NAPOLI, CITTA' DELLA SCIENZA ANDATA IN FUMO. PER FORTUNA

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DI MARCO FRANCESCO DE MARCO
ilribelle.com

Riflessioni non omologate su un evento che (tutti) gli altri condannano senza se e senza ma

È andata in fumo l’ideologia della distruzione…

L’Italia piange la Città della Scienza distrutta dalle fiamme, senza sapere che è stata costruita in un’area destinata a diventare, secondo alcuni progetti, oasi ecologica in uno dei distretti naturali ed archeologici più interessanti del mondo. Un’opera che ha messo la parola fine alla possibilità che i Campi Flegrei potessero diventare una eccellenza del turismo balneare, archeologico, eno gastronomico, artistico, paesaggistico, di fronte al quale la stessa penisola sorrentina e la costiera amalfitana non possono replicare, al di là dei paesaggi meravigliosi, non avendo altrettante valenze e motivi di interesse turistici da offrire. Non sarà inutile ricordare che coloro i quali hanno pensato di riconvertire quest’area alla “cultura”, progettando la Città della Scienza, sono della stessa scuola di pensiero operaista, marxista, progressista, con una componente giacobina e radical chic (col tempo diventata maggioritaria) che, decenni or sono, pensò bene, in uno dei posti più belli del mondo, con chiara vocazione turistica e naturalistica, di costruire una delle acciaierie più grandi ed inquinanti del mondo. Mi permetto di ricordare che identico destino infausto fu deciso per un’altra meravigliosa città del sud Italia, la splendida Taranto dei due mari e dalla storia nobile e millenaria, la cui vocazione turistico archeologica fu mortificata per decenni (ed ancora oggi lo è), oltre che pagata con la moneta sonante dello sterminio cancerogeno. Voi avreste mai costruito un’acciaieria, e poi dei capannoni industriali, a Villa Borghese? Ebbene, considerando che la domanda è retorica e può avere solo una risposta, sappiate che Coroglio ed i Campi Flegrei napoletani, così come Taranto, non sono meno belli ed interessanti del parco di Villa Borghese.

“Di fuoco il mondo noi avvolgerem…”

I veri mafiosi sono quelli che hanno concepito e creato la Città della Scienza. È la servitù giacobina che vive sulle spalle di Napoli come un cancro lento che si nutre della lunga agonia del corpo che sta devastando. Le donne giacobin-progressiste di questa forma tumorale portano foulard di seta su abbigliamento finto trasandato; gli uomini hanno le consuete barbe di tre quattro giorni, e Repubblica piegato in due nella tasca della giacca di velluto. Parlano con la saccenza di Cacciari (ed anche con la sua antipatia) di un mondo corrotto e decadente. Generalmente queste conversazioni radical chic avvengono sulle terrazze di Capri o Positano, nelle case costose che di norma pagano grazie ad i loro finti incarichi, le consulenze strapagate, al danaro facile tipico della mafia. Questa è una mafia diversa da quella che siamo abituati a conoscere, che generalmente non viene definita così, si chiama società civile (ovvero loro così si definiscono), ma in pratica è tutt’uno con la mafia o camorra che dir si voglia, perché il principio dal quale essa è stata generata è lo stesso della delinquenza comune. Se Napoli potesse rinascere ed esprimere tutto il suo repertorio di bellezze naturali, artistiche, archeologiche, di colpo scomparirebbe la delinquenza “di strada” ed anche quella dei salotti. Oggi siamo felici che gli Dei abbiano ridotto in cenere quell’idiozia clientelare chiamata Città della Scienza, una orribile struttura post moderna piena di nullità pseudo scientifiche. Un monumento alla demenza giacobina, che però si trasforma in furbizia quando diventa orticello privato dei succitati parassiti, nel quale fioccano gli stipendi, le consulenze, gli incarichi a tema. “Ti posso pvesentave il dottov Capocchia, è il divettove del compavto di futuvologia della Città della Scienza. Sai, i suoi studi sulla incidenza del sale mavino sulla pvessione avteviosa degli anziani delle popolazioni meditevvanee, sono all’avanguavdia. Domani c’è un’incontvo con una equipe della Berkeley University per compavave i dati con quelli del clima della Califovnia”. Branchi non controllati di questi deficienti occupano con dei capannoni osceni uno degli scenari più belli del mondo. A sinistra il Capo di Posillipo e poi Partenope e Neapolis fino a Sorrento. Di fronte Capri. A destra Pozzuoli/Decearcheia il litorale flegreo di Lucrino, fino al Castello di Baia e poi Capo Miseno. E, sull’orizzonte ad ovest, nei tramonti indescrivibili, la tenera Procida e la verde Ischia… Questi criminali, nemici dell’umanità in quanto sub umani, cosa pensano di costruire in uno scenario come quello descritto? Dei capannoni di cemento e ferro arrugginito dove il nulla trionfa diabolicamente sul bello. Il distretto turistico archeologico e marinaro potenzialmente più bello del mondo, nel quale i padri di questi dementi già costruirono un’acciaieria, ridotto a laboratorio pseudo culturale dalle orride fattezze. Gli Dei avranno notato l’estremo orrore, e l’hanno ridotto in cenere. Aspettiamoci altri interventi sostanziali…

La camorra è il loro alibi, la camorra sono loro.

A pochi minuti dall’incendio della Città della Scienza, Saviano ha scritto: “sono stati i clan”. Aveva il tweet già pronto. Banale e scontato, il Vate della lotta alla camorra per noi è come la prova del nove. Saviano dice che c’è la mano della camorra? Allora sarà stato sicuramente altro. Adesso si scopriranno gli altarini: alcuni non prendevano lo stipendio da undici mesi, altri parlano di scarsità di fondi, altri ancora di imminenti licenziamenti. Tutto sembra convergere verso il solito coacervo di interessi privati e pubblici di stampo clientelare. Facile nominare la camorra ad ogni piè sospinto. Per i rifiuti, gli incendi, la camorra è l’alibi “prêt-à-porter” di una classe politica che non riesce a dare sostanza alle roboanti dichiarazioni rivoluzionarie giacobine che perennemente il salvatore di turno, si chiami esso Bassolino piuttosto che De Magistris, ci dispensa in campagna elettorale, salvo poi scontrarsi contro degli assetti geopolitici e geoeconomici che prevedono che Napoli non debba assolutamente risorgere. E loro, da bravi servi del Sistema, invece di denunciare la volontà precisa di certi ambienti finanziari, industriali e politici, di tenere Napoli ed il Sud d’Italia in queste condizioni di degrado, ripetono fino all’ossessione il mantra “camorra” e “mafia”. Come se non fosse chiaro che lo sviluppo dell’Italia mediterranea, potenziale guida economica di riferimento nel mediterraneo, è da secoli invisa ai poteri finanziari britannici ed ora anche statunitensi. Un ruolo guida dell’Italia sia a sud che ad est, che con un Sud stabile, ricco, ospitale e passibile di politiche di sviluppo ed investimenti, vedrebbe retrocesse le egemonie di colori i quali si trovano al vertice della piramide del comando, alla base della quale ci sono i cani da guardia pagati, alla maniera di Saviano, oppure i finti capi popolo rivoluzionari che vanno allo stadio a vedere il Napoli, pur tifando Inter, come Giggino chiacchiere e distintivo, anzi solo chiacchiere.

Marco Francesco De Marco
www.ilribelle.com
7.03.2013

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