Morti, vaccini e speculazioni economiche (parte 2)

Tutto quello che non ci hanno detto in questi due anni: intervista al Prof. Stefano Dumontet

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Eccoci ritrovati con la seconda parte dell’intervista al Prof. Stefano Dumontet, ordinario presso l’Università Parthenope di Napoli.

Mentre nella prima parte dell’intervista – che potete trovare qui – abbiamo analizzato una serie di incongruente circa i numeri delle morti della così detta “Fase 1”, ci concentreremo ora sugli aspetti più profondi che sottendono questa gestione politico/sanitaria degli ultimi 2 anni, soffermandoci in particolar modo sul tema dei vaccini e della tecnologia mRNA.

– Professore bentrovato. Abbiamo chiuso la prima parte dell’intervista parlando dei vaccini ad mRNA, e già allora lei aveva espresso una serie di dubbi circa le modalità con cui sono stati approvati. Voglio insistere su questo punto e le chiedo: c’è un motivo particolare che secondo lei ha spinto le case farmaceutiche ad insistere tanto con l’immissione di questa nuova tecnologia nel mercato? Insomma: perché proprio ora?

Non è un segreto per nessuno che nei prossimi anni scadranno i brevetti di numerosi farmaci. Solo tra il 2022 e il 2024 scadranno 32 brevetti, con la susseguente autorizzazione di altrettante 32 tipologie di farmaci generici (https://www.pharm-up.eu/media/CommunityMedia/documents/public/Brevetti_farmaci_12maggio2021.pdf).

Le industrie farmaceutiche avranno interesse a creare nuove tipologie di farmaci brevettabili per mantenere il controllo del mercato. Come già accennato nella prima parte dell’intervista, le piattaforme a mRNA, indicate come “sistemi operativi di un computer” potranno implementare tante app plug and play in grado di curare molte patologie. Almeno nelle intenzioni dei produttori. Ricordiamo che Silvio Garattini nel 2017 dichiarava che l’80% dei farmaci sono inutili (https://www.adnkronos.com/farmaci-sopravvalutati-e-troppo-costosi-l80-e-inutile_4vvBF1m2haeryu6q0qQAPd). Quest’abnorme realtà potrebbe essere condivisa anche dalle app plug and play.

E’ quindi probabile che assisteremo, nell’immediato futuro, a un riposizionamento delle industrie farmaceutiche su tecnologie a mRNA, invece che su farmaci prodotti in modo tradizionale.

– Ecco questo è un punto di vista molto interessante che difficilmente che non era stato espresso fin ora; come al solito dietro c’è sempre un profitto quando si parla di BigPharma. Ma andiamo oltre e continuiamo a parlare di questi sieri. Come sappiamo questo RNA messaggero ha bisogno di una membrana lipidica per poter entrate nel nostro corpo. Allora le chiedo: sono stati fatti degli accurati studi riguardo al tossicità delle componenti che formano questa membrana?

I test di genotossicità dei vaccini a mRNA non sono stati correttamente eseguiti, né per quanto riguarda le vescicole lipidiche in cui l’mRNA è veicolato, né per gli altri componenti dei vaccini. La normativa vigente prevede che tali test non debbano essere necessariamente eseguiti se la formulazione del vaccino è uguale a una formulazione già testata. Nel nostro caso la formulazione è del tutto nuova. Dai dati forniti da Moderna viene fuori ad esempio che le prove di genotossicità sono state fatte su di un componente codificato come mRNA-1706, usato nei vaccini contro la Zika, e non con il componente mRNA-1273 messo a punto contro il covid. Sarà pubblicato a breve un rapporto sulle analisi di genotossicità condotte dei vaccini condotte dalle aziende produttrici, così come anticipato da Giovanni Frajese nella trasmissione del 12 gennaio scorso “L’Arena” e come anticipato dal quotidiano “La Verità” del 16 gennaio. Quello che appare dai dati disponibili è che non ci siano prove sufficienti ad escludere la potenzialità genotossica dei vaccini. Come già ricordato nella prima parte dell’intervista, in circa un anno le industrie farmaceutiche sarebbero riuscite a progettare il vaccino, produrre le prime dosi, avviare la sperimentazione clinica e completarne la fase 1 e la fase 2, compilare una documentazione enorme, iniziare la produzione di miliardi di dosi e avviare la contrattazione con la maggior parte dei paesi del mondo per la vendita del prodotto. Pare davvero difficile in un tempo così ristretto avviare e concludere anche i test di genotossicità e di cancerogenicità.

Quello che si sa è che dalle schede dei prodotti denominati ALC-0315 e ALC-0159, entrambi utilizzati per costruire le strutture lipidiche che permettono all’mRNA di entrare all’interno delle cellule muscolari nel sito di iniezione si evince che questi sono utilizzabili solo in laboratorio e non per uso umano. Viste le polemiche che si sono scatenate su questo tema, la ditta Echlon Biosciences ha specificato sul suo sito web (https://www.echelon-inc.com/statement-on-alc-lipids/): “While ALC-0315 and ALC-0159 are being safely used in the BioNTech/Pfizer vaccine, the material that Echelon Biosciences is making and selling is not being used in vaccine production and is only for research use in laboratories”. In ogni caso ALC-0315 e ALC-0159 sono sigle che identificano due specifici prodotti, che siano o no usati nei vaccini.

– È sicuramente molto grave quello che stiamo apprendendo parlando con lei e per questo ci tengo a ringraziarla nuovamente per essersi esposto. Parlando di effetti avversi da vaccini, che, non è da escludere, potrebbero dipendere proprio da queste sostanze tossiche di cui ci ha raccontato, ne approfitto per farle un ultima domanda. È notizia degli ultimi giorni che ci sarebbero delle differenze sostanziali nei vari lotti di vaccino, differenze che si evincono dal diverso numero di reazioni avverse che vengo segnalate dopo l’inoculazione. Cosa ci può dire a riguardo?

Cresce l’evidenza che non tutti i lotti di vaccino provochino lo stesso numero di effetti avversi. Un sito statunitense (How bad is your batch, https://howbad.info/index.html) utilizza i dati del VAERS (il sito governativo che registra gli effetti avversi da vaccino) per capire l’incidenza di effetti avversi in funzione del lotto di fabbricazione, cosa che è possibile negli USA, ma non in Italia, visto che da noi i dati non sono raccolti per lotto.

La differenza di tossicità tra i lotti è molto alta. Ad esempio, per le date di vaccinazione 13 settembre al 14 dicembre 2021, si registrano da 0 a 21 decessi e da 0 a 48 disabilità nei diversi lotti di vaccino Pfizer.

Il problema più grave è che in nessuno stato del mondo si è avviata una farmacovigilanza attiva, tranne forse in Giappone. La farmacovigilanza passiva (quella lasciata alla notifica volontaria dei pazienti) dà conto solo dall’1 al 5% delle reazioni avverse, decessi compresi. Dai dati di EudraVigilance (https://www.adrreports.eu/en/index.html) risulta che all’11 settembre 2021 i decessi dovuti a tutti i vaccini siano 24.526. Se si applicano i coefficienti di correzione dovuti alla farmacovigilanza passiva si ottiene un numero che va da 490.520 a 2.452.600 decessi. Il numero esatto non lo sapremo mai.

Queste evidenze mi danno la possibilità di parlare dell’utilità o meno di vaccinare i minori. Lasciamo da parte ogni altro tipo di considerazione e concentriamoci sulla ratio di tale scelta. Poiché questo è un terreno molto scivoloso, tentiamo di trovare una base di partenza del ragionamento su cui ci sia consenso. Preciso che non credo nella validità di questi vaccini, perché non credo che sia stato dimostrato il nesso epidemiologico causale tra SARS-Cov-2 (il presunto patogeno) e Covid-19 (la malattia). Voglio però mettermi nei panni di chi afferma il contrario: i vaccini servono e tutti debbono essere vaccinati.

Bene, sul fatto che il vaccino non protegga dall’infezione, né dalla possibile trasmissione dell’infezione ad altri, sembra che siano ormai tutti d’accordo. L’importanza di vaccinarsi è dunque ristretta solo alla presunta certezza che i vaccinati non contraggono una forma grave di malattia e non muoiano, o perlomeno che questi fenomeni siano molto meno vistosi tra i vaccinati, contrariamente a quanto accade per i non vaccinati, che si ammalerebbero più facilmente, andrebbero incontro a più facilmente a forme gravi della malattia e morirebbero in numero più alto.

Bisognerebbe ricordare che nel 2020, in Italia, la mortalità che ha interessato la fascia di età 0-24 anni è stata del 18,3% in meno rispetto all’atteso. Appare chiaro che, in una situazione in cui la mortalità generale diminuisce, non c’è crisi sanitaria. Dunque, se non c’è crisi sanitaria non c’è pericolo di contrarre la malattia e, conseguentemente, non c’è rischio di morire. Allora la popolazione da 0 a 24 anni semplicemente non è a rischio. Analoga affermazione si potrebbe fare per altre fasce di età, anche se andrebbe differenziata per territori. Per non divagare, la domanda che bisognerebbe porsi è: se questa fascia di età non è a rischio di ammalarsi e se il vaccino non evita il contagio, qual è la ratio della scelta di vaccinare i giovani, minori inclusi? Chiaramente non è tutelare la salute dei giovani.

– Professore la ringrazio per essersi messo a disposizione per questo interessantissima intervista, è stato veramente molto gentile. Spero di poter chiacchierare con lei nuovamente in futuro. L’intervista termina qui, grazie.

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