L'UCCISIONE DI OSAMA BIN LADEN (PARTE PRIMA)

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DI SEYMOUR M. HERSH

lrb.co.uk

Sono passati quattro anni da quando un gruppo di Navy Seals statunitensi uccise Osama bin Laden in un raid notturno in un edificio di Abbottabad, in Pakistan. L’uccisione fu il momento più importante del primo mandato di Obama e un fattore importante per la sua rielezione. La Casa Bianca oggi continua a sostenere che la missione fu una questione tutta americana e che gli alti generali dell’esercito pachistano e l’agenzia Inter-Services Intelligence (ISI), non furono informati in anticipo del raid. Questo è falso, come lo sono molti altri elementi dell’amministrazione Obama. La storia della Casa Bianca potrebbe essere stata scritta da Lewis Carroll: bin Laden, obiettivo di una massiccia caccia all’uomo internazionale, davvero aveva deciso che una località turistica a 40 miglia da Islamabad sarebbe stata il posto più sicuro dove vivere e da cui coordinare le operazioni di al-Qaeda? Si nascondeva in campagna, ha detto l’America.

Nella foto: festeggiamenti in USA per la morte Bin Laden

La bugia più eclatante è stata che due tra i più importanti leader militari pachistani – il Generale Ashfaq Parvez Kayani, capo del personale dell’esercito, e il generale Ahmed Shuja Pasha, direttore generale dell’ISI – non sono mai stati informati della missione statunitense. Questa rimane la posizione della Casa Bianca, nonostante una serie di rapporti che hanno sollevato diversi dubbi, tra cui uno di Carlotta Gall nel New York Times Magazine del 19 marzo del 2014. Gall, che è stata per dodici anni corrispondente del Times in Afghanistan, scrisse che le era stato detto da un ‘funzionario pachistano’ che Pasha era già a conoscenza del raid prima che bin Laden andasse ad Abbottabad. La cosa fu negata dai funzionari USA e pachistani, e si andò avanti. Nel suo libro Pakistan: Prima e dopo Osama (2012), Imtiaz Gul, direttore esecutivo del Centro per le ricerche e gli studi sulla sicurezza, un think tank di Islamabad, scrisse che aveva parlato con quattro agenti dei servizi segreti sotto copertura che – confermando un’opinione piuttosto condivisa – sostenevano che l’esercito pachistano era già a conoscenza dell’operazione. La questione fu nuovamente sollevata nel mese di febbraio, quando un generale in pensione, Asad Durrani, che era a capo dell’ISI nei primi anni ’90, disse a un intervistatore di al-Jazeera che era ‘molto probabile‘ che gli alti ufficiali dell’ ISI non sapessero dove era nascosto bin Laden, ‘ma era ancora più probabile invece che lo sapessero’. E l’idea è che, al momento opportuno, la sua posizione sarebbe stata rivelata. E il momento giusto sarebbe stato quando fosse stato possibile avere un’adeguata contropartita – se hai per le mani uno come Osama bin Laden, non lo consegni così su due piedi agli Stati Uniti.

Questa primavera ho contattato Durrani e l’ho informato in dettaglio di quello che avevo saputo sul raid di bin Laden da fonti statunitensi: che bin Laden era stato prigioniero dell’ ISI nel complesso di Abbottabad fin dal 2006; che Kayani e Pasha sapevano in anticipo del raid e avevano fatto in modo che i due elicotteri che trasportavano i Seals ad Abbottabad potessero attraversare lo spazio aereo pachistano senza far scattare alcun allarme; che la CIA non era a conoscenza di dove fosse bin Laden spiando i suoi corrieri, come ha dichiarato la Casa Bianca nel maggio 2011, ma lo seppe da un ex alto funzionario dell’intelligence pachistana che tradì il segreto in cambio di una ricompensa di una grossa parte dei 25 milioni dollari offerti dagli Stati Uniti, e che, mentre fu Obama a ordinare l’attacco e i Seals ad effettuarlo, molti altri dettagli della vicenda sono risultati falsi.

Quando verrà alla luce questa nuova versione dei fatti – quando accadrà – la gente in Pakistan ve ne sarà tremendamente grata,‘ mi ha detto Durrani. Per molto tempo la gente ha smesso di fidarsi di quello che gli raccontano le fonti ufficiali su bin Laden. Ci sarà anche qualche commento politico negativo e un pò’di rabbia, ma la gente ama che gli si dica la verità, e quello che lei mi dice è proprio quello che ho sentito da ex colleghi che sono stati in missioni di verifica dei fatti relativi a questa vicenda.’ in qualità di ex capo dell’ISI, ha detto, poco dopo il raid, gli fu detto da persone nella “comunità strategica” che un informatore aveva avvertito gli Stati Uniti della presenza di bin Laden ad Abbottabad, e che dopo la sua uccisione Kayani e Pasha si sono ritrovati esposti a causa delle promesse non mantenute dagli USA.

La fonte americana principale per il racconto che segue è un ex alto funzionario dell’intelligence ben informato sulle operazioni d’intelligence iniziali riguardo alla presenza di bin Laden ad Abbottabad. Era anche a conoscenza di molti aspetti della formazione dei Seals per il raid in questione e dei vari rapporti che avrebbero seguito l’attacco. Altre due fonti statunitensi che avevano accesso alle informazioni di supporto, sono stati per lungo tempo consulenti dello Special Operations Command. Ho anche avuto informazioni dall’interno del Pakistan circa il diffuso sgomento tra i vertici ISI e la leadership militare – come mi disse più avanti Durrani – circa la decisione di Obama di rendere subito pubblica la notizia della morte di bin Laden. La Casa Bianca non rispose alle richieste di commenti.

*

Tutto iniziò nell’ agosto 2010 con un’informatore volontario: un ex alto funzionario dell’intelligence pachistana avvicinò Jonathan Bank, allora capo dell’ unità della CIA presso l’ambasciata degli Stati Uniti a Islamabad. Si offrì di informare la CIA del luogo dove si trovava bin Laden in cambio di quella ricompensa che Washington aveva offerto nel 2001. Gli informatori volontari la CIA di solito non li considera molto affidabili, e la risposta dalla sede dell’agenzia fu quella di usare il test con il poligrafo. Il test fu superato. ‘Ora abbiamo un vantaggio su bin Laden: vive in un complesso ad Abbottabad: ma come facciamo a identificarlo con precisione?’ In quel momento era quella la principale preoccupazione della CIA, mi ha detto il funzionario dell’intelligence statunitense in pensione.

Inizialmente gli Stati Uniti tennero per buono quello che avevano saputo dai pachistani. Il timore era che se fosse stata rivelata l’esistenza di una fonte informata, gli stessi pachistani avrebbero fatto trasferire bin Laden in un’altra località. Quindi solo un piccolo numero di persone fu portato a conoscenza della fonte e dei fatti’. ‘Primo obiettivo della CIA fu quello di verificare la qualità delle informazioni dell’informatore.’ Il complesso fu messo sotto sorveglianza satellitare. La CIA affittò una casa ad Abbottabad da utilizzare come base di osservazione facendola occupare da suoi impiegati pachistani e stranieri. Più tardi, la base sarebbe stata utilizzata come punto di contatto con l’ISI; attirò poca attenzione perché Abbottabad è un luogo di vacanza ricco di case per affitti stagionali. Il profilo psicologico dell’ informatore era pronto. (L’informatore e la sua famiglia erano stati fatti uscire dal Pakistan e trasferiti nella zona di Washington. Ora è consulente della CIA).

Ad ottobre, la comunità militare e l’ intelligence stavano discutendo le possibili opzioni militari. ‘Dobbiamo sganciare una bomba sul complesso o portarlo fuori con un attacco drone? O mandare lì qualcuno ad ucciderlo, in stile ‘assassino misterioso isolato’? Ma in questo modo non avremmo avuto alcuna prova di chi fosse ‘, ha detto il funzionario in pensione. Abbiamo visto qualcuno che di notte camminava nel complesso, ma non abbiamo alcuna intercettazione perché il complesso era isolato dalle comunicazioni’.’

Nel mese di ottobre, Obama fu informato dell’intelligence in corso. La sua risposta fu cauta, mi ha detto il funzionario in pensione. Semplicemente non aveva senso che bin Laden fosse ad Abbottabad. Sarebbe stata una follia. La posizione del presidente fu enfatica: “Non parlatemene più se non avete la prova che sia davvero Bin LadenL’obiettivo immediato dei vertici CIA e del Joint Special Operations Command fu quello di ottenere il sostegno di Obama. Credevano di poterlo ottenere con una prova del DNA, e se gli avessero garantito che un assalto notturno non avrebbe comportato alcun rischio. L’unico modo per ottenere entrambe le cose’ mi ha detto il funzionario in pensione ‘era quello di far entrare in gioco i pachistani’.

Nel tardo autunno del 2010, gli USA continuavano a tacere sull’informatore, e Kayani e Pasha continuavano a insistere con le loro controparti americane che sapevano bene dove si trovasse bin Laden. ‘Il passo successivo fu quello di capire come facilitare Kayani e Pasha – se dirgli, cioè, che avevamo i mezzi per poter dimostrare che nel complesso c’era un bersaglio di alto livello e farci dire da loro cosa sapevano di lui’.Il complesso non era un presidio armato: non c’erano mitragliatrici intorno perché era sotto il controllo ISI.’ L’informatore aveva detto negli Stati Uniti che bin Laden era vissuto inosservato dal 2001 al 2006 con alcune delle sue mogli e dei suoi figli sulle montagne dell’Indu Kush, e che l’ISI seppe di lui pagando alcuni indigeni locali inducendoli a tradirlo. (Un rapporto posteriore al raid diceva che in quel periodo si trovava altrove in Pakistan.) L’informatore disse a Bank che Bin Laden era molto malato, e che all’inizio della sua prigionia a Abbottabad, l’ISI aveva ordinato ad Amir Aziz, maggiore e medico dell’esercito pachistano, di recarsi lì sul posto e fornire le adeguate cure. ‘La verità è che bin Laden era un invalido, ma non si può dire’ ha detto il funzionario in pensione. “E che vuoi dire ai ragazzi che vanno a sparare a uno storpio? Chi stavano andando a prendere quelli del suo AK-47?”

Non ci volle molto per ottenere la collaborazione di cui avevamo bisogno, perché i pachistani volevano assicurarsi la continuità degli aiuti militari americani, buona parte dei quali erano finanziamenti anti-terrorismo destinati alla sicurezza personale, come ad esempio limousine a prova di proiettile, guardie di sicurezza e abitazioni per i leader di ISI’, ha detto il funzionario in pensione. Ha aggiunto anche che ci sono stati anche incentivi personali ‘sottobanco’ finanziati con i fondi di emergenza del Pentagono. La comunità di intelligence sapeva quello di cui avevano bisogno i pachistani e quello per cui avrebbero accettato: in altri termini, c’era la carota. E hanno scelto la carota. E’ stato reciprocamente vantaggioso. E gli abbiamo fatto anche un piccolo ricatto. Gli abbiamo detto che avremmo tenuto la bocca chiusa sul fatto che avessero bin Laden nel loro territorio. Sapevamo bene chi erano i loro nemici e amici: ai talebani e e ai gruppi jihadisti in Pakistan e Afghanistan ‘non sarebbe piaciuto’.

Un elemento preoccupante in questa fase iniziale, secondo il funzionario in pensione, era l’Arabia Saudita, che aveva finanziato il trattenimento di bin Laden dopo il suo sequestro dai pachistani. I sauditi non volevano che fosse rivelata la presenza di bin Laden perché era un saudita, e così hanno detto ai pachistani di cucirsi la bocca. I sauditi temevano che, se noi ne fossimo stati a conoscenza, avremmo fatto pressione sui pachistani perchè bin Laden iniziasse a dirci qualcosa su quello che i sauditi avevano fatto con al-Qaeda. E ne avevano spesi di soldi – tanti, ma tanti soldi. I pachistani, a loro volta, si preoccupavano che i sauditi potessero vuotare il sacco sul loro controllo di bin Laden. Il timore era che se gli Stati Uniti avessero scoperto qualcosa su bin Laden da Riyadh, sarebbe scoppiato l’inferno. Gli americani che venivano a sapere di bin Laden da un informatore volontario? In fondo non era la cosa peggiore’.

Nonostante le loro continue faide pubbliche, i servizi militari e di intelligence americani e pachistani hanno lavorato per decenni a stretto contatto per l’anti-terrorismo nell’Asia meridionale. Entrambi i servizi trovano spesso utile impegnarsi in faide pubbliche per salvare la faccia’, come ha detto il funzionario in pensione, pur condividendo costantemente le loro intelligence per gli attacchi droni e le operazioni segrete. Allo stesso tempo, Washington sapeva bene che gli elementi dell’ ISI ritenevano essenziale per la sicurezza nazionale il mantenimento di un rapporto con la leadership talebana in Afghanistan. Obiettivo strategico dell’ ISI è quello di bilanciare l’influenza indiana a Kabul; i talebani in Pakistan sono visti anche come utili fornitori per le truppe d’assalto jihadiste che sarebbero al fianco del Pakistan contro l’India in un confronto sul Kashmir.

A far salire la tensione c’era l’arsenale nucleare pachistano, spesso raffigurato dalla stampa occidentale come una bomba islamica’ che poteva essere trasferita dal Pakistan ad un paese del Medio Oriente in caso di crisi con Israele. Gli Stati Uniti hanno chiuso un occhio quando il Pakistan nel 1970 iniziò a costruire il suo sistema di armi, e oggi si ritiene possa avere più di un centinaio di testate nucleari. Washington sa che la sicurezza degli Stati Uniti dipende dal mantenimento di forti legami militari e di intelligence con il Pakistan. E anche il Pakistan sa la stessa cosa.

L’esercito pachistano si considera come una famiglia’ ha detto il funzionario in pensione. Gli ufficiali chiamano soldati i loro figli e tutti i funzionari “fratelli”. L’atteggiamento è diverso nel campo militare americano. Gli alti ufficiali pachistani credono di essere l’elite e sentono di dover proteggere tutti gli altri, come se fossero i custodi della sacra fiamma che combatte il fondamentalismo islamico. I pachistani sanno anche che la loro carta vincente in caso di aggressione da parte dell’India è un forte rapporto con gli Stati Uniti. Non taglieranno mai i loro legami con noi’.

Come tutti i capi della CIA, Bank stava lavorando sotto copertura, ma ciò si concluse all’inizio di dicembre 2010, quando fu pubblicamente accusato di omicidio con una denuncia penale presentata a Islamabad da Karim Khan, un giornalista pachistano il cui figlio e fratello, secondo le notizie locali, erano stati uccisi da un drone statunitense. Rivelare pubblicamente il nome di Bank fu una violazione del protocollo diplomatico da parte delle autorità pachistane, e portò a un’ ondata di pubblicità indesiderata. La CIA ordinò a Bank di lasciare il Pakistan; successivamente funzionari CIA dissero all’ Associated Press che era stato trasferito perché si temeva molto per la sua sicurezza. Il New York Times riferì che c’erano ‘forti sospetti’ che c’era lo zampino dell’ISI nella rivelazione del nome di Bank a Khan. C’erano speculazioni che si trattasse di una ‘vendetta’ per la pubblicazione, in una vertenza giuridica di un mese prima a New York, dei nomi dei leader dell’ISI in connessione con gli attentati di Mumbai del 2008. Ma la CIA aveva anche un altro motivo per voler richiamare Bank in America: la necessità per i pachistani di avere una copertura nel caso fosse stata resa nota la loro collaborazione con gli Stati Uniti nel tentativo di sbarazzarsi di bin Laden. I pachistani potrebbero dire: “Parlate di noi? Ma se abbiamo appena cacciato il vostro capo di zona!”

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Il complesso dov’era bin Laden era a meno di due miglia dalla Pakistan Military Academy, e a un altro miglio circa da un battaglione da combattimento dell’esercito pachistano. Abbottabad è a meno di 15 minuti in elicottero da Tarbela Ghazi, un’importante base per le operazioni segrete ISI e per l’addestramento delle unità che custodiscono l’arsenale di armi nucleari del Pakistan. Ghazi è il principale motivo per cui l’ISI ha mandato bin Laden ad Abbottabad’ ha detto il funzionario in pensione, ‘per tenerlo costantemente sotto controllo’.

In questa fase iniziale i rischi per Obama erano elevati, soprattutto perché c’era un precedente preoccupante: il tentativo fallito nel 1980 di salvare gli ostaggi americani a Teheran. Questo fallimento contribuì alla perdita di J. Carter contro Reagan. Le preoccupazioni di Obama erano realistiche, ha detto il funzionario in pensione. ‘Era sempre lì bin Laden? O si trattava solo di un inganno prodotto dai pachistani? E in caso di fallimento, quale sarebbe stata la risposta politica?’. ‘Dopo tutto, se la missione fallisce, Obama non sarà che un Jimmy Carter nero e addio rielezione.’

Obama era in ansia per la conferma che quell’uomo fosse davvero bin Laden. La prova doveva essere il DNA di bin Laden. I responsabili chiesero aiuto a Kayani e Pasha, che a loro volta chiesero aiuto ad Aziz per ottenere i campioni necessari. Subito dopo il raid la stampa scoprì che Aziz aveva abitato in una casa vicina al complesso di bin Laden: i giornalisti locali videro il suo nome in Urdu su una targa appesa alla sua porta. I funzionari pachistani negarono che Aziz avesse avuto alcun legame con bin Laden, ma il funzionario in pensione mi ha detto che Aziz aveva ricevuto una parte del ‘premio’ di 25 milioni di dollari offerto dagli Stati Uniti, perché un campione di DNA dimostrasse in modo inconfutabile che quello ad Abbottabad fosse davvero bin Laden. (In una sua successiva testimonianza ad una commissione pachistana che indagava sul raid di bin Laden, Aziz disse di aver assistito al raid di Abbottabad, ma di non sapere precisamente chi abitasse nel complesso; inoltre un suo ufficiale superiore gli aveva dato ordine di tenersi a distanza dalla scena).

Seguirono contrattazioni sul modo in cui doveva svolgersi la missione. ‘Kayani finalmente diede il suo assenso, ma disse anche che non doveva esserci una grande forza d’attacco. Doveva essere con poche unità. E bisognava ucciderlo, altrimenti niente accordo’, ha detto il funzionario in pensione. L’accordo fu raggiunto alla fine di gennaio 2011, e il Joint Special Operations Command preparò un elenco di domande a cui i pachistani dovevano rispondere: ‘Come possiamo essere certi che non ci sarà alcun intervento esterno? Quali sono le difese all’interno del complesso e le sue esatte dimensioni? Dove sono le camere di bin Laden e quanto sono grandi esattamente? Quanti gradini di scale ci sono? Dove sono le porte delle sue stanze, sono blindate? Di che spessore sono?’. I pachistani decisero di consentire un’unità americana di quattro uomini – un Navy Seal, un agente della CIA e due specialisti di comunicazioni – e di istituire un ufficio di collegamento per l’attacco a Tarbela Ghazi. I militari, nel frattempo, avevano costruito un plastico del complesso di Abbottabad in un sito dismesso di test nucleari nel Nevada, e una squadra d’elite Seal aveva iniziato le prove del raid.

Gli Stati Uniti avevano cominciato a tagliare gli aiuti al Pakistan – a ‘stringere i rubinetti’, secondo le parole del funzionario in pensione. La fornitura di 18 nuovi aerei caccia F-16 era in ritardo, e i pagamenti sottobanco ai capi maggiori erano stati sospesi. Nell’aprile del 2011, Pasha incontrò il direttore della CIA, Leon Panetta, presso la sede dell’agenzia. ‘Pasha ottenne l’impegno che gli Stati Uniti avrebbero fatto ripartire il denaro e noi ottenemmo la garanzia che non ci sarebbe stata alcuna opposizione pachistana durante la missione,’ ha detto il funzionario in pensione. ‘Pasha insistette anche sul fatto che Washington smettesse di lamentarsi per la scarsa cooperazione pachistana nella guerra americana al terrorismo.’ A un certo punto, in quella primavera, Pasha diede agli americani una spiegazione un po’ ammorbidita del motivo per cui il Pakistan continuava a tenere segreta la cattura di bin Laden, e sul perché fosse fondamentale che il ruolo di ISI che restasse un segreto: ‘Avevamo bisogno di un ostaggio per tenere sotto controllo al-Qaeda e i Talebani,’ disse Pasha’, racconta il funzionario in pensione. ‘L’ISI stava usando bin Laden come leva contro le attività dei talebani e di al Qaeda in Afghanistan e Pakistan. Fecero sapere ai talebani e ai leader di al Qaeda che se avessero condotto delle operazioni in contrasto con gli interessi della ISI, ci avrebbero consegnato bin Laden. Quindi, se fosse stato rivelato che i pachistani avevano collaborato con noi per mettere le mani su bin Laden ad Abbottabad, si sarebbe scatenato l’inferno’.

In uno dei suoi incontri con Panetta, secondo il funzionario in pensione e una fonte interna della CIA, un alto funzionario CIA chiese a Pasha se lui si considerasse un agente di al Qaeda o dei Talebani. Rispose di no, ma disse che l’ISI aveva bisogno di un certo controllo.‘ Il messaggio, secondo la CIA, era che Kayani e Pasha vedevano bin Laden ‘come una risorsa, ed erano più interessati alla propria sopravvivenza che agli Stati Uniti ‘.

Un pachistano con stretti legami con i dirigenti di ISI mi disse che c’era un affare in corso con i vostri pezzi grossi’. Eravamo molto riluttanti, ma andava fatto, non per arricchimento personale, ma perché tutti i programmi di aiuti americani sarebbero stati tagliati. I vostri ci dissero che se non lo facevamo saremmo morti di fame, e l’ok fu dato quando Pasha era a Washington. L’accordo non era solo per tenere aperti i ‘rubinetti’, ma a Pasha fu detto che c’erano anche altri ‘premi’ per noi.’ ‘Il pachistano disse che la visita di Pasha portò anche a un impegno da parte degli Stati Uniti di dare al Pakistan più mano libera in Afghanistan mentre iniziava il ritiro delle truppe’. ‘E così i nostri pezzi grossi hanno giustificato l’accordo dicendo che…era per il bene del nostro paese.’

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Pasha e Kayani erano incaricati di assicurare che il comando dell’esercito e dell’aviazione pachistani non intercettassero/ostacolassero gli elicotteri americani impegnati nella missione. La cellula americana a Tarbela Ghazi avrebbe coordinato le comunicazioni tra ISI, gli alti ufficiali degli Stati Uniti dal loro posto di comando in Afghanistan e i due elicotteri Black Hawk; l’obiettivo era quello di garantire che nessun aereo da caccia di ricognizione sul confine intercettasse l’intrusione e l’arrestasse. Il piano iniziale stabilì che la notizia del raid non doveva essere data subito. Tutte le unità del Joint Special Operations Command operano in grande segreto e i leader del JSOC pensava, come anche Kayani e Pasha, che l’uccisione di Bin Laden non sarebbe stata resa pubblica se non dopo sette giorni, forse anche più. In seguito sarebbe stata resa pubblica una storia di copertura: Obama avrebbe annunciato che un’ analisi del DNA confermava che bin Laden era stato ucciso in un raid drone nella zona dell’ Hindu Kush, in territorio afgano. Gli americani che avevano progettato la missione assicurarono Kayani e Pasha che la loro collaborazione non sarebbe mai stata resa pubblica. Tutti erano d’accordo che se si fosse scoperto il ruolo del Pakistan nella vicenda, ci sarebbero state violente proteste – bin Laden per molti pachistani era un eroe -, Pasha e Kayani e le loro famiglie sarebbero stati in pericolo e l’esercito pachistano si sarebbe pubblicamente disonorato.

A questo punto era chiaro a tutti, ha detto il funzionario in pensione, che bin Laden non sarebbe sopravvissuto: ‘In una riunione nel mese di aprile Pasha ci disse che non poteva rischiare di lasciare bin Laden nel complesso, e che ora sapevamo che era lì. Troppe persone nella catena di comando pachistano erano a conoscenza della missione. Lui e Kayani dovettero raccontare la storia per filo e per segno ai capi del comando di difesa aerea e ad alcuni altri ufficiali locali.’

‘Naturalmente i ragazzi sapevano che il bersaglio era bin Laden e che lui era sotto il controllo del Pakistan,’ ha detto il funzionario in pensione. ‘In caso contrario, non avrebbero svolto la missione senza copertura aerea. Era chiaramente ed assolutamente un omicidio premeditato. Un ex ufficiale dei Seal, che nel corso degli ultimi dieci anni ha guidato e partecipato a dozzine di missioni simili, mi ha assicurato che non c’era alcuna intenzione di tenere in vita bin Laden – di consentire cioè a quel terrorista di vivere. Secondo la legge pachistana, quello che stavamo per fare era un omicidio. Ne eravamo coscienti: quando facciamo queste missioni, ognuno di noi dice a se stesso ‘ok, accettiamolo, stiamo per commettere un omicidio’. Il racconto iniziale della Casa Bianca disse che bin Laden era stato ucciso mentre brandiva un’arma; questa versione era intesa a far svanire ogni dubbio sulla legalità della missione. Gli Stati Uniti hanno sempre sostenuto, nonostante le osservazioni segnalate da persone coinvolte nella missione, che bin Laden sarebbe stato preso vivo se si fosse subito arreso.

*

Intorno al complesso di Abbottabad furono piazzate 24 ore al giorno delle guardie ISI per sorvegliare bin Laden, le sue mogli e i suoi figli. Avevano l’ordine di lasciare il posto non appena avessero sentito il rumore degli elicotteri americani. La città era buia: la fornitura di energia elettrica era stata tagliata dall’ISI qualche ora prima che avvenisse il raid. Uno dei Black Hawk si schiantò all’interno delle mura del complesso, ferendo molti a bordo. “I ragazzi sapevano che il TAT (TempoAlBersaglio) doveva essere stretto perché altrimenti avrebbero svegliato tutta la città’ “ ha detto il funzionario in pensione. La cabina di guida del Black Hawk che si era schiantato ha dovuto essere distrutto con granate assordanti, e questo causò una serie di esplosioni e un fuoco visibile per miglia. Due elicotteri Chinook erano in volo dall’Afghanistan verso una vicina base segreta pachistana per fornire supporto logistico, e uno di loro fu subito mandato ad Abbottabad. Ma poiché l’elicottero era stato dotato di un serbatoio supplementare di carburante per i due Black Hawk, in primo luogo il mezzo doveva essere riconfigurato come trasporto truppe. Lo schianto del Black Hawk e la necessità di volare con un mezzo sostitutivo fu snervante e causò diverse battute d’arresto. Ma i Seal continuarono nella loro missione. Non ci fu scontro a fuoco mentre si muovevano nel complesso; le guardie ISI erano andate via. ‘Tutti in Pakistan hanno una pistola e la gente più ricca e di più alto profilo ad Abbottabad ha sempre delle guardie del corpo armate, tuttavia nel complesso non c’erano armi,’ ha sottolineato il funzionario in pensione. Se ci fosse stata opposizione, la squadra sarebbe stata altamente vulnerabile. Invece, ha detto sempre il funzionario in pensione, un ufficiale di collegamento ISI che volava con i Seal li guidò nella casa buia e su per una scala fino alle stanze di bin Laden. I Seal erano stati avvertiti dai pachistani che avrebbero trovato delle grosse porte d’acciaio che bloccavano l’accesso alle scale che portavano ai pianerottoli del primo e secondo piano; le stanze di bin Laden erano al terzo piano. La squadra Seal utilizzò degli esplosivi per far saltare le porte, senza ferire nessuno. Una delle mogli di bin Laden iniziò a urlare istericamente e una pallottola – forse vagante – le colpì il ginocchio. Oltre ai colpi sparati a bin Laden, non fu sparato alcun altro colpo. (La versione resa dall’amministrazione Obama avrebbe detto diversamente).

Sapevano dov’era l’obiettivo – terzo piano, seconda porta a destra,’ ha detto il funzionario in pensione. ‘Proseguirono dritti. Osama bin Laden si rannicchiò in un angolo della sua stanza da letto. Due tiratori lo seguirono e fecero fuoco. Molto semplice, tutto molto semplice e professionale.’ Alcuni dei Seal rimasero sconvolti quando la Casa Bianca insistette perché si dicesse che avevano sparato a bin Laden per legittima difesa, ha detto il funzionario in pensione. ‘Sei Seal, tra i più esperti, che devono difendersi da un uomo anziano disarmato??’ La casa era squallida e bin Laden viveva in una vera e propria cella, con le sbarre alle finestre e il filo spinato sul tetto. Le regole d’ingaggio erano che se Bin Laden avesse fatto qualsiasi opposizione erano autorizzati ad azioni letali. Ma se avessero sospettato che avesse addosso qualche mezzo di difesa, come un giubbotto esplosivo sotto il mantello, dovevano ucciderlo. Quindi, ecco questo tizio coperto da un mantello sospetto…e gli sparano, e non perché stava per brandire un’arma. Le regole davano loro il potere assoluto di uccidere l’uomo. ‘La dichiarazione successiva della Casa Bianca che solo uno o due colpi sono stati sparati alla testa erano tutte stronzate’ ha detto il funzionario in pensione. ‘La squadra ha aperto la porta, è entrata e lo ha cancellato’. Come dicono i Seal: “Gli abbiamo fatto il culo”.

Dopo aver ucciso bin Laden, i Seal erano lì, alcuni con ferite dalla caduta precedente, in attesa dell’elicottero di soccorso. ‘Venti minuti di tensione, il Black Hawk stava ancora bruciando. La città era buia, non c’era elettricità, non c’era polizia. Nessun camion dei pompieri. Non avevano prigionieri. Mogli e figli di Bin Laden furono lasciati all’ISI perché fossero interrogati e rilocati’. Nonostante tutti i discorsi,‘ ha continuato il funzionario in pensione, ‘non ci sono stati i soliti sacchi della spazzatura pieni di computer e dispositivi di archiviazione da portare via. I ragazzi hanno solo preso dei libri e giornali qua e là nella stanza e se li sono messi negli zaini. I Seal non erano lì perché sapevano che bin Laden comandava da quel posto le operazioni di al Qaeda – come avrebbe detto dopo la Casa Bianca ai mezzi d’informazione. E non erano esperti d’intelligence in grado di raccogliere le informazioni da quella casa’.

In una normale missione di assalto, ha detto il funzionario in pensione, non si sarebbe atteso un altro elicottero se l’altro si fosse schiantato giù. ‘ I Seal avrebbero terminato la missione, buttato fuori le loro armi e gli attrezzi, e si sarebbero stretti nel restante Black Hawk e di-di-maued’ – lo slang vietnamita per ‘fuggire via di corsa’. Via, via di lì, magari con alcuni dei ragazzi appesi fuori dall’elicottero. – ‘Fuori di lì, con i ragazzi appesi fuori dalle porte dell’elicottero. Nessuna attrezzatura poteva mai valere più di una vita umana – a meno che non sapessero di essere già al sicuro. E invece erano lì, tranquilli, fuori dal complesso, in attesa della ‘corriera’ che li riportava a casa… ‘Pasha e Kayani avevano mantenuto tutte le loro promesse’.

*

Non è appena è stato chiaro che la missione era riuscita, sono iniziate le discussioni all’ interno della Casa Bianca. Il cadavere di bin Laden doveva essere già in viaggio per l’Afghanistan. Obama doveva mantenere l’accordo preso con Kayani e Pasha e rivelare, solo dopo una settimana, che bin Laden era stato ucciso da un attacco drone in montagnia, o doveva dichiararlo subito? L’elicottero abbattuto ha reso più facile ai consiglieri politici di Obama di optare per la seconda ipotesi. Sarebbe stato impossibile nascondere un’esplosione a palla di fuoco, e prima o poi la cosa sarebbe venuta fuori. Obama ha dovuto far uscire la storia prima che lo facesse qualcun altro dal Pentagono. Aspettare avrebbe diminuito l’impatto politico della dichiarazione.

Non tutti erano d’accordo. Robert Gates, il segretario alla Difesa, è stato molto più esplicito di chi insisteva sul fatto che gli accordi con il Pakistan andavano mantenuti. Nel suo libro di memorie, ‘Dovere’, Gates non nasconde la sua rabbia: prima di separarci e prima che il presidente si dirigesse verso il primo piano per dare l’annuncio al popolo americano di quello che era appena accaduto, ho ricordato a tutti che le tecniche, le tattiche e le procedure che i Seal avevano seguito nella missione bin Laden, erano utilizzate ogni notte in Afganistan. Era quindi essenziale che fossimo d’accordo di non rilasciare alcun dettaglio operativo del raid. Dovevamo solo dire che l’avevamo ucciso, punto e basta. Nella stanza tutti si mostrarono d’accordo di tenere la bocca chiusa sui dettagli dell’azione. Questo accordo e’ durato cinque ore. Le prime fuoriuscite di notizie partirono dalla Casa Bianca e dalla CIA. Evidentemente, non vedevano l’ora di vantarsene e di rivendicarne il merito. Alcuni dettagli erano anche sbagliati, ma le notizie iniziarono a diffondersi. Ero furioso e a un certo punto ho detto al consigliere per la sicurezza nazionale, Tom Donilon, “Perché tutti non chiudono quella cazzo di bocca???” Ma fu inutile.

Il discorso di Obama fu arrangiato in fretta e furia, ha detto il funzionario in pensione, e i suoi consiglieri lo hanno considerato un documento politico, non un messaggio che doveva essere prima sottoposto al vaglio della burocrazia della sicurezza nazionale. Quelle dichiarazioni opportunistiche e poco precise avrebbero creato il caos nelle settimane successive. Obama disse che la sua amministrazione aveva scoperto che bin Laden era in Pakistan lo scorso agosto, seguendo ‘una buona pista’. Molti nella CIA lo interpretarono come un evento preciso, ad esempio un informatore. Tale osservazione condusse ad una nuova storia di copertura, secondo cui i brillanti analisti della CIA avevano smascherato una rete di corrieri che trasportavano i continui flussi di ordini operativi di al Qaeda. Obama fece anche un elogio a quella ‘piccola squadra di americani’ per la loro cura nell’evitare morti civili, e disse: ‘Dopo uno scontro a fuoco, hanno ucciso Osama bin Laden e hanno preso in custodia il suo corpo’, altri due dettagli importanti che andavano ad arricchire la storia di copertura: la descrizione di uno scontro a fuoco che non era mai avvenuto e la storia di quello che ne era stato del cadavere. Obama continuò a lodare i pachistani: ‘E’ importante sottolineare che la nostra collaborazione di antiterrorismo con il Pakistan ha molto contribuito a portarci fino a bin Laden e al complesso dove viveva’. Tale dichiarazione ha rischiato di esporre Kayani e Pasha. La soluzione della Casa Bianca è stata quella di ignorare quello che Obama aveva detto, senza insistere o approfondire il fatto che i pachistani avevano avuto un qualche ruolo nell’uccisione di bin Laden. Obama ha dato l’impressione che lui e i suoi consiglieri non sapessero con certezza che bin Laden era ad Abbottabad, ma di avere solo informazioni su ‘una buona probabilità’ dei fatti. Questo ha portato prima alla storia che i Seal avevano determinato che si trattasse dell’uomo giusto dalla sua altezza (circa sei piedi, e si sapeva che bin Laden fosse alto sei piedi e 4 pollici). E poi all’ affermazione che sul cadavere era stato eseguito il test del DNA, dimostrando in modo certo che i Seal avevano ucciso proprio bin Laden. Ma, secondo il funzionario in pensione, dai primi resoconti non era chiaro se proprio tutto il corpo di bin Laden (oppure niente di esso) fosse in viaggio di ritorno in Afghanistan.

Gates non fu l’unico a lamentarsi del fatto che Obama aveva parlato senza verificare in anticipo con chi di dovere il contenuto delle sue dichiarazioni, ma fu l’unico a protestare apertamente. Obama non ha scavalcato solo Gates, ha scavalcato tutti. E non era la classica incertezza del tempo di guerra: il fatto è che c’era un accordo con i pachistani e nessuna analisi contingente di quello che doveva o non doveva essere divulgato se qualcosa fosse andato storto. Niente di tutto questo era stato discusso in precedenza. E una volta andato storto, hanno dovuto inventarsi una storia in fretta e furia. ‘C’era un motivo legittimo per un po’ d’inganno: il ruolo del Pakistan doveva essere protetto’.

All’ufficio stampa della Casa Bianca fu detto in un briefing successivo all’annuncio di Obama che ‘la morte di bin Laden era il culmine di anni di un attento e sofisticato lavoro d’intelligence, concentrato sul monitoraggio di un gruppo di corrieri, tra cui uno che era noto essere vicino a bin Laden’. Ai giornalisti fu detto che una squadra di esperti analisti CIA e della NSA avevano rintracciato il corriere presso il lussuoso complesso di Abbottabad. Dopo mesi di osservazione, la comunità d’intelligence americana era giunta a ‘forti convinzioni’ che in quel complesso doveva vivere un elemento di alto profilo, e fu ritenuto che c’erano buone probabilità che si trattasse proprio di Osama bin Laden; che la truppa d’assalto degli Stati Uniti ha avuto uno scontro a fuoco entrando nel complesso, e tre individui maschi adulti – di cui due probabilmente corrieri – sono rimasti uccisi, insieme a bin Laden. Alla domanda se bin Laden si era difeso, uno degli speaker ha detto di sì: “Ha cercato di resistere, è stato ucciso in uno scontro a fuoco’.

Il giorno dopo, John Brennan, allora consigliere di Obama per l’antiterrorismo, ebbe il compito di risollevare l’immagine di Obama tentando di appianare le inesattezze contenute nel discorso. Brennan ci ha fornito un resoconto più dettagliato del raid e della sua pianificazione, tuttavia ugualmente fuorviante. Parlando a verbale, cosa che fa raramente, Brennan ha detto che la missione è stata effettuata da un gruppo di Navy Seals incaricato di prendere bin Laden vivo, se possibile. Ha detto che gli Stati Uniti avevano informazioni che suggerivano che tutti nel governo e tra i militari pachistani sapessero dove era bin Laden. ‘Non abbiamo preso contatto con i pachistani finché non siamo stati certi che tutti i nostri aerei fossero fuori dallo spazio aereo pachistano’. Ha sottolineato il coraggio della decisione di Obama di ordinare l’attacco e ha anche detto che la Casa Bianca non ha avuto informazioni a conferma che bin Laden fosse realmente nel complesso fino a che il radi non avesse inizio. Obama, ha detto, ‘ha fatto quello che ritengo sia stata una delle mosse più coraggiose di qualsiasi altro presidente di memoria recente. Brennan ha aumentato a cinque il numero delle persone uccise dai Seal all’interno del complesso: bin Laden, un corriere, suo fratello, un figlio di bin Laden e una delle donne che pare abbia cercato di proteggere bin Laden.

Alla domanda se bin Laden avesse sparato ai Seals, come era stato detto ad alcuni giornalisti, Brennan ha ripetuto quello che sarebbe diventato un mantra della Casa Bianca: E’ stato impegnato in uno scontro a fuoco con quelli che erano entrati nella casa. Cosa fece esattamente non si sa…comunque, ecco bin Laden, nascosto lontano dal fronte, circondato da donne che lo servono e che gli fanno anche da scudo umano…tutto questo ci fa comprendere la natura dell’uomo’.

Gates ha anche contestato l’idea, caldeggiata da Brennan e Leon Panetta, che l’intelligence statunitense fosse riuscita ad ottenere informazioni su dove si trovasse bin Laden ricorrendo al waterboarding o altre forme di tortura. ‘Tutto questo accade mentre i Seals stanno tornando a casa. I ragazzi dell’agenzia sanno bene come è andata la storia’ ha detto il funzionario in pensione. ‘E’ stato un gruppo di annuitants’ (Annuitants – funzionari CIA in pensione che rimangono attivi sul contratto). Sono stati chiamati da qualcuno dei responsabili della missione per dare un loro contributo nell’elaborare la ‘storia di copertura’. Ecco che arrivano questi veterani e dicono: ‘Ok, ammettiamo pure che siano riusciti ad ottenere le informazioni attraverso un interrogatorio un po’ forzato…e allora?” Finora non è corsa nessuna voce di possibili accuse contro agenti CIA per il ricorso a forme di tortura negli interrogatori.

Gates disse loro che non avrebbe funzionato,’ ha detto il funzionario in pensione. Non è mai stato parte della squadra. Sapeva che al termine della sua carriera non avrebbe fatto parte di quell’assurdità’. Ma lo Stato Federale, l’Agenzia ed il Pentagono erano d’accordo su quella ‘storia di copertura’. Nessuno dei Seal si immaginava che Obama stava per apparire alla televisione nazionale e annunciare il raid. Il comando delle forze speciali ne fu sconvolto. Erano molto fieri e gelosi della loro sicurezza operativa. C’era il timore, ha detto il funzionario in pensione, che se fosse trapelata la vera storia della missione, la Casa Bianca non avrebbe esitato a dare la colpa ai Navy Seal’.

La soluzione della Casa Bianca era quella di mettere a tacere i Seal. Il 5 maggio, tutti i membri della missione erano tornati alla loro base nel sud della Virginia – e ad alcuni superiori del Joint Special Operations Command fu dato un documento in cui la Casa Bianca li diffidava (pena sanzioni civili e penali) dal divulgare pubblicamente – e privatamente – notizie e dettagli sull’operazione appena conclusa. ‘I Seal non ne furono contenti’ ha detto il funzionario in pensione. Ma la maggior parte di loro rispettarono il silenzio, come fece l’ammiraglio William McRaven, che allora era a capo del JSOC. McRaven ne fu sconvolto. Sapeva che era una fregatura della Casa Bianca. Ma lui era un vero ‘Seal’, non un politico; sapeva che non ci sarebbe stata alcuna gloria nell’ andare contro il Presidente. Quando Obama annunciò pubblicamente la morte di bin Laden, tutti poi avrebbero fatto del loro meglio per mettere in piedi una nuova storia che avesse senso: quelli che avevano progettato e compiuto la missione furono tenuti ovviamente al palo.’

In pochi giorni, alcune delle esagerazioni e distorsioni dei fatti divennero troppo evidenti ed il Pentagono rilasciò una serie di dichiarazioni di chiarimento. ‘ No, bin Laden non era armato quando è stato colpito e ucciso. E no, bin Laden non ha usato una delle sue moglie come scudo umano’. La stampa in generale accettò la spiegazione che gli errori erano l’inevitabile conseguenza dell’aver voluto subito soddisfare la frenesia dei giornalisti di avere informazioni sui fatti.

Una bugia che ando’ avanti a lungo era che i Seal avevano dovuto lottare molto per raggiungere l’obiettivo. Solo due dei Seal hanno fatto una dichiarazione pubblica: ‘Un giorno per niente facile’, un primo racconto del raid di Matt Bissonnette, pubblicato nel Settembre del 2012; e due anni dopo Rob O’Neill fu intervistato da Fox News. Entrambi i due poi lasciarono la Marina; entrambi avevano sparato a bin Laden. I due racconti si contraddicevano l’un altro in molti dettagli. Ma entrambe le storie più o meno confermavano la versione della Casa Bianca, soprattutto lì dove si diceva che ucciderlo era stato necessario poiché i Seal avevano dovuto lottare molto prima di raggiungere il bersaglio. O’Neill disse anche a Fox News che lui e i suoi compagni Seal pensavano che sarebbero morti. ‘Più ci addestravamo alla missione, più ci rendevamo conto che poteva essere una missione senza ritorno’.

C’era un altro motivo per confermare che c’era stato uno scontro a fuoco all’interno del complesso, ha detto il funzionario in pensione: per evitare l’inevitabile domanda se si fosse trattato di un assalto senza resistenza. Dov’erano le guardie di bin Laden? Sicuramente, il più ricercato terrorista al mondo doveva avere una protezione 24 ore al giorno. E uno di quelli uccisi doveva essere il corriere, perché non esisteva e non potevamo confermare la sua presenza. I pachistani non ebbero scelta: dovettero confermare la versione.’ (Due giorni dopo il raid, Reuters pubblicò le foto di tre uomini morti che avevano ottenuto da uno degli ufficiali ISI. Due di loro furono successivamente identificati da un portavoce ISI come il corriere e suo fratello.)

Seymour M. Hersh

Vol. 37 No. 10 · 21 Maggio 2015 » Seymour M. Hersh » The Killing of Osama bin Laden

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SKONCERTATA63

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