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La Redazione

 

MA COME AVVIENE UN CAMBIAMENTO ?

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A cura di Davide
Il 21 Giugno 2008
89 Views

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DI FRANK GALVAGNO
Aspoitalia

Emma Marcegaglia, il nuovo presidente di Confindustria, ha indicato con decisione quale è il problema dell’Italia: è la mancanza di crescita, anzi di una crescita sostenuta.
La crescita, come valore culturale, affonda le radici in tutta la storia umana: si stava bene quando si possedeva di più. Non è facile cambiare idea. Non è facile prendere coscienza che non è più possibile andare avanti con lo stesso modello di vita a fronte dell’esaurimento delle risorse energetiche e del pericolo del venire meno degli equilibri ecologici.

C’è sempre stato un incremento demografico o, quanto meno, l’incremento demografico è stato sempre effettivamente un fatto positivo. Non è facile entrare nell’ottica del decremento demografico. Anzi quest’ultimo fenomeno è sempre stato un fatto negativo nella storia passata. Non è facile prendere coscienza che ci sono dei limiti naturali alla continuazione del nostro modello di vita, fatto di consumi enormi di energia, di incremento demografico e di quant’altro, quando nella storia passata non ci sono mai stati tali limiti.

Ma come avviene un cambiamento?
Come sono avvenuti i grandi cambiamenti nel passato?
Come si è passati nell’antico Medio Oriente, per fare un primo esempio, dalla scrittura cuneiforme a quella alfabetica? Come si passati nella stessa area, per fare un secondo esempio, dalla metallurgia del bronzo a quella del ferro?
Questi cambiamenti sono avvenuti tutti e due nel periodo detto del “tardo bronzo” (circa XII sec. a.C ).

Sia la scrittura alfabetica che la metallurgia del ferro erano però conosciute da parecchi secoli (la metallurgia del ferro, sebbene forse fosse stata adottata per la prima volta in altre aree, nell’antico Medio Oriente fu il frutto di uno sviluppo interno a tale area): ma allora perché si diffusero solamente a partire da circa il XII secolo a.C.? Perché tale ritardo? Cosa impedì che queste due importanti scoperte per l’umanità tardarono così tanto prima di affermarsi? Cosa impedì che la scrittura alfabetica, con la sua maggiore semplicità di utilizzo e con la sua maggiore capacità di trasmissione della conoscenza, si diffondesse? Cosa impedì che la metallurgia del ferro, che portava alla produzione di utensili con caratteristiche tecniche enormemente superiori al bronzo, si diffondesse?
Il motivo è che sia la scrittura alfabetica che la metallurgia del bronzo erano legate ad una struttura sociale che ne impedì la diffusione in precedenza. Gli scribi rappresentavano un ceto sociale molto forte ed i suoi privilegi erano inscindibili dalla loro professione, che era la scrittura, o meglio era la scrittura cuneiforme. Tale professione era basata su una tradizione e su conoscenze che si tramandavano solamente per linee interne, come, per esempio, la trasmissione di padre in figlio dell’incarico di scriba. Costituivano una casta piena di privilegi.
Per quanto riguarda il ferro bisogna fare un discorso quasi simile. I ceti di mercanti e l’organizzazione palatina (cioè tutto ciò che gravitava intorno al “palazzo” [gli stessi scribi facevano parte dell’organizzazione palatina]) erano legati al commercio dello stagno e del rame (il primo sembra che provenisse dagli altopiani indo-iranici mentre il secondo sembra provenisse dall’Anatolia).

Come si vede il mantenimento in vita della scrittura cuneiforme e della metallurgia del bronzo avevano una spiegazione sociale (sarebbe sbagliato parlare di contrapposizione di interessi di “classe” perché mancava la condizione per l’esistenza delle classi cioè la prospettiva di una struttura socio-economica alternativa e superiore a quella esistente di cui una ipotetica classe sociale si sarebbe dovuta fare portatrice).
Ciò che portò all’affermarsi della scrittura alfabetica e della metallurgia del ferro fu la profonda crisi che interessò buona parte dell’area dell’antico Medio Oriente nei secoli precedenti il Bronzo finale (XIV e XIII secolo a.C. soprattutto). Interessò soprattutto l’area anatolica e l’area siro-palestinese perché queste aree subirono anche l’aggressione da parte dei “popoli del mare” provenienti dalla penisola balcanica mentre l’area mesopotamica e l’Egitto furono invece interessate marginalmente e indirettamente. Per l’Egitto e la Mesopotamia le conseguenze furono solamente la perdita di territori e popolazioni di quelle zone che erano sotto il loro controllo (nel senso che gli erano tributari, cioè che gli versavano dei tributi). L’aggressione da parte dei “popoli del mare” fu però solamente la goccia che fece traboccare il vaso perché le aree in questione, da almeno due secoli, erano in profonda crisi. Fu una crisi che portò allo svuotamento delle città (in seguito distrutte dai popoli del mare), alla regressione della vita economica, al crollo demografico, alla disgregazione delle organizzazioni amministrative, ecc. Vennero così meno i portatori di interessi legati alla persistenza della scrittura cuneiforme e della metallurgia del bronzo, cioè gli scribi con le loro scuole e i loro privilegi, i ceti dei mercanti e l’organizzazione palatina nel suo complesso.

Prima di proseguire nell’analisi è interessante fare una considerazione sulla relazione fra la scrittura alfabetica e la metallurgia del ferro da una parte e la scrittura cuneiforme e la metallurgia del bronzo dall’altra.
Questa relazione ricorda tanto la relazione fra le fonti energetiche rinnovabili e le altre fonti (dal petrolio all’uranio): le prime sono diffuse sul territorio e sono tecnologicamente accessibili mentre le seconde sono concentrate in alcuni punti del pianeta e richiedono tecnologie complesse. La scrittura alfabetica infatti, diversamente dalla scrittura cuneiforme, è di più facile uso; il ferro, diversamente dallo stagno e dal rame, era molto diffuso in Medio Oriente (sebbene non in grandi quantità) e la sua metallurgia era più facile di quella del bronzo.

Dopo avere trattato del passaggio dalla scrittura cuneiforme a quella alfabetica e dalla metallurgia del bronzo a quella del ferro bisogna chiedersi se sia possibile fare un parallelo fra questi due casi trattati di cambiamento e la situazione attuale.
Un nuovo corso della storia necessita di un crollo di tutti i gangli della struttura sociale, economica e ideologica preesistente? Oppure è possibile gradualmente sostituire la struttura attuale con una nuova struttura? Il punto più basso della probabile futura crisi potrà consentire una ripresa a livelli di vita accettabili?

La risposta alla prima delle domande poste (Un nuovo corso della storia necessita di un crollo di tutti i gangli della struttura sociale, economica e ideologica? ) dovrebbe essere negativa perché adesso, con tutte le limitazioni possibili, c’è la democrazia. E’ necessaria una presa di coscienza della necessità di una cultura adeguata a risolvere i problemi connessi alla prospettiva di scarsità di risorse energetiche e del rischio del venire meno degli equilibri ambientali.
Cosa potrà mai portare la “gente”, nei tempi in cui viviamo, a prendere coscienza della gravità del problema dell’esaurimento dei combustibili fossili, dei cambiamenti climatici e del problema demografico e, soprattutto, a mettere in campo le necessarie misure per risolvere i suddetti problemi. Ricordo che una coppia di miei amici trovava difficoltà a fare capire al loro bambino (che non si poneva limiti nell’indicare ciò che babbo natale e la befana avrebbero dovuto portargli in regalo) che babbo natale e la befana erano i suoi genitori. Il bambino non voleva conoscere ragioni. Credere in babbo natale e nella befana è sicuramente legata all’età ma il fatto che questi gli portassero regali aiutava certamente nella persistenza della sua credenza.

Un primo quesito che dovremmo porci è il seguente: é possibile a tale riguardo fare un discorso di classe? è possibile cioè vedere uno scontro di interessi fra classi capitalistico-imprenditoriali, che vogliono la persistenza dell’attuale modello di sviluppo, con tutti i valori a questo connessi, e ceti “popolari” o, forse, “maggioritari” che, invece, portatori di interessi diversi, vorrebbero un modello di sviluppo diverso, anzi che vorrebbero un modello di vita diverso?
Penso che la risposta sia in buona parte negativa (almeno per quanto riguarda il mondo sviluppato): non ci siano notevoli differenze di valori all’interno delle persone che costituiscono le attuali società.
Un imprenditore, indipendentemente dal soddisfacimento dei suoi bisogni personali, cerca di massimizzare il profitto. Un qualsiasi cittadino cerca di farsi la seconda casa in montagna e una terza casa al mare, cerca di acquistare l’ultimo modello di autovettura oppure l’ultimo modello di televisore o di telefonino, indipendentemente dal soddisfacimento di bisogni concreti. Al di sopra di un certo livello di reddito si può dire che si ricercano altri valori che non hanno niente a che vedere con i bisogni concreti. Al di sopra di un certo livello di reddito si vuole soddisfare solo il bisogno di avere qualcosa e/o di raggiungere un obiettivo, come, per esempio, una migliore posizione all’interno della gerarchia sociale.

Un’ultima considerazione: è possibile stabilire una relazione fra la crisi che investì il Medio Oriente antico nel tardo bronzo e la crisi che probabilmente investirà l’attuale civiltà. Nel tardo bronzo la crisi ebbe motivazioni interne (la regressiva e complessa dinamica socio-economica-organizzativa ed ecologica che agiva nella zona in quel periodo) e motivazioni esterne (l’invasione da parte dei popoli del mare).
Forse la dinamica sarà ancora più complessa ma per quanto riguarda le motivazioni esterne indicate a proposito della crisi del Medio Oriente antico a cui si è fatto riferimento, il pensiero non può che correre alle imponenti migrazioni che, partendo dal terzo mondo, hanno investito e che, probabilmente, ancora di più investiranno il mondo sviluppato.
Per quanto riguarda le motivazioni interne esse saranno determinate quasi sicuramente dall’enorme consumo di risorse energetiche e dalle difficoltà nel loro approvvigionamento.

Fonte: http://www.aspoitalia.blogspot.com/
18.06.08

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