Le elezioni di medio termine (midterm election) che si sono tenute ieri negli Stati Uniti sono uno snodo fondamentale per il destino politico americano e, di conseguenza, occidentale. Il clima in cui si sono svolte è forse uno dei più tesi e polarizzati a causa del conflitto tra Russia e Ucraina, e più in generale per la situazione geopolitica mondiale nel suo complesso.
Il popolo americano sa di essere infatti a un bivio storico: da un lato c’è la perdita del ruolo di nazione egemone conquistato nel ‘900 in grado di indirizzare e imporre ovunque, o quasi, il corso degli eventi; dall’altro c’è la possibilità di rimanere in vetta nonostante il resto del mondo spinga verso il multipolarismo, ma i costi militari e sociali per farlo potrebbero non essere sopportabili. Come gli inglesi colonialisti prima di loro, gli imperialisti a stelle e strisce sanno che o restano al passo con i tempi o rischiano di essere schiacciati e per questo motivo ogni decisione deve essere calibrata al dettaglio.
Sarà forse per questa serie di motivi che i risultati, di cui si attendono ancora gli ultimi dati, vedono tendenzialmente un certo equilibrio tra i due grandi partiti, con i Repubblicani che sicuramente stanno avendo la meglio come ci si aspettava e come avviene quasi sempre a metà mandato di un presidente Democratico – per poi accadere la stessa cosa a parti inverse – e i Democratici che, nonostante Biden abbia secondo i sondaggi un gradimento del 40%, forse potrebbero salvare la pelle almeno al Senato, avvenimento per nulla prevedibile fino a qualche giorno fa.
Andiamo però con ordine e analizziamo cosa è successo tra ieri e oggi:
Gli americani sono stati chiamati alle urne per il rinnovo dei 435 seggi della Camera dei Rappresentanti, per l’elezione di 35 Senatori su 100 nonché per la nomina di 36 Governatori su 50 dei singoli Stati.
Secondo i dati attualmente a disposizione i Repubblicani hanno ottenuto 202 seggi contro i 186 dei Democratici, e sono sulla buona strada per un ribaltone rispetto alla precedente distribuzione dei Rappresentanti che vedeva i Democratici in vantaggio 221 a 209.
Venendo invece al Senato, la seconda ala del Congresso, lì la situazione era complicata prima e continua ad esserlo tutt’ora. Ai blocchi di partenza prima delle votazioni, la situazione era di netta parità, 50 seggi per i Repubblicani, 50 seggi per i Democratici (48 + 2 indipendenti ma in linea con le politiche del partito dell’asinello). La situazione di stallo era sboccata solo dal voto del Presidente del Senato, nonchè vice Presidente USA, Kamala Harris che con il suo voto stabiliva la supremazia dei blues. Ora che i seggi sono chiusi e lo scrutinio è in fase avanzata sembra che lo stallo sia potenzialmente ripetibile.
I Democratici hanno infatti inferto un duro colpo agli avversari aggiudicandosi la Pennsylvania e adesso i Repubblicani devono a tutti i costi aggiudicarsi almeno due stati tra Arizona, Nevada e Georgia per imporsi.
Infine per l’elezione dei Governatori, con ancora 4 Stati da assegnare – Arizona, Alaska, Oregon e Nevada -, i Repubblicani sono in vantaggio 24 a 22, e secondo le proiezioni dovrebbero imporsi 26 a 24 andando quindi ufficialmente a governare più della metà del Paese.
Per seguire tutti gli aggiornamenti in tempo reale https://edition.cnn.com/election/2022
Massimo A. Cascone, 09.11.2022
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