MORIRE, OGGI PER LA SYRIA ? SU SU, SIAMO SERI. LA POSTA IN GIOCO E’ ALTRA

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DI SERGIO DI CORI MODIGLIANI
Libero pensiero

La messinscena per la guerra mondiale, dai più data per scontata, potrebbe fornire degli esiti imprevisti. Con la particolarità, questa sì davvero unica, che i risultati non verranno neppure presi in considerazione, dato che non se ne parla. E’, per l’appunto, ciò che i due contendenti vogliono: seguitare a trattare nel più ampio riserbo e nella discrezione più assoluta, approfittando del fatto che i media mondiali parlano d’altro, cioè di missili, terrorismo, guerra totale, ecc. Tutti ingredienti, questi, sapientemente orchestrati, per spaventare le persone, e spingerle a credere che Assad è un totale criminale oppure un coccolone vittima degli americani criminali, a seconda dello schieramento vecchio stampo ormai obsoleto (quello della precedente guerra fredda, tanto per capirsi). E’ questo ciò che penso su questo argomento.

Da specificare, nel caso non fosse chiaro, che i due contendenti sono Usa/Ue da una parte e Russia/Cina dall’altra.

Ma la posta in gioco non è la Syria. Quella è davvero un’ottima arma di distrazione.

C’è da credere che neppure ne parleranno, domani, quando si vedranno in 20 a San Pietroburgo.

La stampa mondiale ci racconterà come siano tutti asserragliati dentro uno stanzone, tenendoci con il fiato sospeso, per decidere se faranno la guerra mondiale oppure no. Il tutto, offerto con la spezia dei diritti civili e dell’etica. Come se a qualcuno interessasse la sorte di quei poveri civili innocenti. Ne hanno uccisi 112.000 negli ultimi due anni nella generale indifferenza e adesso, secondo voi, si vanno tutti a impelagare in una costosissima e micidiale guerra planetaria (dagli esiti incerti) per 356 anonime vittime?
Semplicemente ridicolo.

La posta in gioco è un’altra, e ben più corposa.

Si chiama: fonti di energia e soldi. Oppure, se volete, danaro. Per essere più precisi: Energy & Money.

O meglio, per essere definitivi: il controllo energetico e monetario del pianeta Terra.

L’incontro decisivo non sarà quello ufficiale (diranno che parlano della Syria) bensì quello che si terrà a parte. Sarà ristretto. Ci saranno, verosimilmente, Obama, Putin, Hollande, Cameron, Abe e i due cinesi che contano. Fine degli invitati. Noi italiani, va da sé, al palo. Insieme a tutti gli altri, in attesa che i veri big prendano una decisione.

Di che cosa discuteranno?

Dell’argomento del giorno (per loro). Fondamentale per tutti noi, dato che la nostra sopravvivenza dipende dalle scelte che faranno.

Parleranno del world coin, ovvero: la moneta planetaria. E di shalegas.

Su questi punti sono tutti in disaccordo, almeno dal 2008, per questo, forse, si finisce in guerra.

Il mondo globale presuppone una regolamentazione rispettata da tutti, nonchè l’applicazione e il rispetto di alcuni standard. Da almeno tre anni e mezzo Usa-zonaeuro-Cina si stanno letteralmente scannando per razionalizzare i mercati ed evitare crisi insostenibili. Ma hanno punti di vista diversi. E’ per questo che c’è la crisi economica. Alla quale si accompagna una “guerra energetica” che è un concetto completamente diverso da quello che i media hanno diffuso, facendoci credere che siamo dentro una “crisi delle fonti di energia”. Non è vero. Non soltanto non c’è nessuna crisi energetica, ma in questo momento c’è una massiccia e massiva sovrapproduzione energetica e, per tenere alti i prezzi al consumatore, si attuano specifiche politiche di spreco per giustificare i costi.

La fase attuale dello scontro è iniziata quattro anni fa, quando la Cina ha cominciato a sostenere che il dollaro non doveva essere la moneta di scambio per eccellenza e, contemporaneamente, ha cominciato a combattere la diffusione (quantomeno in tutto il sud est asiatico) delle energie rinnovabili aumentando a dismisura la propria produzione di carbone fossile, l’agente più inquinante che esista. La vera e propria dichiarazione di guerra è avvenuta proprio il giorno della rielezione di Obama, nel novembre del 2012, quando a Teheran, la Cina, l’India, il Brasile, l’Iran e la Russia hanno firmato un accordo comune che consente la compravendita planetaria di energia a “moneta libera”, ovvero “non contro-dollaro”. Il primo atto è stato un potente acquisto di petrolio da parte della Cina all’Iran pagato in rubli. Si è associata subito dopo l’India che ha accettato pagamenti internazionali in “yuan” cinesi. E infine hanno convinto anche i brasiliani. Il fine era combattere e battere gli Usa eliminando il dollaro. Gli Usa si sono trovati isolati non potendo contare sull’appoggio dell’Europa e su una alleanza forte con l’euro, in conseguenza della debolezza strutturale della nostra moneta, non avendo dietro una banca centrale autentica che stampa moneta. E così ha cominciato a premere furiosamente con la BCE per un cambio di politica monetaria e per una visione post-keynesiana da applicare a tutto il continente. Contemporaneamente, l’amministrazione Obama ha accelerato in maniera incredibile il cambio della propria politica energetica dichiarando ufficialmente “la fine dell’era del carbone e l’inizio della fine dei fossili inquinanti”, portando al 46% l’uso interno del cosiddetto “shalegas” e dando incentivi per le energie rinnovabili, coinvolgendo le industrie petrolifere texane e convincendole alla riconversione industriale totale verso l’eolico, il solare e l’idrogeno, entro il 2035. A luglio del 2013 il governo ha messo a disposizione un fondo di 7 miliardi di dollari per il passaggio in tre stati (Arkansas, Oklahoma e Tennessee) dai carburanti fossili al solare e per un 22% all’idrogeno facendo gestire il tutto a una fondazione dove hanno un importante quota la Texaco, la Mobil e la Exxon. Non appena rieletto, Obama si è precipitato in Birmania e poi è andato in Tailandia, Vietnam e Indonesia, tirando la volata al Giappone in funzione anti-cinese e consentendo al Sol Levante di strappare dopo 25 anni ai cinesi il mercato locale. Era un chiaro segnale geo-politico che l’Europa non ha né saputo né voluto leggere, insistendo nella propria ferrea alleanza con la Russia che insiste nel voler produrre carbone, acciaio e petrolio (di cui è ricchissima). Per tutto l’inverno si è scatenata una micidiale bagarre tra le potenze mondiali che contano, facendo pagare subito le nazioni più fragili, India e Brasile in testa. Un mese e mezzo fa è crollata la rupia con disastrose conseguenze per l’economia indiana e poi è toccato al Brasile. Entrambe le nazioni hanno capito l’antifona cominciando a prendere le distanze dall’idea di avere come moneta internazionale lo yuan e il rublo. L’Europa, la quale oltre a non avere una politica comune, a non avere una banca centrale che stampa moneta, non ha neppure una strategia di politica industriale energetica, ha fatto finta di niente, come se non stesse accadendo nulla. Gli Usa, per impedire che in Sud America si cementasse l’asse Brasile/Argentina ha lanciato lo “shalegas” di cui l’Argentina è il secondo paese produttore al mondo chiudendo un accordo con quella nazione per mettere a disposizione know how e tirando su industrie estrattive locali controllate dal Banco de la Nacion di Buenos Aires, creando così lavoro e occupazione locale. Non solo. Di fatto, ha appoggiato l’Argentina presso il Fondo Monetario Internazionale nella propria guerra contro l’Europa, salvando il paese sudamericano da un possibile default, attraverso una inedita e nuova alleanza in funzione anti-cinese e anti-russa. Un mese e mezzo fa i primi vagiti della guerra in atto, di cui lo schiaffo kazako al nostro governo era stato uno dei segni più chiari perché Putin aveva bisogno di fare la voce grossa nel cuore del Mediterraneo. Immediata la replica Usa. Mentre in Italia esplodeva la questione, gli Usa hanno risposto piazzando una trappola nella quale il nostro governo è caduto come una peracotta: hanno evidentemente passato la soffiata ai nostri servizi segreti indicando dove poter arrestare un agente segreto della Cia condannato in Italia e ricercato dall’interpol. Lo stesso giorno in cui Alfano balbettava le sue scuse in parlamento si annunciava (al mattino) l’arresto dell’agente americano latitante a Panama, con enfasi nazionalistica davvero inusitata. La festa è durata 12 ore. Partono subito da Milano i giudici con le carte per andarselo a prendere. Ma quando arrivano lì (la sera) viene comunicato loro che l’agente segreto è in viaggio-premio verso Washington. I magistrati e i nostri servizi se ne ritornano a casa con la coda tra le gambe. Putin è avvisato: giù le mani dall’Italia.

Dunque di questo parleranno a San Pietroburgo: della moneta planetaria. 

Gli Usa sono disposti a un compromesso realistico: affiancare al dollaro anche l’euro, a condizione però che la BCE si trasformi prima in banca centrale reale quindi in grado di battere moneta, emettere eurobonds, ecc. La Germania ha le elezioni e quindi si è chiamata fuori fino al 24 settembre -con un’ottima scusa comprensibile a tutti- e così la Francia ha colto l’occasione al volo per riprendere il controllo della gestione della politica europea: è finita invitata al tavolo giusto, unica nazione dell’euro che ci rappresenta tutti.
Parleranno dello shalegas, dell’idrogeno, di come andare a gestire l’inizio della fine dell’era del petrolio e del carbon fossile, il che comporta un monumentale riassesto planetario del gioco delle parti. Parleranno di colossi finanziari e forse perfino di Keynes. La Russia è debolissima in questo momento. La dichiarazione di Putin rilasciata alle ore 9.30 di mercoledì 4 settembre parla chiaro: “vogliamo una chiara prova presentata e documentata dall’Onu” ha detto e poi ha aggiunto “pur sostenendo il governo di Assad ci teniamo a precisare che la nostra fornitura di missili alla Syria è soltanto parziale: abbiamo consegnato loro soltanto alcune componenti, non tutte”. Da questi fatti, in maniera diplomaticamente davvero molto elegante, sembra che i russi abbiano deciso di gettare acqua sul fuoco, abbandonando Assad al suo triste destino. Lo hanno scaricato. Il che consente –nel caso le cose si dovessero mettere male, non si sa mai- di salvarsi dal cataclisma planetario perché se dei missili francesi abbattono missili siriani, ebbene, non saranno missili russi (non sono operativi) bensì missili siriani (vecchie cerbottane inutili) e quindi la Russia non è obbligata a rispondere. E salva la faccia.

Di questo parleranno.

E noi non sapremo mai che cosa si sono detti.

Lo capiremo strada facendo.

Le guerre, dai tempi di Troia, si combattono sempre e soprattutto per le fonti di energia.

La oscena guerra d’Iraq, un vero e proprio atto criminale allestito da una banda di delinquenti, l’hanno combattuta per il petrolio. E’ stato un atto unilaterale di un gruppo di malfattori sostenuti dai colossi finanziari che hanno riportato il pianeta indietro di almeno 50 anni, perchè era una guerra “vecchia”, di altri tempi. Per non parlare del milione di morti innocenti che ha provocato tra il 2003 e il 2010. La prima guerra mondiale fu provocata per decidere chi in Europa avrebbe avuto il controllo del più grosso bacino minerario continentale, quello della Ruhr, conteso da francesi e tedeschi. Il milione di italiani morto al fronte neppure l’ha mai saputo.

Se scoppierà una guerra furibonda mondiale, sarà anche questa volta per l’energia.

Ma non sarà una guerra per il petrolio. Anzi. 

Sarà la prima guerra mondiale che inaugura la civiltà (si fa per dire) post-moderna che sta mandando in pensione proprio il petrolio, insieme al carbone. Non è vero che il mondo ha bisogno sempre di più di petrolio: è falso. Ne ha bisogno sempre di meno. 

Per questo motivo le grandi potenze si scontrano. 

Di tutto ciò avremmo dovuto discutere in Italia tutti i giorni per capire, comprendere, dibattere, confrontarci, parlando di politica economica europea, di energia, di approvvigionamento delle fonti, di rinnovabili, di strategie europee. Macchè. In compenso se ne parla nel resto del continente (meno male) così come, in Europa, è chiaro a tutti che per la strategia euro-atlantica, in questo momento, è fondamentale eliminare per sempre dalla scena politica attiva il più forte alleato e amico di Putin e dei petrolieri ex sovietici nel Mediterraneo, quel Silvio Berlusconi che forse non ha capito affatto come si stanno mettendo le cose per lui in campo internazionale.

L’aspetto tragico, davvero tragico (e qui ritorniamo alle nostre mestizie locali) consiste nel fatto che secondo me non lo ha capito neppure il PD, vittima della putrefazione ormai incorporata del PCI e della DC, per non aver voluto fare i conti con la propria storia e con la Storia. A costo di far affondare la nazione. Come sta facendo.

Giovedì prossimo sarà chiaro a tutti quale decisione è stata presa a San Pietroburgo.

Sergio Di Cori Modigliani
Fonte: http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it
Link: http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it/2013/09/morire-oggi-per-la-syria-su-su-siamo.html
4.09.2013

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