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DI CLAUDIO LANTI

La City ricatta l’Italia: si vari un governo tecnocratico oppure sarà il default argentino

Roma 18 aprile (La Velina Azzurra) – Il Financial Times ha ipotizzato ieri mattina per l’Italia uno scenario di uscita dall’euro entro il 2015 con conseguente collasso finanziario di tipo argentino. Secondo tutta evidenza la sortita del quotidiano della City costituisce una aperta ingerenza intimidatoria nelle vicende italiane, mirante a togliere di mezzo sia Prodi, Berlusconi e D’Alema per imporre un governo tecnocratico al Paese e al Parlamento. Si tratta di un vero e proprio avvertimento mafioso internazionale che intende proseguire l’azione di conquista dell’economia italiana iniziata nel 1992-1993. Il quotidiano britannico ha mandato in campo il suo “associate editor” Wolfgang Munchau, massimo specialista delle questioni monetarie ed economiche europee. Nella rubrica settimanale che esce ogni lunedì all’apertura delle Borse internazionali (evidentemente per pilotarle altrimenti la rubrica uscirebbe il sabato mattina), Munchau ha bocciato l’ipotesi di un governo di Romano Prodi escludendo che sia in grado di restare in piedi realizzando le riforme necessarie. Ed ha tracciato un quadro nerissimo per il futuro dell’Italia, con la previsione che, causa le condizioni strutturali della sua economia, Roma dovrà uscire dall’euro entro il 2015, per la perdita di capacità competitiva e a seguito dell’azione di “movimenti populistici” interni. L’editorialista sottolinea che al momento “i mercati finanziari non stanno affatto speculando su un possibile evento di tale portata” e che per questo “rischio-Paese” il tasso che gli investitori internazionali fanno attualmente pagare all’Italia è “minimo”. Ma –azzarda minaccioso l’editorialista- “un attacco di panico potrebbe far precipitare la situazione”. Va da se che sia i “movimenti populistici” sia il “panico” degli investitori potranno facilmente essere istigati dall’esterno, come l’alta finanza internazionale ha sempre fatto per determinare gli eventi politici europei.

La minaccia è dunque pesantissima. I circoli finanziari rappresentati dal Financial Times fanno sapere a Roma che i giochi stanno per finire e che la debolezza strutturale dell’Italia è ormai tenuta in piedi dalla loro benevola comprensione. Il quotidiano della City prevede quindi un’inevitabile “dichiarazione di insolvenza” da parte di Roma se gli investitori internazionali decideranno di ad aumentare il tasso di interesse sui titoli italiani che oggi –si sostiene- non corrisponde all’effettivo “rischio Paese”. Sarebbe un’operazione di altissimo strozzinaggio internazionale. Il nostro debito pubblico salirebbe in maniera in una spirale incontrollabile e l’Italia andrebbe alla bancarotta.

Di conseguenza non abbiamo scelta: il quotidiano britannico lascia intendere che solo un governo di larga intesa potrebbe ormai superare l’ingovernabilità nazionale: non certo “la grande coalizione” tra forze politiche che il l’odiato Berlusconi sta negoziando con D’Alema e Fassino, ma un vero e proprio governo d’emergenza, un gabinetto di tecnici incaricati di realizzare le misure straordinarie attese dai cosiddetti “mercati internazionali”, cioè capaci di soddisfare gli appetiti delle oligarchie finanziarie della City. Si tratta dello stesso “governo del presidente” per il quale da almeno 4 anni lavorano il Corriere della Sera e il sinedrio dei consiglieri che ispirano il presidente Ciampi. Ed è questa la formula lanciata qualche settimana prima delle elezioni dall’ex commissario europeo Mario Monti, uno dei tre uomini di assoluta fiducia delle oligarchie internazionali: gli altri due sono Mario Draghi, già piazzato alla Banca d’Italia, e Tommaso Padoa Schioppa, il cui nome già copre la casella del ministero dell’economia qualsiasi colore abbia il futuro governo.

Con questo avvertimento all’Italia da parte dell’alta finanza ci si avvia a completare l’operazione strategica iniziata nel 1992-1993 con la famosa crociera sullo yacht reale Britannia, nella quale vennero disegnate le privatizzazioni italiane a prezzi stracciati, grazie al concomitante assalto degli speculatori internazionali alla Lira. La storia politica degli anni successivi ha in parte ostacolato la progettata penetrazione internazionale dell’economia italiana. Occorre adesso la spallata finale. L’obiettivo concreto è la conquista degli ultimi pezzi pregiati di quella che fu la ricchezza italiana: l’Eni, l’Enel, la Finmeccanica, le assicurazioni Generali ovviamente e il controllo delle maggiori banche che l’establishment italiano aveva protetto con le manovre caserecce di Antonio Fazio, appoggiate anche da Berlusconi e D’Alema. Adesso la strada è aperta per l’invasione straniera ma la City ha bisogno di un vero governo coloniale con uomini di stretta fiducia al Quirinale e a Palazzo Chigi. Conosceremo presto le facce di questi maggiordomi.

Claudio Lanti

La Velina Azzurra N. 13 del 18.4. 2006
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