DI ALESSIO MANNINO
ilribelle.com
Che noia, questo Obama. Il politico più progressista e cool del pianeta per rilanciarsi non trova di meglio che rispolverare il politically correct per antonomasia, scontato e innocuo, dunque perfetto per il sentimentalismo liberal a buon mercato: la sorte dei «fratelli e sorelle gay». Premessa: da parte di chi scrive nessuna moralina cristianeggiante – per l’esattezza: alla Paolo di Tarso, pervertitore dell’amorale Cristo – né alcun pregiudizio tardo-borghese d’importazione puritana. Personalmente, da pagano, sia pur moderno e perciò miscredente, vedo la sessualità come un ingrediente naturale, istintivo, ludico, dionisiaco, goloso, ferino, e amare un uomo o una donna dovrebbe essere affare libero e privato. L’eros antico avrebbe molto da insegnare ai nostri residui preconcetti e sensi di colpa derivati da duemila anni di repressione sessuofoba. Ma c’è una differenza fondamentale, un limite invalicabile perché anch’esso dettato dalla natura: nell’unione fra un uomo e una donna è inscritta la procreazione, la nascita della vita; nell’amore fra due persone dello stesso sesso, no. È così e basta, e saggezza vorrebbe che questo discrimine sia rispettato, venerando il principio stesso su cui la natura-madre crea l’uomo e armonizzandovi il suo corrispondente sociale e legislativo. Con ragionevolezza, prendendo atto che alcune esigenze attuali sono passabilissime. In breve: no al matrimonio gay, in quanto sterile; sì ai diritti di buonsenso per le coppie omosessuali.
Approfondiamo. Un conto è la questione delle convivenze, un altro il bisogno di riconoscimento delle relazioni omo. Due conviventi possono essere un uomo e una donna, e lo sono sempre di più in quest’epoca secolarizzata e individualista in cui al matrimonio civile o religioso i giovani preferiscono un eterno e meno impegnativo fidanzamento. Ma possono essere anche due amici che condividono lo stesso tetto per smezzare il caro-vita, oppure due vecchietti o nonnine che alleviano la solitudine abitando insieme.
Ora, se un ragazzo e una ragazza non vogliono assumersi la responsabilità giuridica e sociale dei doveri matrimoniali, non si vede perché debbano poter pretenderne i conseguenti diritti. Per gli altri, dal testamento per la successione, dalla delega per le cartelle cliniche alla cointestazione dell’affitto, le leggi esistenti prevedono blande tutele. Insufficienti? Le si integrino con misure come il certificato di famiglia anagrafica adottato in alcuni Comuni italiani. Ma è troppo facile rifiutare di sposarsi con atto pubblico ed esigere la stessa considerazione di chi si sposa: è volere la botte piena e la moglie ubriaca. Spiace per i giuristi lettori di Harmony, ma l’amore-sentimento, bellissimo desiderio, non compete al legislatore. Ed è bene che continui a non competergli, onde evitare di ficcare il naso nella nostra intimità.
Diverso il discorso per le coppie gay. La sentenza 4148 della Cassazione del 15 marzo 2012 ha respinto la trascrizione in Italia di un matrimonio fra due uomini avvenuto all’estero. Nel nostro paese, infatti, è assente una legislazione in merito. Al contempo, tuttavia, la suprema corte ne ha sostenuto la necessità, invocando per gli omosessuali un “trattamento omogeneo” a quello dei coniugi etero.
La Cassazione, che non è il verbo divino in terra, ha torto a chiedere un’equiparazione tra matrimonio e unione gay. E non tanto per il famoso dettato della Costituzione, che pure all’articolo 29 parla correttamente di famiglia come “società naturale”. Quanto, piuttosto, per una constatazione pre-costituzionale e pre-sociologica: la famiglia è tale se ha come scopo ultimo la prole, il donare la vita. Lo stesso significato di matrimonio rimanda alla maternità, a sua volta indissolubilmente legata, e non potrebbe essere altrimenti, alla paternità. Le eccezioni sfortunate, come le coppie incapaci di procreare, confermano la regola decretata dalla differenza fra sessi.
Il matrimonio omosessuale (attenzione: non la relazione e men che meno il sesso, Dio ci scampi e liberi dall’omofobia pretesca) è un controsenso biologico. E lo è anche dal punto di vista psicologico, perché l’equilibrio naturale del bambino non è dato solo dall’amorevolezza e dalle cure, ma dall’educazione interiore e dall’esempio inconscio che solo una coppia uomo-donna può dare. Il complesso di Edipo diventerebbe una fantasia letteraria di Freud se ci convincessimo dell’idea assurda che basta il semplice “affetto” di due persone, a prescindere del loro genere, per crescere futuri adulti psicologicamente sani e completi. Perciò trovo l’adozione o i figli in provetta per i gay profondamente sbagliate: il bene del bambino è superiore alla volontà egoistica di essere padri o madri quando non si può esserlo.
Sotto il profilo sociale, infine, una società che non predilige l’eterosessualità si allontana da quello che, piaccia o no, la natura ha decretato come presupposto dell’esistenza stessa: la tensione degli opposti che genera l’energia che sostiene il mondo, senza la quale la vita cesserebbe – e sappiamo quale prezzo stiamo già pagando in termini esistenziali per aver rimosso e rinnegato i limiti e i ritmi naturali in tanti aspetti della nostra vita, rendendola un consumo usa-e-getta di oggetti e sensazioni mercificate, meccanizzate, commercializzate, superficializzate.
Detto questo, penso che diritti minimi, di buon senso, vadano riconosciuti agli omosessuali. Soddisfare bisogni elementari e sacrosanti senza stravolgere l’impianto del matrimonio, mi pare una cosa altrettanto naturale e giusta. Per dire: non è umanamente ammissibile che in ospedale il compagno di un malato non possa ricevere informazioni sulla sua cartella clinica. In sintesi, vedo bene quelle unioni civili limitate ad una serie di garanzie, per l’appunto, di decenza civile.
Un’ultima considerazione finale. L’amore dovrebbe essere la cosa più libera del mondo, anche dalle leggi. Compreso quello omosessuale, che come impulso è naturale tanto quanto quello etero, visto che si tratta di un’inclinazione che segue gli oscuri meandri della psiche, e perciò non va né condannato né esaltato, ma semplicemente accettato. Ma è sempre la natura ad averlo reso sterile e inadatto al ruolo differenziato di padre e madre, e nessuno può farci nulla. Se altri popoli in materia hanno fatto scelte legislative diverse, questo non significa automaticamente che occorra imitarli. Altrimenti potrà saltar fuori qualcuno a chiedere d’imitare la democraticissima e liberalissima Inghilterra (dove è lecito adottare per le coppie omosessuali), ad esempio, che so, nei licenziamenti più facili. Ops, dimenticavo: questo l’hanno già fatto abbondantemente, da un pezzo, e con saccenza tipicamente liberale.
Alessio Mannino
Fonte: www.lavocedelribelle.com
23.01.2013
via www.giornaledelribelle.com