DI MARCO TRAVAGLIO
Tony Blair, sterminatore della sinistra inglese e anche di quella italiana per interposti D’Alema, B. e Renzi, chiede scusa. L’attacco del 20 marzo 2003 all’Iraq – ammette con appena 12 anni di ritardo in un’intervista alla Cnn – fu un tragico “errore di pianificazione e di valutazione”, dovuto a rapporti di intelligence “sbagliati” e alla previsione sballata di “ciò che sarebbe accaduto una volta rimosso il regime” di Saddam Hussein: cioè la guerra civile fra gli sciiti andati al potere e i sunniti che, emarginati e umiliati, si sono presi la rivincita fondando l’Isis.
Si dirà: bella scoperta, ci eravamo arrivati anche senza le sue scuse. E poi quella di Blair è un’azione preventiva, proprio come la guerra in Iraq. L’ex premier britannico – la cui popolarità a Roma è inversamente proporzionale a quella a Londra, dov’è talmente sputtanato che i laburisti si sono ridotti a votare Corbyn – tenta di anticipare le conclusioni della commissione d’inchiesta Chilcot, che si accinge a smascherare le sue menzogne: il suo via libera a Bush per l’attacco congiunto a Baghdad non risale alla vigilia, cioè al marzo 2003, quando – come lui ha sempre giurato – non c’erano più alternative alla guerra, bensì alla primavera del 2002, quando le ispezioni dell’Onu sulle fantomatiche armi di distruzione di massa erano appena iniziate.
È la prova che Blair era in totale malafede: aveva ragione la Bbc che accusò il suo governo di aver “ritoccato” i rapporti d’intelligence sugli inesistenti arsenali chimici, atomici e batteriologici di Saddam per renderli più accattivanti (sexedup) e convincere l’opinione pubblica a sostenere il conflitto. Downing Street scatenò la guerra termonucleare contro la Bbc e il caso finì dinanzi a un giurì indipendente affidato a un ex giudice, Lord Hutton. Il quale stabilì che la Bbc aveva ragione sui “ritocchi”, ma non sulla malafede del governo. Il giornalista Andrew Gilligan, autore dello scoop, si era fidato di una fonte, lo scienziato David Kelly, che si era rivelata corretta: l’Iraq di Saddam,come aveva già accertato l’Onu e contrariamente a quel che sosteneva Blair, non possedeva armi di distruzione di massa. Lord Hutton riconobbe però la buona fede di Blair e condannò Gilligan per averlo accusato di malafede. Gilligan dovette lasciare la Bbc, come pure il direttore generale Greg Dyke. Poi l’entourage blairiano diede in pasto alla stampa il nome di Kelly, che si suicidò.
Se le recenti scoperte della commissione Chilcot fossero già state note 12 anni fa, anche la malafede di Blair sarebbe stata accertata e il suo governo se ne sarebbe dovuto andare anzitempo al posto dei vertici della Bbc. Ora però che Blair chiede scusa, va forse ricordato che non c’erano soltanto lui e Bush a sostenere la bufala delle armi di distruzione di massa. C’era anche il nostro governo, guidato da B., con gran codazzo di stampa guerrafondaia. Ma naturalmente né B. né i suoi alleati (oggi sparsi tra Forza Italia, Lega Nord, Ncd, Udc, Api, FdI e affini) né tanto meno le penne bombardiere hanno mai ammesso di aver raccontato un sacco di balle agli italiani, mandando migliaia di soldati a morire e a uccidere in nome di quella menzogna. E di tante altre, tipo l’alleanza fra Saddam e Osama bin Laden (i due non si erano mai visti, si odiavano e si erano condannati a morte reciprocamente) o l’esportazione della democrazia (con i risultati a tutti noti).
Rammentiamo, a imperitura memoria, i titoli del Giornale allora diretto da Maurizio Belpietro, che vedeva distintamente dalla sua finestra in via Negri a Milano, munito si suppone di cannocchiali e binocoli satellitari ad altissima precisione, i terribili ordigni di Saddam che quelle schiappe cecate degli ispettori Onu non riuscivano a individuare sotto il loro naso. “Gli iracheni pronti a usare le armi chimiche ” (23.3.2003), “Così Saddam ha ingannato gli ispettori. A Baghdad una struttura specializzata nell’occultare armi e prove. L’Onu sapeva, ma ha taciuto” (29.3.2003). “Antrace, botulino, agenti nervini e vescicanti: Saddam ha nascosto il suo arsenale in case, scuole, moschee, pronto a utilizzarlo con bombe, aerei e missili. Dispone di 100-5600 tonnellate di Sarin e Vx e 25 mila litri di carbonchio”, “30 mila munizioni chimiche e migliaia di litri di nervino scoperti in una fabbrica di pesticidi” (30.3.2003). “Trovate attrezzature per micidiali armi chimiche” (2.4.2003).
Analoghe visioni allucinogene colpivano i cicciobomba cannonieri del Foglio, addirittura prima della loro conversione al sanfedismo cattolico. Giuliano Ferrara, già agente della Cia, si scagliò contro l’“aggressione della Bbc al governo Blair” e si felicitò per l’epurazione di Gilligan, “un simil Santoro” licenziato “senza nemmeno bisogno di un discorso di Blair da Sofia” perché “la Gran Bretagna è un paese serio” e lì “non hanno fatto il girotondo come da noi per Biagi & Co., come avviene qui quando le bufale giornalistiche sono premiate dalla protesta del valoroso popolo televisivo”. Quando poi un reportage di Sigfrido Ranucci testimoniò su Rainews24 che le armi chimiche le avevano usate le truppe occidentali per radere al suolo Fallujah e sterminare i suoi abitanti col fosforo bianco, il Giornale liquidò lo scoop come “una sciocchezza”, “una storia di ordinaria demagogia e partigianeria filo terrorista”: infatti – testuale – “il fosforo è stato impiegato per illuminare le postazioni nemiche”.
Neppure le prove fotografiche delle torture americane nel carcere di Abu Ghraib, anche dopo la condanna pronunciata da Bush, smossero di un millimetro i nostri cappellani militari: il garantista Ferrara parlò di “episodi circoscritti” (almeno 25 prigionieri morti per le sevizie), allarmatissimo che lo scandalo “ci indebolisca nella guerra”: non per le torture in sé, beninteso, ma per “la voracità morbosa di dire che la colpa è dell’Occidente, di pubblicare immagini delle torture degli occidentali”.
Piero Ostellino intimò sul Corriere: “Non chiamiamole torture”, ma semplici effetti collaterali della “mancanza di professionalità, di addestramento, di controllo” delle truppe, giacché “la democrazia reale” è “catturare i sospetti di terrorismo, farli parlare, accumulare la maggior quantità di informazioni”: insomma “l’intelligence non è un balletto”, si è sempre fatto così, possibilmente avendo cura di “non farsi fotografare se si maltrattano i sospetti di terrorismo”.