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La Redazione

 

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L’UNIONE JIHADISTA EUROPEA

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A cura di Davide
Il 25 Marzo 2016
81 Views

DI PEPE ESCOBAR

sputniknews.com

Ci sono voluti 4 mesi per catturare Salah Abdeslam – uno dei presunti membri del commando degli attentati del 13 novembre a Parigi – a Bruxelles, dopo una sparatoria. Non è mai fuggito in Siria, non si è mai mosso dal suo domicilio conosciuto a Molenbeek.

Ci sono voluti solo quattro giorni per avere un nuovo colpo di scena – un attacco jihadista coordinato all’aeroporto di Bruxelles e alla stazione della metro situata a soli 500 metri dal quartier generale dell’UE a Bruxelles.

In uno scenario di ritorsione, era ampiamente prevedibile. Il Ministro degli Esteri belga Didier Reynders aveva addirittura avvertito durante il weekend che degli attacchi erano imminenti. Più preoccupante è la notizia trapelata che i servizi segreti belgi – così come le altre agenzie di intel occidentali – fossero in possesso di informazioni “precise” circa il rischio di un attacco all’aeroporto e di un probabile attacco alla metro.

Più significativamente e prima dell’arresto di Abdeslam, nientemeno che il Sultano neo-Ottomano Erdogan, leader di un “alleato chiave della NATO”, avesse visto la scritta sul muro “Non c’è ragione per cui la bomba esplosa ad Ankara non possa esplodere a Bruxelles o in qualsiasi altra città europea”. Erdogan stava, ovviamente, facendo un pessimo e falso collegamento tra Curdi e jihadisti salafiti, ma è sembrato che abbia diffuso un mix tra una profezia e una minaccia.

Schengen, un morto che cammina

L’Europa è ancora una volta sprofondata nella solita vecchia e distorta litania. Due fratelli jihadisti suicidi. Un esperto di esplosivi di Daesh – che potrebbe aver fabbricato anche i giubbotti esplosivi usati a Parigi, carichi di Triacetone Triperossido (TATP). Un attentatore evaso che ha lasciato un testamento sul proprio computer portatile. Un misterioso fucile trovato accanto ad uno dei jihadisti che si è fatto esplodere. Non sono stati trovati passaporti – almeno per ora, solo un’incriminante bandiera di Daesh.

Un’inondazione di polizia ha intasato le vie delle capitali europee per “alleggerire la tensione pubblica” e “agire da deterrente” – come se questa dimostrazione di forza potesse far qualcosa di diverso dall’aumentare la paura.

Il Dipartimento di Stato USA – fedele al suo personale record di inettitudine – ha fatto la sparata, sostenendo che Daesh è “sotto pressione”. I diplomatici statunitensi potrebbero addirittura aver fatto un colpo di telefono all’ “alleato della NATO” Erdogan, per il quale il finto “Califfato” può essere almeno usato come risorsa già dispiegata ed utilizzabile all’occorrenza sulla scacchiera mediorientale.

Schiere di politici dell’UE hanno sfoderato le loro migliori lacrime di coccodrillo nei loro completi di Zegna lamentando un “attacco all’Europa democratica” – un attacco, per la cronaca, perpetrato da cittadini europei nati e cresciuti in Europa, diventati jihadisti nella guerra per procura in Siria, la quale è ampiamente supportata da svariati paesi membri dell’UE.

Il livello di attenzione per l’ultimo spettacolino dell’UE – il tremendo battibecco circa l’ “obiettivo sicurezza” per la Fortezza Europea – ha sfondato il soffitto. In molte capitali europee, gli altoparlanti hanno avidamente “celebrato”, all’unisono, la demonizzazione dei rifugiati e la lapidazione del multiculturalismo.

Schengen, che già era in modalità “morto vivente”, è stato colpito con un colpo di fucile a canne mozze e ora è bell’e morto.

La fine del Trattato di Schengen potrebbe costare all’UE circa 100 miliardi di dollari. La xenofobia e l’islamofobia, dal canto loro – che sono comprese nel prezzo del biglietto – non se la sono mai passata così bene.

Le fonti dell’Europol giurano che almeno 5.000 jihadisti sono entrati in Europa camuffati da rifugiati. Nessuno fa domande: se sono stati identificati, perchè non sono stati arrestati? Almeno 400 di loro potrebbero essere pronti a scatenare la loro furia sull’Europa.

La portavoce del Ministro degli Esteri russo Maria Zakharova, schivando un calderone di disinformazione, ha per lo meno ricordato a tutti il triste risultato di una politica US a doppio standard, che distingue tra i “buoni” (“ribelli moderati”) e i “cattivi” terroristi.

L’aeroporto di Bruxelles è casualmente a solo un paio di Km dal quartier generale della NATO – la cui missione è mantenere la sicurezza in Europa mentre in effetti, si comporta come Robocop dall’Africa all’Asia Centrale. I jihadisti, invece, hanno puntato ad un aeroporto potenzialmente controllato ai massimi livelli di sicurezza e ad una stazione della metro a breve distanza dal Barlaymont, il quartier generale della Commissione Europea. Avrebbero potuto pianificare anche l’attacco a due centrali nucleari a Doel e Tihange.

Il fatto che Daesh stia facendo saltare in aria cittadini dell’UE e di altre nazionalità sotto il naso della NATO dovrebbe farci storcere il naso. Specialmente dato che siamo a conoscenza del fatto che per la NATO e tutti i suoi Stranamore, Breedlove e Breedhate, il “nemico” non è il jihadismo di stampo salafita, ma la “cattivissima” Russia.

Cosa ne dite di un R2P per l’Europa?

È sempre illuminante osservare come i centri di pensiero statunitensi leggano la situazione. Dopo Parigi si erano sprecati gli elogi quando la Francia si era autodichiarata “in stato di guerra”, aveva “accresciuto la propria attività militare” in Medio Oriente e aveva fatto passare un Patriot Act francese che resterà in vigore molto a lungo.

Ora, i pensatori eccezionali sono demoralizzati perchè l’UE non ha un esercito (in realtà ce l’ha: la NATO) e quindi “non può reagire” a quello che è stato definito “l’11 settembre belga”. Ovviamente la NATO può “reagire”, può marciare contro Daesh in “Siraq”, invocando con diritto R2P (“responsabilità di proteggere”, in questo caso milioni di cittadini europei). Questa però non è, e non è mai stata, una priorità.

Dare tutta la colpa al Belgio, in quanto stato fallito, è molto semplice: è una parte del puzzle, ma non il cuore del problema.

Aspettiamoci che i “leader” dell’UE convochino subito un summit per decidere il da farsi, qualsiasi cosa, riguardo Daesh. Magari offrire – o ridursi ad accettare – un accordo, come quello (illegale secondo il diritto internazionale) di recente siglato con l’ “alleato della NATO” Erdogan, che mercifica i rifugiati e calpesta miriadi di barriere legali e logistiche.

Proprio al momento opportuno, con i corpi dei morti non ancora sepolti, il Primo Ministro turco Ahmet Davutoglu menziona nuovamente la fly zone – e dove se no – in Siria, sostenendo che la sicurezza dell’Europa comincia con la Turchia.

Anche la crisi europea dei rifugiati è cominciata con la Turchia: è stata Ankara a cacciarli in massa dai campi di accoglienza fin dall’inizio. È legittimo chiedersi se Ankara avrà la faccia tosta di inondare l’UE di rifugiati senza il benestare di Washington; la logica sarebbe di “spingere a forza” la Turchia nell’UE – una condizione di Erdogan è che le procedure di ingresso vengano accelerate – in modo da aumentarne la posizione anti-russa.

L’UE potrebbe sempre offrire a Daesh un accordo “voi non bombardate noi qui in Europa e noi non bombardiamo voi là in Siria”. Purtroppo questo accordo (informale) è già stato siglato, per mezzo della coalizione NATO-GCC, capitanata dagli USA.

Non aspettatevi che i politici europei uniscano i puntini per capire che la guerra sotto copertura dell’Europa in Siria – sostenuta specialmente da schiere di “ribelli moderati” armati da Francia e Gran Bretagna – sta generando dei contraccolpi. Aspettiamoci piuttosto un aumento della “sicurezza” degli aeroporti contro le temibili bottiglie di Perrier.

È ormai più che chiaro che c’è stata una “deliberata decisione” a Washington di lasciar marcire e prosperare Daesh – il quale è nato a Camp Bacca, una prigione statunitense in Iraq. L’aeroporto di Bruxelles era stato posto al livello di sicurezza massimo. Una cellula jihadista salafita è riuscita ad eludere una caccia all’uomo a Bruxelles per quattro mesi.

Una mossa Operazione Gladio – portata avanti da CIA/NATO, come ai vecchi tempi – resta una solida ipotesi per il futuro. L’Operazione Gladio aveva creato un principio da pugno di ferro nell’occidente, per cui l’uccisione di innocenti per una nobile causa fosse lecito.

Impedire una più stretta collaborazione politico/economica tra Russia ed Europa resta un obiettivo primario degli Eccezionali e porta con sé una sottotrama: i media occidentali continueranno a lamentarsi che tutti quei terribili “musulmani” stanno calpestando i “nostri valori” – mentre in Russia, ovviamente, quando il terrorismo colpisce, è tutta colpa di Putin e del suo pugno di ferro nel Nord del Caucaso.

Ma in un ambiente da Gladio del 21° secolo, attacchi false flag tesi ad una sovversione della democrazia attraverso una strategia della tensione, servono per uno scopo differente: controllare e manipolare l’opinione pubblica europea – attraverso la paura, il terrorismo e agenti provocatori (Daesh si cala benissimo in questo ruolo) – con l’ultimo ed orwelliano obiettivo di mantenere l’Europa soggiogata ai bisogni geopolitici degli Eccezionali.

Pepe Escobar è autore di Globalistan: How the Globalized World is Dissolving into Liquid War (Nimble Books, 2007), Red Zone Blues: a snapshot of Baghdad during the surge (Nimble Books, 2007), e Obama does Globalistan (Nimble Books, 2009). Può essere contattato a [email protected].

Fonte: http://sputniknews.com/

Link: http://sputniknews.com/columnists/20160324/1036911634/jihadists-europe-cells-brussels.html

24.03.2016

Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte comedonchisciotte.org e l’autore della traduzione FA RANCO

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