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La Redazione

 

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MANIFESTO CONTRO IL MANDATO D'ARRESTO EUROPEO

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A cura di Davide
Il 25 Ottobre 2004
61 Views

Il prossimo 29 ottobre a Roma sarà firmata la Costituzione europea. Gli Stati membri dell’Unione avranno due anni da quel momento per ratificare il testo che contiene il mandato d’arresto europeo. Questo obbrobrio giuridico di cui tutto il popolo europeo è tenuto all’oscuro grazie alla complicità quasi totale dei media, mette seriamente in pericolo quei diritti civili e democratici di cui ancora in parte godono i cittadini del vecchio continente. Trattandosi di una questione di cruciale importanza riportiamo per esteso il Manifesto contro il mandato d’arresto europeo e per la difesa dei diritti civili

Giuristi, giornalisti, docenti, scrittori, nell’illustrare le
ragioni del loro impegno civile invitano i cittadini italiani,
tutti, ad approfondire il grave tema del Mandato di arresto europeo,
la cui portata epocale è stata sino ad oggi misconosciuta, quando
non occultata, dai media. Le considerazioni che seguono, impongono
anche una seria riflessione sull’attuale processo di costruzione
dell’Europa e sui rischi derivanti dalla incombente approvazione di
una costituzione europea. Costituzione che sottrarrebbe
definitivamente enormi settori di potere alle sovranità nazionali,
senza rispettare, nel caso del nostro Paese, le rigorosissime
procedure previste dall’art. 138 della Costituzione italiana a
tutela della ponderatezza e della democraticità di ogni modifica
costituzionale.La Decisione Quadro “relativa al Mandato d’arresto europeo”, varata
dal Consiglio dell’Unione europea su proposta della Commissione
europea il 13 giugno 2002, ha suscitato in molte persone di provata
competenza gravi perplessità e, in autorevoli interventi, è stato
dimostrato che essa rappresenta un gravissimo indebolimento dei
diritti civili e democratici di cui attualmente godono i cittadini
italiani. Se venisse approvata non è esagerato affermare che
verrebbero messe a rischio le garanzie costituzionali poste
attualmente alla base della nostra convivenza civile, aprendo la via
a possibilità repressive senza precedenti, da parte di autorità
lontane, anonime ed impersonali, in pratica incontrollabili. Queste
possibilità, nell’ottica europea, sarebbero giustificate da un
rapporto di reciproca “fiducia” degli Stati membri dell’U.E nei
rispettivi sistemi giudiziari.
Si tratta di una pretesa chiaramente inaccettabile, sia in termini
giuridico-costituzionali, che politici: uno Stato sovrano non può
rinunciare – né nei casi particolari, né men che meno in termini
generali – ai diritti di libertà dei propri cittadini, consegnando
gli stessi ad autorità straniere senza effettuare alcun controllo
sulla fondatezza delle accuse loro mosse e sul tipo di reato loro
contestato. D’altronde questa evidenza è tale che la natura
liberticida del Mandato di arresto europeo è stata criticata
espressamente da angoli di visuale assai diversi: a partire dall’ex
Presidente della Corte costituzionale italiana Vincenzo Caianiello,
per arrivare ad una parte significativa della sinistra italiana e
francese, all’ex cancelliere dello Scacchiere del governo Major,
lord Norman Lamont .

Prima di venire ad un esame più puntuale del problema, va
sottolineato un aspetto giuridico di vitale importanza: ai sensi
dell’art. 34 del Trattato sull’Unione europea, se l’Italia recepisce
la Decisione quadro sull’Euromandato resta vincolata al rispetto dei
principi contenuti nella Decisione medesima. Per tale motivo,
risulterebbe inutile, quando non dispersivo, approfondire nella
seguente sintesi il contenuto delle proposte formulate dagli
schieramenti politici nazionali.

1) Il Mandato d’arresto europeo espone il cittadino italiano ai
rigori di molteplici leggi straniere per fatti che il nostro diritto
considera leciti.
La relativa Decisione (art. 2, par. 2), infatti, abroga
espressamente il fondamentale principio della doppia
incriminabilità. In forza di tale principio l’Italia consegna i
propri cittadini ad un altro Stato solo se il reato per cui si
procede costituisce reato anche per la legge italiana e non solo per
quella straniera.
Grazie a detta abrogazione, dunque, attraverso un sostanziale venir
meno del principio di legalità (art. 25 Cost.), il cittadino
innocente (in base legalità italiana) potrà essere incarcerato in
forza di 24 legislazioni penali (per ora “solo” 24, in futuro molte
di più) a lui sconosciute.
E’ chiaro, in un’ottica più ampia e meno specialistica, che nel
sistema delineato dalla Decisione quadro U.E. le libertà di tutti i
cittadini appartenenti all’Unione vengono esposte ad un pauroso
salto nel buio.
L’obiezione dei proponenti per cui già esistono convenzioni in cui
si prescinde dalla doppia incriminabilità, è di per sé
inaccettabile: difatti, mentre oggi prescindere dalla doppia
incriminabilità rappresenta una sporadica (e comunque, in generale,
gravissima) eccezione al principio di legalità, nel sistema
conseguente all’Euromandato assurgerebbe al rango di (anti)-
principio generale dell’ordinamento.

2) Il Mandato d’arresto europeo vuole offrire la possibilità ad un
giudice straniero di arrestare cittadini italiani (innocenti) anche
per fatti compiuti in tutto o in parte in Italia.
Esso infatti, per quanto i proponenti si preoccupino in ogni modo di
negare questa imbarazzantissima evidenza, stabilisce che di massima
(art. 4, c. 1, incipit e punto 7, lett a) salvo diversa decisione
dell’autorità giudiziaria – che peraltro in tal caso è tenuta a
motivare il diniego (art. 17, comma 6) – il cittadino va consegnato
al giudice straniero anche per fatti che si considerino avvenuti in
tutto o in parte in Italia, così sostanzialmente abolendo il
principio del giudice naturale (art. 25, comma 1, Cost.).
Correlato al punto precedente, questo principio comporta la
conseguenza paradossale che ogni italiano potrebbe essere arrestato
e prelevato da un qualsiasi giudice o pubblico ministero di uno dei
24 Paesi dell’U.E. per ivi rispondere penalmente – in base a leggi a
lui ignote – di un fatto lecito compiuto in tutto o in parte in
Italia. Si tralasci il caso chiaramente pretestuoso di un
Euromandato spiccato da un giudice straniero contro un cittadino
italiano per un fatto lecito commesso integralmente in Italia.
Si pensi, di contro, che persino restando in Italia è assolutamente
comune mantenere una condotta che vada a prodursi, almeno in parte,
su territorio straniero: tutti coloro che navigano in Internet, i
politici, gli imprenditori, i giornalisti, possono agire, esprimere
opinioni, effettuare operazioni (lecite nel nostro Paese, ma
illecite altrove) i cui effetti (l’effetto è una frazione del
reato), appunto, si producono almeno in parte all’estero, così
sollecitando i minacciosi “interessi” di questo o quel magistrato
straniero.

3) Le fattispecie criminose per cui è possibile spiccare un
euromandato non sono 32, ma innumerevoli.
L’articolo 2 della Decisione quadro definisce le 32 fattispecie di
reato che giustificherebbero l’applicazione del “Mandato d’arresto”.
Ebbene, la tradizione giuridica europea non può che inorridire di
fronte alla grossolanità di chi ha redatto questa normativa: si
individuano 32 tipologie di reato (e non 32 reati), ovviamente
definite in modo talmente vago e generico che i comportamenti più
disparati, ben diversi fra di loro – ed a priori non identificabili
in base all’art. 2 – potrebbero divenire penalmente perseguibili. Si
tratta di una vera e propria “legge sui sospetti”, che potrebbe
praticamente permettere di perseguire penalmente chiunque, dal padre
di famiglia, al direttore d’azienda, al giornalista, al politico.
Infatti i crimini sono ad esempio così definiti: “razzismo e
xenofobia” (xenofobia significa solo paura dello
straniero), “criminalità informatica” (il possesso casuale di un
programma informatico copiato ad esempio?), “favoreggiamento
dell’ingresso e del soggiorno illegali” (una badante clandestina che
cura un’anziana, potrà giustificare l’arresto?), “sabotaggio” (la
partecipazione ad uno sciopero, chi ci garantisce che non venga
considerata tale?). E’ chiaro che questi titoli tanto generici
permetteranno amplissime possibilità repressive, in quanto potranno
essere tradotti in molti e diversi reati (nell’ambito del medesimo
Stato), reati che a loro volta vanno moltiplicati per ben 25 diversi
codici penali ed innumerevoli leggi speciali. Risulta ancora più
chiaro, a questo punto, quali siano i rischi connessi alla citata
abolizione della doppia incriminabilità.
Tralasciando ogni valutazione che non sia di natura giuridica, il
caso della scrittrice Oriana Fallaci, processata per ben due volte
in Francia e condannata in Svizzera per il noto libro “La rabbia e
l’orgoglio”, ed oggi denunciata in Italia a causa della sua ultima
opera, “La forza della ragione”, dà in definitiva ed in concreto
un’idea di quale enorme potere repressivo verrebbe scatenato
adottando su scala continentale il Mandato di arresto europeo.

4) Il Mandato d’arresto europeo si risolve in una semplice consegna
dell’accusato, in quanto deve venire eseguito anche se contro
quest’ultimo non esiste la minima prova.
Infatti l’indicazione degli indizi di colpevolezza non solo non è
prevista (art. 8), ma è addirittura esclusa dalla modulistica
allegata alla Decisione, che non concede spazio alcuno ad una sia
pur sommaria valutazione delle prove a carico dell’accusato: è
sufficiente che il giudice o il pubblico ministero straniero indichi
i fatti (che potrebbero essere paradossalmente persino
inventati) “giustificanti” la richiesta di consegna dell’accusato.
In assenza di motivazione, pertanto, anche l’accusa più infondata e
pretestuosa può portare all’arresto ed alla traduzione del cittadino
italiano in un altro Stato. Viene qui meno, pertanto, la garanzia di
cui all’art 13 della Costituzione, in base al quale ogni atto che
limiti la libertà dei cittadini deve essere motivato.
I proponenti, d’altronde, lo hanno esplicitamente riconosciuto:
spetta al giudice straniero – e non a quello italiano – valutare se
vi sia almeno un minimum di prove a carico dell’accusato.
Questa rinuncia ad una valutazione delle prove comporta inoltre uno
svuotamento di significato dell’articolo 26, 1° comma, della stessa
Costituzione italiana, perché ad un sistema in cui l’estradizione
del cittadino è eccezionale, si sostituisce una consegna
praticamente automatica dello stesso all’autorità straniera.
Ora, l’estradizione differisce dalla consegna in quanto appunto
mentre la prima comporta la necessità per lo Stato richiedente di
motivare le proprie pretese e per lo Stato richiesto di controllare
la fondatezza delle prove su cui si basano le accuse mosse
all’estradando, la seconda viene invece effettuata senza compiere
questi essenziali controlli. Con simili premesse ogni abuso diventa
possibile.

5) Il Mandato d’arresto europeo toglie praticamente di mezzo la
figura dell’avvocato difensore, che, non potendo né interloquire
sugli indizi di colpevolezza, né addurre l’eventuale violazione del
principio di doppia incriminabilità, né eccepire il carattere
politico del reato (ché anzi i reati politici e di opinione, come si
vedrà, sono particolarmente nel mirino della proposta europeista),
non si capisce cosa ci stia a fare. Il suo ruolo è infatti talmente
ridotto da poter servire solo a gettare polvere negli occhi, facendo
credere al pubblico che esiste ancora un diritto alla difesa.
Comunque, significativamente, questo simulacro di difensore perde il
suo nome programmatico e viene definito all’art. 11 “consulente
legale”.

6) Il sequestro dei beni del malcapitato che incappasse
nell’Euromandato garantisce l’impotenza dell’arrestato, che,
spogliato di ogni proprio avere da un magistrato straniero, potrà
essere ridotto alla disperazione.
Basandosi sul solito principio della reciproca fiducia in materia
giudiziaria, il Consiglio ha infatti adottato una decisione quadro
in materia di “blocco dei beni o di sequestro probatorio” in data 22
luglio 2003, che prevede, fra l’altro, il sequestro “per la
successiva confisca dei beni” (art. 3, comma 1, lett. b)). Anche qui
è espressamente specificato che per il sequestro non serva la doppia
incriminabilità (v. prec. punto n. 1). Anche qui il giudice italiano
non può fare obiezioni di merito e persino a fronte di un sequestro
pretestuoso deve solo, di regola, eseguirlo. Per quali puntuali
motivi si darà luogo a confisca? Aperta la strada ad una confisca di
cui non si conoscono a priori i confini ed i reali motivi, è chiaro
quali potenzialità repressive si schiudano.
A mero titolo di esempio, si pensi che in Italia la famigerata legge
Mancino (L. n. 205/1993) – che non a caso si ispira a modelli
repressivi transnazionali contrari alla nostra tradizione giuridica –
sanziona l’appartenenza ad organizzazioni colpevoli di reati di
mera opinione con la confisca (anche) dell’alloggio del “reprobo”: è
sufficiente che in quell’alloggio si trovino determinati strumenti
idonei ad offendere: ad es. un coltello da cucina (!). Se
il “criminale” viene giudicato in patria, simili norme pretestuose,
finalizzate esclusivamente all’annichilimento dell’avversario,
vengono sterilizzate o comunque rese scarsamente offensive dal
controllo dell’opinione pubblica. Esse diverrebbero però pienamente
operative se a giudicare fosse un magistrato straniero, svincolato
da ogni controllo sociale. A ciò si aggiunga che in Italia,
fortunatamente, previsioni quali quelle della legge Mancino
rappresentano un’eccezione. E nel resto d’Europa.?

7) Il Mandato di arresto europeo per quanto sovversivo delle
garanzie giuridiche possa apparire, non è che il preludio di un
sistema automatico di consegna degli accusati e dei condannati a
qualsiasi autorità giudiziaria dell’Unione europea per qualsivoglia
accusa.
Questo sconvolgente programma, che costituisce un formale impegno
per tutti gli Stati che in qualsiasi modo vi aderiscano, è
esplicitamente enunciato, pur fra molte proteste del tutto
generiche, e quindi meramente retoriche, di “rispetto dei diritti
fondamentali”, dal 5° dei 13 “consideranda” che precedono il testo
normativo del Mandato di arresto. In esso infatti si
legge: “L’obiettivo dell’Unione di diventare uno spazio di libertà,
sicurezza e giustizia, comporta la soppressione dell’estradizione
fra Stati membri che deve essere sostituita da un sistema di
consegna tra autorità giudiziarie”, pervenendo in conclusione ad “un
sistema di libera circolazione delle decisioni giudiziarie in
materia penale.”.
A questo punto le sovranità nazionali e le libertà civili non
esisterebbero più, se non sulla carta.

8) L’esecuzione di un Mandato di arresto europeo si può risolvere in
una vera e propria deportazione.
E’ questa la considerazione che discende con tutta evidenza dai
precedenti punti. Per rendersi conto di quanto essa sia
inconfutabile, è sufficiente pensare alla situazione di un cittadino
italiano prelevato e trasportato in qualche carcere di un Paese
straniero di cui ignora totalmente la lingua, dove non conosce
nessuno e nessuno sa chi egli sia e si preoccupa del suo destino,
dove non sa a chi rivolgersi per la difesa e, se pur gli è assegnato
un avvocato, né egli lo capisce, né l’avvocato capisce lui. Le sole
difficoltà economiche in cui verrebbe a trovarsi sarebbero, di
regola, sufficienti a precludergli ogni seria speranza di difesa.
L'”euroarrestato”, quand’anche in Italia fosse il primo dei
penalisti, nulla saprebbe delle leggi del Paese nelle cui carceri è
detenuto. Presto dimenticato anche nella sua ormai lontanissima
patria, rischierebbe di scomparire nell’ignoto.
Alla luce di tutto quanto sin qui esposto, ci si trova, in
definitiva, in presenza di una sistematica violazione dell’art. 24,
2° comma (“La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del
procedimento”) e dell’intero art. 111 della Costituzione italiana,
recentemente riformato all’insegna del “giusto processo”.
La sola prospettiva di essere sottoposti a simili rischi basterebbe
a creare un clima di terrorismo psicologico capace di garantire un
controllo pressoché assoluto sulla società civile, così impedendo
ogni libertà.

9) I popoli vengono tenuti all’oscuro sulla sconvolgente portata del
Mandato di arresto europeo.
Il Mandato d’arresto verrebbe adottato (e in molti paesi è stato già
recepito) senza nessun vero dibattito pubblico, senza nessun
coinvolgimento ed informazione dei cittadini, in un complice e
sospetto silenzio della stampa e dei grandi mezzi di comunicazione.
Vi sono – come chiunque può verificare di persona con poche domande –
innumerevoli avvocati, magistrati, addetti delle forze dell’ordine,
persone impiegate ad ogni livello nelle più diverse ed anche
importanti attività, che non sanno dire nulla di preciso sul
contenuto del “Mandato d’arresto europeo”. Il popolo italiano
verrebbe scavalcato dalle proposte (di fatto sono ben più che
semplici proposte) di pochi tecnocrati di Bruxelles, non eletti dai
cittadini: in condizioni di omertoso silenzio e di totale
manipolazione delle opinioni pubbliche. Prima che il Parlamento si
pronunci occorre che i cittadini sappiano, che si abbia un dibattito
pubblico intenso e franco, che le persone vengano rese edotte dei
gravissimi rischi inevitabilmente connessi anche al miglior tipo di
adattamento della legge sul “Mandato d’arresto”.

10) Il Mandato d’arresto europeo mostra che le decisioni prese a
Bruxelles possono ledere diritti fondamentali, scavalcando persino
Parlamenti e Costituzioni nazionali.
L’introduzione del Mandato d’arresto europeo (ma lo stesso discorso
vale per moltissime altre normative imposte da Bruxelles agli ignari
popoli europei) configura la violazione di principi e garanzie
fondamentali statuiti dalla Costituzione italiana e rivela la
gravità di quello che in gergo viene chiamato “deficit di
democrazia” della U.E., consistente anzitutto nel fatto che
sistematicamente i tecnici ed i funzionari della Commissione Europea
(non eletti e non conosciuti dai cittadini degli Stati europei)
producono, a ritmo frenetico, migliaia di pagine di nuove proposte
normative, che poi vengono presentate per l’approvazione al
Consiglio dell’Unione (che riunisce i ministri nazionali competenti
per la materia trattata). In tal modo, ed in base ad altre analoghe
procedure, un rappresentante dell’esecutivo, avallando a Bruxelles
una proposta europea di cui spesso ignora la vera portata, impegna
tutto il suo paese a recepire normative-capestro che possono
alterare o cancellare più di un articolo delle costituzioni o delle
leggi nazionali. Né si dimentichi che in seno all’U.E. il Parlamento
europeo, che è l’unica istituzione eletta democraticamente, ha un
ruolo del tutto marginale.

11) Fra le elasticissime figure di reato punibili, è previsto di
fatto anche il reato di pensiero.
Questa aberrazione giuridica è raggiunta dalla diciassettesima
fattispecie del già citato art. 2: “razzismo e xenofobia”, in cui
praticamente qualunque opinione non perfettamente “politically
correct” può esporre al rischio della persecuzione giudiziaria.
Infatti, in base all’ennesima proposta di decisione quadro, sempre
della Commissione europea (del 28 novembre 2001: articolo 3, primo
comma, lettera a), si stabilisce che “per razzismo e xenofobia”
debba intendersi “il convincimento che la razza, il colore, la
discendenza, la religione o i convincimenti, l’origine nazionale o
l’origine etnica siano fattori determinanti per nutrire avversione
nei confronti di singoli o di gruppi”. Dunque, l’opinione che la
religione o le idee siano fattori determinanti per nutrire
avversione verso un gruppo, giustificherebbe di fatto l’arresto
del “reo”, che verrebbe tradotto in un altro paese, con conseguenze
morali, giuridiche e materiali catastrofiche. Siamo alla più
conclamata ed incredibile forma di persecuzione e condanna delle
idee, del pensiero: viene difatti criminalizzato il
semplice “possesso” di “convincimenti”, ovvero di idee e opinioni
intime e personali e in nessun modo tradottesi in comportamenti
aventi, eventualmente, effettiva rilevanza penale.
La libertà di pensiero e di manifestazione dello stesso (art. 21
Cost.) verrebbe definitivamente sepolta, e con lei anche il divieto
costituzionale di estradizione dei cittadini italiani per reati
politici (art. 26, c. 2, Cost.).

12) Il Mandato d’arresto europeo si fonda su un uso eccessivo,
sproporzionato e liberticida della minaccia terroristica.
La minaccia del terrorismo, utilizzata dall’11 settembre 2001 in poi
come convincente strumento di pressione per introdurre
l’Euromandato, non può e non deve giustificare, in linea di
principio, alcuna diminuzione dei diritti civili fondamentali; non
può minare una Costituzione e svilire le garanzie che questa
statuisce per i cittadini di uno Stato sovrano.Tanto più che
l’enunciato scopo di permettere a Stati stranieri interferenze –
anche pretestuose, in quanto immotivate ed insindacabili nel merito –
sulla libertà e sulle proprietà di cittadini di altre Nazioni,
rappresenta non solo il funerale della sovranità dei singoli Stati,
ma anche l’implicita ammissione del fatto che sta sviluppandosi un
efficiente sistema di deportazione, sia pur coperto da un diverso
nomen iuris.
Spaventa la frettolosità con cui l’Unione europea, nonché prima di
lei gli U.S.A. e la G.B. (si pensi al “Terrorism Act” e alla recente
richiesta di Blair di avere processi segreti contro chi è accusato
di terrorismo), si sono lanciati a varare leggi fortemente
restrittive dei diritti fondamentali e della libertà d’opinione, in
particolare con la scusa del terrorismo.

13) Sino ad oggi, alla luce dell’ordinamento costituzionale
italiano, il Mandato di arresto europeo non ha valore imperativo:
recepirlo anche solo in parte equivale però a recepirlo
integralmente! Per questa ragione va respinto in toto.
In effetti il Governo italiano ha assunto un impegno, in sede
europea, a recepire l’Euromandato.
Stando ad una lettura costituzionalmente eversiva dell’art. 34 del
Trattato sull’Unione europea, l’Italia sarebbe ormai tenuta dal
menzionato impegno (ottenuto fra l’altro obtorto collo) a recepire
senz’altro lo sconvolgente istituto in esame. Di contro è evidente
che l’obbligo di recepimento va letto alla luce dell’ordinamento
costituzionale italiano, in base al quale è il Parlamento sovrano a
dover esprimere l’ultima parola su questo tema. Né il Potere
esecutivo, né men che meno, come è avvenuto, uno o alcuni membri del
Potere medesimo, hanno alcuna, si badi, alcuna legittimazione, a
sostituire il Parlamento in scelte quale quella in questione. Questa
materia è coperta fra l’altro da riserva assoluta di legge ed è
pertanto è rimessa dalla Costituzione all’insindacabile (e non
coercibile!) valutazione finale delle Camere.
Tanto premesso, se il Parlamento accogliesse l’Euromandato, sia pur
adattandolo ai principi costituzionali e di civiltà del diritto
penale, sorgerebbe un gravissimo pericolo: a questo punto, infatti,
lo Stato italiano avrebbe recepito almeno in parte l’Euromandato, in
tal modo riconoscendone il pieno valore vincolante ai sensi del
citato art. 34. Sorgerebbe allora una responsabilità giuridica
internazionale: l’Italia potrebbe venir condannata dalla Corte di
giustizia delle Comunità europee, in quanto pur avendo accettato
integralmente la Decisione quadro (art. 34 cit.), la avrebbe al
contempo recepita solo in parte. Tutti gli argini eventualmente
posti dall’Italia potrebbero così cadere uno dopo l’altro, ed il
Mandato divenire operativo in tutte le sue conseguenze (art. 35 del
citato Trattato).
La soluzione più ragionevole è pertanto quella di opporre un totale,
pieno, assoluto “no” ad un simile liberticidio.
Su eventuali obiezioni e dubbi che dovessero sorgere, prevalgono
infatti – oltre al surriferito argomento relativo alla preminenza
della sovranità parlamentare – la considerazione che i diritti
fondamentali di libertà, attesa la loro peculiare natura, non sono
in alcun modo riformabili dal Parlamento: neppure con le forme
previste per le modifiche della Costituzione (art. 138 Cost.), come
hanno avuto occasione di evidenziare in più d’una circostanza la
stessa Corte costituzionale e la dottrina di settore.

14) La nascente Costituzione europea incombe sulle sovranità
nazionali e sulle libertà civili come un novello cavallo di Troia.
Un ultimo pericolo preme qui evidenziare: l’approvazione della
Costituzione europea (v. art. 10, in particolare) sta svuotando di
contenuto la Costituzione italiana (e quelle nazionali di
tutt’Europa, ovviamente) in spregio alle rigide procedure di
modifica costituzionale previste dal già citato art. 138 Cost.
Tutto va oggi in questo senso: il caso paradigmatico del Mandato di
arresto europeo dovrebbe indurre ad inquietanti riflessioni. In
materia penale, oltretutto, il modello repressivo dell’Euromandato
rappresenta solo il culmine di uno stillicidio di anti-principi
giuridici che quasi con noncuranza vengono inseriti nelle proposte
normative europee, sempre più sistematicamente orientate in senso
puramente repressivo.
Se la Costituzione europea venisse approvata, ne deriverebbe
un’incontrollabile e definitiva emorragia di sovranità.
L’equivoco di fondo dell’Unione europea è proprio questo: sta
crescendo un formidabile Superstato, che però – mentre si accinge a
ridurre ad un tragico simulacro le sovranità nazionali – nega
espressamente ed insidiosamente di essere tale. Sorge pertanto una
gravissima questione: è necessario che prima di cedere integralmente
la Sovranità italiana all’Unione europea, il Parlamento ed il
Governo italiani approfondiscano seriamente le implicazioni
costituzionali di diritto interno connesse all’approvazione di una
Supercostituzione Transnazionale, valutando le responsabilità
morali, giuridiche e storiche, che ne conseguirebbero.
Senza dimenticare l’assoluta gravità delle mire liberticide di cui
gli organi europeisti hanno dato eloquentissima prova con la
Decisione quadro qui esaminata.

Associazione nazionale contro il Mandato d’arresto europeo e per la
Difesa dei Diritti civili
Via Ortaggi n. 8, 47900, Rimini

MANIFESTO CONTRO IL MANDATO D’ARRESTO EUROPEO
E PER LA DIFESA DEI DIRITTI CIVILI

ADERISCONO

GIANO ACCAME, storico, giornalista
CARLO ALBERTO AGNOLI, magistrato
FRANCESCO MARIO AGNOLI, magistrato
ALFONS BENEDIKTER, confondatore dell’S.V.P., giurista
GIOVANNI BEVERINI, avvocato
PAOLO BOGGIANO, avvocato
MIRELLA BOTTO, avvocato
GIUSEPPE CANONICO, magistrato
FRANCESCO CIANCIARELLI, docente universitario
ANTONIO CORADELLO, avvocato
ANDREA DALLEDONNE, docente universitario
RAUL CUNEO, avvocato
MATTEO D’AMICO, docente e scrittore
ALFONSO D’AVINO, magistrato
MASSIMO DE LEONARDIS, docente universitario
LUIGI DEL PACCHIA, avvocato
MARCO DELUCCHI BARONI, avvocato
FRANCESCO DEMARTINI, avvocato
ANDREA DI FRANCIA, avvocato
LUCIANO GARIBALDI, storico e giornalista
GIUSEPPE IACOPETTI, avvocato
ALFIO KRANCIC, giornalista e vignettista
PAOLO KUSMIC, avvocato
PATRIZIA LARDONI, avvocato
MASSIMO MALLUCCI DE MULUCCI, avvocato
PINO MORANDINI, magistrato amministrativo, consigliere U.d.C. della
P.A.T.
EDOARDO MORI, magistrato
EUGENIO PENSINI, avvocato
ETTORE RANDAZZO, avvocato
ROBI RONZA, giornalista, scrittore
ANTONIO SEGALERBA, avvocato
MARIO SOSSI, magistrato
BRUNO TARQUINI, scrittore, già Procuratore generale presso la Corte
d’Appello de L’Aquila
ANDREA TRUNZO, co-curatore di giustiziaeuropea.it, redattore capo di
IN-Giustizia
ROBERTO VITTUCCI RIGHINI DI SANT’ALBINO, avvocato
VITOGIANCARLO VITTUCCI RIGHINI DI SANT’ALBINO, avvocato
PIERO VASSALLO, filosofo, giornalista

APPROFONDIMENTI:utenti.lycos.it/progettoeurasia/mandato.htm

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