DI DAVIDE POCCHIESA
11 marzo 2004, ore 7.40, Madrid esplode sotto i colpi di quattro bombe piazzate sui treni della “cercania”. È dolore e tragedia, più di 190 morti, migliaia i feriti.
Per non dimenticare: era un giovedì e la domenica seguente la Spagna sarebbe andata alle urne. Il Partito Popolare al governo, il PSOE di Zapatero a cercare di rimontare i punti di svantaggio che le proiezioni elettorali gli assegnano.
Sappiamo tutti come è andata a finire, Zapatero ha vinto, ha ritirato le truppe dall’Iraq e noi ce lo ricordiamo per questo.
Ma in quei quattro giorni, per risalire la china di una sconfitta annunciata, la Spagna si è messa a nudo. In quei quattro giorni le lotte intestine che caratterizzano la ricerca del potere in democrazia sono emerse in tutta la loro disperata potenza.Ore 13.30: il Ministro degli interni Ángel Acebes compare in conferenza stampa annunciando che senz’ombra di dubbio l’attentato è opera di ETA: “è assolutamente intollerabile qualsiasi tipo di intossicazione diretta a sviare l’obbiettivo e i responsabili di questa tragedia”
Ore 14.00 alla stazione di Alcalá de Heranes viene ritrovato un furgone rubato con sette detonatori e una musicassetta con versi in Corano.
Ore 16.00 il primo ministro Aznar compare in TV e non cita mai ETA, ma le sue parole sono inequivocabili e non c’e’ nessun dubbio che si riferiscano al gruppo indipendentista basco.
Aznar chiama i direttori dei giornali assicurando la responsabilità di ETA.
Ana Palacio, ministro degli Esteri manda una circolare a tutti gli ambasciatori spagnoli confermando questa versione.
Curiosamente, l’ONU condanna pubblicamente l’attentato e i suoi esecutori: ETA (l’ONU ha l’abitudine di aspettare che si sappia con certezza chi ha commesso un massacro)
Escono le prime edizioni speciali : El pais e El mundo sottolineano l’implicazione di ETA ma sembrano non fidarsi completamente delle parole del governo.
TVE (la nostra RAI) da ETA come la certa colpevole.
Alla sera il ministro Acebes ricompare in conferenza stampa dicendo che ETA era la colpevole, ma si stavano aprendo altre piste di investigazione.
Venerdì 12 marzo, gli esperti in terrorismo sono sicuri che l’attentato è opera di Al Qaeda. I giornali cominciano a dare più spazio a questa versione e a tenere sott’occhio la strana insistenza del governo. ETA annuncia di non avere implicazioni.
Sabato 13 Marzo, ore 14.30, Ángel Acebes dichiara di non sapere di per certo chi è stato, ma le prove indicano ETA; inoltre, a quanto dice, la polizia non sta seguendo la pista di Al Qaeda.
La polizia arresta cinque islamici.
Alle 20.30 Acebes convoca un’altra conferenza stampa informando dell’arresto
TVE1 non la trasmette e cambia incredibilmente la programmazione mandando in onda: Assassinio in febbraio, film su un attentato di ETA.
La stampa invece denuncia il sospettoso comportamento del governo.
È domenica mattina e la Spagna va alle urne.
A un anno di distanza quell’esperienza tuona ancora come monito.
In democrazia il potere ha bisogno di consenso per rimanere tale, i mezzi di informazione hanno la funzione di veicolare le notizie in modo da permettere al singolo di formarsi un’idea (e di intervenire sulla “cosa pubblica”) e poter scegliere liberamente da chi farsi governare.
La democrazia ha necessità di mille voci, mille specchi, mille veicoli. TVE era la voce del governo, ma la stampa no, o almeno, non tutta.
La Spagna ha dimostrato che una società complessa non ha capi assoluti, e che i suoi meccanismi, a meno che non siano palesemente guasti, permettono un controllo reciproco.
La libertà di informazione e la pluralità degli informativi sono due facce della stessa medaglia.
La Spagna ha scongiurato un incubo;
e se fosse successo in Italia?
E se stesse accadendo in Italia?
Davide Pocchiesa
per www.comedonchisciotte.org
11.03.05
P.S. di seguito riporto la traduzione di una mail che circolava nei giorni seguenti all’attentato. Chi l’ha scritta è Antonio Franco, direttore de El Periodico
ANTONIO Franco
Direttore de EL PERIÓDICO
Visto che José María Aznar ha reso pubblico che giovedì scorso, giorno dell’attentato, telefonò personalmente a vari direttori di mezzi informativi di Madrid e Barcellona, attendendo all’obbligo della trasparenza, voglio far conoscere ai lettori il contenuto delle due conversazioni che tenne con me. La prima chiamata si produsse a mezzogiorno. Erano i momenti di massima tensione dopo la strage perché le stime facevano crescere continuamente la cifra delle vittime, e EL PERIÓDICO elaborava l’edizione speciale che uscì il pomeriggio. Ho interesse a fornire esplicazioni perché quell’edizione fu una di quelle che attribuì a ETA, senza alcun dubbio, la responsabilità dell’attentato. Concretamente, come l’artefice. I lettori hanno il diritto di sapere che ciò si appoggiava a quello che mi disse testualmente José María Aznar come presidente del Governo nella conversazione di quella mattina.
“È stata ETA, non abbia il ben che minimo dubbio”, precisò il presidente prima di dare una breve spiegazione sopra ciò che poteva dirmi delle investigazioni, le prove e gli antecedenti.
C’è un dato complementare. Questa chiamata della Moncloa avvenne poco dopo che io avessi detto, attraverso Radio Nacional, che ne EL PERIÓDICO dubitavamo se l’attentato fosse di ETA o Al Qaeda. Mi avevano chiamato da quella emittente per conoscere il titolo dell’edizione speciale che il nostro rotativo stava preparando. Quando dissi che oscillavamo fra le due ipotesi, chi partecipava al programma nonostante richiesero il mio intervento si meravigliarono, a microfono aperto, del fatto che io ancora non sapessi che ETA era la colpevole e che era totalmente scartata l’ipotesi che gli autori fossero terroristi islamici.
Insisto, dopo poco aver detto questo, ricevetti la chiamata di Aznar.
Fu allora, con la convinzione che il presidente del governo del mio Paese era incapace, nell’esercizio del suo incarico, di darmi sicurezze sopra un tema sul quale non fosse sicuro, che decisi il titolo: L’ 11-M di ETA.
EL PERIÓDICO ha compiuto il suo dovere di pubblicare tutti i dati che aveva in suo possesso. In quella stessa edizione speciale fatta a mezzogiorno, nelle pagine interne titolava in forma più sfumata il tema: “Il governo accusa ETA e qualifica come ‘miserabile’ la notizia ufficiosa che gli autori potevano essere islamici. Allo stesso modo, si raccolse come primizia informativa, che la polizia aveva localizzato un furgone bianco dalla quale erano uscite tre persone incappucciate che successivamente entrarono nella stazione di Alcalá de Heranes; che il veicolo era stato rubato nel quartiere madrileno di Tetuan, dove abitano molti immigrati mussulmani; e che la polizia manteneva aperta la possibilità dell’implicazione del terrorismo islamico.
Quello stesso pomeriggio, quando quello che stavamo preparando nella redazione de EL PERIÓDICO era l’edizione del giorno seguente, quando la sera stava giungendo, immediatamente dopo che il ministro Ángel Acebes apparisse nervoso alla TV per dire di nuovo che ETA era la colpevole ma che non potevano scartarsi altre vie di investigazione, ( anche se non chiamò Al Qaeda col suo nome), ebbi una nuova chiamata dalla Moncloa. In quella occasione Aznar poté scusarsi per non avermi potuto informare prima della conferenza di Acebes del fatto che ci fosse quell’altra linea di indagine che –disse- naturalmente dove essere investigata. Però anche chiese cordialmente che non mi sbagliassi: ratificò che ETA era l’autrice.
Con i dati che operavano in mio potere procedenti dalla mia redazione, la prima pagina del giorno seguente, venerdì, già dava priorità al dato che Al Qaeda si attribuisce a Londra l’attentato e cl fatto che gli islamici relazionano l’azione con l’Iraq, fronte ad una terza linea nella quale si inseriva che Aznar sostiene che ETA è l’autrice dell’attacco. Si pubblicò così, nonostante io continuassi ad avere l’idea che un presidente del governo non poteva permettersi il rischio di sbagliarsi in una questione così parlando con un direttore di quotidiano, e malgrado il fatto che già pensavo che il ridicolo –e il pregiudizio- internazionale che girerebbe attorno alla Spagna sarebbero drammatici se ciò che diceva il capo dell’esecutivo non era vero.
Pero a quell’ora tutta la stampa internazionale già considerava Al Qaeda la massima sospetta dell’attentato e molti Paesi già applicavano misure di sicurezza che non si sarebbero pianificate se si credesse che ETA era la colpevole.
Qui, i cittadini spagnoli già consideravano sospetta l’attitudine del Governo del PP sopra il tema.
Di tutto il mondo, solo Aznar e Acebes dicevano di non avere nessun dubbio sopra quello che ora sappiamo era, quanto meno, un errore.