DI CARLO BERTANI
«Sogno o son desto?» mi viene da pensare mentre scorro le pagine di Televideo del 16/12/2007, quando TERNA (la società che gestisce la rete elettrica) comunica l’ultimo “record” dei consumi elettrici nazionali: 56.810 MW, registrato nella medesima giornata.
Per chi non è abituato a valutare questi dati, si può spiegare – con qualche approssimazione – che la rete elettrica è come la rete idrica: se spilliamo una determinata quantità d’acqua, altrettanta deve essere immessa negli acquedotti.
A differenza della rete idrica, però, la rete elettrica non può rimanere “a secco”, poiché subirebbe gravi danneggiamenti: in tal caso, vengono staccati segmenti di rete per mantenere in tensione il resto della rete, oppure viene immessa più energia dalle centrali, sia italiane sia estere, poiché la rete elettrica europea è interconnessa.
Gli ultimi “record” di richiesta energetica erano avvenuti in estate: 56.450 MW il 19-7-2007; precedentemente, nel 2005 s’era raggiunto un massimo di 54.100 MW e nel 2004 di 53.600 MW, ma sempre nei mesi di Giugno e di Luglio.
La ragione di tali alte richieste estive è in gran parte da addurre ai climatizzatori, sempre più diffusi, che consumano parecchia energia. Quello che non era atteso era un picco invernale.
Ciò che mi ha fatto sobbalzare è stata la giustificazione addotta da TERNA: “è colpa degli addobbi natalizi”. Signori: spegnete gli Alberi di Natale, altrimenti mandate in rovina la rete nazionale!
Questa non è disinformazione: questa è bieca disinformazione. False comunicazioni sociali: è addirittura un reato.
La prima obiezione da muovere a TERNA è che tutti gli inverni, gli italiani, addobbano case e giardini con collane di luci, e mai era successo che la richiesta fosse così alta. La seconda obiezione è che queste luminarie sono accese per lo più di notte, quando i consumi elettrici scendono al 15% rispetto ai massimi diurni (secondo i dati che TERNA stessa comunica alla Borsa Energetica).
La terza obiezione è che, per quanto s’accendano Alberi di Natale, non si tratta di consumi che incidono un gran che: sono le applicazioni in campo termico dell’energia elettrica ad essere le vere sanguisughe del sistema, come i climatizzatori.
Cosa non ci vogliono raccontare?
Non ci vogliono dire che, da anni, viviamo oramai in una continua emergenza: la richiesta aumenta e facciamo fatica a “tenere il passo”. Come mai questa anomala richiesta invernale?
Alberi di Natale a parte, a nessuno è venuto in mente che un’ondata di freddo s’è abbattuta sull’Italia? Niente di così eccezionale, data la stagione.
Il freddo, però, ha colpito di più le regioni meridionali che quelle settentrionali, più la parte adriatica che quella tirrenica. E qui è la differenza.
Durante la stagione invernale, che faccia più o meno freddo, al Centro-Nord sono in funzione gli impianti di riscaldamento: metano, gasolio, legna o pellets, sono sistemi che bruciano in loco il combustibile, senza coinvolgere la rete elettrica.
Al centro-Sud, invece, la situazione è un po’ diversa: a differenza del Nord, al Sud non tutte le case sono provviste d’impianto di riscaldamento, giacché la stagione è meno fredda.
C’è differenza dalle aree interne a quelle costiere, ma moltissime grandi città del Sud sono sprovviste d’impianti di riscaldamento centralizzati, e spesso non c’è nemmeno una stufa a metano in casa.
I climatizzatori – che al Sud, d’estate, sono quasi indispensabili – possono anche fungere da riscaldatori: semplicemente, tantissime persone hanno acceso i climatizzatori per riscaldare gli ambienti.
Non è priva di senso la rinuncia ad un costoso impianto di riscaldamento (per condominio o singola abitazione), poiché è raro che al Sud si raggiungano temperature così fredde, ma quando accade la rete elettrica è sottoposta ad un superlavoro, e tutte le centrali devono fornire il massimo, più le importazioni.
Ciò che non c’azzecca proprio niente è la puerile giustificazione addotta da TERNA: gli Alberi di Natale!
Non si tratta, in questa sede, di ritornare ancora una volta sugli abissali ritardi italiani in campo energetico: basti pensare che il termodinamico – nato in Italia dagli studi di Rubbia e realizzato dall’ENEA – non ha avuto la sua prima applicazione nel nostro paese, bensì in Spagna.
E’ bastata la permanenza in Spagna di Rubbia per due anni (2004-2006, quando lo cacciarono dall’ENEA) e la collaborazione con Juan Antonio Rubio – direttore generale del CIEMAT, il principale centro di ricerche energetiche, ambientali e tecnologiche spagnolo, dipendente dal Ministero dell’Educazione e della Scienza, già collega di Rubbia al CERN – perché la Spagna riuscisse ad avere il suo primo impianto operativo dal Giugno 2007 (10 MW), mentre l’Italia “pensa” d’iniziare l’attività dell’impianto sperimentale di Priolo Gargallo (5 MW) nel 2009. Forse.
Da noi si “parla” di nuovi impianti in Calabria ed in Sardegna, in Spagna ci sono già 40 progetti approvati o in costruzione. Solo la Spagna? No, anche in Israele. Solo nei paesi ricchi? No, anche in Algeria e Marocco.
Siccome stiamo diventando sempre più poveri (proprio in questi giorni la Spagna ci ha superati per PIL pro-capite), può darsi che ci arriveremo dopo l’Algeria e il Marocco.
Non manca nemmeno la querelle sugli aerogeneratori: le mappe che il CESI sta stendendo (il primo studio sistemico della ventosità italiana per l’utilizzo energetico) stanno fornendo risultati confortanti. Non avremo le 2.200 ore annue dell’Olanda, ma abbiamo moltissimi siti che superano le 1.500 ore annue, che rendono competitivi gli aerogeneratori.
Da noi vanno di moda gli “esteti” come Sgarbi – che s’oppongono agli aerogeneratori perché rovinano il paesaggio – oppure elucubrate considerazioni sulle speculazioni basate sui Certificati Verdi.
Osservo la lunga catena alpino/appenninica che si stende da La Spezia a Ventimiglia – 250 Km di crinali deserti e privi (salvo alcune eccezioni) di bellezze artistiche – e mi chiedo perché non installano lì i mulini, lontano dalle spiagge e dalle città.
Certamente il paesaggio non sarebbe più quello di prima, ma – dalla costa – sarebbe addirittura difficile scorgere gli aerogeneratori. Qualcosa mi dice che – la stessa gente che spende fiumi d’inchiostro per salvare il paesaggio – non si scompone allo stesso modo per le centrali a carbone. Io, almeno, non li sento mai urlare di sconcerto per il carbone come fanno, invece, per i mulini a vento.
Inoltre, mi piacerebbe tanto sapere chi compra l’inchiostro a questa gente, visto che Scaroni – presidente dell’ENI – ebbe a dire che “per fortuna, l’Italia non ha venti costanti come il Nord Europa”. Bella fortuna.
Il gioco è oramai chiaro e scontato: a parte questo rumore di fondo, il tentativo dei “poteri forti” è un altro.
A forza d’accendere Alberi di Natale – cari italiani – verrà il giorno che capiterà un bel black-out, magari d’inverno, così si fermeranno anche gli impianti di riscaldamento a gas (le pompe di circolazione sono elettriche).
Milioni di caldaie in blocco: tanta paura, consenso facile.
Forse non riusciranno ad imporci le centrali nucleari – anche se tanti finti ambientalisti ci contano ancora – ma un bel po’ di carbone per molti anni sì, ce lo dovremo beccare.
L’unica cosa da non fare è seguire l’esempio spagnolo, laddove le società iberiche hanno iniziato ad “intaccare” la colossale bolletta energetica che spendiamo ogni anno – 46 miliardi, in Italia, nel 2007 – per dirottare una parte di quei soldi sulla produzione nazionale, arricchendo la propria popolazione, non impoverendola come fanno – d’amore e d’accordo – Prodi, Berlusconi & soci.
Perché? Perché il sole e il vento sono di tutti, il carbone no. Non pensavo però – nel fondo che sta toccando questo paese di sapienti baldracche – che riuscissero ad inventarsi anche quella degli Alberi di Natale. Non c’è proprio mai fondo al fondo.
Carlo Bertani
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19.12.07