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La Redazione

 

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Morti, vaccini e speculazioni economiche (parte 1)

Tutto quello che non ci hanno detto in questi due anni: intervista al Prof. Stefano Dumontet
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Il 20 Gennaio 2022
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Vaccini mRNA

Abbiamo rivolto alcune domande al Prof. Stefano Dumontet, ordinario presso l’Università Parthenope di Napoli, riguardo le incongruenze nella narrazione pandemica che da due anni governo e media ci propinano. Ecco le sue risposte.

– Professore partiamo dall’inizio. Lei ha messo fortemente in dubbio i numeri delle morti della così detta “Fase 1”. La sua posizione, lontana dalle strumentalizzazioni negazioniste, si basa su valutazioni statistiche di un periodo (pochi mesi) successivamente il quale le nostre vite hanno subito un drastico cambiamento. Che può dirci a riguardo?

Nella prima fase della crisi sanitaria, che sinceramente esito a definire “pandemica”, abbiamo assistito ad un evento molto peculiare: un forte incremento della mortalità concentrato in alcune regioni del nord Italia, tra marzo e aprile 2020, e praticamente nessun evento particolare nel centro e nel sud del paese.

Prima di addentrarci nell’analisi più importante di questa crisi, la mortalità appunto, è bene ricordare che il nostro paese è caratterizzato da una marcata differenziazione di questo parametro su base regionale. Per fare un esempio concreto, desunto dall’ultimo rapporto del Centro Studi Nebo (https://www.mortalitaevitabile.it/), la mortalità standardizzata (espressa per 100.000 abitanti) in Campania nel 2019 (anno “pre-covid”) era di 317 decessi. Bene, in Lombardia nel 2020 (anno “covid”) si è registrata una mortalità straordinaria pari al 36,6% in più dell’atteso, che corrisponde a 36.500 decessi in più della media degli ultimi 5 anni (https://public.tableau.com/views/Variazioni/DecessiIstat?:language=it&:display_count=y&publish=yes&:origin=viz_share_link&:showVizHome=no#3). Quest’evento, anomalo per la Lombardia, ha fatto registrare lo stesso numero di decessi notificati in Campania nel 2019: 317 per 100.000 abitanti. Cosa ancora più peculiare è la mortalità registrata in Campania nel 2020: 357 decessi per 100.000 abitanti (il 13% i più che in Lombardia). Nonostante questo, la mortalità in questa regione, da gennaio ad agosto del 2020, è stata del 3,5% inferiore all’atteso, come riportato in una tabella pubblicata dall’ISTAT il 22 ottobre 2020. Altro elemento da considerare è che la media delle “morti covid” è di circa 80 anni, mentre l’aspettativa di vita per gli uomini in Campania, prima del covid, era di 79 anni. Ogni commento è superfluo.

Quindi, parlare di mortalità contando semplicemente i decessi, senza nessuna analisi delle tendenze storiche e di quelle territoriali, serve solo ad alimentare la paura e a confondere le idee.

Nei due grafici che seguono, pubblicati dal Sistema Italiano di Sorveglianza della Mortalità Giornaliera, si nota chiaramente la profonda differenza tra ciò che è accaduto al nord e ciò che si è verificato al centro e al sud, tra ottobre 2019 e maggio 2020. Le linee tratteggiate rappresentano la mortalità generale attesa (per tutte le cause), la linea continua rappresenta la mortalità osservata e la fascia grigia indica l’intervallo di confidenza dei dati. Tutti i punti della mortalità osservata, che ricadono all’interno dell’intervallo di confidenza, debbono ritenersi statisticamente non differenti dal dato atteso.

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Cosa ci raccontano questi grafici? Ci raccontano che nella settimana dal 4 al 10 marzo nelle regioni del nord la mortalità si situa al limite dell’intervallo di confidenza dei dati, da questo momento in poi aumenta rapidamente, fino a raggiungere un picco nella settimana dal 25 al 31 marzo, per poi diminuire altrettanto rapidamente e rientrare nella fascia descritta dall’intervallo di confidenza nella settimana dal 6 al 12 maggio. Nelle regioni del centro e del sud la mortalità osservata si allontana di poco dall’area descritta dall’intervallo di confidenza solo nella settimana dall’1 al 7 aprile. Basterebbe questo per capire che ci troviamo di fronte a due fenomeni completamente diversi in aree territoriali diverse.

A chi afferma che tutto questo sia prova dell’efficacia dei lockdown, rispondo con il grafico che segue, elaborato sui dati dei decessi giornalieri resi disponibili dall’ISS, che mostra in maniera inequivocabile l’andamento stagionale della mortalità. La freccia rossa indica l’inizio della campagna vaccinale. Per un’analisi completa bisognerebbe riportare sul grafico anche la mortalità attesa. Partendo da questi dati non è possibile giungere a conclusioni definitive, purtuttavia esiste l’evidenza che l’inizio della campagna vaccinale sia concomitante ad un perturbazione della curva dei ricoveri e di quella dei decessi. Un fenomeno che andrebbe approfondito. Il grafico indica anche il crollo verticale di morti e di ricoveri (per tutte le cause) nei primi giorni del 2022, ma solo dopo che nell’ultimo trimestre del 2021, nonostante l’intensificazione della campagna vaccinale, c’era stata una marcata risalita.

dati ISS

Ho difficoltà a definire quella che viviamo una pandemia a causa della sua strana diffusione sul territorio italiano. Rizzo e collaboratori hanno pubblicato un articolo nel 2007 (https://www.medscape.com/viewarticle/556555) in cui analizzano 32 stagioni di epidemia influenzale in Italia (dal 1969 al 2001). Gli autori rilevano come al nord, centro e sud si riscontri un alto livello di sincronicità nell’ampiezza dei picchi di influenza e della mortalità a questa associata. Per inciso, ci sono circa 7.200.000 casi di influenza in Italia ogni anno con circa 34.000 morti in media (M. Mamone Capria, 2021. Coronavirus, disinformazione e democrazia. https://www.dmi.unipg.it/mamone/sci-dem/scidem.htm). L’influenza, da malattia virale infettiva qual è, si diffonde sincronicamente su tutto il territorio nazionale, il covid-19 sembra di no, benché sia riuscito a diffondersi simultaneamente in numerosi paesi del mondo. Come mai? Invocare la presunta efficacia del lockdown non basterebbe a spiegare quest’anomalia.

– Professore credo che questo aspetto sia molto importante. Da quello che dice, sembra quasi che sia palese la mancanza di nesso epidemiologico-causale quando parliamo del sars-cov-2 e della sintomatologia denominata Covid19; è così?

Non mi sembra che nella letteratura scientifica sia stato pubblicato uno studio conclusivo sul nesso epidemiologico causale tra SARS-Cov2 (il virus) e covid-19 (la malattia). Mi sembra che manchi uno studio che prenda in considerazione una coorte di pazienti sufficientemente numerosa (non solo pochi individui, come correntemente si è fatto) e che rispetti i postulati di Koch (criteri che stabiliscono la relazione di causa-effetto che lega un microrganismo a una malattia). Bisogna dire che c’è almeno un sostanziato dubbio sul fatto che il SARS-Cov2 sia un patogeno, o che sia “il” patogeno che cerchiamo. Bisogna ricordare che la SARS del 2003 è stata causata dal un “parente stretto” del SARS-Cov2 (98% di omologia genetica), il SARS-Cov, che a rigore non può nemmeno essere considerato un patogeno, visto che avrebbe causato 774 morti nel mondo in un anno (https://www.who.int/csr/sars/country/table2004_04_21/en/).

Il test PCR, il famoso “tampone molecolare” adottato, in pratica se non in teoria, come “gold standard” per la diagnosi “covid”, è stato realizzato senza disporre del virus. Tutto è stato fatto in silico, utilizzando sequenze genetiche del SARS-Cov2 pubblicate nel febbraio 2020 da ricercatori cinesi che ammettono “Although our study does not fulfill Koch’s postulates, our analyses provide evidence implicating 2019-nCoV in the Wuhan outbreak”. Le evidenze a cui fanno riferimento si riferiscono a solo 3 pazienti della provincia di Wuhan, uno dei quali deceduto e sul quale non è stato possibile effettuare l’autopsia (Zhu, N., Zhang, D., Wang, W., Li, X., Yang, B., Song, J., … & Tan, W. 2020. A novel coronavirus from patients with pneumonia in China, 2019. New England journal of Medicine). Un lavoro estremamente carente dal punto di vista clinico. Gli autori hanno pubblicato un risultato che valeva la pena approfondire, ma sul quale non si poteva progettare un test con cui sarebbero stati analizzati centinaia di milioni di individui, se non miliardi, in tutto il mondo. Inoltre, dal 1° gennaio 2022 il test non è più commercializzabile negli USA perché, a detta dell’ente regolatore (la Food and Drug Administration), non è in grado di discriminare tra SARS-Cov2 e virus influenzali.

Inoltre, non si sa nemmeno se le industrie farmaceutiche che hanno sviluppato i vaccini a mRNA abbiano mai visto il SARS-Cov2. All’attualità, tra i relativamente pochi (visto in numero di ricercatori che lavorano sull’argomento e i fondi disponibili) isolamenti di SARS-Cov2, non c’è accordo nemmeno sulle dimensioni dei virus fotografato al microscopio elettronico. Non sembra nemmeno che il virus sia stato “purificato” oltre che fotografato, cioè isolato dalla miscela estremamente complessa nella quale è stato fotografato. L’isolamento del virus dopo purificazione è una tappa obbligata nel processo di verifica della patogenicità di un microrganismo. Tutto quello che si è evidenziato sono delle sequenze genetiche. Resta tutto da verificare.

– Ecco mi riallaccio a quest’ultima parte della sua risposta e le chiedo: perché proprio adesso abbiamo assistito all’introduzione così massiccia di vaccini a mRNA?

Quello che tutti oggi chiamano vaccino anti-Covid è in realtà una parte di una piattaforma tecnologica pensata per integrarsi con altre parti della stessa piattaforma. Tutto l’insieme dovrebbe rappresentare la nuova frontiera della farmacologia. Sul sito web della casa farmaceutica Moderna (www.modernatx.com/mrna-technology/mrna-platform-enabling-drug-discovery-develoment) si legge: “Riconoscendo l’ampio potenziale della scienza dell’mRNA, abbiamo deciso di creare una piattaforma tecnologica a mRNA che funziona in modo molto simile a un sistema operativo per computer. È progettata con funzionalità plug and play, quindi può essere riprodotta in modo intercambiabile con diversi programmi. In questo caso, il programma o app è il nostro prodotto a mRNA, una sequenza unica di mRNA che codifica per una proteina”. Ricordiamo che l’mRNA trasporta l’informazione codificata nel DNA alla cellula e ne consente la trasformazione in molecole necessarie per la vita della cellula stessa. L’obiettivo delle piattaforme a mRNA è oggi quello di indurre le cellule del nostro organismo a produrre anticorpi contro il Covid, grazie alle informazioni contenute nell’mRNA artificiale veicolato dall’app plug and play denominata vaccino.

Il vaccino a mRNA è qualcosa di assolutamente nuovo, anche se lo si sta studiando contro la zika (virus simile a quello della febbre gialla e della dengue), e non mai è stata tentata una vaccinazione mondiale con un simile preparato. E’ lecito, dunque, porsi 2 domande importanti:

  1. Se la pandemia da SARS-Cov2 è tanto pericolosa da mettere in pericolo centinaia di milioni di vite nel mondo perché non si è scelta la via, più sicura e ben sperimentata, di un vaccino tradizionale a virus attenuato? Forse perché nessuno aveva il virus o era difficile procurarselo? Obiezione risibile, visto che gli “infetti” da cui si poteva isolare il virus si sarebbero dovuti contare in centinaia di milioni. Sempre ammesso che il nesso epidemiologico causale tra SARS-Co2 e covid19 sia confermato e che il test molecolare sia attendibile.
  2. Perché affidare a imprese private il compito di sviluppare un vaccino che poteva essere invece messo a punto in laboratori pubblici, mettendo in sinergia i migliori scienziati del mondo? Quest’ultima scelta avrebbe consentito una piena trasparenza dei risultati, incluse le prove cliniche. Oggi assistiamo al fenomeno esattamente opposto: una totale opacità che impedisce una revisione critica dei risultati delle sperimentazioni cliniche da parte di ricercatori indipendenti. E’ stato necessario per ben due volte l’intervento di un tribunale per obbligare la Food and Drug Administration (l’ente americano di vigilanza sui farmaci) a rilasciare i dati forniti dalla case farmaceutiche in vista dell’autorizzazione condizionale di questi vaccini. Dopo il primo intervento del tribunale, l’FDA ha dichiarato che vista la mole della documentazione ci sarebbero voluti circa 75 anni per rendere disponibili tutti i dati. L’FDA si è giustificata dicendo che l’ufficio preposto ha solo 10 dipendenti. Per inciso, l’organico completo dell’FDA è di circa 18.000 dipendenti. Il tribunale è dovuto intervenire una seconda volta per obbligare l’FDA a rendere disponibile il materiale in suo possesso in circa 9 mesi. Ora, se tutto questo è vero, mi sembra sia legittimo chiedersi come abbiano fatto le industrie farmaceutiche in circa un anno a progettare il vaccino, produrre le prime dosi, avviare la sperimentazione clinica e completare la fase 1 e la fase 2, compilare una documentazione enorme, cominciare la produzione di miliardi di dosi e iniziare la contrattazione con la maggior parte dei paesi del mondo per la vendita del prodotto. E’ inoltre anche lecito chiedersi: come l’FDA ha potuto dare l’autorizzazione condizionale alla commercializzazione dei vaccini in poche settimane, dopo aver letto, studiato e valutato una documentazione tanto vasta che 10 dipendenti possono renderla disponibile (non leggerla e verificarla, ma solo renderla disponibile) in 75 anni?

– Grazie professore. La prima parte dell’intervista termina qui.

Massimo A. Cascone

CLICCA QUI PER LEGGERE LA SECONDA PARTE DELL’INTERVISTA

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Massimo A. Cascone, dottore in giurisprudenza e giornalista pubblicista. Membro fondatore del Coordinamento No Green Pass Napoli.
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