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La Redazione

 

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MORIRE IN GRECIA NEL 2015

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A cura di Davide
Il 6 Marzo 2015
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DI PANAGIOTIS GRIGORIOU

okeanews.fr

Il tracollo era cominciato poco prima della crisi: la clientela del piccolo negozio di tabacchi e giornali, peraltro in una buona posizione, si riduceva progressivamente. Un cambio di attività si imponeva. Investimento sbagliato, pessimo calcolo, il negozio che sostituì il tabacchino non ha mai funzionato. Si ritrovarono perciò senza lavoro e senza risorse: lui, sulla cinquantina, vecchio anarchico da salotto, lei, anche sulla cinquantina, nata nella bambagia, come si suole dire in Grecia per parlare di coloro la cui infanzia e adolescenza si sono svolte nell’ambiente dolce di una famiglia della piccola borghesia. Lei è una mia amica.

Ci eravamo persi di vista ed ecco che le nostre strade si rincontrano di nuovo. Ora però non c’è spazio per le smancerie. Il negozio è chiuso, gli amici non hanno più di che vivere, e benché la mia situazione non sia proprio florida gli porto sempre qualcosa quando vado a trovarli nell’appartamento che hanno preso in affitto, perché il loro è stato pignorato dalla banca.

Iniziano a vendere tutto quello che hanno, benché non sia molto: c’è sempre gente che approfitta delle disgrazie altrui, ma è questo che vi da un tozzo di pane quando non avete nulla da mangiare. Ovviamente la situazione va peggiorando.

Ha sempre avuto un pessimo carattere… Lei, permalosa… Si esaspera, divorzia nella sua testa, poi lo perdona…
Tornano all’appartamento pignorato (la banca non sembrò spendersi troppo per recuperarla). In un amen non c’è più elettricità: la compagnia si è ripresa il contatore, ci vorrebbero attorno ai 600 euro per rimettere la corrente nell’appartamento: impossibile. Ne vengono fuori grazie a una lampada portatile che il vicino gli affitta a 20 euro al mese. Tre prese: una per la radio, una per la lampada da campo, e una perché «non si sa mai». Più avanti, non ci sarà più neanche questa lampada.

Lui se ne va, non da più notizie, riappare bruscamente, regna l’incomprensione totale, nessuna pietà l’uno per l’altra: vivere in queste condizioni cambia tutto, compresa l’umanità…

Vanno avanti così per due anni. Lei perde poco a poco i denti – non ha modo di pagarsi un dentista e la gengivite le distrugge la bocca, fa male, ha dolori ovunque, per ragioni diverse, senza contare la menopausa che le mette i nervi a fior di pelle.

L’altro ieri lui s’è n’è tornato, tutto dolce come un cane che l’ha fatta grossa e ne è consapevole. Non si sa dov’era, né con chi, né come viveva. Tanto peggio… Il giorno dopo si sente male, un dolore al petto, un altro alla schiena, la nausea e il vomito. «Mi sarò preso un virus intestinale, non è niente». «Bisognerebbe andare all’ospedale, va avanti da troppe ore, sei disidratato!». «E dove vuoi che vada in questo stato?!».

Le dice di andare a dormire: sono più di 24 ore che si occupa di lui, è stanchissima. Va a dormire, al buio. Sprofonda in un sonno scuro. È il silenzio che la sveglia, due ore dopo. Un silenzio pesante. Va nell’altra stanza: lui è lì, ma è tutto buio e lei non vede nulla. Soprattutto non sente nulla: non c’è più quel leggero respiro. Accende una candela. Lui è sdraiato sul letto, la bocca aperta, le mani strette al petto, gli occhi aperti e vuoti…

È morto, così, come un cane, a 57 anni. E nessuna ditta di pompe funebri se ne prenderà carico se non si pagano 1200 euro sull’unghia. Vien da ridere… Perfino gli agenti di polizia sono indignati, e gli ospedali si rifiutano di venire a prendere il corpo (non si fa uscire un’ambulanza per un morto, ormai si fa molto raramente negli ultimi tempi). Fortunatamente ci sono ancora esseri umani: un ex datore di lavoro (imprenditore delle pompe funebri) si fa carico di tutto, compresa l’autopsia che fa fare (e paga) nel caso in cui non ci fosse un medico di famiglia per fare il certificato di decesso.

Dopo l’autopsia è subito sepolto, senza messa, senza prete. In ogni caso, non li poteva vedere. Lei non è andata al funerale: non ne aveva il coraggio, e in ogni caso non aveva più senso.

Le ho preparato una cioccolata calda. Le ho raccontato stupidaggini per farla ridere. È una mia amica d’infanzia, ma è vecchia… nell’anima.

Ecco cos’è morire il Grecia, nel 2015. Sentirsi morire. Sapere che si sta morendo ma non sentirsi in diritto di andare all’ospedale. Spegnersi in un appartamento senza elettricità, senza neanche un lenzuolo per coprire il corpo. Se ne è andato con la sua trapunta.

PaNagiotis Grigoriou

Fonte: www.okeanews.fr

Link: http://www.okeanews.fr/20150305-mourir-en-grece

5.03.2015

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura d MARTINO LAURENTI

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