DI ALEXANDER MERCOURIS
Mini-summit Asia-Europa a Milano. I negoziati sul gas sono allo stallo.
Continuano ad arrivare con il contagocce le informazioni riguardo al mini-summit Asia-Europa (ASEM) tenutosi a Milano fra 16 e 17 ottobre. Tuttavia è chiaro che non ci sono state aperture e che la crisi ucraina è rimasta nell’impasse. Poroschenko ha dichiarato che erano stati raggiunti i «parametri» di un accordo sul gas, ma a quanto pare non si è verificato nulla di simile.
Il commento più insignificante della giornata l’ha formulato van Rompuy, con la sua constatazione di un «progresso» per il solo fatto che Putin avrebbe detto di non volere un conflitto in Ucraina e di non volere che l’est del paese diventi una nuova Transnistria.
Per cogliere l’assurdità di questo commento, è sufficiente immaginare Putin affermare l’esatto contrario agli europei: «vogliamo un conflitto in Ucraina, e vogliamo che l’est del paese diventi una nuova Transnistria!».
Non è la prima volta che Putin appare come un uomo circondato da nani. Se ho capito bene, l’idea di una colazione di lavoro fra Putin e i dirigenti europei è stata di Angela Merkel. Con l’economia tedesca ed europea in difficoltà, in parte a causa della politica di sanzioni che essa stessa ha imposto, la Merkel ha bisogno che questa crisi finisca una volta per tutte. Ma allo stesso tempo, non osa tenere testa agli USA e ai loro alleati europei, men che meno ai filo-atlantici tedeschi. Vorrebbe che Putin cedesse a tutte le sue richieste, levandola così dall’impiccio nel quale lei stessa si è infilata. Credeva di ottenere i suoi obiettivi facendo «pressioni» su Putin (questo era in effetti lo scopo della colazione di lavoro), ma sconcertata per lo scacco subito ha messo su il broncio.
Abituata a intimidire gli altri dirigenti europei e ad ottenere ciò che vuole, di fronte a un avversario del suo livello la Merkel non ha saputo reagire. Mi ricorda l’Obama di due anni fa, che se ne era ripartito ugualmente sconcertato e arrabbiato dopo un faccia a faccia con Putin, in occasione di un summit sulla crisi siriana.
Aspettando quindi che le economie europea e tedesca rallentino, l’economia russa accelera, nonostante il ribasso del prezzo del petrolio. Allo stesso tempo, la disintegrazione dell’Ucraina prende slancio. In politica e in diplomazia, così come in guerra, bisogna saper capire quando è il caso di suonare la ritirata, prima che la situazione si trasformi in una completa disfatta. I dirigenti UE non fanno mostra né di esserne capaci né di averlo capito, ed è questa la ragione per cui siamo testimoni di una simile sconfitta.
I negoziati sul gas a Milano
In compenso, ci arrivano diverse informazioni dai negoziati sul gas a Milano, e l’immagine che si profila è nera. A partire dal mese di giugno, i russi non hanno smesso di dire che il prezzo del gas fornito all’Ucraina era di 485 dollari per 1000 metri cubi, e che erano pronti a offrire una temporanea riduzione di 100 dollari per 1000 m3, portando così il prezzo del gas fornito all’Ucraina per questo inverno a 385 dollari ogni 1000 m3. Tutto ciò, a condizione che l’Ucraina saldasse i suoi enormi debiti e pagasse in anticipo la fornitura del gas. I russi non hanno mai ceduto di un millimetro da queste posizioni, e gli ucraini non hanno smesso di rifiutarle.
Da quanto ho capito, la posizione ucraina è che, per loro, il prezzo «giusto» del gas russo sarebbe quello di 269 dollari/1000 m3 che Janukovyč aveva ottenuto grazie alle riduzioni negoziate con Putin lo scorso dicembre. Gli ucraini insistono affinché tutti i debiti pregressi siano ricalcolati sulla base di questo prezzo, e fanno sapere che solo allora prenderanno in considerazione l’ipotesi di pagarli. Frattanto, sotto la pressione europea, hanno accettato di pagare un prezzo più elevato (320 dollari/1000 m3) a titolo temporaneo, fintanto che la vertenza non sarà risolta. Ma insistono anche affinché i pagamenti che effettueranno in questo periodo siano contabilizzati per le attuali forniture di gas e non per il saldo dei debiti pregressi.
Non sto a entrare nel merito dell’assurdità delle posizioni ucraine, basate sull’idea che il prezzo «giusto», con il quale sostituire il prezzo contrattuale pattuito, sia quello proposto da Janukovyč, a condizioni che l’Ucraina peraltro non ha mai mantenuto. Al di fuori degli ucraini, nessuno crede a questa ipotesi, nemmeno gli europei.
Torniamo ora a quello che è successo a Milano. A mio modo di vedere, l’atteggiamento dei politici ucraini resta un mistero. Mentre pubblicamente fanno a gara tra loro su chi si mostra più duro con la Russia, quando si trovano faccia a faccia con Putin per trattare sulla questione del gas si squagliano, rivelandosi incredibilmente dei pessimi negoziatori. Lo abbiamo già visto con la Tymošenko nel 2009, e ora la situazione si replica con Poroschenko a Milano.
In due parole, a inizio giornata Poroschenko aveva dichiarato che era stato raggiunto un accordo sui «parametri» per la fornitura del gas russo. L’annuncio ha provocato una certa agitazione, anche nei titoli dei giornali, dando spazio a una certa speranza, confermata poi dalla dichiarazione di Hollande secondo il quale le parti avevano ormai superato le loro posizioni inconciliabili. Nel corso della giornata però si è reso evidente che i «parametri» che Poroschenko diceva di aver convenuto con la Russia, non erano nient’altro che quelli inizialmente offerti da Putin. In altre parole Poroschenko aveva ceduto, probabilmente senza nemmeno rendersene conto, alle richieste della Russia.
Lo stesso Putin ha dichiarato che ormai rimaneva solo da capire come l’Ucraina avrebbe trovato i soldi per saldare i debiti per i quali si era appena impegnata. E a mo’ di suggerimento, ha proposto che gli europei pagassero il gas e i debiti pregressi o direttamente, o attraverso un nuovo prestito che il FMI avrebbe potuto fare all’Ucraina. Cosa che gli europei si sono sempre rifiutati di fare.
Sia come sia, quando finalmente Poroshenko si è reso conto che i «parametri» che aveva accettato altro non erano che quello che i russi gli chiedevano fin dall’inizio, la sua reazione è stata quella di abbandonare teatralmente e visibilmente irritato quella che sembrava una riunione organizzata in tutta fretta con Putin, e di annunciare che, a conti fatti, non era stato raggiunto alcun accordo.
Da parte sua, Putin è rimasto sulle posizioni della Russia e ha pubblicamente dichiarato che non avrebbe fornito all’Ucraina gas a credito – tale infatti era la contro-proposta ucraina – e che questa «era la sua ultima parola».
Siamo dunque in una situazione di stallo. A dispetto di certi titoli di giornali, usciti troppo presto in mattinata, non c’è stato alcun progresso. Al contrario, Poroschenko si è coperto di ridicolo di fronte a tutti i politici europei e asiatici. L’unica certezza è che i negoziati sul gas, che avranno luogo il prossimo 21 ottobre 2014, saranno ancor più difficili. Prima di arrivare a Milano, Putin aveva dichiarato che la Russia si riservava il diritto di ridurre la quantità di gas spedita verso l’Europa attraverso l’Ucraina, nel caso in cui quest’ultima avesse ripreso a rubare il gas destinato ad altri clienti. È peraltro quello che la Russia aveva già fatto nel 2009, e non c’è dubbio che lo rifarà di nuovo.
Si profila quindi una chiusura totale dei rubinetti del gas, a meno che l’UE non mandi a Poroschenko un ultimatum affinché accetti l’offerta russa.
Alexander Mercouris
Fonte: www.vineyardsaker.fr
Link: http://www.vineyardsaker.fr/2014/10/20/impasse-milan-les-pourparlers-gaz-limpasse/#more-6236
20.10.2014
Traduzione dal francese per www.comedonchisciotte.org a cura di MARTINO LAURENTI
Fonte: Alexander Mercouris: Deadlock and Gas Talks in Milan (vineyardsaker, anglais, 18-10-2014)