Politica Contraddittoria, gli Amici Americani di Israele e la Creazione di un Conflitto
L’ostilità dell’amministrazione Bush verso l’Iran va contro gli interessi americani in questa regione, soprattutto quando il presidente parla di “promuovere la democrazia” e “combattere il terrorismo”. Se si cerca di capire l’operato politico e diplomatico iraniano degli ultimi anni, appare chiaro come sia negli interessi degli USA normalizzare le relazioni con la Repubblica Islamica. Anche prima di Bush, i sostenitori di Israele hanno fatto fallire ogni tentativo di riavvicinamento tra i due paesi facendo sorgere ostilità diplomatiche al fine di rafforzare il potere israeliano in Medio Oriente.
Analizzando l’attuale politica interna ed estera iraniana e i suoi rapporti diplomatici negli ultimi 15 anni, si può facilmente dedurre che lo stato islamico non costituisce una seria minaccia né per gli Stati Uniti né per il Medio Oriente o l’Asia Centrale. Questa affermazione porta a mettere in discussione la verità assoluta (onnipresente nei dibattiti politici negli USA) che dipinge l’Iran come uno “stato canaglia” il cui interesse principale è supportare il “terrorismo internazionale” (1). Si può facilmente provare la sincerità e la validità delle argomentazioni di Bush riguardo l’imminente minaccia alla civiltà rappresentata dall’Iran, confrontando il comportamento della Repubblica Islamica con quello di tre importanti alleati americani nella zona: potenze nucleari come Israele, India e Pakistan.
A partire dalla fine della guerra con l’Iraq nel 1989, l’Iran ha notevolmente migliorato i rapporti con i propri antagonisti del mondo Arabo: il governo del presidente Muhammad Khatami ha rinnovato gli accordi diplomatici con l’Arabia Saudita dopo due decenni in cui i rapporti tra i due paesi non sono stati idilliaci a causa della rivoluzione iraniana, e dal 1999 Iran e Egitto hanno aperto trattative per riallacciare un legame diplomatico (2). In sostanza, diversi sforzi sono stati fatti per porre fine alle lotte che hanno precluso stabili relazioni tra arabi e iraniani da quando è iniziato il regno dello scià Reza Pahlavi.
L’Iran ha evitato per pochissimo le guerre americane in Iraq e Afghanistan, e, anche se le basi USA che circondano i suoi confini potrebbero costituire una minaccia, è probabile che Tehran sia soddisfatta delle conseguenze dell’invasione: sono stati rimossi sia Saddam Hussein che i Talebani, 2 nemici che si sono resi responsabili dell’uccisione di numerosi civili iraniani e sciiti afgani durante le guerre degli anni ’80 e ’90. Dal punto di vista della guerra americana per sradicare il terrorismo, l’Iran è stato considerato uno spettatore benevolo in quanto le due nazioni avevano nemici in comune prima delle guerre in Afghanistan e in Iraq; storicamente gli Stati Uniti hanno sempre cercato di mantenere al potere le monarchie nella penisola araba, e Terhan ha favorito questa politica migliorando i propri rapporti con gli alleati Arabi degli USA.
Mentre l’Iran ha perseguito ultimamente una politica estera moderata, i principali alleati degli USA nella “Guerra al Terrorismo” vantano un’importante serie di conquiste e occupazioni, supporto a Bin Laden e proliferazione di armi nucleari.
Nonostante abbia causato notevoli distruzioni e sofferenza a tutti i popoli mediorientali, Israele riceve degli aiuti massicci dagli Stati Uniti; l’occupazione dei territori palestinesi e siriani continua dopo oltre trent’anni, un periodo in cui Tel Aviv ha invaso tutti gli stati confinanti (Egitto, Giordania, Siria e Libano), ha bombardato la centrale nucleare irakena di Osirak e violato lo spazio aereo saudita con un azione provocatoria sopra Tabuk. Israele ha creato oltre un milione di senzatetto e usa abitualmente armi moderne, a volte anche proibite, per massacrare decine di migliaia di inermi civili nei territori sotto il suo controllo.
Nonostante i nobili discorsi fatti da Bush sui pericoli della proliferazione nucleare, il presidente è sempre stato laconico riguardo lo sviluppo israeliano. Israele è ormai una delle 5 maggiori potenze nucleari del mondo, e con le sue oltre 200 testate è in grado di raggiungere qualsiasi capitale araba, da Tripoli a Doha, per terra, aria o mare. Questo arsenale dovrebbe rappresentare, per la sicurezza del pianeta, una minaccia ben più grande rispetto al programma di arricchimento di uranio messo in atto dall’Iran, che comunque non permette di fabbricare una bomba. Ma secondo Washington è più sensato puntare i propri aerei contro Tehran invece di censurare il comportamento di un alleato che ha alle spalle una storia di guerre e ha oggi un potenziale distruttivo più che sufficiente per incenerire i paesi confinanti.
Allo stesso modo, anche India e Pakistan godono dell’appoggio americano nonostante siano in possesso di armi nucleari. L’India, in particolare, ha collaborato con Israele per dotare i propri sottomarini di missili cruise (3), armi che rappresentano una seria minaccia per la stabilità dell’Asia e del Vicino Oriente, ma per il cui disarmo Bush non ha fatto alcuna pressione né alle Nazioni Unite né alle agenzie competenti.
Se la politica estera dei governi indiano e pakistano dovesse essere valutata con lo stesso metro di giudizio con il quale la retorica di Bush condanna Siria e Iran, dovrebbero piovere missili Hellfire anche su Nuova Delhi e Karachi. Le truppe indiane che occupano il Kashmir hanno trattato i civili molto più brutalmente di quanto fatto dai siriani nei confronti dei libanesi, e anche il comportamento delle truppe pakistane durante le operazioni militari non è certo stato migliore. Se l’intento di Bush è ripulire il mondo da coloro che finanziano il “terrorismo”, egli allora dovrebbe concentrare la sua attenzione su Peshawar. In questa cittadina sul confine tra Afghanistan e Pakistan, i Servizi Segreti Pakistani (ISI) hanno avuto un ruolo primario nel far arrivare gli aiuti di USA e Arabia Saudita all’organizzazione di Bin Laden; l’ISI ha anche fatto incontrare Osama Bin Laden stesso e i Talebani nel 1996 (4). Ovviamente gli alleati degli Stati Uniti nella “guerra al terrorismo” non ricevono neppure un piccolo rimprovero per i propri finanziamenti a Bin Laden, i cui omicidi sono la presunta causa della guerra. Il dittatore del Pakistan Pervez Musharrif è diventato uno degli alleati di Bush più importanti “nella lotta al terrorismo”, un elogio che equivale a nominare Ariel Sharon pubblico ministero in un tribunale per i diritti umani.
Le evidenti contraddizioni tra il trattamento riservato dagli USA ai propri alleati e l’ostilità verso l’Iran lascia sconcertati, considerando i tentativi iraniani di migliorare le relazioni con gli Stati Uniti.
L’ala moderata del governo iraniano sta cercando di avviare trattative formali con Washington dalla metà degli anni Novanta, alla ricerca di un accordo che porterebbe vantaggi a entrambi i paesi; l’economia iraniana trarrebbe benefici dalla riduzione delle sanzioni economiche imposte dagli Usa, mentre Washington potrebbe avere accesso alle essenziali risorse naturali dell’Iran (ad esempio gas naturale). Il presidente riformista Mohammed Khatami aveva già instaurato una relazione diplomatica con l’amministrazione Clinton nel suo secondo mandato, cercando di far revocare le sanzioni che stavano danneggiando pesantemente l’economia iraniana, sperando anche di recuperare le disponibilità economiche bloccate nelle banche americane dopo il rovesciamento del regime dello scià. Se Washington avesse accettato le proposte di Khatami, gli Americani avrebbero ricevuto abbondanti forniture di gas naturale ed uno sbocco su un grosso mercato per le merci americane, considerata la forte crescita della classe media delle aree urbane iraniane. Un disgelo tra le due nazioni porterebbe a benefici sia economici che diplomatici per entrambi.
Anche alcuni integralisti all’interno della classe dirigente iraniana sono favorevoli al miglioramento dei rapporti con gli USA: l’ex presidente Akbar Hashemi Rafsanjani in campagna elettorale ha promesso di portare avanti questa iniziativa, ed è giunto secondo nelle recenti elezioni presidenziali. A parte l’endemica corruzione e lo scarso rispetto dei diritti umani, 2 fattori ben radicati nella memoria del popolo iraniano, la sconfitta di Rafsanjani potrebbe essere stata favorita dalla sua posizione morbida verso gli Stati Uniti, in un periodo in cui si annunciavano dei raid aerei americani contro il paese. L’avvocato per i diritti umani Shirin Ebadi sostiene che “parecchi Iraniani” temono che l’ascesa al potere degli “integralisti” porterebbe a “importanti concessioni all’Occidente per ottenere in cambio carta bianca nel governare il paese”.(5)
Ebadi è un Premio Nobel e uno dei principali dissidenti contro i governanti clericali; il fatto che un oppositore del governo iraniano sostenga che la classe dirigente del suo paese è disponibile a negoziare con gli USA, suggerisce che c’è spazio per un accordo sul problema dello sviluppo nucleare Iraniano.
In questi esempi appaiono lampanti gli sforzi fatti dai sostenitori di Israele (vale a dire esponenti di lobby e intellettuali neo-conservatori trasformati in uomini di stato,) per creare uno stato di tensione tra USA e Iran. L’incoerenza di Washington nel considerare come pericoloso uno stato tendenzialmente neutrale e nell’ignorare invece i crimini commessi dai propri alleati, rende chiaro il ruolo di Israele nel tentativo di sabotare le relazioni tra Iran e America. Questi personaggi filo-Israeliani, spesso identificati come “agenti di Israele negli USA” o “The Cabal” (I Cospiratori), utilizzano questo tipo di strategia nei rapporti con l’Iran per raggiungere due grandi obiettivi: per prima cosa desiderano destabilizzare qualsiasi grossa nazione o entità politica del Medio Oriente che possa costituire un ostacolo all’espansione israeliana nei territori arabi; inoltre vorrebbero mettere al potere un governo iraniano docilmente disposto ad accettare e piegarsi di fronte alle necessità ebraiche, come gli ultimi anni sotto lo scià Pahlavi.
Gli Americani pro-Israele hanno sabotato qualsiasi tentativo di riavvicinamento fatto dall’Iran, sia durante l’amministrazione Clinton che durante il mandato di Bush. Clinton ha firmato un ordine esecutivo per infliggere pesanti sanzioni economiche all’Iran e per penalizzare le imprese americane che gestiscono grossi volumi d’affari con il paese arabo; tutto ciò dopo che la lobby israeliana Comitato Israelo-Americano Per Gli Affari Pubblici (AIPAC) ha fatto grosse pressioni sulla Casa Bianca. La riconciliazione tra Iran e Stati Uniti ha subito un altro durissimo colpo dopo l’11 settembre, quando Bush nel suo attacco contro “L’Esercito Del Male” designava Teheran come nemico della pace, anche se in realtà l’Iran era un avversario di Al Qaeda. Alla base del discorso del Presidente c’era una lettera spedita da illustri neo-conservatori e sostenitori del Likud in cui si esortava Bush ad attaccare Siria e Iran a meno che i due paesi non cessassero di fornire il loro supporto agli Hezbollah, il partito politico non connesso ad Al-Qaeda che ha sconfitto l’illegale occupazione israeliana nel Libano meridionale (6).
L’alleanza tra Iraniani e Hezbollah non rappresenta una minaccia per gli interessi americani a lungo termine in Medio Oriente, infatti la relativa stabilità conquistata dal Libano da quando gli Hezbollah hanno cacciato dal paese l’esercito israeliano favorisce gli investitori occidentali che possono trarre vantaggio dai bisogni dell’istruito popolo libanese e dallo sbocco sul Mar Mediterraneo.
La preoccupazione per questa alleanza nasce dal fatto che Israele desidera fortemente la distruzione dell’area mediorientale in cui la resistenza contro l’espansione ebraica è più forte.
La strategia di Tel Aviv consiste nell’indebolire il principale nemico a Nord per poter riprendere il controllo sul Libano meridionale, una prerogativa per l’establishment ebraico, senza distinzione tra Partito Laburista e Likud; con ciò si spiega una parte dell’ostilità di Israele verso l’Iran. Durante la guerra arabo-israeliana del 1948, David Beb-Gurion discusse con il suo governo i piani per instaurare un governo cristiano e pro-israeliano in Libano (7); un progetto similare promosso da Sharon con lo scopo di istituire un governo fantoccio venne sventato dagli Hezbollah durante la guerra negli anni ’80. Il successivo ritiro delle truppe israeliane deciso dall’amministrazione laburista di Peres non ha reso stabili i confini a nord di Israele, ed ora, i membri del partito di Sharon chiedono a gran voce la distruzione degli Hezbollah, appoggiati dai sostenitori del Likud a Washington.
Proprio questi ultimi si sono resi protagonisti dell’approvazione del “Syrian Accountability Act”, legge con la quale vengono messe in atto sanzioni contro Libano e Siria per il loro appoggio e coinvolgimento nei recenti “atti terroristici”. Gli Israeliani e i loro sostenitori oltreoceano mirano a tagliare i rifornimenti degli Hezbollah, ovvero gli aiuti finanziari e militari dell’Iran; disarmarli e indebolirli equivarrebbe a creare un vuoto di potere nel Libano meridionale, con la possibilità per Israele di tornare ad esercitare la propria influenza sulla politica della zona.
I fautori del Likud alla Casa Bianca sono convinti che per risolvere il conflitto ebraico-palestinese (ovviamente a favore di Israele) basterà rimuovere gli Hezbollah e i loro sostenitori dalla scacchiera mediorientale. Diversi consiglieri di Bush sul libro paga di Israele, tra cui Richard Perle firmatario della lettera a Bush e Douglas Feith, hanno messo a punto la strategia del Likud in un documento del 1997 intitolato A Clean Break, in cui intimavano al Primo Ministro Benjamin Netanyahu di abbandonare il processo di pace tra arabi e israeliani e obbligare i Palestinesi ad accettare la colonizzazione di Gerusalemme e del West Bank. Saranno così costretti ad abbandonare la loro terra dopo che Israele, con l’aiuto militare americano, avrà smantellato diversi stati a maggioranza musulmana che si oppongono all’annessione della Palestina, per rimpiazzarli con governi filo-israeliani. Un punto chiave di questa strategia consisteva nel rimuovere Saddam Hussein e attaccare “gli Hezbollah, la Siria e l’Iran.” (8). I neo-conservatori sostengono che senza l’apporto diplomatico e finanziario iraniano, la resistenza palestinese all’occupazione ebraica diventerà solo storia; uno di essi, William Kristol, editore del Weekly Standard ritiene che la rimozione dell’attuale governo di Tehran aumenterà considerevolmente la possibilità della fine del conflitto israelo-palestinese (9); in altre parole, Israele senza la resistenza islamica potrà sottomettere i propri vicini e imporre la “pace” alle proprie condizioni, come descritto in A Clean Break.
La seconda ma non meno importante parte del piano di Israele e dei neo-conservatori americani del Likud consiste nel ripristinare le relazioni tra Israele e Iran allo stato in cui erano prima della rivoluzione del 1979, grazie alle quali gli interessi ebraici nella regione erano fortemente agevolati.
L’Iran degli scià forniva a Israele metà del suo fabbisogno di petrolio, fatto di importanza cruciale per l’economia israeliana in un periodo in cui gli stati Arabi rifiutavano qualsiasi rapporto diplomatico e il prezzo del greggio era in aumento. I piani americani per il dopoguerra in Iraq prevedevano la costruzione di un oleodotto per il trasporto del petrolio dalla ricca zona del Kirkuk fino alla città portuale di Haifa, rendendo più che felici gli Israeliani che si sarebbero trovati una grossa quantità di greggio a prezzi irrisori; ma la resistenza irakena sta continuando a sabotare gli oleodotti nel Kirkuk allontanando momentaneamente questa eventualità.
Inoltre, prima del 1979, l’Iran era anche un fidato alleato politico e militare di Israele. La CIA sostiene che le strette relazioni tra i due paesi avevano come scopo “lo sviluppo di una politica pro-israeliana e anti-araba tra gli alti funzionari iranianI (10)” che avrebbe portato grossi vantaggi agli Israeliani. Gli scià e il loro establishment riconobbero, accettarono e favorirono l’occupazione ebraica della Palestina nonostante l’opposizione della maggioranza degli Iraniani, e svolsero anche un ruolo di polizia militare per Israele combattendo i movimenti di liberazione nella regione del Golfo; in cambio di questa cooperazione il Mossad addestrava la polizia segreta degli scià (la Savaak) ad arrestare e torturare coloro che contestavano la loro politica. Il movimento dei contestatori crebbe a tal punto a causa della brutale repressione messa in atto dagli scià che sia i favorevoli a questa monarchia che gli agenti del Mossad furono costretti ad abbandonare l’Iran (11).
I neo-conservatori e le organizzazione ebraiche in America stanno collaborando con i sostenitori dello scià Reza Pahlavi in California per cercare di rovesciare il governo della Repubblica Iraniana e restaurare la monarchia dei Pahlavi. Il successore prescelto sarebbe Reza Pahlavi, il figlio dello scià, che fino agli attacchi dell’11 settembre ha dimostrato poco interesse nel succedere a suo padre; ma le cose sono cambiate da quando l’amministrazione Bush ha etichettato l’Iran come alleato dell’ “Asse del Male”. Poova Dayanim, monarchico e presidente dell’Iranian-Jewish Public Affaire Committee a Los Angeles, ha rivelato che “Esiste un patto tra i falchi dell’amministrazione Bush, organizzazioni ebraiche e sostenitori iraniani di Reza Pahlavi, al fine di creare pressioni per un cambiamento dell’attuale regime (12)” a Tehran. Dopo l’11 settempre Pahlavi si è incontrato con Ariel Sharon, Benjamin Netanyahu e il presidente israeliano Moshe Katsav, oltre ad aver avuto colloqui informali con diverse organizzazioni ebraiche (tra le quali un comitato pro-Israele collegato al Pentagono) e con l’Istituto Ebraico per la Sicurezza Nazionale. Questi gruppi hanno dichiarato “che forniranno il loro supporto privato per organizzare degli incontri con i vertici del governo statunitense” per lavorare in direzione di una “restaurazione” (13).
Michael Ledeen, neo-conservatore in forza all’American Enterprise Institute, ha fatto da intermediario in un meeting tra Reza Pahlavi II e alcuni funzionari del governo favorevoli ad un cambiamento di regime in Iran; Ledenn e i monarchici iraniani si sono presentati alla Casa Bianca con un piano di guerra che prevede azioni militari segrete e il bombardamento di alcune centrali nucleari. I neo-conservatori sperano che queste azioni sporadiche causino una diffusa ribellione popolare contro l’attuale governo, e, per provocare questa rivolta, gli iraniani dissidenti di Los Angeles hanno già cominciato una forte propaganda fatta di trasmissioni via satellite al fine di incitare i ribelli. Ledeen ha anche rapporti di vecchia data con ex-membri dell’establishment iraniano in esilio, tra cui il trafficante di armi Manuchehr Ghorbanifar; Ghorbanifar e Ledeen sono stati i promotori dell “Iran Contra Fiasco”, un accordo con cui, durante l’amministrazione Reagan, vennero fornite armi all’Iran in cambio del rilascio di ostaggi americani in Libano. I neo-conservatori e Ledeen sperano di utilizzare i contatti di Ghorbanifar all’interno dell’apparato militare iraniano per iniziare un’insurrezione contro il governo.
La realizzazione di questo progetto potrebbe già essere cominciata. Scott Ritter, ex ispettore ONU e membro dell’intelligence americana, sostiene che la guerra contro l’Iran è già realtà e che gli aerei americani teleguidati sopra il territorio iraniano e le attività della C.I.A. rappresentano una violazione della sovranità iraniani: quindi sono atti di guerra. Gli agenti segreti della C.I.A. e le unità dei corpi speciali americani “stanno addestrando i militari dell’Azerbaijan per creare delle unità in grado di operare all’interno dell’Iran con lo scopo di ottenere informazioni, compiere azioni di sabotaggio e mobilitare la resistenza locale contro i Mullah di Tehran”. Dalle loro basi aeree in Azerbaijan, gli Americani possono colpire Tehran molto più rapidamente che dagli stati che si affacciano sul Golfo. Ritter conclude dicendo che “Le forze aeree statunitensi, una volta cominciate le ostilità militari, dovrebbero essere in grado di mantenere una presenza fissa (24 ore su 24) nei cieli sopra Tehran.” (14) Tutto ciò rende l’invasione un’eventualità reale, nonostante gli attuali problemi delle forze armate americane in Iraq e la carenza cronica di truppe.
Pronti o meno per invadere l’Iran, gli USA faranno gli interessi di Israele anche solo bombardando una zona limitata; infatti la strategia a lungo termine di Tel Aviv consiste nel mantenere i suoi oppositori in uno stato di debolezza militare e quindi, in definitiva, renderli dipendenti dalla politica Israeliana in Medio Oriente (15). Raid aerei contro Tehran obbligherebbero l’Iran a spostare le proprie risorse dallo sviluppo economico e militare, utilizzandole per difendersi dal colosso americano; la prima conseguenza sarebbe una diminuzione del supporto iraniano a favore dei propri alleati a nord di Israele, gli Hezbollah. Con un grosso stato mediorientale come l’Iraq ridotto in macerie ed un altro, l’Iran, impegnato a combattere gli USA, la possibilità che qualche paese arabo aiuti i Palestinesi a difendere i loro diritti è pressoché nulla, ed in questo modo Israele avrebbe via libera per espandersi a Gerusalemme e nel West Bank, e perseguire i propri obiettivi indisturbato.
Tutto ciò è chiaramente dannoso per il popolo americano che si trova a dover pagare il conto e ad assumersi i rischi dell’ “Agenda Israeliana”. Gli Americani dovranno finanziare un’altra guerra contro uno stato che non rappresenta assolutamente una minaccia per gli Stati Uniti e che potrebbe invece essere utile all’economia in un periodo in cui i costi energetici sono in forte aumento. A questo bisogna anche aggiungere il tributo di morti e feriti che il popolo pagherà per la guerra contro l’Iran, oltre alle rappresaglie che colpiranno di sicuro i civili americani non appena i raid aerei statunitensi cominceranno a fare vittime tra gli Sciiti iraniani. Se l’Iran è stato in grado di colpire la iper-sorvegliata ambasciata israeliana in Argentina come rappresaglia per l’abbattimento di un aereo di linea, certamente non sarà difficile compiere ritorsioni contro civili americani e interessi commerciali in Medio Oriente.
La presa di coscienza dell’opinione pubblica americana riguardo la folle politica attuata in Iraq deve evolversi in una più ampia opposizione contro il progetto neo-conservatore attuato in Medio Oriente. Una guerra decennale e un’occupazione dei territori arabi è una battaglia che gli Americani non possono vincere, nonostante i leader della nazione più potente del mondo sostengano il contrario; l’11 settembre è stato il primo e tragico segnale che la politica di aggressione al Medio Oriente è un grosso errore, le vittime statunitensi in Iraq e Afghanistan sembrerebbero essere il secondo. La sconfitta definitiva arriverà quando la resistenza islamica costringerà gli USA a cambiare la propria politica estera nel Medio Oriente: a quel punto assisteremo al ritiro di truppe, imprese e ambasciate dal Nord Africa, Asia e Medio Oriente, un ritiro talmente veloce che Bush non avrà neppure il tempo di dire “questo regime è da cambiare”. E col senno di poi il grande progetto imperialista di Washington e Tel Aviv porterà al popolo Americano solo crisi economica e isolamento politico. Il primo passo per evitare questa tragedia è diffondere informazioni sulla crisi iraniana.
Fonte:http://groups.yahoo.com/group/shamireaders/message/589
28.08.05
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di
ANDREA GUSMEROLI
Note:
1 Nota ufficiale della Casa Bianca in cui Bush afferma: “Oggi l’Iran è governato da uomini che uccidono la libertà in patria e diffondono il terrore in tutto il modo. Citato in: “Bush and Hawks Try PreEmptive Strike Vote VS. Iran,” Interpress Service, 20/06/2005.
2 Zvi Barel, “East Faces West”, Haarez, 26/12/2003
3 Timur Moon, “Anti-Islam Axis Goes Nuclear,” english.aljazeera.net, 22/9/2003
4 Ahmed Rashid, Taliban: Militant Islam, Oil, & Fundamentalism in Central Asia. Londra: Yale Nole Bene, 2001. pp. 180-187.
5 Shirin Ebadi e Muhammed Sahini, “In the Mullahs’ Shadow,” Wall Street Journal, 15/06/2005, p. A14.
6 William Kristol, “Letter to President Bush on the War on Terrorism” www.newamericancentury.org/bushletter,htm. Project for a New American Century, 20/09/2001.
7 Citato in Tom Segev, 1949: The First Israelis, New York: Henry Holt & Co, 1998, p. 10.
8 Richard Perle, James Colbert, Charles Fairbanks, Jr., Douglas Feith, Robert Loewenberg, David Wurmser, and Meyrav Wurmser. “A Clean Break: A New Strategy for Securing the Realm.” Gerusalemme: The Institute for Advanced Strategic and Political Studies, 1997. Gli autori hanno occupato posizioni importanti al Pentagono, National Security Council, alla Casa Bianca, e nei Servizi Segreti, dopo aver composto questo scritto per il governo di Netanyahu in Israele.
9 “The End of the Beginning,” The Weekly Standard, 12/05/2003.
10 Citato in James Bill, The Eagle and the Lion: The Tragedy of American-Iranian Relations. New Haven: Yale UP, 1988. P.430. Il capitolo da cui è tratta questa citazione contiene una dettagliata descrizione degli stretti rapporti tra Israele e i vertici del governo iraniano durante il regno dello Scià.
11 C.F., Bill, The Eagle and the Lion; Amin Saikal, The Rise and Fall of the Shah, Princeton: Princeton UP, 1980.
12 Marc Perelman, “New Front Sets Sights on Toppling Iran Regime,” The Forward 17/05/2003.
13 Ibid,
14 Scott Ritter, “The U.S. War with Iran Has Already Begun,” english.aljazeera.net, 20/06/2005.
15 Israel Shahak, “The Continuing Aims of Zionist Policies in the Middle East,” Organo di stampa del “Middle East Policy Council”, 1986, No. 16; Noam Chomsky, The Fateful Triangle: The United States, Israel, and the Palestinians. Cambridge: South End Press, 1999, pp. 455-463.
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