MENTRE LA STAMPA DORME, SI PREPARA UN ALTRO DISASTRO IN IRAN

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DI SCOTT RITTER

Alla fine dell’anno scorso, dopo la confusione delle elezioni presidenziali, fui contattato da qualcuno vicino alla amministrazione Bush per avere la mia opinione sulla guerra in Irak. Secondo questo contatto, l’amministrazione Bush era molto preoccupata su quello che stava succedendo. Da parte loro si desiderava che in Irak ci fosse una sembianza di stabilità entro giugno 2005.
Quando chiesi il perché di quella data ecco che la mia fonte fece calare l’asso: si trattava della data entro la quale il Pentagono era stato avvertito di prepararsi per lanciare un massiccio attacco aereo contro l’Iran, che si trova ai confini orientali dell’Irak, al fine di distruggere il suo programma nucleare.

Perché proprio giugno 2005? “Gli Israeliani temono che se gli Iraniani riescono a completare il loro programma di arricchimento dell’uranio non ci sarà più la possibilità di bloccarli nella costruzione della bomba atomica. Giugno 2005 è vista come l’ultima possibilità”.

Per essere chiari la mia fonte non ha detto che il Presidente Bush ha approvato i piani per bombardare l’Iran nel giugno 2005, come è stato ampiamente riportato altrove. Il Presidente ha revisionato i piani preparati dal Pentagono in ordine alla capacità militare di un attacco entro giugno 2005, qualora ne fosse stato dato l’ordine.

Però quando il segretario di stato, Condi Rice, a febbraio 2005, ha incontrato gli alleati europei, in risposta a una domanda della stampa a riguarda del presunto attacco previsto per giugno 2005, ha detto: “in questo momento la questione (di un attacco militare) è semplicemente fuori agenda – per affrontare questo problema abbiamo i mezzi diplomatici.”

Lo stesso Presidente ha seguito le orme di Rice dicendo che: “L’idea che gli USA siano pronti a un attacco contro l’Iran è semplicemente ridicola.” Però ha poi prontamente aggiunto: “Detto ciò, tutte le opzioni sono possibili.” In breve, sia il Presidente che il Segretario sono stati onesti, e poco svegli, allo stesso tempo.

A dire la verità in agenda, fino a giugno 2005, non sono previsti attacchi militari.

E’ curioso come nessuno, in America, si sia preoccupato di chiedere direttamente al Presidente o al Segretario di Stato un chiarimento a proposito della data del giugno 2005, oppure, per la stessa materia, a proposito della revisione dei piani di attacco effettuata dal Presidente a ottobre 2004.

I giornalisti americani, a riguardo di una guerra con l’Iran, dormono tranquilli con tutta l’incompetenza e mancanza di integrità già dimostrate in passato, sulla stessa materia, a proposito dell’Irak.

In generale non c’è nulla di strano che il Presidente ordini al Pentagono di preparare un attacco contro l’Iran per giugno 2005. Non è un segreto che l’Iran è sempre stato un obiettivo degli ideologi dell’amministrazione Bush: lo stesso Presidente ha messo il paese nell’elenco dell’“asse del male” nel 2002, e ha anche detto che il mondo sarebbe meglio se l’attuale governo iraniano fosse stato gettato nella spazzatura della storia.

L’amministrazione Bush ha anche espresso la sua preoccupazione riguardo ai programmi nucleari Iraniani, preoccupazione condivisa sia in Israele che nell’Unione Europea, sia pure con sfumature diverse.

Nel settembre del 2004 l’Iran ha respinto la richiesta della International Atomic Energy Agency di interrompere la produzione di combustibile nucleare (che molti ritengono, negli USA e in Israele, sia collegata a un programma di armamento atomico).

L’Iran poi ha collaudato un missile balistico capace di colpire sia Israele che obiettivi militari in Irak e in Medio Oriente.

La risposta iraniana ha fatto scattare una seria riconsiderazione delle proprie politiche sia negli USA che in Israele.

La politica israeliana è stata guidata in parte alle mosse iraniane e in parte dai risultati delle informazioni raccolte a proposito del programma nucleare iraniano, nell’agosto del 2004.

Le conclusioni sono state che l’Iran si trovava a “meno di un anno “dal completamento del suo programma di arricchimento dell’uranio. Se l’Iran avesse potuto raggiungere tale obiettivo, secondo il rapporto, si sarebbe arrivati a un “punto di non ritorno” per un programma di armamenti atomici. La data stabilita per questo “punto di non ritorno” è stata giugno 2005.

Il ministro della Difesa israeliano, Shaul Mofaz, ha dichiarato che “in nessuna circostanza Israele avrebbe tollerato che l’Iran fosse in possesso di armamenti nucleari.”

Israele ha pronti i piani di attacco contro i principali siti nucleari dell’Iran sin dall’ottobre 2003, compreso l’impianto di Busherer (che dovrebbe entrare in attività nel 2005.)

I piani vengono costantemente aggiornati, e questo non può essere sfuggito all’amministrazione Bush.

La politica israeliana verso l’Iran, quando si è trattato di bloccare i programmi atomici, è sempre stata quella di far andare avanti per primo l’alleato USA.

“Per bloccare l’Iran” – secondo un funzionario israeliano – bisogna lasciare l’iniziativa agli USA, aiutati dall’Unione Europea, portando la questione davanti all’ONU, attraverso i canali diplomatici, usando le sanzioni come strumento di dissuasione, e una serie di ispezioni molto accurate in totale trasparenza.”

Sembra che sia Tel Aviv che Washington non siano molto distanti fra loro per quanto riguarda gli obiettivi della loro politica iraniana, a meno che non esista la possibilità di un tacito “spostamento”: che cosa succede se gli USA non sostengono in pieno gli sforzi diplomatici europei, non hanno interesse al lavoro degli ispettori IAEA, e considerano le sanzioni ONU un mezzo permanente di pressione per ottenere un rovesciamento di regime, invece di uno strumento utilizzato solo per costringere gli iraniani a bloccare e a eliminare il loro programma atomico?

Perché la realtà è che, malgrado recenti calde assicurazioni da parte di Bush e Condi Rice, gli USA non sostengono in pieno gli sforzi diplomatici europei, e considerano i loro sforzi un tentativo “destinato a fallire.”

Secondo un rapporto della IEAE, compilato dopo una estesa serie di ispezioni nei luoghi dichiarati sede degli impianti nucleari nel novembre 2004, non ci sono prove di un programma di armamenti atomici iraniani; la risposta di Bush è stato il tentativo di far dimetter il capo degli ispettori, Mohammed al-Baradei.

L’insistenza USA per le sanzioni dimostra l’intenzione di renderle pesanti, dolorose e di lunga durata.

Abbastanza curiosamente la data scelta dagli USA per chiedere le sanzioni è giugno 2005.

Secondo documenti circolati a Vienna alla fine del mese scorso, gli USA hanno dato tempo agli incontri UE-Iran di raggiungere un’intesa, entro giugno 2005.

La posizione ufficiale USA è la seguente: “Solo la cessazione e lo smantellamento degli impianti di produzione di materiale fissile ci può dare la convinzione che l’Iran abbia abbandonato il suo programma di armamento atomico”.

L’Iran ha considerato queste richieste delle “allucinazioni.”

I media americani dormono quando si tratta della guerra fra USA e Iran. Sanzioni economiche e attacchi militari non sono la stessa cosa. A meno che, naturalmente, gli artefici della politica americana non abbiano alcuna intenzione di concedere qualche possibilità di riuscita alle sanzioni economiche.

Adesso si presenta John Bolton che, come ex sottosegretario dell’amministrazione Bush per il controllo degli armamenti e la sicurezza internazionale, è il responsabile della pianificazione della politica USA verso l’Iran.

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In febbraio Bolton ha dato inizio alla sfida dichiarando che l’Iran aveva “un programma segreto di armamento nucleare” sconosciuto agli ispettori IAEA. “Non c’è alcun dubbio che l’Iran ha un programma segreto di armamento nucleare”, ha dichiarato Bolton senza però fornire alcuna prova che potesse sostenere le sue asserzioni.

Si tratta dello stesso Bolton che in passato aveva accusato Cuba di avere un programma di armi biologiche, una accusa da cui presero le distanze anche i più accesi sostenitori della linea dura americana.

John Bolton è il funzionario di Bush che ha dichiarato che gli sforzi dell’Unione Europea di parlamentare con l’Iran “erano destinati al fallimento”. Si tratta sempre dello stesso funzionario che ha cercato di far dimettere il capo degli ispettori ONU al-Baradei.

E’ la stessa persona che, nella stesura della politica USA verso il Consiglio di Sicurezza per imporre sanzioni economiche contro l’Iran, ha chiesto al Pentagono di essere pronto a lanciare un “robusto” attacco militare contro l’Iran nel caso in cui l’ONU non raggiungesse un accordo sulle sanzioni.

Bolton si rende conto meglio di altri quanto siano poche le possibilità che il regime delle sanzioni, favorito dagli USA, possa essere approvato dal Consiglio di Sicurezza.

L’ostacolo principale rimane la Russia, membro permanente del Consiglio di Sicurezza, che non solo ha il diritto di veto, ma è anche il principale sostenitore, e fornitore, dell’Iran per quanto riguardo il suo programma di ricerche nucleari.

Israele ha pronto un piano di attacco preventivo contro gli impianti iraniani sin dall’ottobre del 2003.

John Bolton si è costruito una carriera con suoi tentativi riusciti di alienarsi i Russi. Era una delle figure chiave durante i negoziati che hanno condotto alla firma di un trattato di riduzione degli armamenti nel maggio 2002, fra Bush e Putin a Mosca.

Il trattato prevedeva la riduzione degli arsenali nucleari dei due paesi di due terzi entro dieci anni.

Ma il trattato, con immenso dispiacere della Russia, sembra sia diventato inefficace grazie a una trappola legale, ispirata da Bolton, che l’amministrazione Bush ha teso all’interno del trattato mediante la sua terminologia.

Bolton sa che la Russia non approverà mai le sanzioni contro l’Iran, e pertanto l’opzione militare affidata al Pentagono appare sempre più fattibile.

La nomina di Bolton come ambasciatore degli USA presso l’ONU è al tempo stesso curiosa e preoccupante. Si tratta dello stesso uomo che, in una conferenza organizzata dalla World Federalist Association nel 1994, ha dichiarato: “Non esiste una cosa chiamata Nazioni Unite.”

In un articolo scritto nel 1999 per la rivista Weekly Standard, Bolton, a proposito della possibilità che gli USA si sottomettano alle volontà del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, ha scritto che ciò avrebbe significato che “la sua discrezione nell’uso della forza per difendere i propri interessi nazionali in futuro sarebbe stata probabilmente inibita.”

Ma John Bolton non è tipo da lasciare che i trattati internazionali, come la carta dell’ONU firmata e ratificata dagli USA, gli intralcino la strada. “I trattati hanno valore di legge solo per i loro scopi interni, – ha scritto sul Wall Street Journal Op Ed del 17 novembre 1997 – “Quando si tratta di affari internazionali si tratta soltanto di obblighi politici.”

Secondo Bolton l’Iran deve venire isolato mediante le sanzioni ONU, e se non rinuncia al suo programma atomico, deve essere affrontato con la minaccia militare.

Come è stato notato in passato, in particolar modo nel caso dell’Irak, la minaccia deve essere reale significativa, sostenuta dalla volontà e dalla determinazione di poterla usare.

L’iniziativa americana all’ONU per ottenere delle sanzioni dimostra che si vogliono sanzioni dure, dolorose e di lunga durata. John Bolton e altri dell’amministrazione affermano che, malgrado non ci siano prove, le intenzioni iraniane siano del tutto ovvie.

In risposta al-Baradai ha messo in evidenza come non esista nessuna prova provata del coinvolgimento dell’Iran in un programma di armamento atomico. “Non siamo Dio che può leggere nei pensieri.” Ha detto.

Ma, basandoci sulla storia, sui precedenti e sulle personalità coinvolte, le intenzioni degli USA riguardo all’Iran, appaiono di una chiarezza cristallina: l’amministrazione Bush vuole bombardare l’Iran.
Se l’attacco avverrà nel giugno del 2005, data per la quale il Pentagono era stato preavvertito, o più tardi, dopo che sono stati fatti tutti gli altri preparativi, è la sola domanda che attende una risposta.

Un’altra domanda è se i giornalisti che fanno parte della corporazione americana continueranno a dormire come al solito per rendere più facile il perpretarsi di un altro disastro in Medio Oriente.

Scott Ritter
è l’ex Capo degli Ispettori dell’ONU in Irak, 1991-1998, è autore di “Iraq confidential: The Untold Story of America’s Intelligence Conspirancy”. E’ stato anche agente CIA.

Fonte: http://www.commondreams.org
30.03.05

Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da Vichi

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