DI JIM KUNSTLER
Clusterfucknation
Parecchi lettori mi stanno rinfacciando di non rimproverare al neopresidente Obama tutto quello che non ha ancora fatto. Sono scoraggiati per i consiglieri e i responsabili dei gabinetti scelti, evidentemente perché il team in arrivo è ben inserito nei meccanismi di Washington e non potrà probabilmente valutare o agire in modo differente.
Il mio punto di vista è che nei prossimi anni tutte le strutture sociopolitiche a macroscala (dal governo federale alle multinazionali, dalle aziende agricole agl’istituti d’insegnamento superiore e alle catene nazionali di distribuzione) affonderanno. In una tale situazione, che richiederà soprattutto azioni a livello locale, sarebbe troppo sperare che il governo di Obama possa operare in modo efficace.
Il fattore più importante sarà il declino delle risorse energetiche e l’inevitabile riduzione delle nostre attività. Ci troviamo in una fase di transizione, da una vecchia dissennata economia energetica a una nuova economia di relativa scarsità, e anche se non abbiamo ancora chiaro quanto sarà caotica questa transizione esistono tutte le condizioni per una tremenda instabilità nella vita di tutti i giorni.Per un certo tempo il governo federale sarà forse in grado di influenzare in modo limitato, o comunque di dare la sensazione di riuscirci, l’evolvere degli eventi. E questo fa sorgere una domanda: fino a che punto Obama e il suo team si rendono conto della nostra precaria situazione energetica? Alludendo all’erronea diffusa convinzione secondo cui il recente crollo dei prezzi petroliferi significa che il problema è oramai superato, il neopresidente ha dichiarato varie volte (l’ultima nel corso di 60 Minutes) di avere le idee chiare sull’attuale dislocazione dei prezzi sul mercato petrolifero, legata al più generale terremoto finanziario. Ma il neopresidente conosce, almeno in parte, i fatti qui appresso esposti?
Obama sa che, con circa 85 milioni di barili al giorno, il petrolio sembra aver raggiunto un picco produttivo che ben difficilmente verrà superato? Questo puro e semplice fatto pone complesse domande, in primo luogo se possiamo continuare a ragionare in termini di “crescita industriale”, considerata un indicatore fondamentale della salute economica. Esistono numerose spiegazioni per l’attuale catastrofe finanziaria: alcune si basano sulla teoria tecnica a lungo termine delle onde, altre, più terra terra, guardano allo shock del picco petrolifero, anche se non escludono la teoria delle onde.
Obama sa che la scoperta di nuovi giacimenti petroliferi è scesa a livelli trascurabili, dopo il picco degli oramai lontani anni ’60? Sa che non stiamo più trovando supergiacimenti paragonabili a quelli di Ghawar (in Arabia) e di Cantarell (in Messico), che negli ultimi quaranta anni hanno fornito buona parte del petrolio mondiale e che sono adesso in via di esaurimento? Sa che non possiamo estrarre il petrolio che non è stato ancora trovato? Sa che la produzione di praticamente tutte le nazioni petrolifere è in fase di declino? Certamente qualcuno gli ha sommessamente ricordato che le previsioni dell’IEA per l’anno prossimo parlano di una contrazione della produzione petrolifera del 9,1% a livello mondiale.
Obama sa che le esportazioni petrolifere tendono a ridursi a un ritmo superiore a quello della scoperta di nuovi giacimenti? In altri termini, le nazioni esportatrici stanno perdendo la capacità di spedire petrolio ai paesi importatori (come gli USA) a un tasso matematicamente superiore a quello della contrazione della loro produzione, e stanno usando una maggiore quota del proprio petrolio, anche quando le estrazioni si stanno riducendo: ad esempio, in Messico la riduzione globale supera il 9% all’anno (e quella del giacimento di Cantarell supera il 15%). Sa che le esportazioni nette messicane stanno crollando? Il Messico è stata la terza fonte d’importazioni in ordine d’importanza, ma tra pochissimi anni non potrà più mandarci nemmeno una goccia di petrolio. Il deluso cittadino americano non ha la minima idea di cosa sta succedendo. Glielo spiegherà Obama?
Obama sa che le grandi aziende petrolifere tradizionali (Exxon-Mobil, Texaco, Shell, e altre) producono oggi meno del 10% del petrolio mondiale (l’altro 90% proviene da aziende nazionali straniere) e che incolparle dalle situazione odierna è una semplice perdita di tempo? Le compagnie nazionali straniere stanno cambiando il panorama dei mercati petroliferi: anziché mettere all’asta il petrolio sui mercati a termine, firmano contratti speciali con i “clienti privilegiati”. Una delle conclusioni che se ne possono trarre è che stiamo entrando in una era di accaparramento del petrolio dovuto alla sua immanente scarsità. I mercati a termine si basano su una relativa abbondanza, e non potranno funzionare bene in un clima di scarsità. Tenete presente che probabilmente molti paesi produttori di petrolio non includeranno gli USA tra i “clienti privilegiati”, e collegate questa realtà alla prossima scomparsa delle importazioni messicane (e nigeriane, venezuelane, ecc.).
Obama sa che l’attuale crollo dei prezzi petroliferi, provocato dai massicci disinvestimenti, ha portato alla cancellazione o al rinvio a data ulteriore proprio di quei progetti di sfruttamento dei giacimenti che si sperava potessero arrestare l’imminente scarsità? Se il petrolio si vende a 50 dollari al barile ed estrarlo costa 80 dollari, le aziende del settore (private o straniere) non hanno interesse a trivellare in mare aperto o ad avventurarsi nelle regioni artiche. E a quel prezzo non ha senso estrarre sabbia bituminosa in Canada. Le conseguenze dell’arresto delle attività si faranno sentire negli USA tra un anno o poco più, sotto forma di scarsità generalizzata di petrolio e assenza di nuovi giacimenti per farvi fronte. Obama sa che durante il suo mandato, qui negli Stati Uniti abbiamo buone probabilità di dover fronteggiare una crescente scarsità di petrolio e un nuovo aumento dei prezzi petroliferi?
Obama sa che il programma di reinflazione attualmente portato avanti dal Tesoro e dal FED è talmente ben pensato da provocare probabilmente la delegittimazione del dollaro, la vendita delle riserve in dollari da parte degli altri paesi, il declassamento degli strumenti creditizi del Tesoro statunitense, e l’impossibilità da parte degli USA di comprare petrolio all’estero (i due terzi del totale che consumiamo)?
Obama sa che non potremo far circolare la flotta di auto e camion del paese con carburanti alternativi, di qualsiasi tipo? Pensare di poter continuare a usarla con altri mezzi è un’illusione che non può che deluderci. L’era della motorizzazione sta per finire. I grandiosi investimenti in infrastrutture stradali per creare posti di lavoro si riveleranno uno spreco disastroso del nostro già eroso capitale. Il neopresidente sarà sottoposto a pressioni enormi e forse insormontabili per lanciarsi in questi catastrofici investimenti. Probabilmente, in tutto il paese non ci sono più di un migliaio di persone d’accordo con quello che ho appena detto; e ciò significa che la volontà di continuare a far andare le auto a qualsiasi prezzo è ancora oggi una innegabile realtà. Obama include nella sua idea di “cambiamento” la possibilità che la nostra società debba vivere in modo completamente differente?
Se è consapevole di quanto sopra detto, ci sono buone probabilità che il neopresidente venga crocifisso da sondaggi e media. Il solo “cambiamento” di cui gli USA sono veramente contenti è l’aver buttato George Bush fuori dalla Casa Bianca. I cittadini erano stanchi della sua presenza e di tutti i problemi che ha creato nelle attività finanziarie. Per il resto, sono tremendamente preoccupati per i cambi cui attualmente dobbiamo far fronte: la fine della mentalità consumistica, l’enorme perdita di valore del settore immobiliare suburbano (il nucleo fondamentale della ricchezza della classe media), le prospettive di scarsità alimentare ed energetica, la necessità di ricentrare le nostre vite e di fermare lo spreco costoso e innecessario delle nostre risorse sanitarie, di coltivare una maggiore quota dei nostri alimenti, di lavorare più duramente per cose che veramente valgono, di salvare tutto il possibile in vista di un futuro difficile.
Se nel rivolgersi alla nazione Obama accenna a uno qualsiasi di questi punti, pubblico, media e blogger gli salteranno addosso per non essere riuscito a dare un nuovo impulso alla festa selvaggia che era diventata la vita americana negli ultimi decenni.
Jim Kunstler
Fonte: http://jameshowardkunstler.typepad.com
Link: http://jameshowardkunstler.typepad.com/clusterfuck_nation/2008/12/does-mr-o-know.html
1.12.08
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di CARLO PAPPALARDO