DI ISRAEL SHAMIR
Non è molto divertente trovarsi a Kiev in questi giorni. L’entusiasmo rivoluzionario è finito, e la speranza di trovare dei volti nuovi, di assistere alla fine della corruzione ed al miglioramento dell’economia, è andata ad appassire. La rivolta di Maidan ed il successivo “colpo di stato” non hanno fatto altro che rimescolare lo stesso mazzo di carte a disposizione del potere.
L’attuale Presidente [provvisorio] è già stato Primo Ministro, Ministro degli Esteri e “supremo” del KGB [un SBU, detto in ucraino].
L’oligarca che, fra pochi giorni, ha le maggiori probabilità di essere “eletto” Presidente, è già stato Ministro degli Esteri, “capo” della Banca di Stato e “tesoriere” al servizio di due colpi di stato, quello del 2004 [nomina di Yushchenko] e quello del 2014 [nomina di se stesso]. Ha servito per anni, fino alla sconfitta elettorale del 2010, la persona che ora è il suo principale concorrente, la Signora Timoshenko.
Sono queste le persone che hanno portato l’Ucraina all’attuale situazione di degrado. Nel 1991 l’Ucraina era più ricca della Russia, oggi è di tre volte più povera, a causa dei latrocini e della cattiva gestione di queste persone. Ora hanno in mente un vecchio trucco: farsi prestare soldi a nome dell’Ucraina, intascare quel denaro e lasciare il paese ancor più indebitato. Per poi continuare con la vendita dei beni dello Stato alle aziende occidentali, chiedendo infine alla NATO di entrare nel paese per proteggere l’investimento.
Queste persone stanno giocando una partita molto dura. La “Guardia Nera” – una nuova forza armata simil-SS, composta dalla destra neo-nazista – sta aggirandosi per il paese. I dissidenti, gli attivisti ed i giornalisti vengono arrestati o uccisi. Centinaia di soldati americani, appartenenti alla società “privata” Academi [la vecchia Blackwater], sono sparsi in Novorossia, ovvero nelle province filo-russe orientali e sud-orientali. Al contempo, le riforme dettate dal FMI hanno tagliato a metà le pensioni e hanno raddoppiato gli affitti delle abitazioni. Nei mercati, le razioni dell’esercito degli Stati Uniti hanno preso il posto del cibo locale.
Il nuovo regime di Kiev ha lasciato cadere l’ultimo barlume di democrazia espellendo i comunisti dal Parlamento, per accattivarsi ancor di più la simpatia degli Stati Uniti. Espellete i comunisti, chiedete la presenza della NATO, condannate la Russia, organizzate una sfilata gay e poi potrete fare qualsiasi altra cosa, anche friggere vivi decine di cittadini. Ed è esattamente quello che hanno fatto.
Le repressioni più dure sono state scatenate sulla Novorossia industriale, visto che la sua classe operaia detesta l’intero lotto degli oligarchi e degli ultra-nazionalisti. Dopo l’inferno di Odessa e le sparatorie lungo le strade di Melitopol, le due province ribelli – Donetsk e Lugansk – hanno preso in mano le armi e hanno dichiarato l’indipendenza dal regime di Kiev.
Sono state messe a ferro e a fuoco, ma non si sono arrese. Le altre sei province industriali di lingua russa sono state rapidamente intimorite. Dnepropetrovsk e Odessa da parte dell’esercito personale del Sig. Kolomoysky, mentre Kharkov è stata tratta in inganno dal suo furbo governatore.
La Russia non ha interferito e non ha sostenuto questa ribellione, con grande sofferenza da parte dei nazionalisti russi [sia in Ucraina che in Russia], che hanno gridato al tradimento. Tutto ciò per rispondere alla retorica bellicosa di McCain e Brzezinski!
Il rispetto di Putin per la sovranità altrui è esasperante. Capisco che quest’affermazione possa sembrare ironica [c’è chi parla di Putin come del “nuovo Hitler”]. È acclarato, però, che Putin ha avuto una formazione giuridica, prima di entrare nel Servizio Segreto. E’ un accanito sostenitore del diritto internazionale. La sua Russia ha interferito con gli altri Stati molto meno di quanto abbiano fatto la Francia o l’Inghilterra, per non parlare degli Stati Uniti.
Ho chiesto al suo “consigliere anziano”, Alexei Pushkov, perché la Russia non abbia cercato d’influenzare gli ucraini, mentre a Kiev imperversavano i funzionari americani ed europei. “Pensiamo che sia sbagliato interferire”, egli ha risposto, come un bravo scolaretto.
E’ probabile che i consiglieri di Putin abbiano mal giudicato l’opinione pubblica. “La maggioranza della popolazione della Novorossia non gradisce il nuovo regime di Kiev, ma essere politicamente passivi e conservatori, la obbligherà a sottomettersi alle sue leggi [di Kiev] … I ribelli [anti Kiev] non sono che un pugno di facinorosi senza alcun supporto di massa, e non si può fare affidamento su di essi”.
Era questo, in effetti, il loro punto di vista. Conseguentemente, Putin ha consigliato ai ribelli di rinviare a tempo indeterminato il referendum: un modo educato per dire “lasciatelo cadere”.
Forse i consiglieri avevano letto bene la situazione, ma tre avvenimenti sono riusciti a cambiare il pensiero degli elettori, mandandoli sulle barricate e nelle cabine di voto:
1 . Il primo è stato l’olocausto di Odessa. Gli operai stavano dimostrando, disarmati ed in modo pacifico, ma furono attaccati dai teppisti del regime [l’equivalente ucraino dello Shabab di Mubarak], e rinchiusi nel quartier generale dei Sindacati. Mentre all’edificio veniva appiccato il fuoco, l’estrema destra filo-regime, ovvero la “Guardia Nera”, posizionava i suoi cecchini per “accogliere” efficacemente gli aspiranti fuggitivi. Una cinquantina di questi lavoratori di lingua russa, per lo più anziani, bruciarono vivi, oppure furono uccisi mentre si precipitavano fuori attraverso le porte e le finestre.
Questo terribile evento è stato trasformato in un’occasione di gioia ed allegria da parte dei nazionalisti ucraini, che hanno definito i compatrioti uccisi degli “scarafaggi fritti “.
C’è chi sostiene che questo auto-da-fé [rogo cui veniva condannato, all’epoca dell’Inquisizione, chi non abiurava a …, ndt] sia stato organizzato dalle truppe d’assalto dell’oligarca ebreo, e “uomo forte”, Kolomoysky, che ambiva al controllo del porto di Odessa. Nonostante il suo aspetto da “orso di peluche”, si tratta di un personaggio battagliero e violento, capace di offrire come niente fosse un milione di Dollari per la “testa” del Signor Tsarev, un membro del Parlamento proveniente da Donetsk.
2 . Il secondo è stato l’attacco a Mariupol del 9 Maggio 2014. Questo giorno viene ricordato in Russia ed Ucraina come il V-day [l’Occidente lo celebra l’8 Maggio]. Il regime di Kiev ne ha proibito tutte le celebrazioni. A Mariupol la “Guardia Nera” ha attaccato la città, pacifica e disarmata, bruciando il quartier generale della polizia e uccidendo i poliziotti locali che avevano rifiutato di sopprimere questa marcia festosa. Successivamente, i teppisti della “Guardia Nera” hanno scatenato i veicoli blindati lungo le strade, uccidendo i passanti e distruggendo alcuni edifici. L’Occidente non ha espresso alcuna protesta.
La Nuland e la Merkel non sono inorridite per quest’omicidio di massa, come lo erano state, invece, dai timidi tentativi di Yanukovich di controllare la folla. Gli abitanti di queste due province si sentirono abbandonati perché avevano capito che nessuno, tranne se stessi, era intenzionato a proteggerli ed a salvarli, ed andarono a votare in massa.
3 . Il terzo è stato, stranamente, la scelta della giuria dell’Eurovisione di designare un travestito austriaco, Conchita Wurst, come vincitore del suo concorso di canto. Gli appassionati di musica della Novorossia hanno conseguentemente deciso di non voler far parte di questa Europa.
Anche i cittadini europei, in realtà, non lo volevano: è emerso che la maggioranza dei telespettatori britannici preferivano il duo polacco, Donatan & Cleo, con la loro “We Are Slavic”. Donatan è mezzo russo ed è incorso in numerose polemiche, in passato, per aver esaltato le virtù pan-slaviste e le conquiste dell’”Armata Rossa” – così ha scritto l’”Independent”.
I membri “politicamente corretti” della giuria hanno preferito celebrare la “tolleranza”, il paradigma dominante imposto all’Europa. E’ la seconda volta che un travestito vince questo concorso, notoriamente molto politico. La prima fu la cantante israeliana Dana International. Questa ossessione del re-gendering non è andata giù tanto bene ai russi ed agli ucraini.
IL PIANO DEI RUSSI
I russi hanno corretto le loro visioni, ma non intendono portare le loro truppe nelle due repubbliche ribelli, a meno che degli sviluppi drammatici dovessero forzarli.
Immaginatevi la scena: siete vestiti per una notte a Broadway, ma i vostri vicini sono coinvolti in un litigio feroce, e voi siete conseguentemente costretti a prendere la pistola e ad affrontare il problema, invece di godervi lo spettacolo, la cena, e magari un appuntamento. Era questa la posizione di Putin, al riguardo delle turbolenze in Ucraina.
Pochi mesi fa la Russia aveva fatto uno sforzo enorme per diventare ed essere considerata un civilissimo stato europeo di prima grandezza. Era questo il messaggio dei Giochi Olimpici di Sochi: dare una nuova immagine alla Russia, arrivando persino a re-inventarla come parte del primo mondo, proprio come aveva fatto, una volta, Pietro il Grande.
Un paese straordinario, di forte tradizione europea, il paese di Lev Tolstoj e Malevich, di Tchaikovsky e Diaghilev, la terra delle arti, delle coraggiose riforme sociali, dei risultati scientifici, della modernità ed ancora molto di più – la Russia di Natasha Rostova [protagonista di “Guerra e Pace” di Tolstoj, ndt] in sella ad un elicottero Sikorsky. Putin ha speso 60 miliardi di Dollari per trasmettere questa immagine.
Quella vecchia volpe di Henry Kissinger ha saggiamente detto:
Putin ha speso 60 miliardi dollari per le Olimpiadi. I russi avevano programmato le cerimonie di apertura e di chiusura per presentare la Russia come un normale paese progressista. Non è possibile, quindi, che avessero pianificato un assalto all’Ucraina nei tre giorni successivi [alla loro chiusura]. Non c’è alcun dubbio sul fatto che i russi abbiano sempre voluto l’Ucraina in posizione subordinata. Non ho mai incontrato un russo adulto, compresi i dissidenti Solzenicyn e Brodsky, che non abbia guardato all’Ucraina come ad una parte del patrimonio russo. Ma io non credo che Putin avesse progettato di portarne la testa a casa, almeno non ora.
Tuttavia, i falchi di Washington hanno deciso di fare tutto quanto necessario per tenere la Russia al di fuori della porta, al freddo. Avevano timore di quest’immagine di “normale paese progressista” perché, se così fosse stato, la Russia avrebbe reso la NATO irrilevante, minando la dipendenza europea dagli Stati Uniti. Erano irremovibili nel difendere la loro egemonia, mandata in frantumi dal confronto siriano.
Hanno attaccato le posizioni russe in Ucraina ed organizzato un violento colpo di stato, installando un regime ferocemente anti-russo sostenuto dagli ultras delle squadre di calcio e dai neo-nazisti, pagati dagli oligarchi ebrei e dai contribuenti americani.
I vincitori hanno vietato la lingua russa e si sono preparati ad annullare i trattati con la Russia relativi alla base navale sul Mar Nero [Sebastopoli, Crimea], che sarebbe dovuta diventare una nuova grande base della NATO, per controllare quel mare e minacciare la Russia.
Putin doveva affrontare la questione rapidamente, e così ha fatto, accettando la richiesta del popolo della Crimea di unirsi alla Federazione Russa. Tutto ciò ha risolto il problema immediato [la base di Sebastopoli], ma il problema dell’Ucraina è rimasto intatto.
L’Ucraina non è un’entità estranea ai russi, è la metà occidentale della Russia stessa, dalla quale è stata artificiosamente separata nel 1991, durante il crollo dell’URSS. I popoli delle due parti sono collegati dalle famiglie, dalla cultura e dai legami di sangue, mentre le loro economie sono strettamente collegate.
Seppur uno Stato ucraino separato dalla Russia sia un’opzione possibile, un Stato “indipendente” che le fosse anche ostile non è un’opzione praticabile, e non può essere tollerato da qualsivoglia governante russo. E questo per ragioni sia militari che culturali: se Hitler avesse dato inizio alla guerra contro la Russia partendo dal suo confine attuale, avrebbe preso Stalingrado in due giorni e distrutto la Russia in una settimana.
Un governante russo più proattivo [intraprendente] avrebbe inviato truppe a Kiev già da molto tempo. Esattamente come fecero lo Zar Alexis nel 17° secolo [quando polacchi, cosacchi e tartari si sollevarono], e lo zar Pietro il Grande nel 18° secolo [contro gli svedesi]. Ma anche Lenin, quando i tedeschi istituirono il Protettorato di Ucraina [chiamò la sua istituzione “la pace oscena”], e lo stesso Stalin, quando i tedeschi occuparono l’Ucraina nel 1941.
Putin spera ancora di poter risolvere il problema con mezzi pacifici, facendo conto sul sostegno del popolo ucraino. In realtà, prima dell’acquisizione di Crimea, la schiacciante maggioranza degli ucraini [e pressoché tutti gli abitanti della Novorossia] sosteneva una sorta di unione con la Russia. Se non fosse stata questa la sua opinione, il colpo di Stato a Kiev non sarebbe stato necessario.
L’acquisizione forzata della Crimea, in un primo momento, aveva minato seriamente il “fascino” della Russia. Al popolo ucraino non era affatto piaciuta, come del resto era stato previsto dal Cremlino, che aveva comunque dovuto agire per alcuni fondati motivi.
Perdere Sebastopoli per farla diventare, oltretutto, una base navale della NATO, sarebbe stata una cosa a tal punto inaccettabile da non lasciare spazio a qualsiasi alternativa. Il popolo russo, inoltre, non avrebbe capito il rigetto di questa richiesta fatta dalla Crimea.
I falchi di Washington sperano ancora di poter costringere Putin ad un intervento militare, perché darebbe loro la possibilità di isolare la Russia [trasformandola in un mostruoso stato-parìa] e di aumentare le spese per la difesa [spingendo l’Europa e la Russia una contro l’altra]. A loro non importa molto dell’Ucraina e degli ucraini, ma li usano come pretesto per raggiungere i loro obiettivi geopolitici.
Gli europei vorrebbero spennare l’Ucraina per poter usare i suoi uomini come lavoratori clandestini e le sue donne come prostitute, per prendersi i suoi beni e per poterla colonizzare. Lo hanno già fatto con una sorella più piccola dell’Ucraina, la Moldova, la più povera repubblica ex-sovietica. Quanto alla Russia, all’UE non dispiacerebbe farla scendere di una tacca, per ridurne il suo attivismo. Ma non tutti i paesi membri sono entusiasti a questo riguardo, ci sono differenti punti di vista.
Putin preferirebbe continuare nella modernizzazione della Russia. Il paese ne ha un estremo bisogno. Le infrastrutture sono indietro di venti o trenta anni rispetto all’Occidente. Stanchi di questa arretratezza, i giovani russi molto spesso preferiscono trasferirsi in Occidente, e questa fuga di cervelli provoca molti danni alla Russia, ed al contempo arricchisce l’Occidente.
Anche Google è uno dei frutti di questa fuga di cervelli, Sergey Brin è in effetti un immigrato russo [co-fondatore della Google insieme a Larry Page, ndt]. Sono centinaia di migliaia gli scienziati e gli artisti russi che mandano avanti i laboratori, i teatri e le orchestre occidentali. Ma la liberalizzazione politica non è sufficiente: i giovani vogliono delle buone strade, delle buone scuole ed una qualità della vita paragonabile a quella occidentale. E questo è ciò che Putin intende dar loro.
Egli sta facendo un buon lavoro. Mosca, ad esempio, ha avviato il noleggio gratuito delle biciclette e la connessione Wi-Fi nei parchi, come in tutte le città dell’Europa occidentale. I treni sono stati ammodernati, mentre centinaia di migliaia di appartamenti sono in costruzione, ancor più che durante l’era sovietica. Gli stipendi e le pensioni sono aumentati da sette a dieci volte negli ultimi dieci anni. La Russia è ancora un po’ trasandata, ma è sulla strada giusta. Putin vuole continuare questa modernizzazione.
Per quanto riguarda l’Ucraina e gli altri stati ex-sovietici, Putin preferirebbe che essi mantengano la loro indipendenza, vuole essere amichevole nei loro riguardi e vorrebbe che essi procedano un po’ alla volta verso l’integrazione con l’Unione Europea. Egli non sogna un nuovo impero. Respinge questa possibilità perché potrebbe ritardare il suo piano di modernizzazione.
Se questi orribili neocons non avessero forzato la mano, espellendo il legittimo Presidente dell’Ucraina per insediare al suo posto il loro burattino, il mondo avrebbe goduto di un lungo periodo di pace. Ma in questo modo l’alleanza militare occidentale guidata dagli Stati Uniti sarebbe caduta in disuso, le industrie militari statunitensi avrebbero perso fatturato, e l’egemonia degli Stati Uniti sarebbe evaporata. La pace non è un bene per l’esercito statunitense e per la sua macchina mediatica. I sogni di pace, nella nostra vita, rischiano di restare solo dei sogni.
CHE FARA’ PUTIN ?
Putin cercherà di evitare l’invio di truppe il più a lungo possibile. Dovrà proteggere le due province separatiste, ma potrà farlo supportandole da lontano, nello stesso modo con cui gli Stati Uniti sostengono i ribelli in Siria [ovvero “senza stivali sul terreno”]. A meno che non verifichino dei gravi spargimenti di sangue, le truppe russe resteranno in attesa, monitorando attentamente la “Guardia Nera” e le altre forze pro-regime.
Putin cercherà di trovare un accordo con l’Occidente per condividere la responsabilità, l’influenza ed il coinvolgimento economico in questo Stato in fallimento. Questo può essere fatto attraverso una federalizzazione, una coalizione di governo, o anche una divisione.
Le province di lingua russa della Novorossia sono quelle di Kharkov [industria], Nikolayev [costruzioni navali], Odessa [porto], Donetsk e Lugansk [miniere e industria], Dnepropetrovsk [missili e high-tech], Zaporozhe [acciaio], Kherson [acqua per la Crimea e cantieristica], tutte ben consolidate, costruite e popolate da russi.
Essi potrebbero separarsi dall’Ucraina e formare una Novorossia indipendente, uno stato di medie dimensioni, ma più grande di alcuni stati confinanti, che potrebbe unirsi all’”Unione degli Stati di Russia e Bielorussia”, o all’”Unione Doganale” guidata dalla Russia.
La parte orientale dell’Ucraina potrebbe gestirsi come meglio crede, decidendo autonomamente se aderire o meno all’Unione con le sue sorelle slave in Oriente. Questo assetto produrrebbe due Stati piuttosto coesi ed omogenei [le due Ucraine, ndt].
Un’altra possibilità [molto meno probabile, in questo momento] è la divisione in tre della fallita Ucraina: la Novorossia, l’Ucraina vera e propria, ed infine la Galizia con la Volinia. In questo caso, la Novorossia sarebbe fortemente filo-russa, l’Ucraina neutrale, e la Galizia fortemente filo-occidentale.
L’UE potrebbe accettare tutto questo, ma gli Stati Uniti non saranno probabilmente d’accordo, e rigetteranno qualsiasi forma di condivisione del potere in Ucraina. Dal successivo “braccio di ferro” emergerà un vincitore. Se l’Europa e gli Stati Uniti si faranno da parte, sarà la Russia a vincere. Se la Russia accetterà il posizionamento filo-occidentale di praticamente tutta l’Ucraina, allora a vincere saranno gli Stati Uniti.
Questo “braccio di ferro”, comunque, potrebbe trascendere e provocare una guerra, con molti partecipanti ed un possibile uso delle armi nucleari. Questo è il classico “game of chicken” [si veda la “game theory”, ndt]: rimarrà in pista quello che avrà i nervi più saldi ed una minore fantasia.
PRO E CONTRO
E’ troppo presto per prevedere il vincitore del prossimo scontro. Per il Presidente russo è decisamente allettante prendersi tutta l’Ucraina, o almeno la Novorossia, ma non è un compito facile, e può provocare molta ostilità da parte delle potenze occidentali.
Incorporando l’Ucraina, il recupero russo [a partire dal 1991] potrà dirsi completato, la sua forza raddoppiata, la sua sicurezza garantita, ed un grave pericolo sarà stato rimosso. La Russia diventerebbe di nuovo grande. La gente venererebbe Putin come il “Riunificatore delle Terre Russe” [palese il riferimento a Ivan 3° detto il Grande, “Unificatore e Sovrano di tutte le Russie”, ndt] .
Tuttavia, gli sforzi della Russia per apparire come un moderno e pacifico paese progressista andrebbero del tutto sprecati. Sarebbe considerata un paese aggressore ed espulsa dagli organismi internazionali. Le sanzioni si farebbero sentire, le importazioni high tech potrebbero essere vietate, come ai tempi dell’Unione Sovietica.
Le élites russe non vogliono compromettere la loro bella vita. L’esercito russo, inoltre, proprio di recente ha cominciato la sua modernizzazione e, al momento, i militari non vogliono ancora combattere [forse per i prossimi dieci anni]. Ma se dovessero sentirsi con le spalle al muro, se la NATO dovesse invadere l’Ucraina Orientale, non esiteranno a combattere.
Alcuni politici ed osservatori russi credono che l’Ucraina sia un caso disperato, che i suoi problemi sarebbero troppo costosi da riparare. Questa valutazione sa un po’ di “uva acerba”, ma è molto diffusa.
Una nuova ed interessante voce sul web, “The Saker”, promuove questo punto di vista: “Lasciate che l’UE e gli USA provvedano agli ucraini, quando avranno fame essi torneranno dalla ‘Madre Russia’”. Il problema è che non sarà loro permesso di riconsiderare la loro posizione. La “giunta” al governo non ha usato tutta questa violenza per arrivare al potere, per poi perderlo alle urne.
L’Ucraina, inoltre, non sta poi così male come alcuni sostengono. Certo, costerebbe migliaia di miliardi trasformarla in una Germania o in una Francia, ma non è necessario arrivare a questo. L’Ucraina può raggiungere molto rapidamente lo stesso livello di sviluppo russo, se si unisse alla Russia.
Sotto l’UE-FMI-NATO l’Ucraina diventerà un caso disperato, ammesso che non lo sia già. La stessa cosa vale per tutti gli stati ex-sovietici dell’Europa dell’Est: essi possono prosperare, seppur in modo modesto, insieme alla Russia – come stanno facendo la Bielorussia e la Finlandia – o soffrire dello spopolamento, della disoccupazione e della povertà stando con l’Europa e la NATO, e contro la Russia [si vedano i casi della Lettonia, dell’Ungheria, della Moldova e della Georgia].
E’ nell’interesse ucraino unirsi alla Russia nell’ambito di un qualche quadro di riferimento. Gli Ucraini lo capiscono benissimo, per questo motivo non sarà permesso che si svolgano delle elezioni democratiche.
Bollendo a fuoco lento, la Novorossia potrà raggiungere il potenziale sufficiente a cambiare il gioco. Se le truppe russe non dovessero arrivare, i ribelli della Novorossia potrebbero respingere l’offensiva di Kiev ed avviare una controffensiva per riconquistare tutto il paese, nonostante le suppliche pacificatrici di Putin. Ed allora, nell’ambito di una guerra civile in piena regola, l’Ucraina potrà spianare a martellate il suo destino.
A livello personale, Putin deve affrontare una scelta difficile. I nazionalisti russi non gli perdoneranno l’abbandono dell’Ucraina senza combattere. Gli Stati Uniti e l’Unione Europea stanno minacciando la vita stessa del Presidente russo, le loro sanzioni stanno danneggiando i suoi stretti collaboratori, incoraggiandoli a sbarazzarsene, o addirittura ad assassinarlo, migliorando in questo modo i loro rapporti con il potente Occidente.
La guerra può arrivare in qualsiasi momento, come è già successo due volte durante il secolo scorso – nonostante la Russia abbia cercato di evitarla entrambe le volte. Putin vuole quanto meno rimandarla, ma non a qualsiasi prezzo.
La sua non è una scelta facile. Non appena la Russia dovesse indugiare, e gli Stati Uniti raddoppiare i loro rischi, il mondo si avvicinerebbe al baratro nucleare.
Chi farà “chicken out” [ovvero si tirerà indietro ? Si consulti allo scopo la “Game Theory”, ndt]
Israel Shamir
Fonte: http://vineyardsaker.blogspot.it
Link: http://vineyardsaker.blogspot.it/2014/05/the-ukraine-in-turmoil-by-israel-shamir.html
18.05.2014
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di FRANCO