sulle pagine di Libero, mentre più dignitoso è stato fino ad un certo punto l’atteggiamento del PdCI; per questo parleremo solo di questo Partito, dell’altro è come sparare sulla Croce Rossa.

Il PdCI ha una attività internazionalista molto vivace, sostiene la battaglia di Cuba contro l’embargo e per la liberazione dei Cinque martiri detenuti nelle galere USA, sostiene la battaglia antimperialista di Chavez, riconosce come interlocutori Hamas e Hezbollah, ha intensi rapporti coi Partiti comunisti europei, nel Parlamento europeo non si piega alle derive reazionarie ma si batte contro la razzista derussificazione forzata delle Repubbliche baltiche. Ma al momento di prendere un atteggiamento coerente in Medio Oriente, il punto cruciale della politica estera italiana, si ha una deriva ingiustificabile. Cosa fa il responsabile esteri del PdCI, Venier? Dapprima va in Libano a salutare i “nostri ragazzi”[28], in puro stile Violante, e poi continua a difendere l’ormai trita storia dei “Due Popoli, Due Stati”[29]. Quindi, quando si passa ai fatti, tutti in riga…

“Con Berlusconi il governo scattava in piedi e diceva signorsì ad ogni comando di quello USA”, dice Diliberto; col governo Prodi non abbiamo bisogno neanche che ci diano i comandi, li preveniamo, tanto siamo bravi!

4.3. La base di Vicenza

Parlare della vicenda Vicenza è davvero troppo umiliante per un comunista.

Si sarebbe tentati di saltare a pie’ pari il paragrafo, lasciando una pagina bianca di vergogna.
Ma, facciamoci coraggio e scendiamo nell’abisso dell’infamia.

Quello che hanno fatto e detto Prodi, Dalema, Napolitano, lo sappiamo tutti.

È anche sotto gli occhi di tutti il coraggioso atteggiamento della popolazione vicentina: indomito!
E veniamo ai “nostri”.

17 febbraio. Grande manifestazione a Vicenza. I due partiti scendono in massa. Le promesse di sprecano.

Subito dopo scatta la trappola di Dalema al Senato. Si è costretti a votare un ordine del giorno sulla politica estera senza che ce ne sia alcun motivo: si desidera solo mettere in riga i riottosi. Due senatori coraggiosamente si oppongono a questa trappola e vengono investiti da un fuoco di fila indegno. Il governo, che – attenzione! – non aveva posto la fiducia, va sotto non per colpa dei due, ma per tre senatori a vita. E si scatena l’inferno mediatico.

Risultato: l’incontro di Caserta e il dodecalogo di Prodi. Si straccia il programma sottoscritto con gli elettori e se ne fa uno nuovo a base di rigassificatori, TAV, basi militari, e soprattutto di silenzio imposto alla maggioranza: “d’ora in poi parla solo Sircana”.

RC è tramortita, invece l’inossidabile Diliberto se ne esce dicendo che è “molto soddisfatto del risultato”. Quale, di grazia? Il bavaglio, la base di Vicenza?

“No, il fatto che il governo continua a vivere”. Ce ne siamo accorti tutti, ma il punto è: in che è consistito l’apporto politico della presenza dei due partiti? C’eravamo o no cosa cambiava?
“Che se non ci fossimo stati il governo sarebbe caduto ed il prossimo sarebbe stato peggio.”
Peggio di questo?

Ma il bello (o il brutto) deve ancora venire.

Roma, 9 giugno, visita di Bush. Tutta la galassia di sinistra si mobilita per accogliere il boia al grido “No a Bush, no ai suoi servi”. Ma Prodi non si deve attaccare e cosa studiano i nostri affabili amici di Prodi? Un concerto! Non si fa una manifestazione che gridi a tutto il mondo che l’Italia è contro la guerra, come impone la sua Costituzione repubblicana. No, si fa un concerto “che gliele suoni e gliele canti”. Peccato che il movimento non abbocca! Risultato: 100mila a 300. In piazza ci sono 100 mila persone, ma non c’è una bandiera dei due partiti (non i dirigenti, ma i militanti ovviamente sì, altrimenti da dove vengono tutte quelle persone?) e a Piazza del Popolo ci sono 300 funzionari smarriti e spauriti per la magra figura. Ancora una volta, RC per bocca di Giordano tenta una tardiva autocritica, mentre Diliberto si lancia in un rancoroso attacco ai COBAS, dicendo che questi non rappresentano il movimento. Troppa grazia, segretario, magari i COBAS da soli riuscissero a portare 100 mila persone in piazza! In verità lì c’erano anche e soprattutto i militanti del tuo partito che non ne può più di chiacchiere in libertà.

Vicenza, 15 dicembre, manifestazione contro la base. 50 mila in piazza a sfidare il freddo. RC e PdCI: assenti ingiustificati. Che risposta avevano dato la settimana prima agli Stati Generali della Sinistra? Ma questo lo vedremo più avanti.

5. I movimenti contro il saccheggio dei beni comuni

Riprendiamo il filo del discorso e torniamo a cose serie, anziché i balletti in tutu.
Una dei punti caratterizzanti questo governo è un attacco inaudito alle condizioni di vita dei lavoratori, e questo l’abbiamo visto prima e durante la prima finanziaria. Ma è tutto il Paese ad essere investito da una ventata reazionaria di proporzioni colossali, attraverso l’attacco ai beni comuni, cioè a quelle cose la cui difesa non dovrebbe essere patrimonio solo della cd sinistra.
Di TAV e MOSE abbiamo parlato, ma l’elenco continua ed è lungo.

5.1. Privatizzazioni

La vicenda Fincantieri [30] è sintomatica della ripresa di una politica di privatizzazioni che sotto Berlusconi si era momentaneamente arrestata, forse perché non si riuscivano a mettere d’accordo. Il balbettio di Gianni, viceministro dell’economia di RC, su questo tema è umiliante per lui e per ci ha avuto la disgrazia di ascoltarlo di presenza.

Ancora privatizzazioni: l’acqua. Nonostante imponenti manifestazioni, raccolta firme, proteste generalizzate, continua l’opera nefasta di privatizzazione delle reti idriche [31] .

Della farsa delle scalate alle banche, delle commistioni UNIPOL, DS, governo, delle intercettazioni che farebbero cadere la faccia al più incallito e scafato dei vecchi democristiani, non ne parliamo neanche; lì davvero siamo oltre la barriera del ridicolo.

5.2. Energia, rigassificatori e inceneritori

A che pensa il governo Prodi in tema energetico? “La finanziaria più verde della storia” (Pecoraro) è fatta di norme per il risparmio energetico inapplicate, agevolazioni sull’istallazione di pannelli solari impraticabili per le famiglie (tassi di ammortamento decennali), ma soprattutto ancora una volta il rinnovo del sussidio [32] per la costruzione degli inceneritori, macchine di morte che, anziché eliminare l’immondizia, la trasformano in residui pericolosi. Si dice che valga solo per quelli già operativi, ma è falso, perché vengo finanziati anche quelli anche solo in fase di realizzazione, come i quattro mega-inceneritori siciliani. E poi perché non dovrebbero essere penalizzati gli interessi industriali al posto della salute pubblica? La vicenda dell’Emilia-Romagna è emblematica: lì l’Ordine dei Medici regionale, in vista della costruzione del terzo inceneritore di Ferrara, chiede una moratoria a causa dell’incremento abnorme di tumori e di decessi, che – come ormai dimostrato – caratterizza la vicinanza a questi impianti. Bersani, il Signore del luogo, cosa fa? Li minaccia di far intervenire i propri Pari, Livia Turco e Mastella, per perseguirli per procurato allarme [33]. “Attenzione, siamo in democrazia, quindi puoi parlare quanto vuoi, fin quando non ti ascolta nessuno; ma se appena appena hai un minimo di peso, sta’ attento a te, perché ti faccio fuori”. Gli zar avevano un concetto di Stato di diritto un po’ più moderno, soprattutto Ivan il Terribile lottò a lungo contro i Boiardi che si erano addentati pezzi di potere; ma questi qui non li schioda proprio nessuno.
Negli ultimi giorni nella vicenda campana hanno finalmente gettato la maschera: dopo anni che si lavora per creare le condizioni del disastro [34], finalmente è arrivata la risposta del governo: De Gennaro, il macellaio messicano del G8 di Genova.
Per il resto la politica energetica di questo governo ha visto un contratto firmato dall’ENI con la Gasprom [35] e la previsione di finanziare 13 rigassificatori lungo tutta la Penisola, praticamente un quarto di tutti gli quelli esistenti nel mondo [36].
5.3. La rete di mutuo soccorso dei beni comuni

Degli altri movimenti antagonisti (No-triv, ecc.) non ne parliamo, non perché non siano importanti, ma solo per brevità. Resta il fatto che l’unica base antagonista alla politica di questo governo e sei suoi sostenitori, oltre al sindacalismo di base, è proprio costituita dalla vasta rete di realtà locali che stanno intralciando seriamente (questi sì) l’attività demolitrice dei beni comuni.
È dall’atteggiamento che qualunque forza politica ha nei confronti di essi che si misura la coerenza della lotta anticapitalistica e non dalle chiacchiere da salotto televisivo.

6. La grande manifestazione del 20 ottobre e gli Stati generali dell’8-9 dicembre

Un capitolo a parte merita la manifestazione del 20 ottobre, promossa ufficialmente dai due giornali fiancheggiatori dei due partiti, manifesto e Liberazione. Dopo le delusioni patite nelle piazze di tutta Italia, ci voleva una bella carica di energia per corroborare le due dirigenze un po’ suonate. Troppa grazia Sant’Antonio: un milione di persone a Roma!
Ebbene, che ci avete fatto con una manifestazione di tale portata?
Venite ancora dileggiati in Parlamento da Dini & Co. O è di nuovo colpa di Turigliatto?
E poi gli Stati Generali. Che tristezza! Una sfilata di burocrati impauriti solo di perdere le poltrone, che subiscono come un fastidio l’invasione pacifica dei No-DalMolin; infatti a distanza di una settimana non avranno la faccia, nessuno, di farsi vedere a Vicenza. L’anno prima avevano fatto la loro passerella ipocrita, pronti a vendersi la settimana successiva. Quest’anno hanno capito che non era aria e se ne sono stati a casa al caldo.

7. La CGIL e la democrazia sindacale, la truffa del TFR e del referendum

Questo è un primo bilancio dell’attività del governo nel primo anno e mezzo di vita e dei suoi sostenitori.
Ma l’esame non sarebbe completo se non parlassimo della CGIL, l’altro grande braccio della tenaglia, insieme al PD, che sta stritolando i lavoratori e i cittadini italiani, mentre qualcun altro cerca di tenerli fermi per farli massacrare.
Parliamo di questo sindacato, perché più degli altri due concertativi – CISL e UIL – ha la responsabilità di quanto viene perpetrato ai danni dei lavoratori, non solo per la sua storia passata, non solo perché più degli esposta a minoranze interne molto combattive (FIOM come esempio su tutti), ma perché è davvero la punta di diamante della conversione in sindacato “giallo”. Si potrebbe partire con l’atteggiamento che i dirigenti sindacali hanno nei confronti dei sindacati di base [37]. Compagni dei COBAS sono stati fermati dalle forze dell’ordine perché manifestavano attraverso un civilissimo sciopero della fame davanti a Palazzo Chigi; roba da far vergognare persino Nicola II, che almeno faceva caricare i manifestanti solo quando erano davvero tanti davanti la sua reggia.

7.1. La truffa del TFR

La somma vergogna per questi sindacati si è avuta nella prima metà di quest’anno, quando si sono trasformati in promoter finanziari, pubblicizzando la truffa del secolo, invitando i lavoratori a mettere la propria liquidazione nel fondi pensione gestiti da loro e dai loro amici. Come si fa a invitare la gente a giocarsi la liquidazione in borsa [38] ?
Qual è stato l’atteggiamento di RC e PdCI? Complici!
In RC non una voce si è levata dalla dirigenza almeno per mettere in guardia i lavoratori; il PdCI (eccezione Rizzo) ha addirittura distribuito col suo settimanale un opuscoletto marchiato CGIL in cui, con abili mistificazioni e qualche numeretto fasullo, si invitavano i lavoratori a suicidarsi. Che pena! Quanto avrà preso per quel servizietto la redazione di Rinascita?

7.2. Il protocollo sul welfare e la truffa del referendum sindacale

Un altro apice di iniquità la CGIL e accoliti lo raggiungono con la firma del protocollo sul welfare [39]. Di eliminazione delle forme più odiose di precariato, come previsto dal programma elettorale, non se ne parla neanche. Vengono aumentati i contributi per i precari, ma ben inteso a spese loro, non certo del padronato. Insomma una macelleria messicana.
Il tutto viene blindato con una burla di referendum sindacale, che quanto a trasparenza avrebbe fatto accapponare la pelle a Pietro il Grande. Nelle grandi aziende dove si vota con nome e cognome il risultato propende, spesso fortemente, per il No al protocollo, mentre in tutti quei seggi dove non è possibile controllare alcunché si arriva a quote per il Sì che definire putiniane offenderebbe quel degno erede degli zar. A Catania, dicono, hanno votato il doppio delle persone che a Torino.
Uno solo ha il coraggio di denunciare con nome e cognome la pulcinellata, ancora una volta Marco Rizzo; ma subito Diliberto corre ai ripari, “noi vogliamo bene alla CGIL e desideriamo preservarla da questi errori fortuiti”. Dopo tutto ha riempito tutte le Feste di Rinascita, gli incontri sul lavoro, i dibattiti di partito solo e soltanto coi dirigenti CGIL, e in particolare quelli di regime. Avesse mai invitato, che so, Cremaschi. No, sempre e soltanto la burocrazia più retriva, da Epifani in giù.
E come sono stati ripagati? Dopo il tragico, il ridicolo è sempre dietro l’angolo.
Con una generosità degna di miglior causa in Commissione Lavoro, il presidente Pagliarini si impegna per strappare qualche concessione che renda il piatto, non dico meno indigesto, ma tale che possa dare loro qualcosa di cui poter parlare. Ebbene gli negano anche questo. La CGIL si distingue nello strillare di più che il protocollo è stato violato (“ma come, ti lamenti che ho ottenuto una briciolina in più?”) e Prodi, con una insolenza istituzionale inaudita, straccia quanto contrattato dalla Commissione parlamentare e ripresenta il vecchio testo. Siamo alla frutta! La commissione dove siedono i rappresentanti della destra più malsana d’Italia, sono superati per reazionarietà da CGIL e governo! Qui c’è davvero qualcosa che non si capisce, che fa impazzire.
Anche al servo più umile, al cane più servizievole, devi concedere almeno l’osso per giocare. Altrimenti il discredito che scarichi su questi poveretti e insostenibile. Se almeno avessero avuto la soddisfazione di dire “beh, una cosa, una, l’abbiamo ottenuta” un barlume di plausibilità, uno straccio di significato la loro lotta l’avrebbe avuta; ci sarebbe stata una cosa da opporre al diluvio esposto in queste pagine. E invece no, neanche questo, neanche l’osso del cane. Perché?
Ora, prima della finanziaria avevano qualche carta in mano da giocarsi, tanto il Parlamento prima di due anni, sei mesi e un giorno non lo sciolgono neanche a cannonate. A gennaio chi ti darà più conto? Cosa c’è ancora da votare? Nulla. Si presentano alla contrattazione per la riforma elettorale col cappello in mano! Neanche l’osso del collo gli salveranno. E se lo meritano!

11. La seconda finanziaria

Della finanziaria di quest’anno cosa c’è da dire? Poco. Due contratti truffa (che dovevano essere chiusi l’anno scorso, pubblico impiego e scuola), ancora soldi per forze armate, spese militari e aziende improduttive, tagli a scuole e università statali e regali a quelle private. Per il resto tutto come l’anno prima. Il grosso del danno è già stato fatto l’anno scorso; quest’anno si tratta di rifare le stesse cose senza bisogno di manovre particolari.
Ma una novità c’è e riguarda il tesoretto. A chi lo do[ 40] ? Ma naturalmente facciamo a metà. Metà al risanamento e metà a padroni ed esercito. E gli ingordi gnomi di Bruxelles si lamentano che è poco una metà del sangue dei lavoratori, e pure i padroni si lamentano che è poco la metà di quel sangue.
Non vi preoccupate ci penserà TPS, l’anno prossimo ne spremerà di più per tutti voi.
L’anno si chiude con il decreto sicurezza, che introduce norme che definire fasciste è poco [41].
Sul G8 di Genova nulla da fare, in compenso ci prepariamo ad ospitare il prossimo alla Maddalena.
Sul fronte sicurezza sul lavoro, mentre i morti sul lavoro sono sempre tre/quatto al giorno, la prima bozza del decreto legislativo presenta infatti norme che, a giudizio di Pagliarini e Burgio, sono «…sbagliate e pericolose. Non soltanto imprecise o mal scritte (e in taluni casi persino incostituzionali). Ma anche tali da configurare – contro il dettato della stessa legge-delega – un abbassamento dei livelli di protezione e una riduzione dei diritti dei lavoratori e dei loro rappresentanti… » [43]. Cosa faranno i nostri rappresentanti in parlamento, quando passerà una legge siffatta? Terranno a galla ancora una volta chi non solo permette, ma ormai dobbiamo dire: pianifica, che ci siano in Italia 4 assassini sul lavoro al giorno?

12. I forchettoni rossi

“Noi vogliamo bene a questo governo”, ripete come un mantra Diliberto.
I lavoratori italiani no. I cittadini italiani no. Il “popolo della sinistra” no.
Non c’è altro da dire.
Sulle pensioni, sulle basi militari, sull’Afghanistan, su Gaza, sui miliardi per i caccia USA, sui precari e il mercato del lavoro, sulla scuola, sull’università, i diritti civili, la giustizia, il G8, il TFR, il cuneo fiscale, le rendite finanziarie, gli inceneritori, i rigassificatori, la TAV, il MOSE, l’ICI, l’IRPEF, l’indulto, la Rai e il conflitto di interesse, l’UNIPOL, la Fincantieri, l’Alitalia, le Ferrovie, i brogli elettorali e sindacali, il decreto sicurezza, sono stati capaci di ingoiare di tutto e di più.
Ma su una cosa faranno le barricate, potete starne certi: le unghie le tireranno fuori in Parlamento, quando si parlerà di legge elettorale; su quella è proprio possibile che caschi il governo e muoia Sansone con tutti i Filistei. Infatti lì si tratta di vita o di morte (la loro ben inteso).
Ma anche le posizioni assunte sulla riforma elettorale sono all’insegna dei più squallidi interessi di bottega. RC è per il proporzionale alla tedesca con sbarramento al 5%. Pensiamo bene che cosa significa. In questo modo essa spera di poter assumere un ruolo egemone all’interno del cartello elettorale Sinistra-Arcobaleno, infatti credono di poter correre da soli, fidando nel proprio zoccolo duro che dovrebbe garantire loro il raggiungimento di quella soglia; gli altri o non ne sono affatto sicuri (SD), o sono sicuri di non farcela (PdCI e Verdi) e quindi entrano in una posizione subalterna. Invece cosa chiede Diliberto? Come richiesta di bandiera il proporzionale puro, che non gli concederanno mai (ma si cerca di fare l’occhiolino a Casini e altri piccolini), oppure una soglia di sbarramento la più alta possibile, in modo da togliere a Bertinotti il vantaggio di ricattare gli altri, dando così più forza al dominus dell’intera coalizione cui si devono inchinare tutti gli altri.
Siamo alla lotta feudale. Il sovrano (Prodi) cerca di svincolarsi dalla morsa dei vassalli, aumentando il proprio potere centrale; mentre i valvassori (Bertinotti) cercano di stringere a sé i più piccoli legandoli al proprio carro, mentre i valvassini (Diliberto, Pecoraro) cercano di divincolarsi dall’uno e dagli altri e rendersi indispensabili sia rispetto al primo che rispetto ai secondi.
Nei libro “I forchettoni rossi” (Massari Editore) si esamina la vacuità dei discorsi dei dirigenti dei due partiti, ma soprattutto si dà una cifra, un numero, e a volte i numeri fanno molto male.
Il 98% del bilancio di questi due partiti, RC e PdCI, dipende dai contributi dei loro parlamentari e dai rimborsi elettorali. Questa percentuale è stabile negli anni per tutti e due i partiti, ma la prima quota va progressivamente diminuendo, mentre la prima va crescendo.
Ora si può pensare che un qualunque consesso umano sia libero di fare le proprie scelte se il 98% del proprio ossigeno dipende dalle scelte che fa?
Se per disgraziata ipotesi uno si dovesse trovare un giro fuori, ossia una legislatura, con la prospettiva di cinque lunghissimi anni senza ossigeno, chiuderebbe i battenti il giorno dopo. Le sedi, i viaggi, la stampa, gli stipendi, quel poco di visibilità mediatica, tutto deriva da lì. Senza le poltrone in Parlamento tutto si scioglie dall’oggi al domani come neve al sole.
Non sono più i tempi in cui si distribuiva la domenica nelle piazze e porta a porta l’Unità a 100 lire, trattenendone 10 per l’autofinanziamento, tutti: dal segretario di federazione al compagnetto più giovane della FGCI; i tempi in cui si pagava la sede con la colletta fra i compagni, in cui le Feste dell’Unità erano fonte di guadagni accumulati, 100 lire dopo 100 lire, col lavoro incessante di mani operaie, studentesche, di compagni e compagne generosissimi.
No. Oggi la politica è spettacolo e per lo spettacolo ci vuole il business.
Dice Diliberto che i comunisti sono diversi dagli altri e devono avere l’orgoglio di esserlo. Ma purtroppo sono diversi i comunisti di oggi da quelli di allora, non basta essere diversi da Forza Italia, bisogna cercare di assomigliare un po’ di più ai partigiani, che certo sotto il fascismo non si ponevano il problema di un seggio in più o in meno.
Ha detto Diliberto, ricordando Berlinguer l’8 dicembre, “se tu fossi ancora qui, sono sicuro che saresti con noi, anzi che ci guideresti”. Questo non ce lo può dire nessuno.
Certo, tra i sopravvissuti di quei tempi ci sono due grandi figure ancora viventi. La prima è quella di Ingrao, che era lì con loro e che ha detto solo “unitevi”; storica figura della sinistra del PCI, ricordata più per l’esecuzione del gruppo del manifesto che per le sue prese di posizione eterodosse.
Ma in giro ce n’è ancora un’altra che fa ancora politica in modo pieno, Napolitano. Questi era un “migliorista” come Amendola, figura cui si ispira l’attuale segretario del PdCI. Uno che ha guidato il Ministero dell’Interno durante il massacro che avvenne a Napoli (anticipazione di quanto avverrà di lì a poco al G8 di Genova) che ha legato il suo nome – insieme alla Turco – all’istituzione dei mai troppo deprecati CPT, che da ultimo ha assimilato l’antisionismo all’antisemitismo [44].
Non sono gran belle figure cui ispirarsi.
Tra i partecipanti agli Stati generali c’era Occhetto e con lui la maggior parte dei partecipanti erano stati tra coloro che avevano ucciso e sepolto il PCI alla Bolognina.
Del resto quanti sono i dirigenti e in particolare i parlamentari di RC e del PdCI che sono transfughi del PDS/DS? Questi “cari compagni” a che età della loro vita si sono accorti che la scelta anticomunista di mandare in soffitta il PCI era sbagliata? Erano ragazzini di primo pelo o già politici scafati che hanno trovato una comoda sponda dove riciclarsi? E chi li ha fatti entrare nei nuovi partiti, non come semplici iscritti, si badi bene, ma come dirigenti, come parlamentari?

13. Una valutazione complessiva sull’atteggiamento “migliorista” e sul togliattismo

Da comunisti dobbiamo interrogarci su dove risalga l’origine del cancro che ha attanagliato il movimento operaio italiano, portando alla disgregazione più totale tutte le sue rappresentanze politiche e sindacali. Perché l’operazione di Rifondazione Comunista è fallita? Perché il PdCI si è fatto fagocitare dal sistema?
La tragedia che si è consumata con l’assassinio del PCI dove trova le sue origini?
Si può attribuire solo al tradimento della classe dirigente occhettiana?
Come va giudicato il periodo di Natta, in cui i grandi potentati economici “rossi” cominciavano a prendere il possesso del Partito? Era giusto garantire nelle gare di appalto truccate dai soliti democristiani e socialisti le quote alle cooperative rosse pur di non lasciare a quelli campo libero, o in quel modo ci siamo cominciati a vender l’anima al capitalismo? Era giusto usare l’UNIPOL per sistemare i conti, prima del Partito, ma poi anche dei singoli compagni, per sistemare il figlio di questo o di quello. Si comincia così e si finisce per tifare al telefono per questa o quella banca.
E ancora prima, nonostante la denuncia di Berlinguer sulla deriva morale del Paese, siamo sicuri che tale deriva non fosse già ampiamente presente già da allora all’interno del Partito?
Questa guerra di posizione contro il capitalismo con le sue stesse armi, non è stata proprio l’origine e la causa di tutto ciò che è derivato? Capisco la guerra di posizione, quando le condizione storiche non permettono l’insurrezione armata; ma non è proprio nel principio “migliorista” che spera di strappare al nemico – casamatta dopo casamatta – l’influenza e l’egemonia sul Paese, l’errore fondamentale? Perché mentre tu strappi una casamatta, qualcuno ti strappa un pezzettino di identità e più ti avvicini alla metà più ci arrivi nudo, ideologicamente e politicamente.
In una parola, non sarà proprio nel riformismo togliattiano l’errore ideologico che ha portato inevitabilmente, anno dopo anno, alla distruzione del movimento operaio?
Esiste un’alternativa tra il massimalismo trozkista ed il riformismo togliattiano?

14. Oggi che cosa significa essere comunisti?

Si tratta di stare dentro i movimenti anticapitalistici di massa, e sono tanti, straripanti, se solo li andiamo a cercare e non ce ne stiamo seduti nelle sedi a chiacchierare.
I precari, gli studenti, gli ancora tanti operai, gli immigrati, e poi i tantissimi cittadini che non vogliono farsi pestare i piedi da un potere clerico-fascista sempre più arrogante e protetto dai bonzi politico-sindacali. Si tratta di stare con essi tutti i giorni e non di limitarsi a cercare di interpretare dalle stanze del Parlamento i loro interessi.
Non avremo per un giro rappresentanze istituzionali? Pazienza, per quello che son servite!
Vuol dire che rifaremo le collette per pagarci la sede, che i dirigenti nazionali li vedremo via internet, anziché una volta l’anno – bene che va – di presenza.
E poi basta con i comitati con annessa segreteria di circolo o di sezione, comitati con annessa segreteria provinciale e regionale, comitato centrale, direttivo e segreteria, o come cavolo si chiamano. Queste strutture erano utili quando si doveva governare un Paese di 200 milioni di abitanti che si estende su sette fusi orari e in cui il mezzo più veloce era la ferrovia.
Ma oggi queste strutture servono solo a conculcare la vera volontà dei militanti.
RC nel frattempo ha rimandato il congresso, forse perché, nonostante tutte le alchimie procedurali, hanno paura di non poter arginare la massa dei minitanti che gli urlano in faccia la verità.
Nel PdCI invece i coraggiosi compagni operai che lanciano un appello [45], affinché si rispetti la linea politica scaturita dall’ultimo congresso di appena sei mesi prima, vengono semplicemente invitati ad accomodarsi fuori: “Si prega di non disturbare”. È questo il centralismo democratico?
RC organizzerà un referendum tra gli iscritti se restare o no al governo. Quando? a gennaio?!?
Ma perché non organizzano un forum informatico oggi, ora, e stasera avranno il risultato?
O hanno paura di sentirsi dire: “molla la poltrona!”?

FISHER
22.01.08


NOTE:

[1] Da quando cioè Dell’Utri aveva messo in moto il cd Motore Azzurro, organizzazione semiclandestina che si incaricherà di addestrare migliaia di presidenti di seggio.

[2] Peccato che i principali centri di studio avessero a caldo valutato come pressoché nullo l’impatto delle sue ultime boutades su l’elettorato avverso o indeciso.

[3] Cosa che si poteva fare pur non avendo la maggioranza in entrambi i rami del Parlamento ma solo della Camera, dato il sistema che regola l’elezione del Presidente della Repubblica.

[4] Come più volte pubblicamente ha dichiarato Rita Borsellino: “i partiti mi hanno lasciato sola proprio nelle due ultime settimane, dopo il risultato nazionale”.

[5] Per una rassegna ragionata vedi http://www.webalice.it/marisa.pareto/bibliografia5.htm, tra cui ne citiamo solo uno per tutti: http://www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=1132, in cui già all’indomani delle elezioni si fa un’analisi ed una previsione politica che si avvererà con tragica puntualità.

[6] Video stranamente promosso da un’intervista della Annunziata che fece molto scalpore. Questo oggettivo sostegno da parte di un elemento così interno al sistema di potere suscita moltissimi interrogativi, soprattutto in confronto a quante coraggiose indagini giornalistiche sono state invece lasciate cadere nell’oblio.

[7] La fame dei DS è troppo arretrata e anche Rutelli non è da meno: ricordate la famosa frase dal sen fuggita “… noi che siamo stati a pane e cicoria per cinque anni”.

[8] Sarebbe il caso di citare il 18 brumaio di Marx, se non venisse da ridere accostando Napoleone a Bertinotti.

[9] In questo contesto facevano specie alcune dichiarazioni di esponenti di RC come il sen. Di Lello, già membro del pool antimafia di Palermo, che stigmatizzavano queste preoccupazioni come corporative.

[10] Infatti i piccoli numeri dei parlamentari del PdCI hanno consentito a questo partito un comportamento che gli altri non si potevano permettere; operazione ripetuta in occasione del recente voto sul welfare.

[11] Si è invece assistito allo scandalo di un ministro del Lavoro che impugna un provvedimento preso dai suoi funzionari contro l’Atesia, una ditta di call center che, in violazione di quelle stesse leggi, fa un uso indiscriminato di forme di lavoro a progetto, un ministro che impone invece una sorta di sanatoria per l’azienda, per cui per le chiamate in ingresso si realizza sì una forma di contratto di dipendenza ma solo part time (che infatti da molti lavoratori è stata rifiutata), mentre per quelli che fanno le chiamate non cambia nulla perché sono liberi di farle quando vogliono; inoltre con una clausola di non citabilità in giudizio per il pregresso. Quindi alcuni lavoratori per ottenere una parte dei propri diritti devono rinunciare a denunziare l’azienda per le ingiustizie precedenti. Due belle puntate di Report di Rai3 hanno fatto vedere che dietro al mondo del precariato delle aziende pubbliche (vedi per esempio la sanità) ci sono delle cosiddette cooperative, molte delle quali in mano al sottobosco politico, che fanno spendere di più alle aziende pubbliche, mentre i lavoratori prendono meno della metà dei loro colleghi assunti a tempo indeterminato; ci si chiede dove va la differenza? Anche questi sono i costi della politica, anzi – pardon – della democrazia?

[12] Vedi il Dipartimento di Tecnologia di Genova e l’università di Lucca, fatta ad personam per Pera.

[13] La tassa sulla rendite è in Italia la più bassa d’Europa ed è applicata in modo “secco”, cioè uguale per tutti indipendentemente dal reddito, una cosa che già risulta anticostituzionale (in quanto la nostra Carta prevede che le imposte siano “progressive” e non “piatte”). Oggi è al 12% sulle rendite finanziarie e al 27% sui rendimenti dei conti correnti, una evidente penalizzazione per chi non sa o non vuole affidare i propri risparmi agli squali della finanza.

[14] Si il mal tolto attraverso l’incremento dell’IRPEF.

[15] Ciò è difficile da imputare al successo della lotta all’evasione, come subito sbandierato dal governo, infatti ancora i primi provvedimenti di Visco dovevano avere il tempo di trovare attuazione ed efficacia. Più probabilmente l’enorme incremento dei profitti fatto dai padroni negli anni precedenti, finalmente dopo tanti giri, trovava una parziale ricaduta nell’incremento dell’ammontare delle tasse.

[16] Si veda tra gli altri www.appellodeglieconomisti.it

[17] che nessuna ricaduta tecnologica darà al nostro Paese, in quanto siamo partner di seconda categoria e quindi destinati solo a realizzare l’assemblaggio, trasformando a questo scopo l’aeroporto di Novara in una nuovissima fabbrica di morte planetaria. Di questi caccia di ultima generazione dovremo comprare 131 esemplari ad un costo finora imprecisato: lo stesso Congresso USA ha sospeso i finanziamenti perché l’impresa si è trasformata in un pozzo senza fondo.

[18] Si è scoperto che hanno usato pure fondi dell’8 per mille destinati allo stato per fare la guerra in Afghanistan. Tant’è che da quest’anno i Valdesi hanno desistito dal rinunciare alla quota che veniva loro attribuita non per espressione dei contribuenti in loro favore, ma solo come ripartizione proporzionale del “non espresso”, cosa che le altre confessioni si sognano di fare. I Valdesi hanno giustamente deciso di prendersi pure questa quota del non espresso, almeno per sottrarre per quanto di loro competenza questi soldi al finanziamento della guerra imperialista.

[19] Una serie di dighe sottomarine, di cui non è previsto come si potrà effettuare la manutenzione, che manometterà per sempre il delicato equilibrio della Laguna, ma soprattutto perfettamente inutile in quanto si prevede che essa verrà superata nei momenti di vera acqua alta.

[20] Non lasciamoci però sviare dalla opposizione a tale opera del sindaco Cacciari. Egli si oppone perché il Comune di Venezia non ha le mani in pasta nella società che si occupa dell’appalto; infatti il buon filosofo è perfettamente integrato nel PD ed infatti è perfettamente d’accordo sugli altri scempi ecologico-affaristici sostenuti da quel partito.

[21] Un buco sotto la montagna di 50 chilometri, per accorciare il tragitto di 20 minuti alle merci, perché di sole merci si para in realtà, ed aumentare una capacità che già al momento è largamente sottoutilizzata. Pochi ricordano quanti sono stati i ferrovieri colpiti da tumore e morti dopo una vita nei pressi dei grandi trafori come il Frejus, passata ad entrare ed uscire dalle viscere radioattive della terra, figuriamoci cosa succederà scavando così in profondità!

[22] Quanto fatto nella prima finanziaria trova uno sconcertante epilogo nei giorni nostri. Nonostante quanto sbandierato, si sta facendo la Società Trenitalia a spezzatino, lasciando al mercato i bocconi più succulenti (le società Grandi Stazioni, Cento Stazioni e Alta Velocità), cosa che precipiterà nel baratro del passivo più nero i treni dei lavoratori, con le conseguenze che tutti possiamo immaginare. Questo, insieme al funerale dell’Alitalia, è direttamente da attribuire al Ministro dei Trasporti Prof. Alessandro Bianchi.

[23] La Palermi si sbraccia per dire che hanno trovato la copertura finanziaria nei “fondi dormienti” (i conti correnti che nessuno reclama più), una voce assolutamente aleatoria. Invece non se ne farà nulla, tant’è vero che durante l’anno tali fondi verranno dirottati per le vittime dei vari crac Cirio e Parmalat.

[24] Contratti già siglati e non onorati, contratti che si risolveranno con bidoni colossali, quali la triennalizzazione e la creazione di incentivi ad personam.

[25] Ma è una bugia: i nostri Carabinieri addestrano ancora i mercenari a Baghdad, rendendosi corresponsabili dell’operazione di iraqizzazione del conflitto e contribuendo a combattere la resistenza antiamericana.

[26] Leggi il commento di Joseph Halevi sulla missione Libano su http://italy.indymedia.org/news/2006/09/1146941.php.

[27] http://www.resistenze.org/sito/os/ip/osip7a01-000869.htm, http://www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=1597.

[28] PdCI e RC sono gli unici partiti comunisti europei a dare un giudizio positivo dell’avventura coloniale italiana in Libano. «Al generale Fioravanti e ai suoi uomini – dice Venier – abbiamo portato il pieno sostegno del Pdci per una missione che deve avere successo perché sia di esempio per la soluzione dei problemi mediorientali. Il partito dei comunisti italiani non è contrario pregiudizialmente alle missioni. Al contrario della missione in Afghanistan sosteniamo e agiamo perché quella dei nostri soldati in Libano possa avere successo».

[29] Ormai non solo la maggior parte dei commentatori palestinesi, ma anche molti democratici israeliani (non i pacifinti), riconoscono che la parola d’ordine “Due Popoli, Due Stati” è completamente consunta. Dopo la costruzione del muro e l’espropriazione costante di nuovi terreni ai Palestinesi, la riduzione a un lager di tutta Gaza, la pulizia etnica ebraica contro la bomba demografica che gli arabi-israeliani rappresentano per quello Stato, continuare a parlare di due Stati (link) come fanno certuni, è un regalo inammissibile ai sionisti. Da qui la nuova parola d’ordine “Due Popoli, Uno Stato”.

[30] Questa Società nel settore è leader mondiale, un bene industriale e tecnologico invidiatoci da tutti, ed infatti tutti lo vogliono. Ma non lo vogliono per intero. Un colosso così grosso è un po’ indigesto. È vero che i profitti sono alti, ma il tasso di remunerazione globale è un po’ scarsetto, solo un 2% reale; e poi la massa di investimenti da fare è gigantesca per mantenere la supremazia internazionale, nulla di appetibile per un capitalismo straccione mordi e fuggi; solo la proprietà statale può garantire continuità ad un bene industriale del genere. Ma chi se ne frega? Facciamolo a pezzi, mettiamolo sul mercato, se ci sa stare (e non ci può stare né ora né mai per quanto già detto). Faciamolo a spezzatino, per le fauci dei “capitani coraggiosi” di dalemiana memoria.

[31] I primi esempi li abbiamo avuto proprio nelle regione “rosse” (?!?) Emilia e Toscana: +700% ad Arezzo sulle bollette! Forza Lanzillotta! In Puglia Petrella, chiamato alla presidenza dell’Acquedotto pugliese, ha “divorziato” da Vendola dopo pochi mesi, perché non accettava che si perpetuasse un ibrido gestione/proprietà pubblico/privato: l’unico modo che può evitare una commistione malsana di interessi è di avere gestione e proprietà in mano pubblica.

[32] Pochi sanno che attraverso una quota di circa il 4% sulla nostra bolletta ENEL, nota come CIP6, si dovrebbero incentivare il risparmio e l’uso di energie veramente rinnovabili. L’Italia distoglie oltre il 90% di tale gigantesca massa di denaro per finanziare gli inceneritori in tutta Italia, avendo “assimilato” i rifiuti a fonti di energia rinnovabili. Siamo stati multati per questo dall’UE, ma preferiamo pagare la multa che chiudere queste macchine di morte.

[33] http://www.stefanomontanari.net/index.php?option=com_content&task=view&id=255&ac=0&Itemid=1

[34] http://www.girodivite.it/RIFIUTI-ZERO-CAMPANIA.html

[35] I reali beneficiari di questi contratti non sono certo i consumatori italiani che, nonostante la Penisola sia attraversata da due gasdotti, pagano il gas più salato d’Europa, cosa che del resto vale anche per la benzina.

[36] Questi impianti, oltre a comportare un rischio di incidente di I categoria, e quindi assolutamente inadatti ad essere istallati nel certo di importanti porti – quali quelli previsti a Brindisi, Livorno, Priolo – non libereranno, come sbandierato, l’Italia dal rischio carenza energetica, perché molti saranno costruiti da società britanniche (quali la British Gas), che liquiferanno il gas qui in Italia e se lo porteranno a casa loro attraverso i gasdotti, pagandoci una miseria. Domanda, ma perché i rigassificatori non se li vanno a fare in Scozia, o sulle navi gassiere come in Germania?

[37] Per esempio nella scuola, la riforma attuata dal governo Dalema impedisce ai sindacati “non rappresentativi” di effettuare assemblee in orari di lezione per consentire ai lavoratori di usufruire del monte che hanno per assemblee sindacali; il terrorismo praticato sui capi d’istituto da parte dei bonzi CGIL contro i sindacati di base è all’ordine del giorno. È impedito ai sindacati “non rappresentativi” di ricevere direttamente le quote sindacali dei pensionati, mentre ormai quasi la metà degli iscritti ai sindacati consociativi sono pensionati. E si potrebbe continuare.

[38] Fior di economisti indipendenti si sono pronunciati mettendo in guardia i lavoratori, soprattutto i più giovani, a non esporsi ad una tale scelta irreversibile – perché non si può tornare più indietro una volta fatta – per i prossimi vent’anni, trent’anni. Eppure, calpestando la tutela dei propri iscritti, i sindacati concertativi si sono lanciati in questa efferata campagna, spalleggiati da tutti, diconsi tutti, i mezzi di informazione (solo Report di Rai3 si staglia come eccezione, singolare ancora una volta): hanno reclutato tutti, persino Rainews24, a cui altre volte abbiamo dovuto certe inchieste davvero coraggiose. Ma qui non c’è stato nulla da fare, gli interessi sono davvero troppo grossi, si tratta di “gestire”, ossia prendere le commissioni, su miliardi di euro l’anno!

[39] L’accordo sancisce che per i prossimi anni lo scalone Maroni (l’incremento dell’età pensionabile da un anno all’altro) viene diluito in scalini più piccoli, ma a quale prezzo? Non solo a lungo andare l’accordo è negativo, in fatti a regime l’età della pensione si allunga anche rispetto al protocollo Maroni, ma si stabiliscono dei termini automatici e non più da contrattare come previsto dalla Dini, per la determinazione dei coefficienti di trasformazione da stipendio a pensione.

[40] «Le maggiori entrate tributarie che si realizzassero nel 2008 rispetto alle previsioni sono prioritariamente destinate a realizzare gli obiettivi di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni e sui saldi di finanza pubblica definiti dal Documento di programmazione economico-finanziaria 2008-2011. In quanto eccedenti rispetto a tali obiettivi, le eventuali maggiori entrate derivanti dalla lotta all’evasione fiscale sono destinate, qualora permanenti, prioritariamente, nel 2008, a riduzione della pressione fiscale nei confronti dei lavoratori dipendenti, a partire dalle fasce di reddito più basse, ed alla elevazione, anche per fasce, della quota di detrazione per spese di produzione del reddito, salvo che si renda necessario assicurare la copertura finanziaria di interventi urgenti ed imprevisti necessari per fronteggiare calamità naturali ovvero improrogabili esigenze connesse con la tutela della sicurezza del Paese.» Finanziaria 2008, Art.1, comma 4 (sottolineature nostre).

[41] «Come può, la sinistra, e chiunque crede nei valori della democrazia, accettare che sia punito con tre anni di reclusione, chi, pur non avendo commesso alcun reato, rientra, per lavorare e non per delinquere, nel nostro Paese, dopo esserne stato allontanato a seguito di un provvedimento amministrativo? Come è possibile dimenticare la dura, e vincente, battaglia, in Parlamento e nel Paese, contro una analoga proposta dal Governo Berlusconi? Come può, la sinistra, accettare l’espulsione di chi lavora regolarmente, e vive onestamente, ma non è in grado di dimostrare di avere “risorse economiche sufficienti”, perché gli è impedita, dalla legge o dal datore di lavoro, la regolarizzazione della propria posizione? Come è possibile far propria una norma, a dir poco incivile, che prevede non solo l’espulsione di una persona “sospetta”, ma anche dei suoi familiari, con una sorta di responsabilità oggettiva che neppure il fascismo aveva previsto in caso di espulsione, di confino o di altre limitazioni della libertà personale? … Ebbene, l’espulsione preventiva dei “sospetti di terrorismo” altro non è che la proroga di una norma, approvata dal centrodestra nella scorsa legislatura, che, oggi come allora, è ben difficile non considerare criminogena. In presenza di una persona sulla quale gravano sospetti di terrorismo, lo Stato ha il dovere di fare tutti i controlli e gli accertamenti necessari: se è un terrorista non si può certo lasciarlo libero di andare all’estero a seminare odio e sangue. Se, invece, terrorista non è, allora l’espulsione sarebbe ingiusta, in quanto colpirebbe un innocente (e i suoi familiari), e pericolosa perché rischia di creare le condizioni per il suo ingresso in un circuito illegale, rendendolo facile preda della criminalità organizzata. », Giuliano Pisapia, LIBERAZIONE, sabato 29 dicembre 2007.

[42] Perché manomettere l’intero ordinamento giudiziario come a fatto Berlusconi per salvare se stesso e suoi amici? basta un piccolo ingranaggio come questo (http://www.beppegrillo.it/2007/10/la_soluzione_fi.html) per ottenere un risultato molto più efficace, Gelli docet.

[43] «In materia di interpello, la bozza di decreto prevede (art. 12) che il parere discrezionale della Commissione (cioè di un organo amministrativo) decida dell’applicabilità o meno della legge penale (contro quanto disposto dalla Costituzione agli artt. 25 e 101). In tema di attività ispettiva (art. 13) si solleva l’Ispettorato del lavoro dall’obbligo, oggi vigente, di informare preventivamente i servizi di prevenzione delle Asl. Ai fini della sospensione di un’attività imprenditoriale, il decreto aggiunge (art. 14) la condizione che la violazione della disciplina sui tempi di lavoro coinvolga almeno il 20% del personale occupato, dimenticando che la norma già prevede che si tratti di violazioni reiterate. E ancora. La bozza del governo rende meno frequenti rispetto a quanto previsto dalla normativa vigente le visite obbligatorie del medico negli ambienti di lavoro (art. 24). Lascia indeterminate le caratteristiche strutturali e funzionali dei servizi di prevenzione interni (puntualmente definite nel d.lgs. 626/94) e addirittura contempla l’ipotesi che tali servizi vengano esternalizzati nelle strutture di ricovero e cura (art. 31), dimenticando che il rogo della camera iperbarica all’Istituto Galeazzi di Milano (11 morti) avvenne proprio per l’omessa valutazione dei rischi da parte di un responsabile esterno, ignaro delle caratteristiche di quell’impianto. Infine – ma un elenco dettagliato sarebbe ben più lungo – il decreto esime il datore di lavoro dall’obbligo di fornire al rappresentante per la sicurezza le informazioni in precedenza archiviate nel registro degli infortuni sul lavoro.». Il manifesto, 5 gennaio 2008, pag. 2.

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